Filosofo dell'avventura

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La storia non è soltanto quella politica, militare, economica, sociale e culturale, ma è anche la storia dei contenuti d...
18/12/2022

La storia non è soltanto quella politica, militare, economica, sociale e culturale, ma è anche la storia dei contenuti della sfera psicologico-spirituale conscia e inconscia dell'immaginario individuale e collettivo che ha riempito e riempie riempie il pensiero, la comunicazione verbale scritta e parlata (nella lingua italiana e in ogni altra lingua del mondo), e i comportamenti interpersonali e pubblici dei soggetti umani del presente e del passato. La storia riguarda, dunque, anche l'interiorità degli individui umani ossia gli ideali etico-morali, sociologico-politici e scientifico-conoscitivi - progrediti e involuti, da attuare e da rifiutare -, e le fantasie connesse a periodi storici precisi del genere umano - dalla più remota antichità all'epoca contemporanea - o ad epoche fantasiose e mondi fantasiosi, che sono presenti nelle profondità della psiche di ogni singolo soggetto umano come della psicologia intersoggettiva, ai livelli del conscio e dell'inconscio, fin dalla prima infanzia. Rientrano quindi nella storia tutti i contenuti consci e subconsci dell'immaginario proprio della letteratura (popolare e d'autore), dei libri e degli articoli giornalistici propri della divulgazione della storia e delle scienze, del teatro, della cinematografia, delle 'fiction' televisive, dei beni storico-culturali e naturalistico-ambientali, e di ogni momento della nostra esistenza quotidiana. La storia di quel che contiene l'immaginario dei singoli e intersoggettivo, ha pari rilevanza e dignità rispetto alla storia politica, militare, economica, sociale e culturale, tenendo presente il fatto che la dimensione psicologico-spirituale conscia e subconscia dell'immaginario individuale e collettivo coincide con la cultura popolare e con una parte cospicua dell'Essere Spirituale razionalistico-illuministico-idealistico ovvero della Ragione illuministica-idealistica ossia dello Spirito razionalistico-illuministico-idealistico di ogni persona, di ogni membro dell'umanità senza eccezione alcuna. Questa pari dignità fa anche progredire gli ideali della libertà o del liberalismo, dell'uguaglianza, della democrazia e del socialismo (per quel che concerne il protagonismo pubblico) nella comunicazione di massa verbale e non-verbale della storia.

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La letteratura popolare di avventure, poliziesca, spionistica e del mistero, degli ultimi duecento anni, nelle lingue it...
17/12/2022

La letteratura popolare di avventure, poliziesca, spionistica e del mistero, degli ultimi duecento anni, nelle lingue italiana, inglese, francese, tedesca, sp****la e in altri idiomi europei, è scaturita e scaturisce dagli ideali etico-morali, sociologico-politici e scientifico-conoscitivi di libertà, uguaglianza, giustizia, democrazia e socialismo della Rivoluzione Americana, della Rivoluzione Francese, del Risorgimento italiano e delle rivoluzioni liberal-democratiche e nazionali europee del XIX secolo, dalle democrazie liberali di massa e dalle socialdemocrazie dell'Ottocento e soprattutto del XX secolo, dell'Europa e delle Americhe. Questa letteratura popolare, con i suoi innumerevoli romanzi e racconti, è una cosa sola con il patrimonio filosofico-politico delle liberal-democrazie e delle socialdemocrazie, che l'ha ispirata e la ispira sui piani delle idealità etico-morali, sociologico-politiche e scientifico-conoscitive, nel quadro delle dimensione psicologico-spirituale conscia e subconscia dell'immaginario individuale e collettivo letterario La stessa considerazione va fatta per la cinematografia e per gli sceneggiati televisivi. Va sottolineato, infine, che non sono io Gianluigi Cofano a parlare della letteratura di avventura, poliziesca, spionistica e del mistero, ma è bensì questa letteratura a parlare di me, del mio Essere Spirituale razionalistico-illuministico-idealistico.

