Fiabe sotto l'albero

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Le fiabe sono la via privilegiata per sviluppare la crescita interiore, il senso critico, la consapevolezza, l’autonomia di pensiero nei bambini e negli adulti, perché una fiaba non ha età e non è destinata solo ad un lettore bambino.

Il rospoUna fiaba di Hans Christian AndersenIl pozzo era profondo, quindi la corda era lunga e la carrucola girava a fat...
21/08/2023

Il rospo
Una fiaba di Hans Christian Andersen

Il pozzo era profondo, quindi la corda era lunga e la carrucola girava a fatica quando bisognava sollevare il secchio pieno d'acqua fino oltre il bordo del pozzo. Il sole non riusciva mai a specchiarsi nell'acqua, sebbene questa fosse trasparente, ma fin dove riusciva a brillare cresceva il verde tra le pietre.
Al pozzo abitava una famiglia di rospi, emigrati, in realtà giunti lì a capofitto con una vecchia madre rospo che ancora viveva; le verdi rane che vi abitavano da moltissimo tempo e nuotavano nell'acqua li riconobbero come cugini, ma li considerarono soltanto ospiti venuti a passare le acque, mentre loro avevano tutta l'intenzione di rimanere lì: vivevano molto meglio all'asciutto, come chiamavano quelle pietre bagnate.
Mamma rana una volta aveva viaggiato, si era trovata nel secchio che veniva tirato su, ma c'era troppa luce per lei e le aveva causato una lesione agli occhi; fortunatamente riuscì a saltar fuori dal secchio, cadde in acqua con un tonfo terribile e rimase a letto per tre giorni con il mal di schiena. Non sapeva raccontare molto del mondo che c'era fuori, ma sia lei che tutti gli altri sapevano che il pozzo non era tutto il mondo. Mamma rospo avrebbe potuto raccontare molto di più, ma non rispondeva mai quando le veniva chiesto qualcosa, e così non le si chiedeva mai nulla.
«È grassa, br**ta e tozza!» dicevano le giovani rane verdi. «I suoi piccoli diventeranno altrettanto grassi!»
«È probabile!» rispondeva mamma rospo «ma uno di loro ha una gemma preziosa nella testa, o forse ce l'ho io.»
Le verdi rane ascoltarono e spalancarono gli occhi, ma dato che a loro la cosa non piaceva, fecero le smorfie e tornarono sul fondo. I giovani rospi invece tesero la zampette di dietro con grande fierezza. Ciascuno di loro credeva di avere la gemma preziosa; e così tennero per un po' la testa immobile, ma alla fine chiesero di che cosa dovevano essere fieri e che cosa fosse in realtà una tale gemma.
«È qualcosa di splendido e di prezioso!» disse mamma rospo. «Ma io non posso descrivetelo, è qualcosa che dà piacere a chi la possiede e fa rabbia agli altri, ma non chiedete, io non rispondo.»
«Io non ho la gemma preziosa» esclamò il rospo più piccolo, che era tanto brutto. «Perché dovrei avere io una tale bellezza? Se poi questa fa arrabbiare gli altri, come farei a esserne felice? No, io desidero solo poter arrivare una volta in cima al pozzo a guardare fuori; deve essere bello!»
«È meglio che resti dove sei!» disse la vecchia. «Questo posto lo conosci ormai, sai com'è! Stai attento al secchio: quello ti schiaccia. E se anche riesci a entrarci, puoi cadérne fuori male, non tutti cadono bene come me, che ho conservato le membra intatte e anche tutte le uova.»
«Cra!» disse il piccolo, e questo corrisponde al nostro "Ahimè!."
Il piccolo rospo aveva una gran voglia di uscire sull'orlo del pozzo, di guardare fuori, sentiva una specie di nostalgia per il verde che c'era lassù: così quando il mattino dopo per caso il secchio pieno d'acqua si fermò un attimo davanti alla pietra dove si trovava lui, si emozionò tanto che saltò dentro nel secchio pieno e cadde in fondo all'acqua che, una volta tirata su, venne versata.
«Uh, che orrore!» gridò il garzone che lo vide. «È la cosa più schifosa che abbia mai visto» e gli diede un calcio con lo zoccolo e il rospo rischiò di rimanere storpio, ma riuscì a scamparla rifugiandosi tra le alte ortiche. Vide gli steli, uno vicino all'altro, e guardò anche in su: il sole brillava tra le foglie trasparenti, e lui provò la stessa sensazione che proviamo noi uomini quando improvvisamente ci troviamo in un grande bosco dove il sole brilla tra i rami e le foglie.
"Qui è molto più bello che giù nel pozzo! Qui si può avere voglia di rimanere per tutta la vita!" esclamò il piccolo rospo. Rimase lì un'ora, forse due. "Che cosa ci sarà là fuori? Se sono arrivato fin qui, devo guardare oltre" così strisciò più in fretta che potè e uscì sulla strada, dove il sole brillava e dove la polvere lo ricoprì, mentre attraversava la via.
"Qui sì che ci si trova all'asciutto!" commentò il rospo "si sta fin troppo bene, ho un solletico!"
