
14/09/2025
Facciamo così: usciamo dal teatrino del vittimismo dei camerati e delle polarizzazioni strumentali, e proviamo a dare all’omicidio di Kirk una cornice più sensata, che riguarda tutti e tutte.
Un uomo che odiava è stato ucciso da un altro uomo che odia.
L’odio può nascere in molti modi.
A volte è frutto di deformità della mente, altre della spregiudicatezza dei leader, altre ancora delle frustrazioni di chi si sente oppresso, altre dalla banalità del male.
Negli ultimi anni abbiamo finito per legittimarlo: non solo come diritto a provare paura, rabbia, a vivere la critica e il contrasto, ma come possibilità accettabile di agire per cancellare il soggetto – o la categoria di soggetti – odiati.
Così i soggetti diventano oggetti.
Non solo odiati, ma odiabili.
Ogni tentativo di fermare questa deriva viene bollato come “censura”, “perbenismo”, “politically correct”, “attacco alla libertà di espressione”.
La crescente normalizzazione della violenza come strumento per risolvere i conflitti, dal più piccolo dei contesti a quelli più grandi, fino ai conflitti internazionali, ha raggiunto livelli inquietanti e angoscianti.
Non si tratta più di aggredire l’altro, in un conflitto di istanze, ma di cancellarlo. E basta.
Dentro questo paradigma l’odio è un’opinione come un’altra, e la violenza un linguaggio legittimato, come qualsiasi altro, la cui libertà di potersi esprimere va tutelata.
Con un dettaglio che fingiamo di non vedere: in questo gioco chiunque, prima o poi, può diventare bersaglio.
Nessuno è al sicuro.
Così Kirk, che difendeva con forza il diritto ad andare in giro armati – perché “le armi salvano le vite” – è stato ucciso da un giovane cresciuto in una famiglia repubblicana, vicina alla sua stessa area politica.
Un ragazzo che probabilmente ha potuto comprare un fucile al supermercato.
Abbiamo perso il lusso di chiederci se siamo di destra o di sinistra.
E non perché non esistano più modi diversi di intendere la vita collettiva.
Non è vero che è tutto uguale.
È che semplicemente il senso di ogni posizionamento si è dissolto e l’unica vera domanda che ci è rimasta è: siamo ancora dalla parte dell’essere umano?
Forse è in questa regressione che si spiega perché sempre più persone preferiscono confidare la propria intimità e le proprie fragilità a un’intelligenza artificiale invece che a un altro essere umano.
Perché l’IA, almeno per ora, ci dà l’impressione di restare dalla nostra parte.
Possiamo dire lo stesso del nostro vicino di casa?