Dott. Ciro Nanetti Psicologo - Psicoterapeuta

Dott. Ciro Nanetti Psicologo - Psicoterapeuta Psicoterapia e Consulenza psicologica per adulti e adolescenti. Ricevo privatamente a FERRARA, PADOVA Il Dott. A, nº 8179.

Ciro Nanetti è psicologo - psicoterapeuta, iscritto all'Albo degli Psicologi del Veneto, sez. Laureato in Psicologia Sociale, specializzato in Psicoterapia ad orientamento costruttivista presso l'Institute of Constructivist Psychology di Padova. La mia esperienza formativa e professionale mi ha permesso di entrare in contatto con diverse realtà relative all'intervento e al supporto psicologico, come ad esempio la Psico-educazione domiciliare con adulti, adolescenti e bambini, la gestione e il trattamento delle tossicodipendenze in ambito comunitario, la consulenza psicologica dedicata agli studenti e alle relative problematiche scolastiche, la consulenza clinica nella collaborazione con la Clinica Psichiatrica dell ULSS 16 di Padova. Mi rivolgo a tutte le persone che stanno vivendo un momento di difficoltà e di confusione nel rapporto con sè stessi e con gli altri, che si trovano a gestire momenti di cambiamento e di sofferenza con la percezione di non avere le risorse adatte per affrontarli, così come a persone che sentono il bisogno di migliorare la qualità della loro vita relazionale e professionale. Rispetto all'attività clinica offro consulenza psicologica e psicoterapia individuale, di coppia e familiare, nello specifico mi occupo di:

Disturbi d'ansia (attacchi di panico, fobie)

Disturbi ossessivo-compulsivi (pensieri intrusivi, ossessivi, ipocondria)

Depressione, ritiro sociale, elaborazione del lutto

Disturbi da stress (lavoro, relazioni, precarietà)

Disturbi di dipendenza (alcool, droga, gioco, internet)

Comportamento alimentare (anoressia, bulimia)

Sostegno alla genitorialità (conflitti familiari, rapporto genitori/figli)

Gestione della relazione di coppia

Disagi e problemi legati all'adolescenza e pre-adolescenza (relazionali, emotivi, scolastici)

Disagio legato a momenti di crisi e di cambiamento importante (lutti, separazioni, incidenti, licenziamenti, malattie gravi e invalidanti)

Difficoltà relazionali ed affettive

Gestione della rabbia

Disagi psicosomatici : sintomi fisici che non trovano diagnosi fisiologica (insonnia, stanchezza cronica, emicrania, dermatiti, dolori cronici)
Se mi affido ad uno psicologo sono matto o malato? Le etichette matto e malato sono davvero fuorvianti e contribuiscono ad alimentare l'idea che vi sia qualcosa di sbagliato nel chiedere aiuto ad un professionista. Chi si affida ad uno psicoterapeuta è una persona, un essere umano che con coraggio decide di prendersi cura della propria esistenza, di affrontare i cambiamenti e le crisi che la vita, in quel dato momento, gli pone davanti. Riconoscere di non poter affrontare tutto da soli a volte è il primo passo verso la vera autonomia. Il percorso psicologico quindi offre alla persona uno spazio di ascolto e di elaborazione del proprio vissuto, in cui poter visualizzare ed esplorare assieme al professionista le relazioni, le esperienze, le scelte che per svariati motivi si sono rivelate fallimentari o portatrici di sofferenza ma che vengono vissute ancora come le uniche alternative percorribili; data questa consapevolezza, la strada per "ritornare a vivere" potrà essere costruita in maniera condivisa, individuando in maniera creativa nuovi modi di affrontare i problemi e di narrare la propria storia di vita, permettendo alla persona di ricongiungersi in maniera attiva alla propria capacità di dare un senso al proprio mondo.

17/09/2025

Mi capita sempre di ascoltare persone che parlano a vuoto. Hanno paura del silenzio e così devono riempirlo di parole.

Personalmente mi sono concesso la grazia di non frequentare nessuno al di fuori della donna che amo, ma può capitarmi se entro in negozio, o sono in fila da qualche parte: mi trovo sovente esposto a un mare di chiacchiere inutili.

Mi dispiace moltissimo che le persone abbiano paura del silenzio. Non sono un fine psicologo e non riesco a comprendere di cosa abbiano paura o quali siano le loro motivazioni.

Mi è capitato di ascoltare una signora che non smetteva mai di parlare e sono piuttosto convinto che avesse il terrore di rimanere sola con i suoi pensieri.