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03/12/2022
03/12/2022

“King Kong – Il gigante della foresta” (1967) di Ishiro Honda, con Rhodes Reason, Akira Takarada, Linda Miller, Eisei Amamoto, Mie Hama, Haruo Nakajima e Yu Sekida.
In un imprecisato futuro, una spedizione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite formata da militari-scienziati giunge in un’isola dell’oceano Pacifico, dove vivono alcuni enormi animali preistorici, tra cui l’enorme gorilla Kong, che ha la meglio sugli altri mostri malintenzionati verso gli esseri umani. Il comandante Carl Nelson e gli ufficiali Siro Nomura e Susan Watson annunciano al mondo in una conferenza stampa la clamorosa scoperta, confermando la loro volontà di ritornare sull’isola per studiare Kong nel suo ambiente naturale. Ma il malvagio dottor Who e la perfida Madame Piranha, a capo di una organizzazione criminale segreta, catturano Kong e lo conducono nella loro base in territorio artico; lo scopo è quello di ipnotizzare il gigantesco gorilla per costringerlo a scavare ed estrarre dalle profondità della terra una preziosa sostanza di cui Who vuole impadronirsi per attuare il proprio dominio sull’intero pianeta. Ma Kong fugge dalla prigione e raggiunge il Giappone, inseguito da Who e dai suoi uomini. Per impadronirsi nuovamente del gorilla, Who utilizza un altrettanto gigantesco robot, il Kong meccanico, che si spinge nella metropoli di Tokyo per raggiungere il primo e soggiogarlo. Dallo scontro tra i due mostri, Kong esce vittorioso ed è poi guidato da Nelson e dagli altri ufficiali dell’ONU per fermare la nave di Who, in procinto di prendere il largo. Il gorilla fa letteralmente a pezzi la nave e, una volta compiuta la missione, s’inoltra nell’oceano verso la sua pur sempre amata isola, osservato con un pizzico di malinconia da Nelson e dagli altri suoi amici umani.
Basato su un soggetto di Arthur Rankin Jr e Jules Bass, relativo ad una serie di cartoni animati, e su una sceneggiatura di Shin’ichi Sekizawa, “King Kong – Il gigante della foresta” (“King Kong Escapes”) è un film di fantascienza nippo-statunitense di suggestiva spettacolarità e realizzato con molti mezzi. Il regista Ishiro Honda, maestro del filone cinematografico dei mostri fantastici, guida la pellicola con polso e professionalità, mescolando sapientemente l’azione avventurosa, la sottile ironia e un tripudio di scenografie ed effetti visivi di prim’ordine.
Sotto il profilo della filosofia, della storia, del giornalismo, della psicoanalisi e della pedagogia-didattica idealistico-esoteriche di quel che sta dentro la dimensione psicologico-spirituale conscia e subconscia dell’immaginario individuale e collettivo, che a sua volta pervade la comunicazione di massa cinematografica verbale e non-verbale, il lungometraggio “King Kong – Il gigante della foresta” di Honda pone in evidenza in primo luogo gli ideali etico-morali, sociologico-politici e scientifico-conoscitivi progrediti – che sono altrettante espressioni dell’evoluzione dello Spirito illuministico-razionalistico o dell’Essere Spirituale razionalistico-illuministico o della Ragione illuministica degli appartenenti al genere umano e della loro civiltà – della cooperazione scientifica e militare tra le nazioni e nel quadro dell’ONU (tra gli Stati Uniti d’america e il Giappone, nel caso in esame) per il bene comune della civilizzazione sulla Terra, del progresso della scienza e della tecnologia al servizio dell’umanità (pensiamo all’attrezzatissimo supersommergibile, fornito di un modulo esplorativo volante, in dotazione ai militari-scienziati delle Nazioni Unite), dell’armonia-simbiosi tra le creature umane e l’ambiente naturale (rammentiamo l’amicizia tra Kong e i ricercatori statunitensi e giapponesi arrivati sull’isola inesplorata), della sensibilizzazione delle giovani generazioni nei confronti della ricerca scientifica (nell’ambito della zoologia e della paleontologia in particolare), del Giappone che – nel contesto dell’immaginario – si emancipa dalle colpe della Seconda Guerra Mondiale difendendo la libertà e la democrazia a livello mondiale contro la brama di supremazia di un’associazione terroristica, dell’addestramento delle nostre psicologie al conflitto armato contro le forze del male in nome di un mondo libero e del portatore della forza-lavoro ossia dell’operaio sottomesso e schiavizzato da un potere capitalistico privato, il quale riafferma il proprio diritto alla propria libera e democratica autodeterminazione affrancandosi da quella iniqua subordinazione e rendendosi nuovamente padrone del proprio destino, oltre che assumendo un ruolo dirigente di primo piano e di base nel quadro sociale e nel divenire storico (ricordiamo il poderoso Kong, assegnato ad un ingiusto lavoro subalterno da minatore, che spezza le catene che lo tenevano prigioniero e fugge dalla base del dottor Who e che, successivamente, abbatte il dominio di quel tirannico scienziato e della sua ricchissima organizzazione criminosa).
Al tempo medesimo, “King Kong – Il gigante della foresta” di Honda sottolinea l’ideale etico-morale, sociologico-politico e scientifico-conoscitivo degradato – che estrinseca l'arretramento della Ragione o dell’Essere Spirituale ovvero dello Spirito dell’uomo - del sapere scientifico e tecnologico – nel campo dell’ingegneria meccanica e robotica, nello specifico - finalizzato ad assecondare la brama di onnipotenza nutrita da una minoranza di privati su popoli e nazioni (rammentiamo, a questo proposito, il mastodontico Kong-robot creato dall’organizzazione criminale guidata da Who).
Intorno alle idealità sopra richiamate, il film “King Kong – Il gigante della foresta” di Honda ha generato e genera rispettivamente il consenso e il dissenso morali sia dei suoi realizzatori che degli spettatori del passato e del presente, che le hanno considerate e le considerano come altrettanti esempi per lo sviluppo del pensiero, del linguaggio verbale scritto e parlato (nella lingua giapponese, in quella inglese, in quella italiana e in altri idiomi), e dei comportamenti interpersonali e pubblici dei soggetti umani.

