Dott.ssa Sara Quatrana Psicologa

Dott.ssa Sara Quatrana Psicologa Psicologa con spiccate capacità comunicative,di osservazione, attitudine positiva e profonda empatia.

Oggi desidero raccontarvi una storia.Un’insegnante accompagna la sua classe quinta al tanto atteso progetto continuità, ...
18/11/2025

Oggi desidero raccontarvi una storia.

Un’insegnante accompagna la sua classe quinta al tanto atteso progetto continuità, un momento che dovrebbe rappresentare un ponte simbolico tra il “prima” e il “dopo”, tra ciò che i bambini sono e ciò che diventeranno.

I bambini arrivano carichi di aspettative, emozionati, curiosi di scoprire il nuovo ambiente che presto li accoglierà. Ma appena varcano la soglia, si accorgono che qualcosa non va: nessuno li sta aspettando.

È una giornata particolare, ci dicono. Mancano alcuni docenti, le attività previste non sono state organizzate, nessuno sembra davvero consapevole dell’importanza di quell’incontro. I bambini rimangono lì, spaesati, mentre dovrebbero vivere un’esperienza significativa, capace di rassicurarli e guidarli verso un passaggio evolutivo delicato.
Invece sperimentano la delusione, l’imbarazzo, il sentirsi fuori posto.

E poi c’è l’ambiente. Un ambiente che parla da sé: ragazzi lasciati a loro stessi, comportamenti fuori controllo, docenti visibilmente stanchi, poco accoglienti. Non c’è calore, non c’è cura, non c’è intenzionalità educativa.

È questo il primo assaggio della scuola che li attende?

Come psicologa e insegnante non posso fare a meno di riflettere su ciò che questa scena rappresenta: quando la scuola dimentica la sua funzione relazionale, perde la sua anima.

La continuità non è un atto formale, ma un gesto di accompagnamento; è un “ti porto con me” che sostiene il bambino mentre affronta l’ignoto.

L’accoglienza non è un dettaglio, ma un bisogno primario.
La cura non è un optional, ma il terreno su cui cresce la fiducia.

E allora mi domando: che cosa imparano i bambini quando entrano in un luogo che non ha preparato spazio per loro? Che messaggio trasmettiamo quando chi dovrebbe essere guida non riesce più a esserlo?

Questa storia non vuole giudicare, ma far riflettere.

Perché la scuola, quella vera, quella che forma e trasforma, non è fatta solo di programmi e verifiche. È fatta di mani tese, di sguardi che rassicurano, di adulti presenti e consapevoli.

E se anche solo per un giorno questo viene a mancare, dovremmo fermarci e chiederci non “di chi è la colpa”, ma che cosa possiamo fare, insieme, per restituire alla scuola la sua dignità e il suo senso profondo.
Perché ogni bambino merita di essere accolto.
Ogni passaggio merita delicatezza.
Ogni scuola merita di essere un luogo che custodisce, che cresce, che accompagna.

Quando l’insegnante ferisce invece di educare 👩‍🏫🩹📚HO SCRITTO MOLTO, FORSE TROPPO MA FORSE NE VALE LA PENA!!Lavorando co...
06/11/2025

Quando l’insegnante ferisce invece di educare 👩‍🏫🩹📚

HO SCRITTO MOLTO, FORSE TROPPO MA FORSE NE VALE LA PENA!!

Lavorando come psicologa, ma anche come insegnante, mi capita spesso di ascoltare storie di bambini che non vogliono più andare a scuola. Genitori preoccupati, bambini che improvvisamente perdono fiducia in sé, ragazzi che iniziano a credere di “non valere abbastanza”.

E ogni volta mi domando: com’è possibile che un luogo pensato per crescere, imparare, scoprire il mondo, possa trasformarsi in un ambiente che ferisce?
Non parlo solo di bullismo tra pari, ma di qualcosa di più sottile e doloroso: quando è l’insegnante stesso a ferire.

