28/07/2021
STIGMA e OSTRACISMO nelle RELAZIONI INTERPERSONALI
Adriano Zamperini
Università degli Studi di Padova
Seguendo la prospettiva teorica di Erving Goffman
(1963), con il termine stigma si indica una serie di segni:
a) fisici, quali certe malformazioni del corpo; b) caratte-
riali, tipo passioni smodate, indolenza, disonestà; c) di
origine tribale, religiosa o nazionale, come certe forme
di culto. Quindi, per stigma si intende qualsiasi segno
che, all’interno di una società, rimanda a una differenza
percepita come devianza rispetto a una norma: il colore
della pelle, una menomazione, l’indizio dell’appartenen-
za a una minoranza, le tracce di una biografia moralmen-
te disdicevole.
Per poter operare, lo stigma si appoggia sulla visibili-
tà del segno, intesa quale evidenza di fronte a un osser-
vatore. Prendiamo l’esempio di un balbuziente: lo scor-
retto fluire delle parole non è certo visibile agli occhi,
bensì percepibile alle orecchie. È il senso dell’udito che
colloca il parlante nella difettività. Non mancano inol-
tre stigmi con gradi diversi di occultamento, qual è il
caso della frigidità femminile e dell’impotenza maschi-
le. Solo nell’intimità dell’incontro sessuale essi possono
svelarsi. Per di più, varia è la capacità delle persone di
riconoscere lo stigma; per esempio, l’occhio di uno psi-
cologo clinico può essere più allenato di altri nel notare
segni peculiari dell’identità del suo interlocutore.
Sebbene a livello di senso comune colpiscono soprat-
tutto manifestazioni estreme di stigmatizzazione, spesso
accompagnate da violenza collettiva, come accade nel-
le espulsioni comunitarie dei rom, la psicologia sociale
si è a lungo occupata anche dello stigma nelle relazioni
interpersonali. Qui l’attenzione dei ricercatori cade sui
processi relazionali con cui lo stigma viene gestito dalle
persone. Se lo stigma è quel segno che espone il singolo
al discredito, facendolo sentire diverso e indesiderato, va
sottolineato che sempre lo stigma prende vita e senso
non dentro la persona bensì in un contesto sociale. Sic-
ché tali valutazioni squalificanti sono generalmente condivise tra i membri di una certa comunità, diventando le
basi culturali per agire a livello interpersonale strategie
di esclusione (Major & Eccleston, 2004).
L’identità a rischio dello stigmatizzato
La stigmatizzazione produce varie conseguenze psicolo-
giche (Link & Phelan, 2001; Major & O’Brien, 2005). A
livello individuale, può innescare uno stato psicologico
da profezia che si autorealizza. Se una persona ritiene
di essere portatore di qualche tratto biasimevole può ri-
dursi a provare emozioni, ragionare e comportarsi sulla
base di quanto predetto. Finisce così con il diventare ciò
che gli altri si aspettano che egli sia (Jussim, Palumbo,
Chatman, Madon, & Smith, 2000). Per meglio compren-
dere questa relazione circolare tra causa e effetto, dove
la previsione si realizza semplicemente per essere stata espressa, pensiamo a una situazione di drammatica at-
tualità: la crisi finanziaria. Se a livello di comunicazione
sociale si diffonde la credenza che una crisi finanziaria è
imminente, gli investitori possono perdere fiducia nell’e-
conomia e agire in modo tale da causare effettivamente
la crisi.
Lo stigma è pure un potente e automatico attivatore
di stereotipi negativi. In ogni cultura circolano credenze
che dipingono certi gruppi umani come violenti, peri-
colosi, inaffidabili, e così via. Chiunque di noi doves-
se trovarsi a interagire con membri di questi gruppi è
assai probabile che avverta l’influenza di tali credenze.
