Dott.ssa Letizia Monaco - Psicologa Psicoterapeuta

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Dott.ssa Letizia Monaco - Psicologa Psicoterapeuta Sono una Psicologa e Psicoterapeuta ad indirizzo Costruttivista Intersoggettivo.

01/08/2025

Chi va in psicoterapia?

Va dallo psicologo chi è in grado di costruire un legame.
Chi (consciamente o incosciamente) è capace di sviluppare sentimenti profondi.
Chi (consciamente o incosciamente) desidera stare meglio e si impegna ad agire per sé.
Chi (consciamente o incosciamente) riesce a mostrare la propria umanità, fragilità...
Chi (consciamente o incosciamente) riesce ad accettare la propria parte poco nobile abbattendo l' illusorio perfezionismo.
Chi (consciamente o incosciamente) è sensibile.
Chi (consciamente o incosciamente) è capace di empatia.
Chi (consciamente o incosciamente) ha bisogno di rapporti umani di fiducia.
Chi (consciamente o incosciamente) non tollera la sofferenza inutile e desidera scoprire nuove strategie per superarla.
Chi non è accidioso.
Chi si nutre di reciprocità.
Chi non ha paura di piangere.
Chi (consciamente o incosciamente) non ha paura di ricevere affetto.
Chi (consciamente o incosciamente) vuole riuscire a sentire tutto il proprio Valore.

In definitiva, va in psicoterapia chi è sufficientemente sano.

Riempi gli occhi di bellezza, almeno mezz'ora al giorno.
28/05/2025

Riempi gli occhi di bellezza, almeno mezz'ora al giorno.


Oggi Pietro mi ha regalato questo petalo caduto dalla nostra rosa. "Tieni mamma, è per te!"È stato un attimo, l'ho adora...
11/05/2025

Oggi Pietro mi ha regalato questo petalo caduto dalla nostra rosa. "Tieni mamma, è per te!"
È stato un attimo, l'ho adorato. Credo fosse il più bello e adatto a questo giorno, proprio grazie alla sua spaccatura. Stasera vorrei lodare le crepe di ogni mamma. Gli errori, le rotture nella relazione con i figli che, se viste, possono essere riparate.
Ho pensato subito alle mamme che ho il piacere di seguire, alle loro storie, alle cadute con i loro cuccioli per cui piangono ogni giorno. Alla urla, la rabbia difficilmente gestita, gli sculaccioni. E poi i pianti per i sensi di colpa. Quelle lacrime sono il segnale di un percorso a ostacoli, in cui l'educazione ricevuta, la "pedagogia nera" e soprattutto il non amore fanno fatica a tramontare. Tornano su prepotentemente e automaticamente. Ma sono anche il segno di una volontà di cambiare, di rompere le catene. Di una nuova educazione che cerca di farsi strada, un'educazione dolce e rispettosa verso i bimbi. Verso i loro diritti, emozioni, corpi, individualità in formazione. Un'educazione in cui si può riparare e chiedere scusa, per ripartire domani con un pezzettino in più di consapevolezza. Ripartire non perfette, ma "sufficientemente buone".
Sì, la spaccatura di questo petalo ha il sapore autentico della maternità.
E sì, come mi dice sempre un caro amico, il mio è il lavoro più bello del mondo. ❤️

Oggi soffermiamoci un po' anche sulla visuale di Papa Leone. Purtroppo niente di nuovo, questo è ormai lo scenario tipic...
09/05/2025

Oggi soffermiamoci un po' anche sulla visuale di Papa Leone.

Purtroppo niente di nuovo, questo è ormai lo scenario tipico a cui assistiamo in occasioni storiche come questa ma anche eventi di vita semplici e non significativi, in cui probabilmente la persona che riprende non riguarderà mai quel video.
Il punto non è tanto il singolo scatto, ma la ripresa continua, il concerto non ballato, il "viversi" l'evento a metà, con un impatto emotivo attenuato, filtrato da un piccolo dispositivo e dall'ansia di non farsi scappare niente.
Nel frattempo ci si è persi tutto.
Quel bisogno di dimostrare di esserci sempre, di fermare il tempo, forse la morte e la nostra caducità.
E il vero dramma è dal punto di vista di chi viene ripreso, soprattutto se nei primi anni di vita. Il papa ha ormai, evidentemente, una sua identità strutturata e da lassù non resterà scioccato. Questo non vale per i piccoli occhi dei bambini, che al proprio compleanno, comunione, giro in bici, vedranno lo stesso scenario di Leone ieri, invece degli occhi connessi di mamma e papà.