Nella mia esperienza, ho incontrato insegnanti straordinari: empatici, preparati, capaci di guardare oltre il voto e di vedere la persona. Uomini e donne che hanno compreso che insegnare non è solo trasmettere contenuti, ma educare attraverso la relazione.

Ma accanto a loro, purtroppo, esistono anche figure che — forse inconsapevolmente — ostacolano il flusso dell’apprendimento e minano la crescita emotiva dei bambini.
Sono quegli insegnanti che alzano la voce con facilità, che usano l’ironia come arma, che sottolineano l’errore invece dello sforzo.
Sono quelli che etichettano (“sei svogliato”, “sei un disastro”, “non ce la farai mai”), dimenticando che le parole hanno un potere enorme sullo sviluppo dell’autostima.

Sono quelli che umiliano davanti alla classe, convinti che così si impari una lezione di vita. CASPITA QUANTE VOLTE ACCADE!!!!

Ma la lezione che un bambino impara, in realtà, è ben diversa: che non è abbastanza, che il suo valore dipende dal giudizio di chi ha davanti.

CHE TRISTE REALTÀ!!!

A cosa serve riempire le scuole di psicologi, parlare di inclusione, di BES, di DSA, se poi ogni giorno in aula ci sono adulti che non rispettano la fragilità e la dignità dei bambini?
A cosa servono i protocolli, i progetti, gli incontri formativi, se chi entra in classe non è disposto a mettersi in discussione, a guardarsi dentro, a riconoscere che anche l’insegnamento è un atto emotivo?
Non si tratta di colpevolizzare, ma di responsabilizzare.!!!!!!!!
L’insegnante è un modello, un riferimento affettivo potente. Ogni parola, ogni sguardo, ogni silenzio lascia un segno.
Un bambino può dimenticare una formula matematica, ma non dimenticherà mai come si è sentito quando qualcuno lo ha fatto vergognare.

ESATTO! PERCHÉ QUESTO ACCADE!!!!

Come psicologa, credo profondamente che la scuola debba essere un luogo di crescita, non solo cognitiva ma anche emotiva.
Formare gli insegnanti all’ascolto, all’empatia, alla gestione delle emozioni non è un “di più”: è la base per qualsiasi apprendimento autentico.
Perché nessun bambino può imparare davvero se si sente sbagliato.
Abbiamo bisogno di riportare il cuore nella scuola.
Di insegnanti che sappiano fermarsi un attimo prima di pronunciare una frase che può ferire, che scelgano di incoraggiare invece di giudicare, che vedano dietro ogni difficoltà non un problema, ma un bisogno.
Non serve riempire le scuole di esperti se manca la prima, vera forma di cura: la presenza consapevole dell’adulto che educa.
Forse il cambiamento non parte dai grandi progetti ministeriali, ma da un gesto semplice: ricordarsi che ogni bambino è una storia che si costruisce anche attraverso i nostri sguardi e le nostre parole.
Rimettiamo al centro l’empatia, la relazione, la responsabilità affettiva.
Solo così la scuola potrà tornare ad essere ciò che dovrebbe sempre essere: un luogo che fa crescere, non
che ferisce.

Ho finito!

03/11/2025

"Pensa con il cuore e ama con la testa"

31/10/2025

Un solo complimento può cambiare un bambino e costruire un'IDENTITÀ!!!!!

Da qui si apre un mondo...

26/10/2025

Dottoressa Sara Quatrana, psicologa specializzata in psicologia infantile e dell'età evolutiva e gestione del mutismo selettivo, offre un supporto professionale per aiutare i bambini a superare le difficoltà legate al mutismo selettivo. Con un approccio sensibile e basato sull'empatia, aiuta i bambini a trovare la fiducia e le strategie necessarie per esprimersi verbalmente in contesti sociali, promuovendo il loro sviluppo e benessere psicologico.