Mi è capitato di ascoltare un ragazzo che doveva per forza mettere delle parole nei silenzi e sono piuttosto convinto che fosse molto insicuro. Nel silenzio magari gli altri si sarebbero accorti che lui non si sentiva all’altezza?

Mi è capitato infine di assistere alla zia di turno che in presenza dei bambini doveva per forza dire loro un sacco di sciocchezze. E mi è capitato di notare che questi bambini avessero un loro mondo, una loro interiorità, ma non potevano tirarla fuori perché la zia non gli dava un secondo di respiro.

Allora mi permetto un piccolo elogio del silenzio.

Premesso che parlare è meraviglioso, e conversare è divino, credo sia importante un po’ di maggese in ogni vita, in ogni scambio di parole.

Se pretendi che un terreno produca ogni mese, se lo sfrutti, produrrà sempre meno.

Il silenzio è un dono infinito. È lì che fioriscono fiori inaspettati, che ti viene in mente un antico ricordo, che ti si accende una idea che ti cambia la vita, che prendi una decisione. È lì che ti viene in mente una cosa importante da dire a un amico.

Un bel silenzio accanto alla persona che ami rende più forte il vostro rapporto.

Non sono contro le discoteche, ma sono convinto che Mozart componesse nel silenzio e non nel caos di una musica forte. E credo che anche le nostre anime compongano nel silenzio il nostro destino.

12/09/2025
28/03/2025
15/10/2024

Non vale la pena trascorrere il tempo discutendo su ogni cosa; fa parte del genere umano sbagliare di tanto in tanto. Ci sono persone che insistono sul fatto di essere sempre nel giusto anche nei piccoli dettagli. Spesso non permettono a loro stessi di fare errori. Ciò che raggiungono con questo atteggiamento è la paura di andare avanti. La paura di fare errori è la porta che ci chiude all'interno del castello della mediocritá. Se siamo in grado di sorpassare quella paura, abbiamo fatto un importante passo verso la nostra libertà.

Friedrich Nietzsche

17/09/2024

Per molti è sempre più strano scrivere sui social, pubblicare un post indignato o accalorato, educativo o ironico, divulgativo o derisorio.
È diffusa una sorta di nausea; è finito l’hype da social, la frenesia della novità, la voglia di esserci e mostrarsi a ogni costo, l’urgenza di partecipare attivamente alla vita online, al “tema del giorno” su cui ognuno svolge il proprio compitino. Ed è diventato in pochissimo tempo tutto già vecchio e tutto già visto. Persino l’ostentazione del successo degli influencer, che sembrava intramontabile, sta nauseando la gente. E come un Dio smette di esistere senza le preghiere dei fedeli, così un influencer smette di esistere senza i like dei follower.

Neanche le battaglie sociali tirano più, sia quelle sacrosante che quelle utili solo al proprio engagement. Dopo anni in cui la nostra quotidianità è stata scandita da notifiche, condivisioni e commenti, i social sembrano aver raggiunto per molti un punto di non ritorno. Stiamo vivendo i postumi di un’indigestione sociale che non è solo frutto della quantità di tempo speso online, ma soprattutto della qualità delle interazioni: gli spazi digitali si sono finti piazze ma sono stati arene di battaglie, camere dell’eco e vetrine per narcisismi, in cui l’altro ci ha fatto da specchio perché esistevamo solo noi.

L’indignazione, anche quella sincera e motivata, si trasforma sempre più in uno sfogo effimero, che si perde nel rumore di fondo di miliardi di altre voci. L’educazione e la divulgazione, dovendo ridurre sempre più il contenuto per ve**re incontro all’algoritmo e alle capacità attentive calanti della massa, si fanno sempre più effimere fino a diventare gassose, impalpabili.

Quindi no, non sono (ancora) finiti i social, ma è finito per molti un certo modo di abitarli.
E allora vale la pena chiedersi: adesso che si fa?

06/07/2024

"Devi cercare di creare qualcosa per te stesso.

Impegnati!
Non pensare al guadagno, ai giudizi, al successo.
Evolvendoti farai del bene anche agli altri".
Siamo all’interno di un corpo di cui accettiamo tutte le schiavitù possibili, perché è sempre meglio dell’ignoto.
Abbiamo paura perché non sappiamo dove si va a finire.

Non è che forse abbiamo dimenticato le immense possibilità dell’essere?

E che cosa sia la gioia fuori dal nostro corpo?

Ho sempre avuto ammirazione per le persone che hanno vissuto e che vivono nell’anonimato una vita umile e straordinaria.
Bisogna superare l’attaccamento alla vita, esercitarci al distacco… dagli affetti, dall’appartenenza.