“Kong: uragano sulla metropoli” (1966-1976) di Hishiro Honda,  con Russ Tamblyn, Kumi Mizuno, Kenji Sahara, Nabuo Nakamu...
02/12/2022

“Kong: uragano sulla metropoli” (1966-1976) di Hishiro Honda, con Russ Tamblyn, Kumi Mizuno, Kenji Sahara, Nabuo Nakamura, Jun Tazaki, Hisaya Ito, Yoshifumi Tajima, Kip Hamilton, Yu Sekida e Harao Nakajima.
I biologi Paul Stewart, Akemi Tagawa e Yuzo Majida, sotto la guida del professor Kita, creano in laboratorio una mostruosa creatura a cui danno il nome di Kong, che assume dimensioni gigantesche ma senza essere aggressiva, e che è confinata in un’area deserta nei pressi del monte Fuji. Una cellula di Kong finisce in mare e genera un nuovo enorme mostro, dall’indole aggressiva nei confronti dell’uomo e che infierisce prima contro alcuni pescatori e successivamente si sposta sulla terraferma seminando devastazioni e terrore tra la popolazione. L’esercito ricorre ai raggi laser per eliminarlo, ma, proprio quando il mostro sta per soccombere, Kong giunge in suo aiuto portandolo nel suo rifugio al sicuro. Ma il Kong marino è maldisposto nei confronti di una vita condotta in mansuetudine e senza recar danni agli esseri umani, alla quale vorrebbe obbligarlo il vecchio Kong, e fugge inseguito da quest’ultimo. Stewart e i suoi colleghi scienziati mettono in guardia il comitato nipponico di autodifesa da una distruzione dei mostri che potrebbe diffondere nell’ambiente innumerevoli brandelli dei loro corpi e generare migliaia di altri Kong in grado di minacciare l’umanità e la sua civilizzazione sulla Terra. I militari decidono pertanto di usare contro i due Kong una micidiale arma chimica in grado di annientarli entrambi; tuttavia un tale ordigno non viene usato, poiché i due mostri, dopo aver distrutto mezza città di Tokyo, sono eliminati dall’improvvisa eruzione di un vulcano sottomarino, emblema del castigo divino nei loro confronti.
Uscito per la prima volta nelle sale cinematografiche nel 1966 in Giappone e in Italia nel 1968 con il titolo “Katango” (“Sanda tai Gaira” e “The War of the Gargantuas”), e riproposto sempre nel nostro Paese nel 1976 con il nuovo titolo “Kong: uragano sulla metropoli” (sulla scia del successo de “Lo squalo” di Steven Spielberg e in attesa del kolossal “King Kong” di Guillermin-De Laurentiis), questo film di fantascienza e dell’orrore, capolavoro del filone “monster movies”, rappresenta il seguito di “Frankenstein alla conquista della Terra”, ma può esser visionato benissimo come una pellicola a se stante. Il regista Ishiro Honda dirige con professionismo il grosso impianto spettacolare realizzato con dovizia di mezzi, collegando efficacemente l’avventura fantastico-orrorifica che prende i contorni di una favola per adulti, la tensione drammatica e un “Luna Park” di accuratissimi effetti speciali.
Sotto l’angolazione della storia, della filosofia, del giornalismo, della psicoanalisi e della pedagogia-didattica idealistico-sapienziali dei contenuti della sfera psicologico-spirituale conscia e inconscia dell’immaginario individuale e collettivo che riempie la comunicazione di massa cinematografica verbale e non-verbale, il lungometraggio “Kong: uragano sulla metropoli” di Honda sottolinea da un lato l’ideale etico-morale, sociologico-politico e scientifico-conoscitivo retrogrado di una ricerca scientifica svincolata dalle responsabilità sociali e democratiche, che produce conseguenze nefaste per il genere umano e la sua civiltà, di una razionalità scientifica avanzata che, senza che gli scienziati stessi lo desiderano, apre le porte ad una barbarie distruttiva che annichilisce le leggi della società civile insieme ai valori della libertà e della democrazia.
Dall’altro, “Kong: uragano sulla metropoli” di Honda pone in rilievo gli ideali etico-morali, sociologico-politici e scientifico-conoscitivi progrediti – che esplicitano l’avanzamento della Ragione illuministica o dell’Essere Spirituale razionalistico-illuministico o dello Spirito illuministico-razionalistico dell’uomo - della cooperazione tra gli scienziati, le autorità pubbliche e la collettività per il conseguimento del bene comune nel contrastare una minaccia, del Giappone che si riscatta – almeno sul piano dell’immaginario – dall’imperialismo criminale del secondo conflitto mondiale ergendosi a usbergo dell’umanità intera contro l’offensiva di forze bestiali scatenate, e della preparazione delle psicologie degli individui umani ad uno scontro all’ultimo sangue contro creature diaboliche aliene o ad una nuova guerra contro nemici spietati.
Il cineasta Honda e la Toho Film riconfermano il proprio talento di eredi e prosecutori di Georges Melies e, al tempo stesso, delle visioni più terrificanti dell’ “Inferno” di Dante Alighieri, allo scopo di tenere i soggetti umani lontani dal male.
Sono memorabili, infine, le musiche di Akira Ifukube.

“Bernadette” (1943) di Henry King, con Jennifer Jones, Charles Bickford, William Eythe, Vincent Price, Lee J. Cobb, Glad...
27/11/2022

