Dr. Leonardo Antonio Ricci

Dr. Leonardo Antonio Ricci Studio privato di psicoterapia Gestalt Analitica

07/11/2025

A volte non è l’altro che ci fa male.
È la parte di noi che ha accettato troppo, troppo a lungo.

In psicoanalisi si parla spesso di ripetizione inconscia.
Di quella tendenza profonda a cercare esperienze simili alle nostre ferite primarie,
per tentare — ancora una volta — di guarirle.
Ma spesso quel tentativo diventa solo un prolungamento della sofferenza.

Così, continui a restare dove ti senti piccolo, trasparente, non visto…
Fino a che qualcosa — una parola, un silenzio, una dimenticanza —
non rompe l’equilibrio.
E tu senti che non puoi più reggere quel copione.

Quella goccia, dunque, è necessaria.
È il trauma che interrompe la coazione a ripetere.
È il punto in cui il tuo inconscio grida abbastanza.
Non per punirti, ma per liberarti.

Non è distruzione.
È disidentificazione.
È il momento in cui smetti di credere che devi sopportare per meritare amore.

07/11/2025

"Ho curato molte centinaia di malati di mente. Tra quelli d’età superiore ai 35 anni, non ce n’è stato neppure uno il cui problema, in ultima analisi, non fosse quello di scoprire un senso religioso nella vita." Jung, Psicologia e religione.

Jung riteneva che gli esseri umani fossero delle creature psicosomatiche, che devono preoccuparsi dei fatti dello spirito esattamente come fanno per il loro corpo. Inoltre, la nostra psiche non è personale: è connessa a quella degli altri, sia con coloro con i quali visibilmente interagiamo, sia con coloro che sono venuti prima di noi, attraverso le dinamiche dell’inconscio collettivo.
La vita va avanti bene quando questi collegamenti sono aperti, e questi flussi danno un senso e uno scopo. Al contrario, se ci sono dei blocchi, essi possono portare a problemi di salute, con manifestazioni somatiche e psicologiche. “Una psiconevrosi deve essere intesa, in ultima analisi, come la sofferenza di un’anima che non ha scoperto il suo significato”, ha scritto Jung, in un saggio argutamente intitolato “psicoterapeuti o il Clero”.
Altri osservatori della condizione umana hanno fatto rilievi simili. Bertrand Russel, che era piuttosto dissimile da Jung riguardo al bisogno di spiritualità, nondimeno notò che le persone più felici “si sentono parte del flusso della vita, non delle entità rigidamente separate, come una palla da biliardo, che non può avere relazione con altri oggetti simili, se non durante una collisione”. Queste persone si sentono “cittadini dell’universo”.
Jung aveva una predilezione per il linguaggio religioso – per questo parlava dell’universo come dell’ “anima del mondo” o anima mundi – e non si trattava solo di un gusto estetico-letterario. Jung credeva che la spiritualità fosse essenziale per gli esseri umani e che occorresse prenderla più seriamente.

L’immagine predefinita dell’individualità secolare era proprio la palla da biliardo. Nozioni come il flusso della vita, l’anima, l’inconscio collettivo, tendono, secondo Jung, ad essere trattate come finzioni letterarie, nel migliore dei casi, e ciò danneggia la qualità della nostra vita.
Sin dall’inizio della sua attività di psichiatra, Jung aveva notato che “una spiegazione adeguata o una parola di conforto per il paziente può avere un effetto simile alla guarigione”. Si spiegava questa efficacia come derivante da ciò che il medico riesce a trasmettere, non solo da ciò che il medico, in effetti, fa. “Le parole del medico, certamente, sono ‘solo’ delle vibrazioni nell’aria, ma la loro qualità speciale è dovuta ad un particolare stato psichico nel medico.” Esso si collega con lo stato psichico dell’altro. Il paziente scopre che “prenderà possesso di lui e darà senso e forma alla sua anima”. Non si tratta di qualcosa di soprannaturale, ma della consapevolezza che vi sia “una dimensione più profonda del reale”.

"Le tradizioni religiose sono le custodi di questa fonte di energia, anche se Jung riteneva che la cosa davvero importante fosse avere un atteggiamento religioso nei confronti della vita, piuttosto che una fede particolare. Nelle lezioni del 1937 Jung sosteneva che occorre tornare ad essere sé stessi, accettarsi e solo così riconciliarsi con le circostanze avverse e gli eventi della vita. Occorre, in un certo senso, fare la pace con Dio, sottomettendosi al suo volere. Sembra un atteggiamento passivo, anche se in realtà, tale accettazione produce un nuovo entusiasmo per la vita, perché l’individuo non si sente più solo nella sua lotta, ma invece tocca con mano “il significato che risveglia”.