Arrivò al fosso dove crescevano i non-ti-scordar-di-me e le spiree, c'erano siepi di sambuco e di biancospino, cresceva il convolvolo arrampicandosi sulle piante; c'erano tanti colori, volava anche una farfalla, ma il rospo credette che quello fosse un fiore alzatosi dallo stelo per vedere meglio il mondo, e sarebbe stato così naturale!
"Se solo potessi essere veloce come lei!" pensò il rospo. "Cra! Cra! che bellezza!"
Rimase otto giorni e otto notti vicino al fosso e non gli mancava certo il cibo. Il nono giorno pensò: "Avanti!," ma che cosa si poteva trovare di più bello? Forse una rospetta o qualche rana verde! L'ultima notte gli era parso di sentire, col vento, come un suono di parenti nelle vicinanze.
"Che bello vivere! Uscire dal pozzo, stare tra le ortiche strisciare lungo la strada impolverata e riposarsi vicino al fosso! Ma avanti! Cerchiamo di trovare una rana o una rospetta, non si può farne a meno, la natura da sola non è abbastanza!" E così ricominciò a viaggiare.
Arrivò in un campo vicino a un grande stagno circondato di salici e cercò lì dentro.
«Forse qui è troppo umido per lei?» chiesero le rane «ma lei è benvenuto. Lei è un signor rospo o una signora? Comunque non importa, è benvenuto ugualmente.»
Così venne invitato al concerto della sera, un concerto di famiglia: grande entusiasmo e vocine flebili! noi conosciamo bene queste cose. Non c'era niente da mangiare, solo bibite a volontà, tutto lo stagno, se si voleva.
"Proseguiamo nel viaggio!" si disse il piccolo rospo, sentiva sempre il bisogno di qualcosa di meglio.
Vide le stelle che brillavano, grandi e luminose, vide la luce della luna nuova, vide il sole sorgere sempre più alto.
"Io mi trovo ancora in un pozzo, in un pozzo più grande; devo andare ancora più su! Sono così inquieto e ho una tale nostalgia!" E quando la luna divenne piena, il povero animale pensò: "È forse quello il secchio che viene calato e nel quale io devo saltare per arrivare più in alto? O è forse il sole il grande secchio? Com'è grande, com'è pieno di raggi, come ci contiene tutti! Non devo perdere l'occasione! Come brilla sulla mia testa! Non credo che la gemma preziosa possa brillare di più! Ma io non ce l'ho e non piango certo per questo; no, devo andare più su nel bagliore e nella gioia! Ho una certezza, e pure una paura, è diffìcile fare un passo simile, ma bisogna! Avanti, avanti per la strada maestra!." E si rimise a camminare come può fare un animale strisciante e giunse sulla strada dove abitavano gli uomini; c'erano giardini pieni di fiori e orti di cavoli, lui si riposò vicino a un orto di cavoli.
"Oh, quante strane creature che non ho mai visto! E come è grande e benedetto il mondo! Ma uno naturalmente deve guardarsi intorno, non può rimanere seduto sempre in un posto" e così saltò dentro l'orto di cavoli. "Com'è verde! Com'è bello!"
«Lo so!» disse un bruco che stava su una foglia. «La mia foglia è la più grande qui. Nasconde mezzo mondo, ma ne posso fare a meno.»
«Glo, glo!» si sentì: arrivavano le galline, saltellando. La prima che sopraggiunse era presbite, vide il bruco su quella foglia arricciata e lo beccò, così quello cadde a terra, cominciando a contorcersi per la rabbia. La gallina allora prima guardò con un occhio, poi con l'altro perché non capiva che cosa fosse tutto quel contorcersi.
"Non lo fa certo per compiacere!" pensò la gallina e sollevò la testa per beccarlo. Il rospo si spaventò moltissimo e le si mise proprio davanti.
"Ah, ha le truppe ausiliarie!" si disse quella "guarda che tipo!" e se ne andò. "Non mi interessa proprio questo bocconcino verde che mi fa solo solletico nel collo." Le altre galline erano della stessa opinione, così se ne andarono.
«Mi sono salvato con le mie contorsioni!» disse il bruco. «È un bene avere presenza di spirito, ma la cosa più diffìcile ora è ritornare sulla mia foglia di cavolo. Dov'è?»
Arrivò il rospetto e gli espresse la sua simpatia. Era felice che la sua bruttezza avesse spaventato le galline.
«Che cosa dice?» chiese il bruco. «Io mi sono salvato da solo. Lei è molto brutto! E ora posso ritornare a casa mia? Sento odore di cavolo, ora so dov'è la mia foglia. Non c'è niente di più bello che la propria casa. Ma io devo andare più su!»
«Sì, più in su!» ripetè il piccolo rospo. «Più in su! Sente proprio come me! Ma non è di buon umore oggi; forse sarà per lo spavento. Tutti vogliamo andare più in su!» e guardò in alto più che potè.
La cicogna si trovava nel nido sul tetto della casa del contadino, gloterava e anche mamma cicogna gloterava.