“Bernadette” (1943) di Henry King, con Jennifer Jones, Charles Bickford, William Eythe, Vincent Price, Lee J. Cobb, Gladys Cooper, Anne Revere, Roman Bohnem, Mary Anderson, Patricia Morison, Aubrey Mather, Charles Di**le, Edith Barrett, Sig Ruman, Blanche Yurka, Ermadean Walters, Jerome Cowan, Pedro de Cordoba, Alan Napier e Linda Darnell.
Vincitore di quattro premi Oscar (miglior attrice protagonista, miglior fotografia, miglior scenografia, miglior colonna sonora) e di tre Golden Globe (miglior film drammatico, miglior regia, miglior attrice in un film drammatico), contraddistinto da un ampio respiro spettacolare (il ‘budget’ fu di un milione e seicentomila dollari della prima metà degli anni Quaranta), scritto da George Seaton (sulla base dell’omonimo romanzo di Franz Werfel), diretto da un professionista della cinematografia del calibro di Henry King in coerenza con un neo-romanticismo narrativo e visivo, prodotto dalla 20th Century Fox e interpretato splendidamente da un ‘cast’ di prim’ordine, il film storico-religioso-parapsicologico-ufologico statunitense “Bernadette” (“The Song of Bernadette”), sulla vita adolescenziale e giovanile della medium Bernadette Soubirous, che nel febbraio del 1858 ebbe nelle vicinanze di Lourdes la prima delle visioni della “bella signora” identificata dalla Chiesa cattolica come la Vergine Maria (secondo l’asserzione della stessa Soubirous riguardante chi la “signora” aveva detto di essere, ossia l’Immacolata Concezione, un dogma teologico proclamato dalla Chiesa alcuni anni prima e che la ragazza non poteva conoscere), è suscettibile al giorno d’oggi di due interpretazioni filosofiche distinte, sotto l’angolazione della storia idealistica dei contenuti delle psicologie degli spettatori appartenenti all’Occidente cristiano.
Da un lato vi è da dire che i suoi realizzatori – dal produttore al regista e allo sceneggiatore, dai tecnici agli attori – avevano tutti nel cuore la liberaldemocrazia progressista degli Stati Uniti d’America ed erano ovviamente guidati, nel loro pensiero, nel loro linguaggio verbale parlato e scritto (nella lingua inglese, ed in altri idiomi mediante le traduzioni), e nei loro comportamenti interpersonali e pubblici, dalla necessità di orientare la dimensione psicologico-spirituale conscia e subconscia dell’immaginario individuale e collettivo dei singoli cittadini e dell’opinione pubblica statunitense sulla base di una serie di ideali antropologico-ontologici evoluti etico-morali, sociologico-politici e scientifico-conoscitivi (facenti parte della filosofia idealistica delle scienze politiche), suscitando il consenso intorno ad essi. Ricordiamo, a questo proposito, l’urgenza di liberare la Francia e l’Europa dalla dominazione nazista con l’intervento delle forze armate Alleate occidentali (gli americani e i britannici in primo luogo) facendo della Soubirous un simbolo della nazione francese e dei popoli cristiani del continente europeo, che nel 1943 erano oppressi dalla svastica; del protagonismo pubblico con una funzione direttiva nel quadro della vita della società civile e del divenire della storia, dei membri delle classi sociali popolari, lavoratrici e meno