The power of acceptance, The Guardian.

01/11/2025

Più della metà delle persone che la mattina si stringono nel vagone della metropolitana ha problemi di insonnia. Il 70 per cento dei giovani fuori dalle università fra una lezione e l’altra o che hanno appena cominciato a lavorare convive con sbalzi d’umore o sintomi dello spettro depressivo. Una persona su cinque che si fa largo nella folla mentre attraversa la città ha assunto ansiolitici, antidepressivi, antipsicotici o stabilizzanti dell’umore.
La salute mentale in Italia è una questione di ordini di grandezza. È difficile riassumere l’impatto dei diversi disturbi psichici in modo univoco attraverso dei dati – quelli citati finora si riferiscono al Rapporto Italia di Eurispes dello scorso anno – ma, per quanto empiriche o parziali, tutte le analisi raccontano che la cura del benessere psicologico è una priorità per un numero sempre più crescente di persone.

Secondo l’ultimo Health Service Report di Ipsos, uscito a inizio ottobre, il 41 per cento degli italiani pensa che i disturbi psichici siano il problema di salute principale del Paese – secondo solo al cancro, indicato dal 60 per cento del campione – nel 2024 era il 35 per cento e nel 2018 solo il 18 per cento.

L’articolo completo di Paolo Tomasi sul nuovo numero de L’Espresso

30/10/2025

Cos'è l'inconscio?

L'inconscio rappresenta quella dimensione psichica contenente pensieri, emozioni, istinti, rappresentazioni, modelli comportamentali, spesso alla base dell'agire umano, ma di cui il soggetto non è consapevole.
Nel nostro inconscio sono contenuti tutti gli automatismi del pensiero e del comportamento che divengono abituali a tal punto da non essere più riconosciuti dalla coscienza vigile.
Jung definiva la psicoanalisi come la psicologia dell’inconscio, e la nevrosi come ciò che è bene tenere occultata nel profondo dell’anima umana, ove albergano le emozioni mancate e le orme che il passato ha indelebilmente lasciato.
Qui di seguito alcune belle citazioni sull'inconscio....

La psiche inconscia ha questo di caratteristico: che basta a sé stessa e non conosce rispetti umani. Ciò che è caduto una volta nell’inconscio vi viene trattenuto, ne soffra o non ne soffra la coscienza.
Carl Gustav Jung, L’Io e l’inconscio, 1928

Spiegare l’inconscio è un bel compito per la coscienza. L’inconscio non fa sforzi e al massimo riesce a confondere la coscienza.
Karl Kraus, Di notte, 1918

L’inconscio è quel capitolo della mia storia che è segnato da un vuoto o occupato da una menzogna: è il capitolo censurato.
Jacques Lacan, Scritti, 1966

L’inconscio si vendica di notte.
Louis Scutenaire, Le mie iscrizioni, 1945/80

L’interpretazione del sogno è la via regia che porta alla conoscenza dell’inconscio nella vita psichica.
Sigmund Freud, L’interpretazione dei sogni, 1900

L’inconscio non è soltanto male, ma è anche la sorgente del bene più alto; non è solo buio ma anche luce, non solo bestiale, semi-umano, demoniaco, ma sovrumano, spirituale e, nel senso classico del termine, “divino”.
Carl Gustav Jung, Pratica della psicoterapia, 1935

Jung, vedeva la vita come un processo alchemico, trasformativo, in cui ognuno aveva il compito altissimo di purificare la propria materia grossolana per portarla alla luce, e la malattia era occasione di cambiamento, egli volgeva l’analisi in avanti, come un percorso progressivo di illuminazione e chiarezza, verso la spiritualità..
Per Freud l’uomo soffriva di problemi sessuali, per Jung il suo dolore scaturiva dall’essere povero d’anima.
L'Alchimia indicava proprio questo: il passaggio dalle scorie del piombo alla luce dell’oro.
Secondo Freud noi soffriamo perché non facciamo bene il sesso, secondo Jung perché siamo anime oscure e involute, che devono passare a livelli di consapevolezza più alti. Uno si occupa di genitalità e di corpi fisici, l’altro di spirito e di angeli. Sicuramente la differenza è grande!

Anche Jung, nei primi anni, in parallelo a Freud, studiò i sogni tramite le associazioni automatiche e creò dei laboratori per analizzarle, più tardi unì a questo sistema un metodo più fluido, aderendo ai significati collettivi, arcaici e universali dei simboli, ampliando i messaggi dei sogni con altre manifestazioni dell’inconscio come l’arte, i miti, le fiabe, i riti, le drammatizzazioni, le visualizzazioni, l’esoterismo, l’alchimia, i viaggi d’anima o sciamanici….