Scopri di più visitando la sezione dedicata del mio sito web:

https://www.saraquatrana.it/supporto/infanzia-eta-evolutiva/mutismo-selettivo

21/10/2025

Un tempo, lo psicoanalista ascoltava in silenzio mentre il paziente parlava sdraiato su un lettino.
Oggi, se provassi a chiedere a un paziente di sdraiarsi, probabilmente penserebbe che sto girando un video ASMR.

Freud aveva davanti un’umanità oppressa dal dovere e dalla morale vittoriana; noi abbiamo un’umanità schiacciata dall’eccesso di libertà apparente e dall’ansia da prestazione emotiva.
Prima la colpa, oggi il vuoto.

La psicoanalisi di ieri cercava il rimosso; quella di oggi cerca il disconnesso: chi non sente più se stesso, chi si è perso nei like, nei ruoli, nelle aspettative.

Non interpretiamo più sogni pieni di simboli fallici e madri cattive (anche se, ogni tanto, tornano pure quelli): interpretiamo vite interrotte, relazioni liquide, solitudini mascherate da iperattività.

Il mestiere resta lo stesso: dare un senso a ciò che si agita dentro.
Ma i demoni, oggi, hanno Wi-Fi.
Dott.Stefano Scatena

16/10/2025

Figli di chi?
Cosa stiamo seminando e costruendo?

Arriverà il giorno in cui in una classe ci saranno solo etichette, ci saranno 7 ADHD, 8 DSA, 15 DOP, e così via, fino a ...
11/10/2025

Arriverà il giorno in cui in una classe ci saranno solo etichette, ci saranno 7 ADHD, 8 DSA, 15 DOP, e così via, fino a ricoprire il numero totale dei bambini, in realtà ci siano vicinissimi, manca davvero poco.

Saremo tutti felici perché avremo una guida universale per tutti, gli ADHD si trattano così, i DSA cosa', con quelli nello SPETTRO si farà cola'.

Poi per facilitare le cose si creeranno classi ADHD, classi DSA e via dicendo, nel frattempo aumenteranno tutti, e allora si creeranno scuole per bambini nello SPETTRO e scuole per bambini DOP, e così via.

Nel frattempo di bambini NORMALI non ci sarà più l'ombra, oppure esisteranno ancora, si chiameranno pure loro con un nome, tipo IPER PLUS DOTATI, chissà, e comunque nasceranno scuole pure per loro, i fighissimi.

Poi arriverà il giorno in cui i bambini non avranno più un nome, non si chiameranno più Gigetto, Sofia o Tommaso, anche tra loro si chiameranno per sigle e affini, esisteranno super test che definiranno vari disturbi in epoca prenatale, e sarà bellissimo, perché si saprà già che figlio avrai e tutti ti diranno subito come trattarlo.

Sarà splendido, sarà quello che abbiamo voluto davvero, ci siamo quasi.

🔻 È chiaramente una provocazione, ma vuole far riflettere, se civilmente meglio, ricordo che la nostra Garante per i Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza Marina Terragni ha appena comunicato in commissione parlamentare che abbiamo TROPPE neurodiagnosi precoci INAPPROPRIATE e troppi ipertrattatamenti seguenti.

Testo che ha venduto un milione e mezzo di copie.Questo è uno di quei libri che non solo leggi, ma che riesce a leggerti...
07/10/2025

Testo che ha venduto un milione e mezzo di copie.
Questo è uno di quei libri che non solo leggi, ma che riesce a leggerti dentro. [Il Dramma del Bambino Dotato]

Il dramma del bambino dotato non parla del talento nel senso comune del termine. Parla del talento più invisibile e pericoloso: quello di percepire, adattarsi, annullarsi per diventare ciò che serve agli altri, pur di essere amati.

Quanti e quante di noi hanno imparato a farlo troppo presto?

A diventare il figlio e la figlia perfetti, il contenitore silenzioso delle emozioni familiari, i piccoli adulti che si prendono cura del mondo mentre nessuno si prende cura di loro?