abbienti, come appunto la giovanissima, anonima e comune operaia dei servizi domestici Bernadette Soubirous, che diventa un soggetto dirigente del movimento storico dell’Occidente cristiano-cattolico; dell’emancipazione dei membri dei ceti sociali alla base della piramide socio-classista, dal punto di vista economico e materiale (rammentiamo, a questo proposito, la famiglia di Bernadette che migliora le proprie condizioni di vita, dalla disoccupazione, dal precariato lavorativo e dall’indigenza ad una certa sicurezza); della libertà e della democrazia di base – con venature anarchiche - delle masse popolari, che agiscono nella non-violenza anche in contrapposizione al volere degli individui al potere nella compagine statale (ricordiamo la gente del popolo che sostiene Bernadette e che si reca liberamente e democraticamente nella grotta delle apparizioni di Massabielle, nonostante l’opposizione delle autorità comunali, di polizia e giudiziarie); della condivisione delle risorse tra gli umili; dell’uguaglianza tra tutti gli individui umani, senza gerarchie connesse alle distinzioni di classe e di notorietà o ad una presunta superiorità su tutti gli altri soggetti umani (il riferimento è all’ambiente del convento dove Bernadette è relegata, in cui ella è una novizia e poi una suora come le altre, senza preferenze, ed al magistrato Dufour che si ritiene superiore alla gente comune di Lourdes e che alla fine, a causa del tumore che lo affligge, chiede aiuto alla Vergine Maria ponendosi alla pari con i numerosissimi umili fedeli accorsi alla grotta di Massabielle); di una ragazzina con un bagaglio conoscitivo modestissimo, che diviene un genio del progresso dell’Essere Spirituale o dello Spirito o della Ragione dell’umanità. Tali idealità definiscono una democrazia liberal-sociale contrapposta dalla comunicazione di massa cinematografica e filosofico-politica del lungometraggio, sia al nazionalsocialismo e al fascismo (contro i quali combattevano gli Alleati nella Seconda Guerra Mondiale), che al comunismo sovietico.
Dall’altro, la pellicola “Bernadette” di King ha preparato e prepara il pensiero-immaginario individuale e intersoggettivo ovvero la coscienza e l’inconscio delle persone che lo hanno visionato e lo visionano all’incontro, già qui sulla Terra, con creature celestiali provenienti da un altro mondo, benevole e portatrici di una ultrascienza in grado di debellare le più diverse patologie che tormentano gli esseri umani.
I suddetti ideali rappresentano anche dei punti di riferimento di qualità per effettuare traduzioni, interpretariati e mediazioni linguistiche e interculturali di qualità dei testi del film in questione – e non solo – dalle lettere inglesi ad altri idiomi, come la lingua italiana, facendone sviluppare l’Essere Spirituale razionalistico-illuministico o della Ragione illuministica in essi intrinseca.
Una delle frasi memorabili del film “Bernadette” è la seguente: “Il peccatore è una persona che ama il male”, poiché qualcuno può fare il male senza amarlo, per il fatto che persegue obiettivi di giustizia. Un anticipo della differenziazione tra l’errore e l’errante, ribadita dal pontefice Giovanni Paolo II

