10/09/2025
Dopo aver pubblicato la mia esperienza con i rapaci ho ricevuto un dono graditissimo, “Il falco pellegrino” di J.A.Baker (grazie 💜).
Non sono una appassionata di letteratura naturalistica, ma quando ho letto le prime pagine mi sono dovuta ricredere: ho sentito fortemente la passione dell’autore e ho divorato i suoi appunti che diventano presto nel testo una sorta di memoir in cui le giornate si aprono spesso con osservazioni sul vento (che ha tanto, tantissimo a che fare con l’esperienza del volo del rapace).
Un testo che racconta una ossessione, qualcuno ha scritto che sia un testo su «come diventare un rapace» e mi è parso azzeccato.
«Sono arrivato tardi ad amare gli uccelli. Per anni li ho visti solo come una scossa ai margini della visione. Conoscono il dolore e la gioia in stati di semplicità a noi inaccessibili. Le loro vite sono ravvivate e ardono con una intensità di battiti che i nostri cuori non potranno mai raggiungere. Volano a capofitto verso l’oblio. Non siamo ancora adulti ed essi sono già vecchi».
Mi sono trovata a fare mentalmente un collegamento con un altro testo, Il verbo degli uccelli (in in persiano منطق الطیر , Manṭ iqaṭ-ṭ àir, 1177), tradotto anche come “La conferenza degli uccelli”, un poema persiano del dodicesimo secolo di circa 4500 versi scritto da Farīd ad-dīn ʻAṭṭār. Io l’ho conosciuto grazie all’albo di Peter Sís pubblicato da Adelphi.
Perchè me lo ha fatto ve**re in mente? Perchè la storia inizia così:
«Una bella mattina, al risveglio da un sogno agitato, il poeta Attar si accorse di essere un’upupa…»
Io forse vorrei diventare una corvo o, vista la città in cui vivo, una cornacchia 🐦⬛🤔
Guardate in su 🦉🦅🦜🪶🐦⬛
.sis.art