"Come abitano in alto!" pensò il rospo. "Felice chi può arrivare così in alto!" Nella casa del contadino abitavano due studenti, uno era poeta, l'altro scienziato, uno cantava e scriveva pieno di gioia di tutte le cose che Dio ha creato e che si rispecchiavano nel suo cuore, cantava in modo breve e chiaro e in versi armoniosi; l'altro invece si impossessava della cosa in sé, l'apriva quando era necessario. Considerava l'opera del Signore come un grande calcolo, sottraeva, moltiplicava, voleva conoscere tutto di dentro e di fuori e parlarne con intelligenza; in realtà era pura intelligenza, parlava con gioia e conosceva tutto. Entrambi erano due bravi giovani.
«Guarda, c'è un ottimo esemplare di rospo!» disse lo scienziato «dovrei metterlo sotto spirito.»
«Ne hai già due!» disse il poeta. «Lascia che si diverta in pace!»
«Ma è così deliziosamente brutto!» disse l'altro.
«Già, se potessimo trovargli la gemma preziosa nella testa» disse il poeta «allora vorrei essere presente quando lo squarcerai!»
«La gemma preziosa!» rispose l'altro. «Conosci bene, tu, la storia naturale!»
«Non c'è forse qualcosa di meraviglioso in questa tradizione popolare, nell'idea che il rospo, l'animale più brutto in assoluto, spesso nasconda nella testa una preziosissima gemma? Non succede
10 stesso anche con gli uomini? E che pietra preziosa aveva Esopo, e poi Socrate!»
11 rospo non sentì altro, ma non capì neppure la metà di quel discorso. I due amici se ne andarono e lui riuscì a non finire sotto spirito.
"Hanno anche parlato della gemma preziosa!" disse il rospo. "Per fortuna non ce l'ho, altrimenti avrei avuto dei problemi!"
Intanto si gloterava sul tetto della casa dei contadini, papà cicogna teneva un discorso alla famiglia e guardava storto i due giovani nell'orto dei cavoli.
«L'uomo è la creatura più presuntuosa!» esclamava. «Senti come muovono il becco! E in realtà non sanno nemmeno fare un verso giusto. Si vantano della loro capacità di parlare, della loro lingua! È proprio una bella lingua: se noi viaggiamo un solo giorno la sentiamo parlare in modo incomprensibile: uno non capisce l'altro. La nostra lingua invece la parliamo su tutta la terra, sia in Danimarca che in Egitto. E poi gli uomini non sanno neppure volare. Prendono velocità con un'invenzione che chiamano "ferrovia" ma spesso si rompono anche il collo. Mi vengono i brividi nel becco quando ci penso; il mondo potrebbe benissimo sopravvivere senza uomini. Potremmo fare a meno di loro: basta che ci siano le rane e i vermi.»
"È proprio un bellissimo discorso!" pensò il rospetto. "Deve essere un grand'uomo, e come siede in alto, dove io non ho mai visto sedere ancora nessuno, e come sa nuotare!" esclamò quando la cicogna s'innalzò nell'aria spiegando le ali.
Mamma cicogna continuò a parlare nel nido, raccontò della terra d'Egitto, dell'acqua del Nilo e di tutte quelle meravigliose paludi che si trovavano nel paese straniero. Le sue parole suonarono nuove e interessanti al piccolo rospo.
"Devo andare in Egitto!" disse. "Se solo la cicogna volesse portarmi con sé, o uno dei suoi piccoli. Io li ricambierò servendoli il giorno del loro matrimonio. Ah, se arrivassi in Egitto sarei proprio felice! Ho tanti desideri e una tale voglia, e certo valgono più di una gemma preziosa in testa!"
E invece aveva proprio quella gemma preziosa: quell'eterna nostalgia e quella voglia di andare in alto, sempre più in alto! gli brillava dentro, si esprimeva nella gioia, si irraggiava nel suo desiderio.
In quel momento sopraggiunse la cicogna; aveva visto il rospo tra l'erba, si precipitò in basso e prese quel piccolo animaletto senza troppo garbo. Il becco stringeva, il vento soffiava, non era certo piacevole; ma intanto lui andava in alto, in alto verso l'Egitto, lo sapeva bene; e per questo gli brillavano gli occhi, e sembro che ne uscisse una scintilla.
"Cra! Cra! Ahimè!"
Il corpo era morto, il rospo ucciso. Ma la scintilla che proveniva dai suoi occhi, di quella che accadde?
Il raggio del sole la prese, il raggio del sole portò via la gemma preziosa dalla testa del rospo. Ma dove la portò?
Non devi chiederlo allo scienziato, chiedilo piuttosto al poeta; lui te lo racconterà come una favola, e ci sarà il bruco, e la famiglia delle cicogne. Pensa! Il bruco si è trasformato e è diventato una bella farfalla; la famiglia delle cicogne vola oltre le montagne e il mare fino alla lontana Africa e ciò nonostante trova la strada più breve per tornare di nuovo nella terra danese, nello stesso posto, sullo stesso tetto! Sì, è proprio tutto come una favola, eppure è vero! Puoi chiederlo allo scienziato lui lo dovrà ammettere; e tu stesso lo sai, perché l'hai visto.
Ma la gemma preziosa nella testa del rospo?
Cercala nel sole! Guardalo, se sei capace!
Il bagliore è troppo forte. Noi non abbiamo ancora gli occhi in grado di guardare in tutta quella gloria creata da Dio, ma li avremo, e allora diventerà la favola più bella, perché anche noi ci saremo.