“Nostra Signora di Fatima” (1952) di John Brahm, con Susan Whitney, Sherry Jackson, Sammy Ogg, Gilbert Roland, Angela Cl...
26/11/2022

“Nostra Signora di Fatima” (1952) di John Brahm, con Susan Whitney, Sherry Jackson, Sammy Ogg, Gilbert Roland, Angela Clarke, Richard Hale, Frank Silvera, Jay Novello, Michael Mark e Carl Milletaire.
Un documentario con attori e comparse su una pagina della storia dell’ultrascienza monoteistica ebraico-cristiana: è questa a mio avviso la migliore definizione che possiamo oggi attribuire al film statunitense della Warner Bros “Nostra Signora di Fatima” (“The Miracle of Our Lady of Fatima”), che è molto di più di un semplice lungometraggio mistico-religioso chiamando in causa la parapsicologia, l’ufologia e i misteri dell’universo nell’evidenziare una serie di fenomeni storicamente accaduti che non sono affatto soprannaturali, essendo infatti basati su leggi fisiche e biologiche che noi appartenenti al genere umano ancora non conosciamo, ma che in un imprecisabile futuro conosceremo. All’attuazione di tali leggi hanno poi presieduto Esseri Intelligenti Superiori di altri mondi, differenti dal nostro pianeta Terra, oppure di altri piani dimensionali rispetto le nostre tre dimensioni (per cui potremmo parlare di cosmi paralleli al nostro). In questo modo, nel terzo decennio del Ventunesimo secolo, possiamo vedere la pellicola “Nostra Signora di Fatima”, imperniata su un soggetto e una sceneggiatura di Grane Wilbur e James O’Hanlon, prodotto da Bryan Foy, diretto da John Brahm (un regista che un decennio più tardi diresse alcuni episodi della miniserie televisiva fantascientifica – o meglio ultrascientifica - “Ai confini della realtà”, in piena continuità con l’opera cinematografica in esame e quasi fosse inscritto nel suo destino) e che racconta la prima parte della vicenda dei pastorelli – ovvero dei piccoli operai dell’allevamento – portoghesi Lucia dos Santos, Giacinta Marto e Francesco Marto che nel maggio del 1917 e nei mesi successivi, nei pressi della cittadina di Fatima, ebbero le visioni della creatura celeste identificata con la Beata Vergine, e che di conseguenza divennero artefici e dirigenti del divenire storico della Chiesa cattolica romana. Brahm guida questo film-documentario ultrascientifico di grande spettacolarità e realizzato con larghi mezzi, avvalendosi del proprio rispettabile bagaglio professionale di cineasta e fondendo l’accuratezza narrativa e figurativa neo-romantica e neo-realistica al tempo medesimo, con le scienze del mistero o di confine (che costituiscono appunto l’ultrascienza). E non manca l’esaltazione dell’ideale antropologico-ontologico avanzato, diffuso dal lungometraggio, del protagonismo anarchico-egualitario-democratico-onnicratico-socialista nel contesto pubblico dell’umile e anonima gente del popolo, contrapposto ai vertici di uno Stato autoritario e poliziesco, generando il consenso morale individuale e collettivo intorno alla suddetta idealità. “Nostra Signora di Fatima” di Brahm, da quel piccolo capolavoro cinematografico dell’ultrascienza quale esso è, ci aiuta a comprendere che l’umanità non è sola nell’universo e prepara le nostre psicologie all'incontro con Esseri Pensanti Superiori di altri mondi. Sono ben impostate le interpretazioni degli attori ed è infine da segnalare la colonna sonora di Max Steiner (che ebbe una ‘nomination’ ai premi Oscar).