08/05/2025
24/04/2025

Il bambino lasciato libero supera le varie fasi al proprio ritmo, diverso da quello di altri bambini, con sicurezza ed armonia. 😊

Emmi Pikler

C’è un tempo per ogni cosa e ogni cosa a suo tempo.
Fin troppo spesso l’infanzia viene vista come una gara a chi arriva primo: “Mio figlio ha iniziato a camminare a dieci mesi” “E la mia a quell’età già parlava!”

Ma dove ci conduce questa spasmodica competizione?
Alla frustrazione, ai timori più disparati, all’insicurezza.

I bambini, se posti in ambienti colmi di amore, pensati per loro, e accompagnati con consapevolezza, raggiungono le diverse competenze nei propri tempi individuali. ☺️

Per ricordare un altro importante pedagogista, Rousseau: “La più grande, la più importante, la più utile regola di tutta l’educazione? È non di guadagnare tempo, ma di perderne”.

Fonte: “Aiutami a fare da me”
Illustrazione di Klara Papp 💗

Ogni "fantino" può trovare nella propria storia il motivo per cui non smonta.
17/04/2025

Ogni "fantino" può trovare nella propria storia il motivo per cui non smonta.

“Quando scopri che stai cavalcando un cavallo morto, la strategia migliore è smontare.”

Questo antico proverbio, attribuito alla saggezza dei nativi americani, racchiude una grande verità.

La cosiddetta teoria del cavallo morto descrive bene quelle situazioni in cui continuiamo a investire tempo, energie e risorse in qualcosa che, in realtà, non ha più senso. Un progetto, un’idea, una relazione… Anche se è evidente che non funziona più, invece di “scendere”, proviamo di tutto: cambiare approccio, insistere, spingere più forte.

In ambito aziendale, questo atteggiamento si vede spesso. Un esempio classico? Kodak.
Leader del mercato fotografico per decenni, ha ignorato troppo a lungo il cambiamento digitale, restando aggrappata al vecchio modello basato sulle pellicole. Il risultato? Il fallimento nel 2012.

Ma questa metafora vale anche nella vita quotidiana.
Quante volte restiamo legati a qualcosa che, in cuor nostro, sappiamo essere già “morto”? Un lavoro che non ci rappresenta più. Una relazione che ci svuota. Un’idea in cui crediamo solo per abitudine.

Riconoscere il momento giusto per smontare non è una resa, ma un atto di coraggio e consapevolezza.

A volte, il vero passo avanti è sapere quando fermarsi.

"Qual è il tuo cavallo morto?"

— Riflessione personale ispirata a un proverbio tradizionale

08/03/2025
“Certe volte le donne hanno molta fame. Aprono il frigorifero e vorrebbero ingoiare tutto quello che c’è dentro. Entrano...
05/03/2025