Il centesimo rubatoUna fiaba dei fratelli GrimmUna volta, a mezzogiorno, un uomo sedeva a tavola con la moglie, i suoi b...
21/08/2023

Il centesimo rubato
Una fiaba dei fratelli Grimm

Una volta, a mezzogiorno, un uomo sedeva a tavola con la moglie, i suoi bambini e un amico che era venuto a trovarli. Mentre se ne stavano là, allo scoccare delle dodici, l'ospite vide la porta aprirsi e entrare un bimbo molto pallido, tutto vestito di bianco. Il bimbo non si guardò attorno e non disse nulla, ma andò dritto filato nella stanza accanto. Poco dopo tornò indietro e uscì dalla porta, sempre in silenzio. Il secondo e il terzo giorno tornò di nuovo. Alla fine l'ospite domandò al padre di chi fosse quel bel bambino, che entrava sempre nella stanza a mezzogiorno. -Non l'ho visto- rispose il padre -e non saprei dire di chi sia.- Il giorno seguente, quando il bambino tornò, l'ospite lo mostrò al padre, che però non lo vide, n‚ lo videro la madre e i bambini. Allora l'ospite si alzò, andò alla porta della stanza, la socchiuse e vi guardò dentro. E vide il bambino, seduto per terra, che frugava e rovistava premurosamente con le dita nelle fessure del pavimento, ma quando scorse l'estraneo scomparve. Questi raccontò quel che aveva visto e descrisse il bambino con esattezza; allora la madre lo riconobbe e disse: -Ah, è il mio caro bambino, che è morto un mese fa!-. Scostarono le assi del pavimento, e trovarono due centesimi che una volta il bambino aveva avuto da sua madre, perché‚ li desse a un povero. Ma il bimbo aveva pensato: "Puoi comprarti invece un biscotto!" e si era tenuto i soldi nascondendoli nelle fessure del pavimento. Così non aveva pace nella tomba, e a mezzogiorno veniva sempre a cercarli. I genitori diedero quel denaro a un povero e da allora il bambino non si vide più.

