22/10/2024
VIAGGIO A VOCE ALTA NELL’IO PROFONDO #9
Simon Weil scrisse: “La sofferenza è una porta che possiamo scegliere di attraversare e allora impariamo qualcosa. oppure rifiutare di aprire e allora non si aggiunge niente anzi ci sottrae tutto”.
Una frase che apre una bella riflessione.
Molti di noi sono causa dei propri mali perché ignorano le avvisaglie dei problemi che si stanno preparando per manifestarsi nella propria vita. Proprio per questo motivo, le sofferenze peggiori spesso ci colgono impreparati, scuotendo le fondamenta della nostra esistenza. Simone Weil ci invita a vedere in quella porta non una minaccia ma una possibilità di trasformazione, nello specifico un ingresso verso una nuova comprensione di noi stessi.
Quando la sofferenza ci tocca, il nostro primo impulso è spesso quello di respingerla, di distogliere lo sguardo, di fuggire verso una consolazione immediata, di negarci il confronto con ciò che ci fa male.
La nostra società oggi ci offre mille alternative per rifiutare questa sofferenza. Tutte alternative che diventano beni di consumo, che una volta acquistati vanno a “ingrassare” qualcun altro… Shopping compulsivo, droga, alcol, abbuffate di zuccheri misti a grassi malsani, gioco d'azzardo e chi più ne ha più ne metta… perché la lista effettivamente è diventata moooolto lunga…
Eppure, in questo tentativo di allontanarla, la sofferenza continua a trovare un modo per radicarsi, per sottrarci qualcosa di prezioso: la nostra pace, il nostro senso di connessione con il mondo, la nostra capacità di percepire la bellezza che ci circonda. Respingere la sofferenza è come chiudere la porta della nostra casa a un vento tempestoso; il vento continua a soffiare, e noi restiamo immobili, incapaci di muoverci, di crescere, di trasformare quella tempesta in un'opportunità di rinascita.
Quando decidiamo di non sbarrare quella porta, ovvero di non chiuderci in noi stessi e fuggire nella direzione opposta, compiamo un atto di coraggio. Esattamente, di coraggio, anche se in quel momento il rifiuto di noi stessi è grande e l’autostima, in maniera inversamente proporzionale, è “ai minimi storici”.
Attraversare quella porta di sofferenza diventa un viaggio spesso in solitudine, in cui proviamo dolore soprattutto nel cuore. Però in quel momento capiamo che la sofferenza che temevamo di più non lo spezza. Ci rendiamo conto che il nostro cuore è più forte. Il miracolo più grande? Non ce lo aspetteremmo mai ma… è dopo che abbiamo sviluppato questa consapevolezza che torna la pace! Quella pace interiore di chi ha riconosciuto a se stesso i propri limiti, i propri errori. E dopo la pace viene il notare, per forza di cose, che siamo ancora in piedi e conserviamo ancora le nostre potenzialità: un guardarsi allo specchio finalmente in positivo, che testimonia che abbiamo ancora la forza di trasformare il dolore in bellezza.
In fin dei conti, attraversare la porta della sofferenza non significa subirla ma farci i conti. Ogni sofferenza non è una condanna ma un invito a guardare più in profondità. Infatti Weil ci ricorda che la sofferenza, se vissuta consapevolmente, non ci toglie nulla, anzi ci permette di aggiungere qualcosa di straordinario alla nostra vita: la capacità di crescere nonostante le difficoltà, la forza di rimanere aperti, autentici, veri.
Rifiutare di aprire quella porta, invece, è un modo per chiuderci alla vita stessa. Significa sottrarci la possibilità di diventare più umani, più compassionevoli, più profondi. In quel rifiuto si nasconde la vera perdita. Quando rifiutiamo di attraversare il nostro dolore rinunciamo innanzitutto alla possibilità di scoprire la luce che può nascere da esso, la bellezza che si manifesta quando impariamo a trasformare il piombo delle nostre ferite nell'oro della consapevolezza e dell'amore per noi stessi.
Dopodiché l’amore per il mondo nasce spontaneamente, diventa un’irradiazione dell’amore per noi stessi. Quindi ci permettiamo di tornare dai nostri cari da cui ci siamo allontanati mentre ci chiudevamo nella nostra sofferenza più atroce.
Simone Weil ci invita a considerare la sofferenza come una porta che possiamo attraversare per diventare più vivi, più presenti, più reali. Come non essere d’accordo?
Non dobbiamo avere paura dei nostri lati peggiori di noi stessi, è grazie ad essi che impariamo ad amarci nel senso più autentico del termine.
Maurizio Giannini
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