Lo scrittore, giornalista e drammaturgo britannico Edgar Wallace (1875-1932), che definisco come l'Emilio Salgari della ...
25/11/2022

Lo scrittore, giornalista e drammaturgo britannico Edgar Wallace (1875-1932), che definisco come l'Emilio Salgari della Gran Bretagna, e il romanziere statunitense contemporaneo James Ellroy (1948). Il primo lasciò la scuola a dodici anni ed il secondo a diciassette; ma entrambi sono dei geni della letteratura nella lingua inglese, ed in altri idiomi mediante le traduzioni. La genialità non è collegata necessariamente ai titoli di studio liceali e universitari posseduti (il primo non ne possedeva e il secondo non ne possiede), ma in primo luogo all'evoluzione della Ragione illuministica o dell'Essere Spirituale razionalistico-illuministico ovvero dello Spirito razionalistico-illuministico dei soggetti umani, che avviene anche e soprattutto per percorsi differenti rispetto a quelli scolastici e universitari.

LA FILOSOFIA DEL CINEMA CONTRO LE ARMI DI … ‘DISTRAZIONE’ DI MASSA“Gamera contro il mostro Gaos” (1967) di Noriaki Yuoas...
23/11/2022

LA FILOSOFIA DEL CINEMA CONTRO LE ARMI DI … ‘DISTRAZIONE’ DI MASSA
“Gamera contro il mostro Gaos” (1967) di Noriaki Yuoasa, con Kojiro Hongo, Kichijiro Ueda, Reiko Kasubara, Naoyuki Abe, Taro Marui, Yukitaro Hotaru, Yoshiro Kitahara, Akira Natsuki, Kenji Oyama e Fujio Murakami.
Le attività tecnico-industriali umane risvegliano il gigantesco mostro preistorico volante Gaos nella caverna del vulcano Fuji, dov’era addormentato da millenni. Le forze armate di autodifesa del Giappone non riescono ad abbattere l’enorme creatura, la cui furia distruttiva colpisce infrastrutture tecnologiche e città. Ma interviene la colossale tartaruga Gamera che, dopo titanici scontri, riesce a prevalere su Gaos e a gettarlo nella lava incandescente del monte Fuji.
Scritto da Nisan Takahashi, “Gamera contro il mostro Gaos” (“Gamera Tai Gyaosu”) è un film di fantascienza nipponico di grosso impatto spettacolare e realizzato con molti mezzi. Il regista Noriaki Yuasa governa il lungometraggio con buon mestiere, coniugando l’avventura fantastica neo-fiabesca imperniata sui terribili mostri che minacciano il genere umano e la sua civilizzazione sulla Terra (specialità della casa di produzione Toho Films dagli anni Cinquanta agli anni Settanta), l’orrore originato da mostruosi esseri alieni e un’ampia quantità di suggestivi effetti speciali.
Sul piano della filosofia e della storia idealistico-esoteriche dei contenuti della dimensione psicologico-spirituale conscia e subconscia dell’immaginario individuale e collettivo che permea la comunicazione di massa cinematografica verbale e non-verbale, la pellicola “Gamera contro il mostro Gaos” sottolinea gli ideali etico-morali, sociologico-politici e scientifico-conoscitivi avanzati – che esprimono cioè il progresso della Ragione illuministica o dell’Essere Spirituale illuministico o dello Spirito illuministico dell’uomo, e attorno ai quali ha generato e genera il consenso morale - del Giappone che si emancipa dal passato guerrafondaio e imperialistico del secondo conflitto mondiale ponendosi come difensore dell’umanità, la sua civiltà, le sue leggi evolute, la libertà e la democrazia dall’offensiva devastante di forze selvagge e primitive (simboleggiate appunto dai mostri) apportatrici di un caos apocalittico, della cooperazione tra i soggetti umani per il raggiungimento del bene comune, della scienza esatta e dei traguardi nella ricerca scientifica (nei campi della zoologia e della biologia, nello specifico del film) al servizio della sicurezza di un’intera società civile, del protagonismo della gente comune nella vita pubblica e nel divenire storico di una collettività oltre ogni gerarchia sociale e politica (pensiamo al bimbo che con un semplice disegno indica il modo per sconfiggere Gaos) e della preparazione delle menti dei singoli individui e della psicologia intersoggettiva dell’opinione pubblica alla guerra per fronteggiare l’assalto di enormi demoni in grado di portare il mondo e i suoi abitanti nell’inferno in terra.
Le idealità sopra richiamate sono anche dei significativi filtri per attuare traduzioni, interpretariati e mediazioni linguistiche e interculturali dei testi del film in questione – e non solo – dalle lettere della lingua nipponica in altri idiomi, come l’italiano e l’inglese, facendo sviluppare l’Essere Spirituale o lo Spirito in essi implicito.