Alice Miller ci mostra che questa bambina e questo bambino “dotati” spesso diventano adulti disconnessi da sé.
Diventano un adulto che sa leggere gli altri, ma non sé stesso.
Che si colpevolizza quando prova rabbia.
Che ha paura di sbagliare, di deludere, di non essere abbastanza.
Che non riesce a dire “no” senza sentirsi cattivo.
Che continua a cercare conferme fuori, perché dentro ha imparato a non fidarsi più dei propri bisogni.

E nel cuore di questo dramma si annida la Pedagogia Nera, quel modello educativo basato sull’umiliazione, sulla paura, sul ricatto affettivo.

Una pedagogia che si tramanda senza voler fare del male, ma che il male lo fa lo stesso.

Quando pensiamo alla violenza verso i bambini e le bambine, spesso immaginiamo solo quella fisica: urla, botte, sculaccioni.

Ma ce n’è un’altra, più subdola e difficile da riconoscere.
Una violenza silenziosa, che non lascia segni visibili sul corpo ma incide in profondità sull’identità, sull’autostima, sul senso di sé.

È la violenza delle parole.
Dei silenzi.
Delle aspettative non dette.
Dei sorrisi negati quando non si è come dovremmo essere.
Dei ricatti affettivi mascherati da educazione.

Frasi come:
“Se fai così, la mamma è triste.”
“Guarda tuo cugino, lui sì che si comporta bene.”
“Non piangere, non è niente.”
“Te lo do io un buon motivo per piangere.”
“Se ti comporti così, papà non ti vuole più bene.” “Vergognati! Che figura mi fai fare?”
“Ti ho cresciuto con tanti sacrifici, e tu mi ripaghi così?”
Sono frasi normalizzate, spesso dette per abitudine.

Ma ogni parola di questo tipo può trasformarsi in una piccola ferita invisibile.

È questa la radice di tante sofferenze adulte:
– L’ansia di non essere mai all’altezza.
– La paura di deludere.
– La tendenza a compiacere.
– La rabbia repressa.
– Il senso di colpa anche solo per dire “no”.

È questa la Pedagogia Nera: quando si insegna a un bambino o a una bambina a obbedire più che a capire. A vergognarsi più che a sentire. A compiacere più che a esistere.

Come dice Alice Miller:
“Il bambino si adatta per sopravvivere, ma a volte quell’adattamento costa la connessione con la propria verità.”
Per questo è importante educarci prima ancora che educare.
Riconoscere la fatica che ci portiamo dietro.

Dare spazio alle nostre ferite per non passarle a chi verrà dopo.
Smettere di minimizzare dicendo “sono solo parole” o “a me non ha fatto niente” o peggio di tutto “siamo cresciuti bene bene così!”

Perché sì, le parole fanno.
Formano o deformano.
Sostengono o schiacciano.
E ognuno di noi ha il potere e la responsabilità di scegliere quali lasciare nei cuori dei bambini e delle bambine.
È tempo di cambiare linguaggio.
Non per essere perfetti, ma per essere più umani, più presenti, più consapevoli.

È tempo di trasformare l’educazione in un atto d’amore, e non di paura.
E no, non è vero che uno sculaccione non ha mai fatto male a nessuno.
Perché la ferita non è solo fisica: è emotiva, invisibile, profonda.
È l’idea che il tuo corpo, i tuoi limiti, le tue emozioni non contino. Che il potere sia più importante dell’ascolto.
Cambiare si può.

E oggi è doveroso.

Perché non si tratta solo di “non fare del male”, ma di imparare a fare del bene davvero.
Di crescere bambini che non debbano guarire tutta la vita da ciò che hanno vissuto nei primi anni.
Di liberarci dal passato che ci abita, per non renderlo eredità.
Di scegliere la consapevolezza al posto dell’automatismo.
La cura al posto del controllo.
La relazione al posto della paura.
Non c’è rivoluzione più radicale e amorevole che quella di educare con rispetto.
Non perfetti, ma presenti.
Non rigidi, ma reali.
Con la voglia di riparare, di rivedere, di riscrivere.
E forse, anche per noi adulti feriti, è tempo di tornare là, dove tutto è iniziato.
E di prenderci per mano, una volta per tutte.

