11/05/2025
“Bambini soldato”. Ascolta l’eco di queste parole. Ripetitele in testa. Hai mai sentito nulla di più orrendo?
A oggi, nel mondo, esistono oltre 100.000 bambini soldato. Sì, hai letto bene: cento mila bambini strappati alle proprie famiglie, alla propria infanzia, alla propria innocenza, e sfruttati nei modi più svariati per uccidere. Di questi cento mila, 20.000 si trovano in Sud Sudan. Questo significa che per ogni 5 bambini soldato a livello globale, 1 si trova qui.
Il 12% di loro è formato da bambine. La maggior parte utilizzate come “mogli” dei generali.
Il 10% ha meno di 12 anni.
1 su 2 rischia la morte.
Noi stiamo costruendo una Scuola anche per loro.
In Sud Sudan, il 70% dei bambini non va a scuola. È il secondo tasso di descolarizzazione più alto al mondo. Sale al 90% nel caso dei bambini soldato - inclusi quelli già riabilitati.
Da statistiche, 1 ex bambino soldato su 2 torna a combattere, anche dopo la riabilitazione. Perché? Perché la povertà e lo stigma sociale rendono il reintegro impossibile per tanti.
Abbiamo avuto il privilegio di incontrare un’organizzazione locale che si occupa di riabilitare i bambini soldato in tutto il Sud Sudan. Hanno ideato un percorso di supporto psicosociale della durata di nove mesi, che aiuta il bambino a gestire i traumi e reintegrarsi nella società.
Il problema? Dopo quei nove mesi, nessuno sbocco. Mancano i soldi per mandare i bambini a scuola. E quindi finiscono in strada, a vivere di espedienti. Tornando a imbracciare le armi.
Ed è qui che entreremo in gioco noi. Grazie a un partenariato al quale stiamo già lavorando, una volta inaugurata la nostra Scuola di Emergenza, daremo a questi bambini un futuro.
Un futuro lontano dai fucili.
I bambini soldato sono una realtà dilagante: li reclutano le forze armate del governo, li recluta l’opposizione e li reclutano anche le varie milizie urbane che dominano le strade di Juba.
La nostra Scuola non sarà solo per loro - accoglieremo orfani, sfollati interni e bambini di strada - ma sarà anche per loro. Per i bambini vittime dell’orrore peggiore di sempre.
Così che, un giorno, queste parole siano relegate ai libri di storia.
Io ci credo. Tu?