06/12/2023
Concedetevi la lettura di questo racconto
Invito sempre i miei pazienti a esprimersi attraverso l'arte, qualunque sia, un disegno, una canzone, una storia.
Una sera mi arrivò questa bellissima storia tratta da una seduta di psicoterapia.
Una storia di violenza condita da speranza e amore verso sé, verso la sua bambina interiore.
Lo so che avete l'attenzione breve ma concedetevi questa lettura.
SEDUTO IN QUEL CAFFÈ IO NON PENSAVO A TE
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Siria entrò e si sedette di fronte a lei fissando la frase del giorno “ogni muro è una porta”, la lesse ad alta voce con finta convinzione le chiese sorridendo la doc dai capelli neri e gli occhiali grandi, aveva un quaderno posato sulle sue gambe e una penna biro con cui prendeva appunti.
> le rispose Siria ridendo imbarazzata, quella era la sua terza seduta di psicoterapia e ancora non aveva capito l’importanza del suo percorso.
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Siria guardò in basso verso le sue converse nere > le rispose.
Il medico prese appunti sul suo quaderno nero, probabilmente scrisse cose incomprensibili, data la grafia di ogni medico conosciuto al mondo.
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Siria prese le cuffie > le indossò, scavallò le gambe e appoggiò le sue mani sui braccioli della poltrona rossa, si sentì un suono che diceva “Power On” ponendo inizio alla loro seduta.
la doc toccò il display del dispositivo collegato alle cuffie, un “tic tic tic” risuonò nelle orecchie di Siria.
Era un ritmo lento che anticipava la tempesta interiore della ragazza minuta.
Il suono durò qualche minuto poi si fermò.
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La dottoressa la interruppe
Siria provò a calmarsi, ma in testa aveva solo quelle parole che , invece di darle gioia, le provocavano solo paura.
> le chiese la dottoressa > le rispose Siria toccandosi il petto.
> Siria annuì> il medico prese appunti e toccò il dispositivo.
il Tic Tic Tic risuonò nelle cuffie di Siria, il suo respiro si fece più lento, le braccia si rilassarono, la mano sinistra allentò la presa sulla malcapitata pallina, le spalle si abbassarono, e un cerchio nero venne scomposto in piccoli pezzi per poi essere spazzati via dal soffio della minuta ragazza, lasciando un cerchio bianco, vuoto come un bicchiere d’acqua appena svuotato in un lavandino, ma ciò che veniva versato non era acqua, era dolore misto a tristezza e delusione di chi avrebbe dovuto proteggerla e che non l’ha protetta.
Il suono delle cuffie si fermò > le chiese la doc guardandola con gli occhi umidi
> le rispose la paziente.
>chiuse il quaderno e si alzò dalla poltrona, fissandole il prossimo appuntamento.
La ragazza si sentì leggera e molto stanca, due ore di palestra erano niente al confronto.
> le disse il medico sorridendole, seduta alla scrivania.
> le rispose le ragazza uscendo dal posto sicuro.
Mentre scendeva le scale, sentì di non provare alcuna rabbia o paura, ma un assoluto silenzio. Forse , presto o tardi, avrebbe ascoltato nuovamente quella canzone, magari avrebbe sentito quell’emozione narrata, oppure avrebbe continuato ad ascoltare i Nirvana o gli Iron Maiden. Quando salì in macchina, con la radio a tutto volume, urlò al mondo e pensò che, anche se gli altri le ripetevano dell’inutilità della terapia, per lei era necessaria , doveva pensare e credere nella filosofia condivisa da molti, del ‘Sti cavoli del resto , quello che deve contare, sono io.
Autrice: E.T
Grazie E.T per questo regalo