[parafrasi da "Il Dramma del Bambino Dotato" di Alice Miller. ..da "La casetta delle favole-family care La Casetta delle favole - family care@

🧠 Prendersi cura di sé non è egoismo, è responsabilità.⠀Nella frenesia della vita quotidiana, spesso mettiamo i bisogni ...
06/10/2025

🧠 Prendersi cura di sé non è egoismo, è responsabilità.

Nella frenesia della vita quotidiana, spesso mettiamo i bisogni degli altri prima dei nostri. Ci dedichiamo al lavoro, alla famiglia, agli amici… e finiamo per lasciare noi stessi in fondo alla lista delle priorità.

💬 Ma come possiamo prenderci cura degli altri, se non ci prendiamo cura di noi stessi?

👉 Prendersi cura del proprio sé significa:
• Ascoltare le proprie emozioni
• Riconoscere i propri limiti
• Dare spazio al riposo e al silenzio
• Chiedere aiuto quando serve
• Coltivare ciò che ci fa stare bene

La salute mentale e il benessere emotivo non sono un lusso, ma una base solida su cui costruire una vita sana e autentica.

💡 Concediti il permesso di rallentare. Di respirare. Di sentire. Di essere.

👣 Un passo alla volta, verso un equilibrio che parte da dentro.
✨ Prendersi cura di sé è il primo atto d’amore che possiamo fare.



Dott.ssa Sara Quatrana 347 912 2528

"Oggi i bambini passano dai cartoni a TikTok, dai giochi su YouTube ai reality di influencer adulti, senza un filtro int...
30/09/2025

"Oggi i bambini passano dai cartoni a TikTok, dai giochi su YouTube ai reality di influencer adulti, senza un filtro intermedio. E il risultato si vede. Sul feed di Instagram e TikTok ci sono bambine e bambini che indossano mini-capi da adulti, che parlano di skincare, trucco e brand di lusso, copiando modelli estetici e comportamentali che non appartengono alla loro età. Questa "adultizzazione" non riguarda solo la moda: cambia il modo in cui i bambini vedono il proprio corpo, le relazioni e persino il tempo libero. Saltare fasi importanti della crescita non è un segno di maturità, ma
un prezzo pagato troppo presto".

Voi cosa ne pensate?

(Fonte: )

Il tuo dolore...Abbracciare l'idea che "non fuggire dal tuo dolore; sappi che un giorno il tuo dolore diventerà la tua m...
22/09/2025

Il tuo dolore...

Abbracciare l'idea che "non fuggire dal tuo dolore; sappi che un giorno il tuo dolore diventerà la tua medicina" invita a una riflessione profonda e profonda sui momenti più duri della vita. Questo risuona con la convinzione di Nietzsche che ciò che non ci distrugge ci rende più forti, suggerendo che il dolore, di fronte al coraggio, forgia resilienza e saggezza dalle nostre ferite. In una prospettiva simile, la pratica buddista della consapevolezza ci insegna a sederci con la sofferenza, trasformandola in un insegnante che guarisce rivelando la nostra forza interiore. È come se il dolore, una volta un peso, si distillasse in rimedio, insegnando pazienza, empatia, o persino scopo, proprio come un'erba amara che cura quando correttamente compresa. Quindi, resta saldo nelle tue lotte, perché esse conservano i semi della tua guarigione, trasformando le lacrime di oggi nel trionfo di domani.

Indirizzo

Via Aldo Moro 196
Frosinone
03100

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 20:00
Martedì 09:00 - 20:00
Mercoledì 09:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 20:00
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