Studio Medico - Neuropsichiatria. Psicoterapia, Farmacologia, Criminologia

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Studio Medico - Neuropsichiatria. Psicoterapia, Farmacologia, Criminologia Medico con formazione psicoterapeutica, specialista in Farmacologia, Dottore in Scienze Neurologiche

16/08/2025

Un grande ringraziamento ai miei nuovi follower! Sono felice di avervi tra noi! Amita Holy-stic Biohacking, Monica Pedretti, Daniela Fantone

02/08/2025

Bambini, come proteggerli dai pericoli reali, insegnando ad affrontare rischi ed emozioni: 8 consigli dei neuropsichiatri infantili di Sinpia

Pediatria Redazione DottNet | 29/07/2025 13:56
Fazzi: "La prima valutazione da fare è capire se l’esperienza è adeguata all’età ed è ragionevolmente proponibile. La risposta non può essere quella di eliminare il rischio, ma di proporre con intenzionalità e gradualità"

Cosa succede quando un bambino sale su un albero, corre più veloce del solito o si cimenta in una nuova esperienza sotto la supervisione costante di un adulto? Succede che impara. A conoscere i propri limiti, a gestire le emozioni, a sviluppare capacità fondamentali per la crescita.  Parola di neuropsichiatri infantili. "Affrontare il rischio e imparare a gestire emozioni complesse adeguate all’età – spiega Elisa Fazzi, Presidente SINPIA, Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Professore Ordinario di Neuropsichiatria infantile dell’Università degli Studi di Brescia e Direttore SC Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ASST Spedali Civili di Brescia - sono tappe essenziali per lo sviluppo sano di bambini e adolescenti. Un bambino che impara a gestire i rischi affina una delle competenze fondamentali di uno sviluppo neuropsichico ottimale che si chiama resilienza ovvero la capacità di affrontare eventi stressanti o traumatici e riorganizzare in maniera positiva la propria vita anche dinanzi alle difficoltà.

Imparare a gestire i rischi aiuta a sviluppare anche altre competenze come la capacità di prendere decisioni e la fiducia in sé stesso. Esplorando situazioni nuove, il bambino migliora anche la regolazione emotiva, ovvero la modulazione e il controllo delle emozioni, la capacità di affrontare la frustrazione, la paura o l’incertezza e acquisisce una maggiore autonomia".
E se ogni graffio è una lezione e ogni sfida un’occasione per i bambini per conoscersi meglio, cosa possono fare i genitori per lasciargli la libertà di imparare affrontando piccoli rischi, senza correre pericoli? Come è meglio porsi di fronte alle richieste dei bambini di partecipare ad esperienze che possono comportare un rischio?  

"La prima valutazione da fare - evidenzia Elisa Fazzi – è capire se l’esperienza è adeguata all’età ed è ragionevolmente proponibile. La risposta non può essere quella di eliminare il rischio, ma di proporre con intenzionalità e gradualità esperienze che consentano al bambino di sperimentarne la dimensione e le difficoltà. L’abilità del genitore sarà quella di proporre esperienze che richiedano la motivazione, l’impegno e un po’ di sforzo da parte del bambino, ma che nello stesso tempo siano alla sua portata e non troppo difficili. Imparare a camminare, salire e scendere le scale, correre, andare in bicicletta, nuotare e così via. E il genitore dovrà essere capace di essere presente, di accompagnare il figlio incoraggiandolo, ma senza sostituirsi completamente a lui e senza risolvergli sempre il problema anticipandone i bisogni". 

I bambini sono troppo protetti oggi? L’eccessiva protezione è un argomento complesso e spesso oggi dibattuto che tocca aspetti culturali, educativi e sociali. "Da un lato ci sono elementi per dire che nella nostra società i bambini sono più protetti – sottolinea Antonella Costantino, Past President SINPIA e Direttore UONPIA Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano - ma per certi aspetti sono anche sottoposti a molti più rischi rispetto alle generazioni passate. In passato i genitori tendevano a lasciare più libertà ai figli piccoli nei cortili e nei giardini, permettendo loro di imparare dall’esperienza diretta e in una dimensione sociale. Oggi, la protezione eccessiva, spesso alimentata dalla paura di pericoli percepiti o amplificati ad esempio dai media, ha limitato queste opportunità di autonomia. Ci sono inoltre influenze sociali come la pressione culturale a essere "genitori perfetti" e il timore di essere percepiti come genitori che trascurano. Sappiamo, però, che l’iperprotezione può indurre insicurezza e ansia nei bambini, impedendo loro di sviluppare una sana autonomia e la voglia di affrontare esperienze nuove". 

Per non tenere i figli sotto una "campana di vetro", occorre aiutare i genitori a capire che affrontare rischi calcolati è positivo per lo sviluppo dei figli e incoraggiare la riflessione su quanto le loro paure li possano influenzare negativamente. È essenziale bilanciare protezione e autonomia fin dall’infanzia per preparare i bambini e ragazzi a situazioni nuove in età adulta. 

