14/10/2025
🫁 𝗤𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗶𝗹 𝗗𝗶𝗮𝗳𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮 𝗶𝗻𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗼̀ 𝗦𝗶𝗴𝗺𝘂𝗻𝗱 𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱
Lo studio è silenzioso. L’odore di libri riempie la stanza.
Freud è seduto, taccuino in mano.
Sul lettino, non un uomo, ma un muscolo.
Il Diaframma.
𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱:
Allora, signor Diaframma… come si sente oggi?
𝗗𝗶𝗮𝗳𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮:
(sospira)
Compresso, professore. Come sempre.
Tutti mi usano, ma nessuno mi ascolta davvero.
𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱:
Interessante. Mi racconti delle sue origini.
𝗗𝗶𝗮𝗳𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮:
Io non sono nato dove sono ora.
All’inizio stavo nel collo dell’embrione, vicino alla voce — quasi un segno del destino. Poi ho iniziato il mio viaggio verso il centro.
Provengo dal mesoderma, il foglietto della forza e del movimento.
Il mio compito era un paradosso: dividere e unire allo stesso tempo.
Quando ho trovato la mia casa tra torace e addome, ho capito che sarei diventato un ponte.
Tra respiro e digestione. Tra pensiero ed emozione.
𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱:
Ah… un ponte tra i piani dell’essere. Mi piace.
E quando ha iniziato a respirare?
𝗗𝗶𝗮𝗳𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮:
Il mio debutto è stato… drammatico.
Un neonato, un urlo, un respiro. Io mi contraggo, l’aria entra, e il mondo comincia.
Da quel momento non ho mai smesso.
Respiro dopo respiro, vita dopo vita.
Senza di me, professore, l’inconscio non avrebbe nemmeno l’aria per sognare.
𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱:
Ha il dono dell’ironia, vedo.
Si sente trascurato dal corpo?
𝗗𝗶𝗮𝗳𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮:
Non è trascuratezza, è inconsapevolezza.
Pensano che io serva solo a respirare, ma io faccio molto di più.
Massaggio il cuore, accompagno il sangue, aiuto i visceri, cullando la digestione e il sistema linfatico.
E poi… sento.
Le emozioni, professore. Tutte.
𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱:
Ah, eccoci. Le emozioni. Mi dica di più.
𝗗𝗶𝗮𝗳𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮:
La paura mi paralizza. Trattieni il respiro, e io mi blocco con te.
La rabbia mi spinge in alto.
La tristezza mi appesantisce.
La gioia mi apre come una vela.
Quando ami, io canto. Quando soffri, io piango con te.
Sono l’emozione fatta carne.
𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱:
Un inconscio muscolare, potremmo dire.
E com’è il suo rapporto con il resto del corpo?
𝗗𝗶𝗮𝗳𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮:
Ah, la mia famiglia!
Il cuore mi è fratello, il fegato è un tipo serio, l’intestino è un artista sensibile, la colonna vertebrale è la mia compagna di vita.
Quando io mi blocco, lei soffre; quando lei si torce, io non respiro più.
Siamo una coppia che vive di reciproche dipendenze.
𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱:
E chi l’ha capita davvero?
𝗗𝗶𝗮𝗳𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮:
(sorride con un piccolo moto di cupola)
L’osteopata.
È l’unico che non vuole aggiustarmi, ma ascoltarmi.
Sente il mio ritmo, percepisce i miei blocchi, i miei sospiri interni.
Con le sue mani mi accoglie, mi accompagna, mi restituisce spazio.
Quando mi libera, il corpo intero si ricorda di essere vivo.
Con lui non servono parole, solo respiro.
L’osteopatia è la psicanalisi del corpo.
𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱:
Molto affascinante…
E le altre discipline, come la trattano?
𝗗𝗶𝗮𝗳𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮:
Oh, mi conoscono in molti.
Nello yoga mi venerano con il pranayama.
Nell’Ayurveda sono il fuoco che accende la digestione.
Nella medicina cinese sono il ponte tra Cielo e Terra.
Nel Feldenkrais e nel Pilates mi riscoprono con delicatezza.
𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱:
E cosa la fa soffrire?
𝗗𝗶𝗮𝗳𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮:
La disattenzione. Lo stress. Le emozioni che non trovano voce.
Le posture rigide, la paura del sentire.
Quando succede, divento una corazza.
Mi alzo troppo, spingo giù troppo, e tutto perde armonia.
Il corpo si chiude, la mente si confonde, e io resto nel mezzo, a trattenere il mondo.
𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱:
E cosa, invece, la guarisce?
𝗗𝗶𝗮𝗳𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮:
La libertà.
Un respiro profondo, una risata sincera, un pianto liberatorio.
Il tocco gentile, la presenza consapevole.
Quando torno a scorrere, il corpo canta. Il cuore si alleggerisce, la mente si calma.
Io non curo, professore…
io ricordo al corpo come si vive.
𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱:
Un’ultima cosa, signor Diaframma: cosa direbbe al suo corpo, se potesse parlargli direttamente?
𝗗𝗶𝗮𝗳𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮:
Solo questo:
Non dimenticarti di me.
Io sono il respiro tra ciò che pensi e ciò che senti.
Sono il ponte tra la mente e il ventre.
Ogni volta che mi ascolti, il mondo dentro di te si riconnette.
Quando mi liberi, tutto scorre. Quando mi ami, tutto guarisce.
Freud resta in silenzio.
Il Diaframma inspira lentamente, come se la stanza intera respirasse con lui.
Poi sorride.
𝗙𝗿𝗲𝘂𝗱:
Forse, caro Diaframma… l’inconscio respira con lei.
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