È questo lo scoglio da superare.
È chiaro che uno deve fare attenzione all’attaccamento.
Le mie regole sono queste, non voglio derogare.
Nello stesso tempo però, il piacere di dialogare, di scambiarsi sentimenti e opinioni con persone elevate, ti rende la vita meravigliosa.
Anzi, ti direi che senza queste amicizie sarei isolato completamente. Ma avere la conferma che la tua visione del mondo è condivisa è importante.
Ci sosteniamo verificando che abbiamo lo stesso punto di vista sulle cose sia politiche che sociali.
E poi il divertimento delle battute, dell’ironia.
È una cosa impagabile.

«Il senso della nostra esistenza terrena è quello di crescere, diventare esseri completi, e ritornare all'unità».
«In questa visione si uniscono due mondi,
est e ovest, mistici e scienziati e persino viaggiatori astrali; viaggi astrali ne facciamo tutti ma non siamo in grado di accorgercene. Molti cristiani in fondo la pensano come i buddhisti e viceversa.
La fede non significa niente, bisogna avere esperienza diretta delle cose.
Io ho avuto molte esperienze mistiche sin dagli anni Settanta ma non le racconto perché la gente non è preparata.
Si ha paura della morte, ma in realtà con la morte ci si libera.
Tutti siamo prigionieri di abitudini, paure, illusioni.
Le sofferenze dovrebbero indurci ad abbandonare l'ego, che chiude la strada del ritorno alla nostra natura divina.
Ho scritto anche parecchie canzoni mistiche. Attraverso la musica si può imparare ad aprire il cuore gli uni agli altri».

- Franco Battiato -

01/07/2024

Le aspettative spesso generano frustrazione

16/06/2024

[ immanenza ]

Il fine della vita consiste nel viverla intensamente, nel nascere completamente, nel diventare completamente desti. Superare le idee della grandiosità infantile per entrare nella coscienza della nostra forza effettiva seppur limitata; esser capaci di accettare il paradosso che ognuno di noi è la cosa più importante che vi sia nell'universo e, nello stesso tempo, non è più importante di una mosca o di un filo d'erba.

Erich Fromm, da Psicoanalisi della società contemporanea - Traduzione di Carlo De Roberto

ph?

09/04/2024

Ieri a Bologna ho parlato della frenesia, che è stato un mio grande nemico per anni: ho dovuto lottare a lungo per resisterle, per non lasciarmi andare all'incessante bisogno di fare, di gettarmi, di consumarmi nello spasmodico tentativo di "esistere facendo freneticamente". Quel "frenetico fare" (come detto da Nietzsche), che non è mero frutto di creatività bensì fuga dall'attimo di riflessione, è il riempitivo delle giornate di molti, soprattutto in gioventù. Siamo in una cultura dell'ansia indotta, nella quale fin dai primordi della coscienza individuale si è circondati dall'idea di dover trovare il prima possibile la propria strada, la via certa, la solidità delle intenzioni e delle azioni. Dalle elementari facciamo "orientamento", imponendo a persone di 9 anni di immaginare il proprio futuro lavorativo; durante l'adolescenza mal tolleriamo qualsiasi deviazione dal percorso che "i grandi" hanno immaginato per i figli; e poi da liceali e universitari siamo immersi nel terrore di non poter risolvere l'enigma della nostra vita, non trovando un lavoro in linea con gli studi, un partner che ricambi il nostro bisogno di amore, un futuro che sia all'altezza delle aspettative di tutti. Ecco, ho qui descritto la fabbrica della frenesia: siamo esistenzialmente abituati a "fare per consumarci" (l'autoconsumo del mio ultimo libro), illudendoci che la strada verso il futuro corrisponda al riempimento di ogni spazio esistenziale. E così, non stiamo più da soli con noi stessi, in ascolto dei nostri pensieri, unico modo per "allargare" la coscienza e così arginare la frenesia del fare-per-fare. Per fortuna, durante il mio periodo liceale ho incontrato il teatro e la filosofia, che sono stati i miei due antidoti al veleno autoindotto della frenesia. Ma oggi, sinceramente, sono un po' pessimista: o si è fortunati come me e si incontrano dei buoni maestri, oppure il deragliamento dell'esistenza per via della troppa velocità con cui (non)conduciamo i nostri giorni sarà spettacolare e tragico.
Dalla CogitoLetter di martedì 9 aprile 2024.