Il lupo e i sette caprettiUna fiaba dei fratelli GrimmC'era una volta una vecchia capra, che aveva sette capretti, e li ...
21/08/2023

Il lupo e i sette capretti
Una fiaba dei fratelli Grimm

C'era una volta una vecchia capra, che aveva sette capretti, e li amava come una mamma ama i suoi bimbi. Un giorno pensò di andare nel bosco a far provviste per il desinare; li chiamò tutti e sette e disse: "Cari piccini, voglio andar nel bosco; guardatevi dal lupo; se viene, vi mangia tutti in un boccone. Quel furfante spesso si traveste, ma lo riconoscerete subito dalla voce rauca e dalle zampe nere." I caprettini dissero: "Cara mamma, staremo ben attenti, potete andar tranquilla." La vecchia belò e si avviò fiduciosa.
Poco dopo, qualcuno bussò alla porta, gridando: "Aprite, cari piccini; c'è qui la vostra mamma, che vi ha portato un regalo per ciascuno." Ma, dalla voce rauca, i capretti capirono che era il lupo. "Non apriamo," dissero, "non sei la nostra mamma; la mamma ha una vocina dolce, la tua è rauca; tu sei il lupo." Allora il lupo andò da un bottegaio e comprò un grosso pezzo di creta; lo mangiò e così s'addolci la voce. Poi tornò, bussò alla porta e gridò: "Aprite, cari piccini, c'è la vostra mamma, che vi ha portato un regalo per ciascuno." Ma aveva appoggiato alla finestra la sua zampa nera; i piccini la videro e gridarono: "Non apriamo; la nostra mamma non ha le zampe nere come te: tu sei il lupo." Allora il lupo corse da un fornaio e gli disse: "Mi son fatto male al piede, spalmaci sopra un po' di pasta." E quando il fornaio gli ebbe spalmato la zampa, corse dal mugnaio e gli disse: "Spargimi sulla zampa un po' di farina bianca." Il mugnaio pensò: Il lupo vuole ingannare qualcuno, e rifiutò; ma il lupo disse: "Se non lo fai, ti mangio." Allora il mugnaio ebbe paura e gli imbiancò la zampa. Già, così fanno gli uomini.
Ora il briccone andò per la terza volta all'uscio, bussò e disse: "Apritemi, piccini; la vostra cara mammina è tornata dal bosco e vi ha portato un regalo per ciascuno." I capretti gridarono: "Prima facci vedere la zampa, perché sappiamo se tu sei la nostra cara mammina." Allora il lupo mise la zampa sulla finestra, e quando essi videro che era bianca credettero tutto vero quel che diceva e aprirono la porta. Ma fu il lupo a entrare. I capretti si spaventarono e cercarono di nascondersi. Il primo saltò sotto il tavolo, il secondo nel letto, il terzo nella stufa, il quarto in cucina, il quinto nell'armadio, il sesto sotto l'acquaio, il settimo nella cassa dell'orologio a pendolo. Ma il lupo li trovò tutti e non fece complimenti: li ingoiò l'un dopo l'altro; ma l'ultimo, dentro la cassa dell'orologio, non lo trovò. Quando si fu cavata la voglia, il lupo se ne andò, si sdraiò sotto un albero sul verde prato e si mise a dormire.

Poco dopo la vecchia capra tornò dal bosco. Ah, cosa le toccò vedere! La porta di casa era spalancata, tavola sedie e panche erano rovesciate, l'acquaio era in pezzi, coperta e cuscini strappati dal letto. Cercò i suoi piccoli, ma non riuscì a trovarli da nessuna parte. Li chiamò per nome, l'un dopo l'altro, ma nessuno rispose. Finalmente, quando chiamò il più piccolo, una vocina gridò: "Cara mamma, sono nascosto nella cassa dell'orologio." Lo tirò fuori ed egli le raccontò che era venuto il lupo e aveva divorato tutti gli altri. Pensate come pianse per i suoi poveri piccini!