Se, per esempio, lungo una strada incrociamo una rom
che si avvicina a noi, già la sola vista attiva nella no-
stra mente tratti personali negativi. Mediante i legami
associativi con cui in memoria sono connessi stereotipi e
comportamenti, la condotta che nasce spontanea è quel-
la di ignorarla e tenerla a distanza (Dijksterhuis, Aarts,
Bargh, & van Knippenberg, 2000). Pertanto, gli stigma-
tizzati sono trattati in modo negativo e fatti bersaglio
di discriminazioni. Esclusi dall’accesso a vitali risorse
socio-economiche, ne risulta pregiudicato il loro status
sociale, la salute fisica e il benessere individuale (Sida-
nius & Pratto, 1999).
Generalmente, la persona stigmatizzata avverte che
la propria identità è a rischio (Steele, Spencer, & Aron-
son, 2002), trovandosi ad affrontare situazioni potenzial-
mente stressanti. Così aumenta l’ansia, sale la pressione
sanguigna e l’elaborazione dei dati informativi diventa
lenta e faticosa; ciò accade, per esempio, nel corso di
un’interazione tra gay e bambini in un contesto carico di
stereotipi negativi (Bosson, Haymovitz, & Pinel, 2004).
Accanto a queste reazioni involontarie, si può concretiz-
zare un volitivo impegno per gestire emozioni, pensieri
e azioni. Le ricerche condotte nell’ambito della psico-
logia sociale hanno permesso di identificare una serie
di fattori che spiegano il peculiare posizionamento delle
persone di fronte allo stigma (Major & O’Brien, 2005).
Risulta infatti che gli esseri umani presentino gradi
diversi di sensibilità allo stigma. Chi si aspetta di ve-
nire trattato sulla base delle immagini stereotipate del
gruppo di appartenenza, piuttosto che secondo caratteri-
stiche strettamente personali, manifesta una più alta vi-
gilanza nei confronti dei pericoli dello stigma. Un’accen-
tuata sensibilità che lo porterà a valutare certe situazioni
potenzialmente stigmatizzanti come minacciose. Per
esempio, indagini realizzate negli Stati Uniti (Mendoza-
Denton, Purdie, Downey, Davis, & Pietrzak, 2002), con
studenti afroamericani prossimi a frequentare il college,
dimostrano che un’alta sensibilità allo stigma alimenta le
aspettative di una problematica futura vita universitaria:
al campus si ha timore di dover subire discriminazioni,
la convivenza con i compagni di stanza viene prospetta-
ta assai difficoltosa e si pensa di non essere pienamente
accettati dai professori.
Nello stesso tempo, la minaccia identitaria dello stigma può pure trasformarsi in una sfida, consapevolmente
assunta da chi dovrebbe soccombere, quale può essere
la situazione di una donna che lavora in un ambiente
tradizionalmente avverso al genere femminile. Invece
di rinchiudersi in sé, stando sulla difensiva, la stessa
può ritenere di possedere adeguate abilità per far fronte
alle circostanze, cambiandole (Kaiser, Major, & McCoy,
2004).
Questa parziale trattazione dello stigma permette di
comprendere quanto sia ricca di processi psicologici e
relazionali la dinamica tra stigmatizzante e (potenziale)
stigmatizzato. E serve per introdurre il tema centrale qui
affrontato: il legame tra stigma e ostracismo.
Sebbene non sia unanime l’accordo tra gli studiosi,
possiamo comunque definire l’ostracismo come qualsia-
si atto volto a ignorare, respingere e escludere individui
o gruppi (Williams & Zadro, 2001). In tal modo, coloro
che, per diversi motivi, sono ostracizzati subiscono una
dissociazione relazionale: vengono privati dei comu-
ni contatti interpersonali, evitati e respinti ai margini
dell’attenzione. Ampia è la letteratura scientifica che
evidenzia quanto il nostro benessere dipenda dal sentirsi
inclusi e accettati dagli altri. E come l’essere ostracizzati
nei rapporti umani si traduca in una condizione gravida
di sofferenza (Zamperini, 2010).
All’interno di questo quadro generale, la psicologia
sociale ha cercato di indagare i processi relazionali che
si pongono tra lo stimolo avverso – l’esclusione generata
dallo stigma – e le conseguenze individuali – la sofferenza umana.