07/04/2024

....😉

29/03/2024

- Lei che segno di interpunzione è?
- Perché fa così?
- È solo una domanda.
- Perché io e lei non possiamo avere un incontro normale per una volta, con domande
sensate, professionali, adeguate a una seduta dall’analista degna di questo nome?
- Tipo?
- Tipo come sta? Come va a casa?
- D’accordo. Come sta? Come va a casa?
- Okay, mi ha fregato. Sto una m***a e va una m***a. Mi spieghi sta cosa dei segni di interpunzione.
- È un specie di gioco, immagino le persone come se fossero punteggiatura.
- Bello.
- Vero?
- Posso esaminare da vicino la sua laurea?
- Ascolti. Ci sono i punti. I punti sono abbastanza comuni, non vanno da nessuna parte, i punti sono esattamente dove vogliono essere. I punti hanno raggiunto gli obiettivi che si erano prefissati e adesso il loro unico scopo nella vita è tenerseli stretti. Non amano essere messi in discussione e ritengono tutto quello che è venuto prima di loro l’unica cosa che conta.
Poi ci sono le virgole. Le virgole sono in costante movimento, terrorizzate dalla stasi, si reinventano continuamente. Cambiano lavoro, città, partner, portando avanti un discorso che potrebbe sembrare caotico e certe volte lo è. Molte virgole non sanno esattamente dove stanno andando e quando lo capiscono di solito diventano punti. Altre rimangono virgole per tutta la vita, tristi o felici ma sempre col fiatone.
Seguono i due punti. I due punti sono curiosi. Costruiscono tutta la loro esistenza attorno alla necessità di capire e poi di spiegare, di trovare un senso a qualcosa, qualsiasi cosa, per poi dichiararlo al mondo.
I due punti possono essere studiosi o fanatici, artisti o accademici, ma per tutti loro la vita va prima capita e raccontata, e solo poi, se c’è tempo, vissuta.
I punto e virgola invece non si capiscono. Non hanno idea di quale sia il proprio posto, in pochi li comprendono davvero e quei pochi fanno comunque volentieri a meno di loro. I punto e virgola vivono di sfumature, di indecisioni e di pause un po’ più lunghe del normale, rimanendo perennemente in bilico fra palpiti e rese. Sono abbastanza rari da riconoscersi subito a vicenda.
I punti esclamativi sono il gruppo che negli ultimi anni ha registrato la crescita maggiore. I punti esclamativi non hanno dubbi, né insicurezze, non si sentono mai in difetto, né gli capita di ritenere la propria opinione superflua. Sanno di stare vivendo un momento storico particolarmente favorevole e se lo vogliono godere al massimo. E se i punti esclamativi non ne hanno, i punti di domanda vivono di incertezze. Mettendosi continuamente in discussione, cercano di non dare niente per scontato, aggiungendo domande su domande, affascinati e terrorizzati all’idea del suono che potrebbe avere un giorno la risposta giusta.
I puntini di sospensione sono maestri di esitazione, incompiutezza e procrastinazione. Più di ogni altra cosa, quello che li fa sentire vivi è un lavoro incompleto, un compito lasciato in
sospeso, un rapporto mai chiuso per davvero. Alcuni lo fanno per amore della pigrizia, altri per paura della fine.
Seguono gli asterischi. Gli asterischi se ne vanno in giro come iceberg, con la maggior parte di sé sepolta a piè di pagina. Tu li guardi e pensi che siano poche sillabe o una frasetta banale, poi vai a leggere giù in basso e scopri che c’è un mondo di note dell’autore. La cosa può mettere in crisi qualcuno, loro lo sanno bene, e ogni tanto cercano di spacciare l’asterisco per una macchia sul foglio.
Le virgolette sono in perenne dialogo. Con se stesse, con gli altri, con dio, con quello che leggono, che ascoltano e con chiunque abbia voglia di parlare con loro. Per loro una giornata senza un interlocutore è una giornata sprecata. Hanno due cose: un’altissima stima di qualsiasi opinione che possa scatenare un dibattito. E amici pazienti.
E poi c’è lei.
- Io?
- Lei. Cosa si sente?
- Non lo so.
- Provi a pensarci.
- Non lo so. Forse una parentesi. Ecco sì, una parentesi tonda.
- Interessante, le parentesi tonde…
- No, no, non due parentesi tonde. Una parentesi tonda. Una sola. Mi sento una parentesi tonda che è stata aperta e non è stata più chiusa. Da una parte ho il sospetto che tutto
quello che faccio, gli sforzi, la passione non abbia valore, perché tanto è solo una parentesi. Dall’altra provo una certa ansia al pensiero che questa parentesi forse non si chiuderà mai, che è la mia vita ormai e che magari chiuderla non dipende neanche più da me.
- Lei vuole chiuderla?
- Non lo so. Non si può lasciare aperta una parentesi per sempre.
- Perché?
- Perché una storia dentro una parentesi non è una storia, è una digressione.
- La sua digressione.
- Sì, vabbè la mia digressione… e intanto io non sono neanche sicuro che questa cosa sia vera o finta. Se avrò mai il coraggio di chiuderla sta parentesi o se me la sono immaginata, se c’è davvero una parentesi da qualche parte alle mie spalle o se quello che c’è scritto dentro è ormai abbastanza per poterlo chiamare la mia storia e poter dire a tutti che quella parentesi è solo un errore di stampa. Vorrei solo che ci fosse un modo per capirlo.
- C’è. Continuare a scriversi