LA FILOSOFIA DEL CINEMA CONTRO LE ARMI DI … ‘DISTRAZIONE’ DI MASSA“Conquest” (1983) di Lucio Fulci, con Andrea Occhipint...
22/11/2022

LA FILOSOFIA DEL CINEMA CONTRO LE ARMI DI … ‘DISTRAZIONE’ DI MASSA
“Conquest” (1983) di Lucio Fulci, con Andrea Occhipinti, Jorge Rivero, Sabrina Siani, Conrado San Martin, Violeta Cela e Josè Gras.
In un’imprecisata epoca preistorica, il giovane arciere Ilias, dotato di un arco portentoso, incontra lungo il suo cammino il guerriero Mace. Insieme i due affrontano genti selvagge e creature mostruose; allorquando poi Ilias è ucciso per ordine della malvagia strega Ocron, Mace lo vendica ponendo fine alla supremazia di quest’ultima.
Scritto da Giovanni Di Clemente (che ne è anche il produttore), Gino Capone, Josè Antonio de la Loma e Carlos Vasallo, “Conquest” è un film fantasy peplum-horror di produzione italo-ispano-messicana. Il regista Lucio Fulci guida il suggestivo spettacolo con polso e competenza nello strumento cinematografico, amalgamando l’avventura fantastica, il realismo truculento e sanguinario, e gli splendidi paesaggi naturali.
Dal punto di vista della filosofia e della storia di quel che contiene la dimensione psicologico-spirituale conscia e subconscia dell’immaginario individuale e collettivo che riempie la comunicazione di massa cinematografica verbale e non-verbale, la pellicola “Conquest” di Fulci pone in evidenza l’ideale antropologico-ontologico complessivo etico-morale, sociologico-politico e scientifico-conoscitivo progredito – che esprime l’avanzamento dello Spirito illuministico dell’uomo sulle tenebre del primitivismo - della costruzione di una civiltà umana evoluta contro la barbarie, da parte di soggetti umani comuni portatori della loro forza-lavoro fisica e mentale – come i due operai del combattimento e della sopravvivenza in un ambiente selvaggio e inospitale Ilias e Mace, appunto – e sulla base del riconoscimento reciproco dell’uguaglianza nei diritti alla vita e alla libertà, della coesistenza paritaria altre ogni volontà di dominio sull’altro-da-sé, della cooperazione per il bene comune, dell’equa condivisione delle risorse materiali tra più persone, dell’ansia di giustizia contro le sopraffazioni, dell’esercizio di un’autorità pubblica eguale a quella degli appartenenti al ceto minoritario dominante (secondo un’iniqua logica gerarchico-classista, come nel caso della strega Ocron) e del desiderio di leggi che regolano la convivenza sociale ispirate dai suddetti valori.
Questa idealità è anche un significativo punto di riferimento per realizzare una traduzione, un interpretariato ed una mediazione linguistica e interculturale di qualità dei testi del presente lungometraggio – e non soltanto di essi – dalla lingua italiana scritta e parlata in altre lingue, come l’inglese, favorendo l’evoluzione della Ragione o dell’Essere spirituale in quelle implicito.
Tra gli attori, rammentiamo il giovane Andrea Occhipinti nel suo primo ruolo da protagonista.

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