Ecco come fare: 8 consigli dei Neuropsichiatri Infantili di SINPIA

Permettere ai bambini di esplorare e affrontare difficoltà proporzionate alla loro età
Promuovere il gioco libero sotto la supervisione a distanza di un adulto per aiutare il bambino a sperimentare rischi in un ambiente relativamente sicuro
Concedere gradualmente maggiori spazi di azione, in relazione all’età
Dare ai bambini l’opportunità di misurarsi con il limite e di tentare di superarlo per offrire loro un sostegno alla costruzione di una buona autonomia, autostima e di un’immagine realistica di sé
Imparare a distinguere e valutare i rischi reali rispetto a quelli percepiti
Non essere eccessivamente protettivi, una sovraprotezione dei figli potrebbe impedire ai bambini di sviluppare resilienza, capacità di problem-solving e autonomia
Educare i bambini alla consapevolezza, fornendo loro strumenti per affrontare il mondo in modo sicuro e autonomo
Aiutarli a gestire la paura del fallimento, se i bambini non sperimentano piccoli rischi (cadute, errori, conflitti), possono diventare adulti insicuri e meno capaci di affrontare situazioni difficili

31/07/2025

Disturbi alimentari, estate amplifica dispercezione corpo

Nutrizione Redazione DottNet | 18/07/2025 16:46
In Italia 3 milioni con dca. Aiuto da terapia dello specchio

Costumi, canottiere, pantaloncini e occasioni sociali moltiplicate: la stagione estiva può rivelarsi un incubo per chi soffre di problemi legati all'immagine corporea, spesso alla base di molti disturbi alimentari, come anoressia e bulimia, che in Italia colpiscono, secondo le stime, oltre 3 milioni di persone. La dispercezione corporea, ossia la presenza di un'immagine distorta della rappresentazione del proprio corpo, può essere affrontata grazie alla cosiddetta 'Terapia dello Specchio', un approccio terapeutico disponibile solo in pochi centri in Italia. "Questa terapia consiste in un metodo di esposizione sistematica allo specchio (realizzato senza i consueti filtri 'commerciali' per slanciare o alterare la figura) in cui i pazienti sono istruiti e sostenuti nella descrizione, priva di giudizi, del proprio corpo e delle parti che lo compongono - spiega Laura Dalla Ragione, Direttore Scientifico Rete Dca Usl 1 dell'Umbria e docente al Campus Biomedico di Roma, che ha elaborato in Italia una versione modificata della tecnica -.

Il protocollo prevede alcuni incontri in cui, gradualmente, il soggetto viene aiutato, attraverso l'uso della propria immagine riflessa, a riflettere sulle varie parti corporee con riferimento a ciò che vede e alla loro funzionalità, concentrandosi, a mano a mano, sui confini dei distretti e sulla loro integrazione, in assenza di giudizio".
La Fondazione Ananke - realtà non profit che promuove ricerca clinica indipendente grazie al sostegno di donazioni private - ha approfondito questa metodologia nell'ambito dei propri progetti scientifici. L'applicazione clinica della 'terapia dello specchio' è parte integrante dei percorsi terapeutici attivati a Villa Miralago (Varese), struttura accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale, che vanta un'esperienza pluriennale nel trattamento di avanguardia dei disturbi dell'alimentazione e che accoglie pazienti da tutta Italia e anche da altri paesi europei. Il modello utilizzato, nella versione italiana messa a punto da Laura Dalla Ragione, ha aiutato centinaia di pazienti a migliorare il rapporto con il proprio corpo, restituendo alla dimensione corporea un ruolo funzionale, affettivo e identitario.

31/07/2025

Dalla Sin cinque consigli per la salute del cervello in vacanza

Neurologia Redazione DottNet | 21/07/2025 17:21
Padovani: “Il cervello non si ferma mai, nemmeno in ferie. Proteggerlo anche d’estate è fondamentale”

In occasione della Giornata Nazionale della Neurologia, nata per sensibilizzare cittadini, istituzioni e operatori sanitari sull’urgenza di investire nella Salute del Cervello come bene collettivo, la Società Italiana di Neurologia (SIN) rilancia l’importanza della prevenzione neurologica anche durante il periodo estivo, con cinque consigli per mantenere il cervello in salute durante le vacanze. Una sorta di vademecum che si inserisce nel quadro più ampio della Strategia Italiana per la Salute del Cervello 2024–2031, ispirata al principio One Brain, One Health, che riconosce la relazione tra salute cerebrale, salute mentale, ambiente e società. E non a caso lanciato in contemporanea alla Giornata mondiale del cervello che si celebra in tutto il mondo proprio il 22 luglio.

“Riteniamo che le malattie del cervello abbiano lo stesso diritto di protezione e cura lungo tutto l’arco della vita, in ogni contesto e stagione - sottolinea Alessandro Padovani, Presidente della SIN –. E questo a prescindere che si tratti di patologie neurologiche o psichiatriche, croniche o acute, nei bambini così come negli anziani. Perché la salute del cervello è connessa alla salute nella sua accezione più ampia - che include le persone, le comunità, gli animali, l’ambiente - e proprio per questo che deve essere difeso e sostenuto durante le vacanze. Anche nei momenti di relax, è fondamentale proteggere questo organo da fattori di rischio spesso sottovalutati, come stress, disidratazione, isolamento sociale o eccessi alimentari”.