Il testo è di Nicolò Targhetta e la grafica di Amandine Delclos.

28/03/2024

Concediamoci di essere buffi! MI permetto di raccontarvi una delle tante sciocchezze che ho fatto e di cui vado fiero.

Io mi giro e mi volto in un mondo di persone che si prendono troppo sul serio. Lo vedo per strada, in questi volti terrei che mi passano accanto. Quando incrociano il mio sguardo vi vedono un accenno di sorriso.

Perché io dico: Ridiamo!

Ridiamo di essere al mondo. Ridiamo di questa cosa buffa di trovarci tutti e due sullo stesso marciapiede. Di come sono vestito io, di come sei vestito tu.

Ridiamo del nostro dolore, delle nostre gioie, dei nostri obiettivi, ridiamo di essere dei minuscoli cosi con due gambe, che stanno su un granello di sabbia, sperduti nell’universo, un battito di ciglia tra l’infinito tempo che c’è stato prima e l’infinito tempo che ci sarà dopo di noi!

Come potrà mai essere importante un esame, un obiettivo, una malattia?

Amiamo la vita perché è la vita. Non perché, rullo di tamburi… è importante. Questa importanza è un peso insostenibile. E ridicolo. E buffo.

Smettiamo di crederci chissà chi! Oggi cucinavo e mi è caduto un uovo per terra. Sono buffo! Entro nelle stanze e mi scordo cosa ci sono andato a fare, sono buffo! La sera mi metto e mi studio la letteratura italiana del Duecento, sono buffo!

Immaginatemi con gli occhi di un gatto. Questo gigante barbuto che seduto a un tavolo si mette a toccare quella cosa assurda che è un libro.

Io mi rendo conto di essere diventato un animaletto. Ma qual era il premio a cui miravo quando atteggiavo la faccia presuntuosa e facevo pesare quel grammo di cultura che mi è capitato di avere? Non c’era nessun premio che valesse la pena!

Passai per Genova in certi vicoli bellissimi dove si vedevano soltanto visi cattivi, dove mi avevano raccomandato di non passare. Sembrava dovessero derubarmi da un momento all’altro e, sarà stata l’impressione, oso dire che mi guardavano storto, e i vicoli non finivano mai.

Presentai un libro nei pressi del porto, poi mi feci un giro all’acquario e mi innamorai di questo polpo rosso di peluche. Ci guardammo negli occhi e seppi che avremmo vissuto insieme.

Lo comprai e me lo misi cavalcioni sulle spalle, con i tentacoli che mi si riversavano sul petto come trecce di capelli rossi. La sua testa stava accanto alla mia e lo portai a passeggiare proprio in quei vicoli… quelle facce “cattive”, come ridevano adesso! Ricordo un tizio di colore alto due metri che indossava una veste coloratissima tipo tunica e cominciò a ridere come un pazzo tenendosi la pancia.

Secondo avremo imparato a sorridere di tutto avverrà una cosa bellissima: il rilassamento. I muscoli del nostro corpo si rilasseranno e così anche la mente. E diventeremo più belli, più intelligenti, e vivremo più a lungo e più intensamente.

Ogni giorno sarà un regalo meraviglioso se la smettete di fare quelle facce terree. Se persino i vostri figli vedranno che non siete cattivi, ma siete buffissimi. E che si può essere buffi e saggi, così come si può essere seri e scemi.

Indirizzo

Via Giuseppe Mentessi 20
Ferrara
44121

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 20:00
Martedì 09:00 - 20:00
Mercoledì 09:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 20:00
Venerdì 09:00 - 20:00

Telefono

+393701297433

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