Alla fine uscì tutt'afflitta e il capretto più piccolo corse fuori con lei. Quando arrivò nel prato, ecco il lupo sdraiato sotto l'albero, e russava tanto da far tremare i rami. L'osservò da tutte le parti e notò che nella pancia rigonfia qualcosa si moveva e si dimenava. "Ah, Dio mio," pensò, "che siano ancor vivi i miei poveri piccini, che il lupo ha divorato per cena?" Disse al capretto di correre a casa e di prendere forbici, ago e filo. Poi tagliò la pancia del mostro; e al primo taglio, un capretto mise fuori la testa, poi, via via che tagliava, saltaron fuori tutti e sei ed erano tutti vivi e stavano benone; perché il mostro per ingordigia li aveva ingoiati interi. Che gioia fu quella! Si strinsero alla loro cara mamma e saltellavano contenti come pasque. Ma la vecchia disse: "Andate, ora; e cercate delle pietre da riempir la pancia a questo dannato prima che si desti." Allora i sette caprettini trascinarono in gran fretta le pietre e ne cacciarono in quella pancia quante ne poterono portare. Poi la vecchia la ricucì in un baleno, sicché il lupo non se ne accorse e non si mosse neppure.
Finalmente, quando ebbe fatto una bella dormita, il lupo si alzò, e perché le pietre nello stomaco gli davano una gran sete, volle andare a una fontana. Ma quando cominciò a muoversi, le pietre si misero a cozzare nella pancia con gran fracasso. Allora gridò:
"Romba e rimbomba
Nella mia pancia credevo fossero
Sei capretti, sono pietroni
Belli e buoni."
E quando arrivò alla fontana e si chinò sull'acqua per bere, il peso delle pietre lo tirò giù, e gli toccò miseramente affogare. A quella vista i sette capretti vennero di corsa, gridando: "Il lupo è morto! il lupo è morto!" E con la loro mamma ballarono di gioia intorno alla fontana.

LE TRE STELLINE (la leggenda del gelsomino)C’erano una volta tre stelline sorelle. Erano molto più piccole delle altre s...
11/10/2021

LE TRE STELLINE (la leggenda del gelsomino)

C’erano una volta tre stelline sorelle. Erano molto più piccole delle altre stelle, così piccole che un giorno una tempesta le portò via e le fece cadere sulla Terra. Le stelline provarono ad alzarsi in volo per tornare alla loro casa nel cielo, ma i loro sforzi furono vani: erano troppo piccole e troppo deboli.
La più grande delle tre disse: “È inutile tentare di tornare a casa; non riusciremo mai. Resteremo qui per sempre”. La tristezza che aveva nel cuore si trasformò in sconforto e lo sconforto la avvolse come una coperta, trasformandola in un sasso. Gli uomini la trovarono e la usarono per costruire un muro di pietre.
La stella di mezzo disse: “È tutta colpa della tempesta! Senza di lei saremmo ancora al nostro posto nel cielo. Io mi vendicherò: cercherò quell’orribile tempesta spaziale ovunque si sia nascosta e non mi fermerò finché non l’avrò distrutta per sempre”.
La rabbia che aveva nel cuore si trasformò in odio e l’odio cominciò a scaldarla, tanto che la stella si trasformò in una palla di fuoco. Gli uomini la trovarono e la imprigionarono per cucinare e per scaldarsi.
La stella più piccola disse: “Non tornerò a casa, ma questo posto non è male: ci sono verdi pascoli, foreste e oceani immensi. Mi abituerò presto a vivere qui”.
La speranza e la gratitudine che aveva nel cuore si trasformarono in un germoglio e quel germoglio crebbe, trasformando la stella in una pianta. Era una pianta di gelsomino e presto i suoi boccioli si schiusero, rivelando dei bellissimi fiori bianchi, profumati e simili a stelle.
Gli uomini la trovarono e rimasero così meravigliati dalla sua bellezza che la donarono al loro re, perché la piantasse nel suo giardino, sotto il cielo stellato.

Alessia de Falco & Matteo Princivalle

Il corvo e la volpe è una favola di Esopo, adatta ai bambini dai 4 anni in su.Il corvo e la volpeEsopoUn corvo aveva rub...
07/10/2021

Il corvo e la volpe è una favola di Esopo, adatta ai bambini dai 4 anni in su.

Il corvo e la volpe
Esopo

Un corvo aveva rubato un pezzo di formaggio e si era posato sul ramo di un albero per mangiarlo in tranquillità. Una volpe, che passava sotto quell’albero, lo vide e volle prendergli il formaggio.

Così, gli disse che lui, il corvo, era il migliore tra gli uccelli e presto sarebbe diventato il loro Re: aveva delle piume meravigliose, un becco possente e delle belle zampette slanciate.

