27/03/2025
MALATTIE CRONICHE: ESISTE UNA COSTELLA ZIONE DI FATTORI
Mi capita spesso di sentirmi chiedere: "Ma come mai alcune persone sviluppano malattie croniche complesse e altre no?" E la risposta, anche se non sempre semplice, parte da qui: non esiste un'unica causa. Esiste una costellazione di fattori che, nel tempo, possono compromettere profondamente l’equilibrio dell’organismo.
Condizioni come la malattia di Lyme cronica, l’esposizione alla muffa, il long COVID, la sindrome da stanchezza cronica, la fibromialgia, l’MCAS… sono tutte espressioni diverse di un sistema che ha perso la capacità di autoregolarsi. La medicina convenzionale ha cercato a lungo di incasellarle in una diagnosi univoca: un’etichetta, un protocollo, una pillola. Ma chi vive questi sintomi sa bene che non è così che funziona. Perché non c’è un solo organo coinvolto. Non c’è un solo sistema danneggiato. C’è una persona intera che chiede ascolto.
Per me, tutto inizia da lì: dalla storia unica di ognuno. Ci sono sempre più cause profonde che si intrecciano. Le chiamo i cinque pilastri della suscettibilità. Il primo pilastro è quello delle infezioni. Non un’unica infezione, ma un insieme: virus come Epstein-Barr, batteri come la Borrelia o la Bartonella, parassiti intestinali, funghi come la Candida. Infezioni che spesso restano silenti per anni, ma che in un organismo indebolito possono riattivarsi e creare una cascata infiammatoria.
Il secondo è quello delle tossine ambientali: metalli pesanti come mercurio, piombo, alluminio, arsenico. Pesticidi, glifosato, plastificanti, micotossine. Molte di queste sostanze si accumulano nel tempo, spesso fin dall’infanzia, e interferiscono con i mitocondri, con il fegato, con la regolazione del sistema immunitario. E sì, a volte sono proprio loro a “proteggere” paradossalmente il corpo, come fanno i parassiti o la Candida, che sequestrano metalli tossici… finché non iniziamo a liberarci davvero.
Il terzo è la struttura.
Alcune persone hanno tessuti troppo rigidi: la linfa non scorre, il sangue non irrora, e le citochine infiammatorie restano intrappolate nei tessuti. Altre hanno legamenti lassi – magari a causa di una predisposizione genetica, come nella sindrome di Ehlers-Danlos – e quei legamenti molli, se ulteriormente resi flaccidi dai mediatori dei mastociti, possono portare a instabilità craniale, disautonomia, pressione sul tronco encefalico… e sintomi neurologici molto gravi.
Il quarto pilastro è lo stile di vita: la qualità del sonno, la quantità di luce artificiale, l’equilibrio ormonale, l’alimentazione infiammatoria, il ritmo circadiano.
La nostra società moderna è in sé profondamente “disregolante”. A volte basta togliere una sola fonte di stress metabolico – un’emissione elettromagnetica troppo forte nella camera da letto, o un deodorante tossico – per dare al corpo la possibilità di respirare.
E poi c’è il quinto pilastro, quello spesso più dimenticato, ma più potente: il trauma. Il trauma non è solo ciò che ci ha spezzato il cuore o ci ha lasciato senza parole da bambini. È anche il trauma di non essere creduti. Di passare da medico a medico con sintomi inspiegabili. È il trauma di vedere la propria vita cambiare per sempre, senza un perché chiaro. Il corpo non dimentica, e il sistema nervoso – se resta in uno stato di allerta costante – finisce per innescare un’infiammazione cronica.
Questi cinque fattori si sommano. Non in modo matematico, ma biologico. E quando il carico totale supera la capacità di regolazione, i sintomi emergono. Non da un giorno all’altro. Ma goccia dopo goccia. E a volte l’ultima goccia può essere un’infezione virale, un farmaco, un antibiotico, un lutto, un trasferimento, un eccesso di stress… e tutto cambia. Il corpo non riesce più a tornare indietro.
Ed è lì che può comparire l’MCAS – la sindrome da attivazione dei mastociti – come un “grido” del sistema immunitario in tilt. L’istamina non è più sotto controllo. Il corpo reagisce al cibo, al calore, ai profumi, alla pressione atmosferica, alla luce, alla vita. E da lì inizia il lavoro più difficile: tornare a sentire che la vita è possibile, anche in mezzo alle limitazioni.
Ma c’è speranza. Perché il corpo vuole guarire. Vuole tornare in equilibrio. Solo che non sempre può farlo da solo. Abbiamo bisogno di togliere il carico. Di drenare, di sostenere, di spegnere l’infiammazione senza sopprimerla, di ascoltare.
E soprattutto, di ricordare che non c’è una sola strada per tutti. Ci sono mille strade diverse. E il primo passo è sempre lo stesso: ascoltare con rispetto e umiltà la complessità di ciò che sei diventato. Perché il tuo corpo non è rotto. È solo stanco di portare tutto questo da solo.
XO - Patrizia Coffaro