05/11/2025
Indennità di accompagnamento ...
Squilli di tromba e rulli di tamburo! Sperimenta oggi e sperimenta domani la riforma epocale orgogliosamente sbandierata nel febbraio 2024 da Giorgia Meloni per dare «finalmente risposte concrete ai bisogni dei nostri oltre 14 milioni di anziani, ai non autosufficienti e alle loro famiglie» ha dato i primi risultati: l’erogazione della prebenda a duemila vecchi disabili gravissimi. Pari agli ultraottantenni di Albenga, Sarzana o paesotti equivalenti. Bum! C’è chi dirà: è uno scherzo? No, l’hanno scoperto i promotori del «Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza», una sessantina di organizzazioni e associazioni (dalle Acli alla Caritas, da Cittadinanzattiva alla Federazione Coldiretti Pensionati) che si occupano di 3,8 milioni di non autosufficienti. Che i criteri fissati dal decreto attuativo della riforma tanto sbandierata fossero troppo restrittivi era chiaro, in realtà, fin dal principio.
Per avere gli agognati 850 euro in più per «remunerare il costo del lavoro di cura e assistenza svolto da lavoratori domestici con mansioni di assistenza», occorreva avere oltre 80 anni, «un livello di bisogno assistenziale gravissimo», un Isee «non superiore a euro 6.000» e l’indennità di accompagnamento. Fatti i conti, secondo quelli del «Patto», si trattava di 24.500 persone o poco più. Pari agli over 80 della sola provincia di Teramo. Macché: meno ancora! Dice il monitoraggio compiuto fino a settembre scorso e pubblicato da quotidianosanita.it, che quel setaccio aveva le maglie così strette che «il tasso d’adesione è notevolmente inferiore rispetto alle stime iniziali effettuate. Risultano pervenute meno di 5.000 domande con un tasso di accoglimento del 41%. Quindi circa 2.000 persone». Lo 0,13% degli Over 65 talmente disabili da avere diritto all’indennità d’accompagnamento: 1,568 milioni.
Una svista sciagurata? No, accusano le associazioni, una scelta del governo: la sperimentazione accompagnata da quel decreto che nella Gazzetta Ufficiale non stanziava un solo centesimo per il 2024 e solo 250 milioni raschiati qua e là per il 2025 e il 2026 serviva appunto a non sborsare subito fisicamente i soldi e rinviare la vera riforma «epocale» a tempi successivi. Facendo però luccicare gli occhi a chi avesse abboccato alle promesse...
Effetto collaterale: in attesa di quei soldi molti enti locali, ha spiegato al Fatto la Fondazione Promozione Sociale, «hanno sospeso i pagamenti di altri contributi». Il danno e la beffa.