30/10/2025

LA LUCE DELLE STELLE MORTE — MASSIMO RECALCATI E IL LAVORO INFINITO DEL LUTTO

E se il lutto, diversamente da ciò che pensava Freud, non potesse mai dirsi compiuto del tutto?
Se ogni lutto, anche quello più elaborato, più “accettato”, conservasse sempre un resto, una scheggia, un punto dolente che continua a pulsare dentro di noi?

Ho sempre pensato che esista qualcosa di irriducibile nel dolore della perdita, una ferita che non guarisce mai del tutto.
Possiamo provare a rimarginarla, a darle un senso, ma resta sempre lì: come una cicatrice che, al cambiare del tempo o delle stagioni, torna a farsi sentire.

Freud chiamava lavoro del lutto quel processo psichico che ci consente di sciogliere l’investimento affettivo verso ciò che abbiamo perduto per poterci aprire di nuovo alla vita.
Ma se questo lavoro non potesse mai arrivare alla fine?
Se fosse, piuttosto, un cammino senza approdo, un gesto interminabile, come respirare o amare?

Forse dovremmo accettare che il lutto non è qualcosa che si supera, ma qualcosa che si trasforma.
Che dentro di noi non muore mai davvero ciò che abbiamo amato: cambia forma, si riconfigura, diventa un’altra presenza.
È un’operazione di metamorfosi, un’opera interiore di trasformazione del dolore in significato, della perdita in creazione.

Il lutto, se resta senza lavoro, ci incatena al passato, ci condanna alla paralisi della malinconia.
Ma se trova una via, se riesce a generare senso, allora può aprirci di nuovo alla vita.

È qui che nasce una nuova forma di nostalgia — non quella sterile del rimpianto, ma quella grata, viva, che illumina come la luce delle stelle morte:
una luce che ci raggiunge da un corpo che non esiste più, ma che continua a splendere.

La nostalgia delle stelle morte è questo: la memoria che non spegne, ma accende;
il dolore che non distrugge, ma trasforma;
il passato che non ci trattiene, ma ci invita ad andare avanti.

Il lutto, allora, non è mai solo perdita.
È anche promessa.
È un ritorno di luce — quella che proviene da ciò che abbiamo amato, e che, anche se non c’è più, continua a mostrarci la via.



In queste righe straordinarie, Massimo Recalcati compie un atto di filosofia poetica e di psicologia umana: ridefinisce il lutto non come un compito da portare a termine, ma come un movimento eterno dell’anima.

L’idea freudiana del “lavoro del lutto” — un processo di separazione e di superamento — qui si rovescia in una prospettiva più profonda, quasi spirituale: il lutto non finisce, continua a vivere dentro di noi.
Non come peso, ma come energia trasformativa.

La perdita, dice Recalcati, non si cancella mai davvero.
Ma può essere trasfigurata.
Può generare valore, riconfigurare la nostra visione del mondo, persino accendere nuova vita.

La sua metafora della luce delle stelle morte è un’immagine potentissima: ciò che non c’è più continua a brillare, a parlarci, a orientare il nostro cammino.
Non è più un ritorno nostalgico verso ciò che è stato, ma un modo per vivere più intensamente ciò che ancora ci resta.

In tempi in cui la società sembra chiedere di “riprendersi in fretta”, di “voltare pagina”, Recalcati ci invita invece a rimanere — ad abitare il dolore, ad ascoltarlo, a farlo diventare parola, opera, gesto, creazione.

Perché il vero lavoro del lutto non è dimenticare,
ma riconoscere la luce che ancora brilla —
anche quando la stella è già spenta. ✨

25/10/2025

Il potere assoluto degli archetipi
Jung nei Seminari del 1936, afferma: “Non si riesce più a sapere chi siamo. È il fenomeno caratteristico che subentra non appena una situazione archetipica diventa schiacciante. Quando un archetipo è costellato, vi è continuamente il pericolo di assimilazione all'archetipo. È un'esperienza che bisogna aver fatto per poterla comprendere. Si può osservare questo fenomeno con la massima chiarezza tra le persone che sono prese dal panico, o strette in una grande folla mossa da un pensiero o da un sentimento collettivo. L'individuo non si rende conto di essersi dissolto, sebbene abbia perduto la testa proprio come tutti gli altri. La cosa avviene in modo impercettibile. Ci si dissolve dall'interno, siamo diventati di colpo un'altra cosa e non ce ne rendiamo conto; questo è il lato inquietante del fenomeno…. L'archetipo vi ipnotizza, s'impossessa di voi, e voi ne restate prigionieri”.

