20/12/2025
La strategia di Red Bull è uno degli esempi più chiari di personal branding applicato al marketing, perché insegna una lezione fondamentale: non si promuove ciò che fai, ma ciò che rappresenti.
All’inizio Red Bull non ha spiegato il prodotto. Ha fatto qualcosa di più sottile: ha creato l’impressione che esistesse già. Le lattine vuote lasciate fuori da locali e università non vendevano nulla, ma attivavano un meccanismo psicologico potente: la prova sociale. Se lo vedo ovunque, deve contare. Se lo usano “quelli giusti”, forse parla anche di me.
Da lì nasce il vero salto di qualità: Red Bull non si è mai posizionata come bevanda, ma come stile di vita. Energia, rischio, performance, superamento dei limiti. Ogni evento, atleta, contenuto prodotto nel tempo ha rinforzato la stessa identità. Nessuna incoerenza, nessun messaggio casuale.
Questa è la lezione chiave per il personal branding:
non chiedere attenzione, costruisci contesto.
Non spiegare chi sei, mostra dove e come "vivi".
Non dire “sono competente”, agisci come qualcuno che lo è e se non lo sei diventalo.
Red Bull non ha puntato sulla pubblicità classica, ma sull’esperienza: eventi proprietari, sport di nicchia, narrazione visiva, storie reali. Ha fatto vivere il brand prima ancora che fosse compreso razionalmente. L’emozione è arrivata prima della spiegazione.
Applicato alle persone significa questo:
– smetti di presentarti, inizia a posizionarti
– smetti di convincere, inizia a incarnare
– smetti di parlare di te, fai in modo che siano gli altri a intuire chi sei
Il personal branding efficace non dice “guardami”.
Dice: “questo è il mio mondo, se ti riconosci, entra”.
E quando l’identità è chiara, coerente e vissuta nel tempo, la "visibilità" non si chiede: arriva.