«Peccato solo che tu sia muto!» aggiunse la volpe. Il corvo, pieno d’orgoglio per tutti i complimenti ricevuti, volle dimostrare alla volpe che anche lui aveva una bella voce: spalancò il becco e cominciò a cantare.

La volpe, non appena il formaggio gli cadde dal becco, fece un gran balzo e lo afferrò con i suoi artigli.
«Caro corvo, potresti senza dubbio essere il Re degli uccelli, se solo tu avessi un po’ di cervello.»

Spesso, la verità ci acceca e ci porta a commettere delle sciocchezze.

Le due capre è una favola di Esopo adatta ai bambini dai 6 anni in su.Le due capreDue capre, mentre saltellavano allegra...
07/10/2021

Le due capre è una favola di Esopo adatta ai bambini dai 6 anni in su.

Le due capre

Due capre, mentre saltellavano allegramente tra le montagne, si incontrarono ai due lati di un crepaccio, che scendeva a picco per molti metri e sotto di esso scorreva un torrente impetuoso. L’unico modo per oltrepassare il crepaccio era passare sopra un tronco caduto, che lo attraversava da un lato all’altro. Il tronco era così sottile che nemmeno due scoiattoli sarebbero riusciti a passarci sopra insieme: quel percorso avrebbe messo i brividi agli animali più coraggiosi.
Le due capre, però, non avevano intenzione di tornare indietro. Erano così testarde che nessuna delle due aveva intenzione di far passare l’altra per prima. Passo dopo passo, si incontrarono a metà del ponte. Lì, proprio nel punto più delicato, cominciarono a colpirsi con le corna per passare. E così, caddero tutte e due nel torrente in fondo al crepaccio.

Morale: A volte è meglio fare un passo indietro e dare la precedenza agli altri piuttosto che pagare le conseguenze del proprio orgoglio.

"L' albero della vita"In un regno lontano un giardiniere propose al re di creare il più bel giardino del mondo, sceglien...
04/07/2021

"L' albero della vita"
In un regno lontano un giardiniere propose al re di creare il più bel giardino del mondo, scegliendo le piante migliori.
Piantò uno a uno i semi, decidendo il posto migliore.
Li innaffiò e li curò giorno dopo giorno.
Col tempo sbocciarono fiori pieni di colori e di profumi
e poi gli alberi diedero bellissimi e buonissimi frutti.
C’era però una pianta che non fioriva né dava frutti.
Il roseto, affascinante ma spinoso, la rimproverò:
“Fissa il sole! Io lo guardo in faccia. Non capisci niente!
Hai bisogno di luce e di calore! Solo così fiorirai!”.
Umiliata, lo ascoltò subito, ma non successe nulla.
Allora intervenne il melo: “Sei misera! Ti serve più acqua!
Guarda quanto produco io! Bevi di più e vedrai quanti frutti!.
Un albero che non produce nulla, non serve a nulla”, ripeteva.
Quelli che gli altri chiamavano consigli e pareri, erano giudizi
che la facevano sentire inferiore, inadeguata, sbagliata, limitata.
Il giardiniere notò la sua tristezza, le stette vicino, la ascoltò e ne colse l’anima: “Non sei né roseto, né melo. Sei quercia!
Tu non devi fiorire né dare frutti come vorrebbero gli altri.
Sei diversa da loro: sei fatta per crescere accarezzando il cielo
e essere nido per gli uccelli e rifugio di ombra per gli uomini”.
Capì che sbagliava a sforzassi di seguire le etichette degli altri.
Ritrovò se stessa e divenne talmente bella agli occhi di tutti
che fu scelta a simbolo del giardino più splendido del mondo
e con le sue fronde spalancate e le sue radici profonde
divenne per tutti l’immagine dell’albero della vita.
( Tay-Lyn Takita )

IL POZZO MAGICO Da quando la mamma era morta e il padre si era risposato, la vita di Fatima era triste e piena di fatich...
30/04/2021