“Certe volte le donne hanno molta fame. Aprono il frigorifero e vorrebbero ingoiare tutto quello che c’è dentro.
Entrano in una pasticceria e vorrebbero ingurgitare ogni cosa, fino a scoppiare.
Mangiano la cioccolata e vorrebbero non smettere mai.
Mangiano i biscotti e ne finiscono due pacchi.
Mangiano le patatine e vanno avanti fino a star male.
C’è una bocca affamata dentro di loro: grida per essere riempita, scalpita come una bestia selvaggia per ricevere ciò che vuole: cibo! cibo! cibo!
Ma il cibo è solo l’involucro di quello che la bocca affamata pretende.
Dietro quella voglia famelica c’è di più: c’è la voglia di qualcosa che faccia sentire vive. È la donna che arde di fame di se stessa, pallida della sua passione, a digiuno della sua anima.
Le donne affamate spesso non seguono la loro vera natura: hanno smesso di cantare, hanno intrappolato le loro parole da qualche parte, hanno appoggiato la penna, hanno scelto di essere “troppo in ordine”, “troppo carine”, “troppo compiacenti”, “troppo perfette”, “troppo simpatiche”, “troppo disponibili”.
Sono lontane dalla loro vita profonda, passionale, nutriente, rigenerante: svalutano il proprio lavoro, dicono a se stesse che sono sbagliate perché non hanno fatto abbastanza, si autoimpongono di stare zitte, si sentono in colpa se non sono disponibili per tutti. Mettono sotto sale i loro desideri, fanno conserve con i loro sogni, ripongono in frigorifero necessità personali con l’etichetta «più avanti». C’è chi arrotola la passione stringendo un laccio attorno, chi scrive la parola “rassegnazione” sul muro della camera, chi appoggiato la penna sul tavolo e non la riprende in mano, chi getta la tela e poi giura a denti stretti di guardare sempre dall’altra parte.
Spesso queste donne hanno la sensazione di essere “immobilizzate” e in questo immobilismo si costringono a non andare, a non fare un passo, a non pretendere, a non diventare, a non scoprire.
La loro vita è “una bocca vuota” e il cibo diventa la metafora di un nutrimento che non arriva da un’altra parte.
Ma non è una situazione irreversibile.
È semplicemente necessario “un risveglio”.
Bisogna avvicinarsi all’anima, che giace da qualche parte con le ossa spezzate, e ricomporla.
Come fare?
Chiedendo a noi stesse cosa davvero desideriamo.
Non è così difficile come sembra.
Nel momento in cui ci chiniamo pietose sulla nostra anima esangue e ferita lei si rianima. Le basta poco.
Un po’ di ascolto, una riflessione vera, una risposta sincera: rivolta a noi.
Le donne sanno molto bene cosa vogliono, quando se lo chiedono con voce sincera. Conoscono il motivo di quella bocca affamata, di quelle mani tese per ricevere altro cibo. Quando risvegliamo la nostra anima lei non parla in modo criptato: ci dice a chiare lettere quale direzione prendere. È un’amica sicura, fidata, compassionevole, stimolante… lei ha le risposte che cerchiamo… e allora, come per magia, quella bocca affamata si chiude e dentro di noi nasce una nuova forza, la voglia di vivere davvero la nostra vita”.

Simona Oberhammer

Vedere il tesoro intrinseco nei propri figli, nipoti, alunni, pazienti. (Senza proiettare parti di noi irrisolte). Forse...
23/01/2025

Vedere il tesoro intrinseco nei propri figli, nipoti, alunni, pazienti. (Senza proiettare parti di noi irrisolte). Forse qui sta tutta la prevenzione della psicopatologia dei futuri adulti.

09/01/2025

3 tipi di genitori. 3 tipi di campioni.

"Se proprio uno volesse invidiare qualcosa a Sinner, non sarebbero il talento, la gloria, i soldi e nemmeno la residenza a Montecarlo. Sarebbero i genitori. Le persone di successo provengono da tre tipi di famiglia. Il più diffuso è il modello Fred Trump: padre ingombrante e rompiscatole contro cui combatti tutta la vita, anche dopo la sua morte, e ogni sfida è sempre «contro» qualcuno o qualcosa che ti ricorda lui. Poi c’è il modello Errol Musk: padre distante e anaffettivo che non ti ha mai detto «bravo» neppure una volta e tu saresti disposto ad andare anche su Marte pur di elemosinare quel riconoscimento che ti ha sempre negato. Infine, il modello Hanspeter e Sieglinde Sinner: il più fortunato perché il meno tormentato. Qui il binomio padre-madre non è invadente né assente, ma semplicemente sano. Quando il signor Sinner consegnò il suo ragazzino nelle mani del maestro di tennis Riccardo Piatti, non gli disse «fammelo diventare un campione a qualunque costo», come i padri egoisti e frustrati che sperano di vendicarsi del destino attraverso i figli. Al contrario: «Non imporgli cose che non gli piacciono», si raccomandò. «Preferisco avere un figlio felice che un figlio campione». Sinner campione lo è diventato lo stesso, ma senza vendere l’anima al diavolo, come invece fu costretto a fare il disperato e magnifico Agassi. La calma e la lucidità nei momenti decisivi non sono solo doti naturali. Per avere quella testa, devi sapere che il tuo cuore è al sicuro."

- Massimo Gramellini, giornalista, scrittore e conduttore televisivo

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