Far fronte all’esclusione intervenendo sullo stigma
Per affrontare la minaccia di esclusione dai rapporti
umani dovuta alla stigmatizzazione, gli esseri umani
possono agire su piani diversi. Uno di questi riguarda
direttamente lo stigma: si cerca di eliminarlo, di evitarlo
oppure di nasconderlo. Diversi sono gli sforzi intrapresi
che rientrano in questa tipologia.
Innanzitutto, gli stigmatizzati possono reagire all’e-
sclusione valorizzandosi, cercando di rimuovere o atte-
nuare il segno biasimevole. Fare una dieta per perdere
peso, intraprendere una psicoterapia per affrontare
un’accentuata timidezza, partecipare a un corso di psico-
dizione per vincere la balbuzie, e altre azioni del genere
sono tentativi, propri di un senso di controllo personale,
indirizzati a cancellare lo stigma.
Un’altra modalità per evitare lo stigma consiste nel
prendere le distanze dalla categoria sociale stigmatizza-
ta, come a dire: “Io non sono come loro”.
A livello di senso comune vi sono così malati innocenti
e malati stigmatizzabili. Tra questi ultimi rientrano gli omosessuali, i tossicomani e tutti coloro che hanno as-
sunto comportamenti a rischio. Pertanto, le persone por-
tatrici di segni screditabili, riconducibili alla sfera della
soggettiva controllabilità , sono le più esposte a un’esclu-
sione basata sullo stigma.
In ogni caso, gli appartenenti a gruppi stigmatizzati
trovano nel rafforzamento dell’identificazione collettiva
e nella maggiore vicinanza intersoggettiva la forza psi-
cologica per gestire la minaccia. Il gruppo offre sostegno
emotivo, informazioni, strumenti, la conferma delle per-
cezioni relative alla discriminazione, confronti di grup-
po al servizio del sé e ovviamente un senso di apparte-
nenza. Processi psicosociali che innescano cambiamenti
individuali. Per esempio, più un ragazzo africano diven-
ta consapevole della marginalità imposta ai migranti, più
per lui sarà centrale il tema dell’identità sociale in meri-
to all’idea che egli ha di se stesso, ma potrebbe sentirsi
meno orgoglioso di essere un africano. E se il suo livel-
lo di identificazione nel gruppo non è particolarmente
elevato, la presa di coscienza di una diffusa discrimina-
zione potrà indurlo a distanziarsi ulteriormente dai suoi
connazionali (Ellemers, Spears, & Doosje, 2002). Un
disimpegno da un’identità collettiva stigmatizzata faci-
litato dalla presenza di condizioni socio-strutturali che
rendono permeabili i confini tra i gruppi sociali, permet-
tendo a membri di gruppi svantaggiati di entrare a far
parte di gruppi di status più elevato (Turner, 1987).
Inoltre, la fusione identitaria tra dimensione indivi-
duale e sociale può far crescere la soggettiva vulnerabi-
lità all’esclusione. Quando il gruppo è una parte impor-
tante di sé, le distinzioni che investono la sfera personale
e quella collettiva tendono a sfumare. Ne consegue che
ve**re esiliati dai rapporti umani sulla base dello stigma
di gruppo può arrecare la medesima sofferenza prova-
ta allorché si è messi al bando a causa di caratteristiche
strettamente personali. Per di più, la selettiva affiliazio-
ne tra simili espone ulteriormente a nuove e più marcate
pratiche ostracizzanti. Gli altri, coloro che si differenziano dagli stigmatizzati, a loro volta sono indotti a interpretare tali scelte alla stregua di opzioni esclusive. Una
sorta di discriminazione capovolta: ora sono gli screditati – almeno così si crede – a tenere a distanza gli screditanti.
Considerazioni finali
Cercare di rimuovere o di occultare lo stigma, attivarsi
cognitivamente per produrre spiegazioni dell’esclusione
che siano al servizio della propria autostima, disimpegnare se stessi dalle situazioni respingenti e cercare riconoscimento relazionale altrove, sono i tre livelli di impegno che rendono conto dei principali sforzi con cui gli esseri umani cercano di far fronte alla minaccia di ostracismo veicolata da segni culturalmente ritenuti negativi.