IL POZZO MAGICO

Da quando la mamma era morta e il padre si era risposato, la vita di Fatima era triste e piena di fatiche. Viveva con la matrigna e con la sorellastra Aisha: entrambe la trattavano con durezza e pretendevano di essere servite in tutto e per tutto. Fatima passava la giornata a pulire, lavare e cucinare senza fermarsi un momento e la sera piangeva pensando alla sua mamma e rimpiangendo il suo amore. Aisha, intanto passava il tempo a farsi bella davanti allo specchio oppure se ne stava sdraiata a criticare gli altri e a dare ordini. Una mattina Fatima, più triste del solito, prese la brocca, se la mise ben salda sulla testa e si avviò verso il pozzo, come faceva ogni giorno. Ma p***e l’equilibrio e la brocca cadde dentro il pozzo. Non poteva tornare a casa senza la brocca e senza l’acqua perché la matrigna l’avrebbe castigata. Allora Fatima si mise a scrutare l’acqua cercando una soluzione e, all’improvviso, si trovò , senza sapere come era successo, in fondo al pozzo davanti a una porticina. L’aprì e... meraviglia! C’era un giardino bellissimo fitto di alberi e di fiori variopinti. Accanto a un albero carico di frutti c’era una vecchietta sorridente che la invitò: - Vieni avanti, Fatima, non avere paura. Fatima si avvicinò intimorita e salutò l’anziana signora, che le propose: - Vuoi rimanere a vivere con me e aiutarmi nelle faccende? Ormai sono anziana e sono sola. Fatima acconsentì e rimase nel giardino incantato. Ogni giorno puliva, lavava, cucinava, accompagnava la vecchietta nelle sue passeggiate, coltivava le verdure nell’orto... E così avvenne per giorni e giorni. Ma una notte Fatima sognò suo padre e il mattino dopo si svegliò piena di nostalgia e chiese alla signora di poter tornare a casa. - Va bene, disse la vecchietta, ecco la tua brocca piena d’oro e di gioielli per ricompensarti del tuo lavoro e della tua pazienza. Apri questa porta e troverai facilmente la strada di casa. Così fece Fatima e poco dopo si ritrovò di nuovo a casa con la matrigna e la sorella. Diede loro la brocca con il tesoro e raccontò la sua avventura. Invidiosa e avida, la donna consegnò la brocca a Aisha e ordinò alla figlia di ripercorrere i passi di Fatima e di comportarsi nello stesso modo: - Vai anche tu al pozzo e fai quello che ha fatto tua sorella, così saremo davvero ricche. Aisha andò al pozzo, fece cadere la brocca, poi, piena di paura si immerse nell’acqua e si ritrovò nel giardino meraviglioso. Incontrò anche lei la vecchia signora che le fece la stessa proposta: - Vuoi ve**re a vivere con me? Mi aiuterai nelle faccende domestiche, mi preparerai da mangiare… Aisha accettò e, di malavoglia, cominciò a pulire, lenta e svogliata, senza badare a quello che faceva . Dopo pochi minuti era già stanca. La mattina dopo si svegliò tardi, non preparò da mangiare e rimase seduta tutto il giorno con le mani in mano. - Torna pure a casa tua, le disse la vecchia signora. Ecco la tua brocca, ora attraverserai quella porta e ti ritroverai sul sentiero verso il villaggio. Aisha prese la brocca e attraversò la porticina. - Com’è pesante! pensava felice. Chissà quanti gioielli conterrà! Arrivò a casa, affaticata e ansante perché non aveva mai portato un peso in vita sua, prese la brocca ... ma dentro c’era solo del fango.
(Tunisia)

lLa favola dei 3 setacciNell'antica Grecia Socrate aveva una grande reputazione di saggezza. Un giorno venne qualcuno a ...
29/04/2021

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La favola dei 3 setacci

Nell'antica Grecia Socrate aveva una grande reputazione di saggezza. Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo, e gli disse:
- "Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?"
- "Un momento" - rispose Socrate - "Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci."
- "I tre setacci?"
- "Ma sì" - continuò Socrate - "Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Lo chiamo il test dei tre setacci. Il primo setaccio è la verità. Hai verificato se quello che mi dirai è vero?"
- "No... ne ho solo sentito parlare..."
- "Molto bene. Quindi non sai se è la verità. Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà. Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono?"
- "Ah no! Al contrario."
- "Dunque" - continuò Socrate - "Vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere. Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell'utilità. E' utile che io sappia cosa mi avrebbe fatto questo amico?"
- "No, davvero."
- "Allora" - concluse Socrate - "quello che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile; perché volevi dirmelo?"
Morale: se ciascuno potesse meditare e mettere in pratica questo piccolo test, molto probabilmente il mondo sarebbe un posto migliore.

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