
03/09/2024
Sto pensando alla tragedia di Paderno Dugnano, a quella notte in cui Riccardo, 17 anni, da tanti descritto come “bravo ragazzo”, ha ucciso la sua famiglia. Ho letto tanto, in cerca anche io forse di risposte, rimanendo però con un forte senso di sgomento. Non mi addentrerò nei perché: credo che a noi, estranei alla vicenda, non serva davvero.
Potremmo però provare a mettere in pratica, ognuno nel proprio terreno, un ascolto profondo dei bambini e degli adolescenti. Come psicologa vorrei che fosse più facile ad esempio accedere allo sportello d’ascolto scolastico, che io stessa porto avanti da anni. Creiamo occasioni periodiche di "bilancio", parola che non mi piace ma che rende l’idea: come già esiste il “bilancio di salute”, dal/la pediatra o medico di base, facciamo in modo che esista anche un colloquio psicologico periodico, 2-3 volte all’anno, a scuola, per tutti i ragazzi e le ragazze, senza che ci si debba vergognare o essere considerati “malati” nel parlare con lo/a psicologo/a.
In questo modo anche chi non riesce a chiedere aiuto potrebbe avere un’occasione di ascolto, per dare voce a pensieri ed emozioni che proprio quando li teniamo chiusi dentro ci disorientano e spaventano. Spesso proprio chi non chiede aiuto ne ha più bisogno, questo accade anche con i bambini più piccoli: quando lavoro in ambito 0-6 mi capita di accompagnare lo sguardo di educatori e insegnanti verso chi apparentemente “non dà problemi” perché se i bambini con comportamento oppositivo-provocatorio l’attenzione te la strappano di dosso i bambini molto tranquilli rischiano di restare soli.
Anche gli insegnanti dalla cattedra possono fare tanto, anche solo chiedendo “come state?” a inizio lezione, sembra retorico ma credo che questa domanda sia qualcosa di prezioso che mette al centro la persona nella sua interezza. E che le vacanze siano vacanze, non imbottite da compiti dove magari già si faccia riferimento alle verifiche di ingresso autunnali: una scuola meno prestazionale, attenta alla formazione degli adulti di domani, incoraggia senza aver bisogno di spaventare o svilire.
E noi genitori, che in questi giorni tanto ci interroghiamo, possiamo noi stessi cercare di dare spazio alle emozioni dei figli: tutte, anche quelle più scomode, hanno una propria ragion d’essere. Ecco allora che a tavola si può parlare di come mi sono sentito/a nella mia giornata, non solo di quello che sono riuscito/a a fare. Alcuni comportamenti sono da prevenire, arginare, fermare ma le emozioni, e i pensieri che le nutrono e con esse si accavallano, non possono ucciderci.
Oramai i tempi sono maturi: dalle notizie di cronaca nera possiamo e dobbiamo costruire, ciascuno nel proprio àmbito, qualcosa che faciliti finalmente per bambini e adolescenti un ascolto profondo.