
09/05/2025
«Portami Blanquito, ti prego. Voglio salutarlo… Non forzarlo, spiegagli. Lui capisce tutto», sussurrò il padre.
Il figlio annuì e andò a cercare il vecchio cane bianco, ormai quasi cieco. Blanquito era stato l’unico compagno fedele del padre malato. Stanchi della vita, si erano tenuti compagnia ogni giorno, ogni notte. Ora era il momento dell’addio.
Quando tornò, il padre riusciva a malapena a sollevare la testa. Le mani tremavano sulle lenzuola, le parole erano ormai incomprensibili. Solo gli occhi, pieni di amore e dolore, cercavano ancora qualcosa.
Il figlio poggiò Blanquito sul letto.
«Saluta il tuo amico…», mormorò, con la voce spezzata.
Blanquito non aveva bisogno di parole. Si avvicinò deciso, come se ci vedesse ancora, e si accoccolò sul viso dell’uomo che aveva tanto amato.
«Blanquito… mio dolce Blanquito…», sussurrò il padre, con l’ultimo filo di voce.
Il cane gli strofinò il muso sulle guance, cercando il calore che ormai si spegneva. E dai suoi occhi scesero lacrime vere.
Con uno sforzo immenso, il padre alzò una mano e la posò sul suo morbido pelo. Le dita si muovevano appena, ma Blanquito sentiva tutto: il calore, l’amore, la disperazione. Rimase lì, stretto a lui, come se volesse fermare il tempo.
Il figlio osservava in silenzio, in lacrime. Mai aveva visto qualcosa di così doloroso e bello allo stesso tempo. L’amore più puro riempiva quella stanza.
«Grazie… per tutto…», sussurrò il padre, prima che la sua mano restasse immobile. Blanquito non si mosse. Lo abbracciava ancora, come se sapesse che lasciandolo, se ne sarebbe andato per sempre.
Il silenzio calò nella stanza. Solo il lamento sommesso del cane riempiva l’aria, come se volesse trattenerlo con la sua voce.
Il figlio si sedette accanto al letto e strinse la mano fredda del padre.
«Papà… siamo qui. Non sei solo.»
Blanquito rimase immobile, con il cuore spezzato. Poi sollevò la testa e lanciò un piccolo ululato, triste, come se lo chiamasse. Come se volesse che tornasse.
Si avvicinò ancora, gli leccò le palpebre, e lo strinse di nuovo, tutto il suo corpicino contro il suo umano. Come se volesse assorbire il dolore, il freddo, l’addio.
«Se n’è andato, Blanquito…», sussurrò il figlio.
Passarono i minuti. Le ore. Il tempo si fermò. E in quella notte, il figlio capì: l’amore, quello vero, non ha bisogno di parole.
All’alba, Blanquito era ancora lì. Non lo aveva lasciato. Proteggeva il suo silenzio, fino alla fine.
Il figlio lo prese tra le braccia. Blanquito sospirò, poi si fermò. Aveva compiuto la sua missione. Fino all’ultimo. Per sempre.
L’amore di un cane è tra i più puri che esistano. Non ti parla, ma ti dice tutto. Con gli occhi, con il modo in cui ti aspetta, con il modo in cui ti resta accanto. Anche quando sei a pezzi.
Qualcuno dice: «È solo un cane». Ma non è mai solo un cane. È famiglia. È casa. È parte del cuore. Ti resta vicino quando tutti gli altri vanno via. Ti ama, e basta.
Per questo, abbraccialo più forte. Amalo ogni giorno. Ringrazialo. Perché il suo amore non dura per sempre… ma resterà nel tuo cuore per tutta la vita.