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19/10/2025

🔴 Comunicato stampa congiunto sull’educazione sessuo-affettiva nelle scuole
Le Presidenti e i Presidenti degli Ordini degli Psicologi di Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Puglia, Sicilia e Veneto prendono una posizione chiara e netta in merito al DDL del 23 maggio 2025 del Ministro Valditara.
🎓 L’educazione sessuo-affettiva è una risorsa, non un rischio. Limitare o escludere la possibilità di promuovere da parte dei professionisti della salute attività educative su questi temi significa privare bambini e adolescenti di strumenti fondamentali per comprendere e gestire i cambiamenti fisici ed emotivi legati alla crescita.
🧠 L’educazione sessuo-affettiva, quando è adeguata all’età e scientificamente fondata, contribuisce a relazioni sane, alla prevenzione di bullismo e violenza di genere, e al benessere psicologico delle giovani generazioni.
👥 Gli Ordini regionali sopra menzionati esprimono profonda preoccupazione per le implicazioni culturali e sociali derivanti dalle limitazioni previste nel DDL “Disposizioni in materia di consenso informato in ambito scolastico”.
Chiediamo che la voce degli psicologi e delle psicologhe venga ascoltata nelle sedi parlamentari competenti, per ribadire l’importanza di un’educazione affettiva e sessuale tempestiva, continuativa e basata sulle evidenze scientifiche.
📢 La tutela dei minori passa anche — e soprattutto — attraverso la conoscenza, l’ascolto e la costruzione di contesti educativi sicuri e consapevoli.

14/10/2025

Il CRITICISMO GENITORIALE è caratterizzato da un ricorso ripetitivo e pervasivo al rimprovero.

L’amore manifestato dai genitori è condizionato alla performance del bambino e le approvazioni sono INCONSISTENTI;
il bambino non si sente mai soddisfatto perché il suo comportamento non è mai abbastanza corretto per guadagnare l’approvazione dei genitori e attua uno SFORZO continuo per ottenerla.

Il bambino sviluppa così credenze di base su se stesso che possono riguardare la convinzione di incapacità personale, bassa autostima, propensione ad attribuzioni di COLPA e disorientamento personale con attitudine a costruirsi un’identità e stima di sé sulla base dell’opinione ALTRUI.

Il soggetto si adegua ad un criterio di valutazione esterno, normativo, favorendo così la formazione della tendenza sistematica all’autocritica tipica delle persone timide e degli ansiosi sociali.

Questo tipo di comunicazione “inferiorizzante” è un potente strumento di CONTROLLO del comportamento dell’altro che lo fa sentire DIPENDENTE e quindi bisognoso di approvazione.
Questo atteggiamento aumenta dunque l’autostima del rimproveratore che recupera POTERE nella relazione.

Gli adolescenti che subiscono un parenting controllante hanno più probabilità di sviluppare un orientamento al PERFEZIONISMO MALADATTIVO (caratterizzato da autovalutazioni negative), che a sua volta li rende più vulnerabili ai sintomi depressivi.

L’autocritica può risultare come strategia impiegata per correggere continuamente se stessi e quindi evitare la possibilità di ricevere critiche da altri e dover far fronte al relativo dolore emotivo.

L’autocritica sembra essere una delle più considerevoli componenti PATOLOGICHE del perfezionismo.

La dipendenza dai criteri normativi con la continua preoccupazione che il proprio comportamento sia giusto o sbagliato è riscontrabile nel disturbo ossessivo-compulsivo.

In queste persone il senso di responsabilità e timore della colpa è talmente forte da non poter essere immaginato, affrontabile.

Sembra esserci una trasmissione intergenerazionale del criticismo (come una sorta di stato mentale appreso): nella pratica clinica si è potuto osservare che coloro che sono stati fortemente rimproverati fin da piccoli dai genitori, o da chi si è preso cura di loro, tendono a loro volta a diventare “grandi rimproveratori”.

Il criticismo genitoriale è un fattore predisponte anche nei disturbi del comportamento alimentare e nel disturbo bipolare.

[Articolo tratto dal sito "State of Mind"]

È a causa del criticismo genitoriale che si cresce inconsciamente convinti di dover essere perfetti per Vivere.
Risultato? Una depressione esistenziale con sintomi sempre più pervasivi e insidiosi, come base.

Illustrazione: Mansoure Dehghani Art

Indirizzo

Foggia
71121

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 20:00
Martedì 09:00 - 20:00
Mercoledì 09:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 20:00
Venerdì 09:00 - 20:00
Sabato 09:00 - 13:00

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