Il vademecum: i cinque punti i della SIN per la salute del cervello in vacanza

1 - Idratazione e alimentazione neuroprotettiva. Seguire una dieta ricca di frutta, verdura, cereali integrali, pesce azzurro e grassi insaturi, come l’olio d’oliva. Evitare eccessi di alcol e cibi ultra-processati, evitando pasti abbondanti soprattutto la sera tardi. L’idratazione è cruciale per il metabolismo cerebrale e la termoregolazione, così come una dieta a basso contenuto di zuccheri e grassi animali riduce la neuroinfiammazione.

2 - Sonno regolare e di qualità. Il sonno è un processo attivo di rigenerazione neuronale. Anche in vacanza, mantenere una routine regolare e dormire almeno 7-8 ore per notte favorisce il benessere neuronale, la memoria, la plasticità sinaptica e la stabilità emotiva. Uno studio pubblicato nel 2024 dall’University College London ha evidenziato che il sonno profondo, in particolare quello a onde lente, migliora la memoria episodica e la velocità psicomotoria già dal giorno successivo.

3 - Attività fisica quotidiana. Camminate, nuoto o escursioni stimolano la neurogenesi e migliorano il flusso sanguigno cerebrale. L’attività aerobica è associata a una riduzione del rischio di demenza e depressione. Attività aerobiche come camminare, nuotare o andare in bicicletta, praticate anche solo 30 minuti al giorno, sono associate a una riduzione del rischio di decadimento cognitivo fino al 30%. Inoltre, una sola sessione di esercizio può migliorare le funzioni cognitive e l’umore per oltre 24 ore.

4 - Stimolazione cognitiva e relazioni sociali. Leggere, giocare, conversare, esplorare nuovi luoghi o imparare qualcosa di nuovo sono attività che rafforzano la riserva cognitiva e la plasticità neuronale. Le interazioni sociali, inoltre, sono importanti per la salute mentale e la salute del cervello proteggendo da depressione e declino cognitivo. La stimolazione mentale regolare e le relazioni sociali attive rafforzano la riserva cognitiva, riducendo il rischio di Alzheimer e altre demenze.

5 - Gestione dello stress e protezione dai traumi. Tecniche di rilassamento come mindfulness, respirazione profonda aiutano a regolare il cortisolo, ormone dello stress. In vacanza, attenzione anche alla sicurezza: proteggere il capo durante attività sportive e prevenire cadute è essenziale. Nel 2024, oltre 16 milioni di italiani hanno riportato disturbi psicologici di media o grave entità, con un aumento del 6% rispetto al 2022. La prevenzione dello stress è quindi una priorità anche in vacanza. Evitate luoghi troppo affollati e soprattutto non mettetevi in viaggio nei giorni di maggiore traffico.

Secondo un recente studio pubblicato su The Lancet Neurology con il contributo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 3,4 miliardi di persone nel mondo – pari al 43% della popolazione globale – convivono con una condizione neurologica, tra cui ictus, demenza, epilessia, emicrania cronica e neuropatie. In Italia, oltre il 10% delle famiglie ha almeno un componente affetto da una malattia mentale o una malattia neurologica, con un costo sociale stimato in 87 miliardi di euro l’anno. Questi numeri rendono evidente la necessità di promuovere la prevenzione e la salute del cervello anche nei periodi di apparente benessere, come le vacanze estive.

31/07/2025

Lo smarphone prima dei 13 anni: rischio di cattiva salute mentale

Pediatria Redazione DottNet | 21/07/2025 17:05
Un'altra conferma arriva da uno studio che ha coinvolto oltre 100 mila giovani

L'uso precoce di smartphone è collegabile a una salute mentale peggiore nei giovani adulti. A fornire l'ennesima evidenza uno studio, pubblicato sul Journal of Human Development and Capabilities, condotto dagli scienziati Sapien Labs, che ospita il Global Mind Project, il più grande database al mondo sul benessere mentale. Il team, guidato da Tara Thiagarajan, ha coinvolto oltre 100 mila giovani per valutare la correlazione tra l'utilizzo di smartphone e la salute mentale.

Stando a quanto emerge dall'indagine, i ragazzi tra i 18 e i 24 anni che avevano ricevuto il loro primo telefono prima dei 13 anni avevano maggiori probabilità di sviluppare pensieri suicidi, aggressività, distacco dalla realtà, e manifestavano una minore capacità di regolazione emotiva e una bassa autostima.

I dati dimostrano inoltre che gli effetti del possesso di smartphone in tenera età sono in larga parte associati a un accesso precoce ai social media e a rischi più elevati di cyberbullismo, disturbi del sonno e cattive relazioni familiari in età adulta.
"Il nostro lavoro - afferma Thiagarajan - conferma che l'uso precoce di smartphone è legato a una peggiore salute mentale. Esortiamo i decisori politici ad adottare un approccio precauzionale, simile alle normative su alcol e tabacco, limitando l'accesso agli smartphone ai minori di 13 anni, rendendo obbligatoria l'educazione all'alfabetizzazione digitale e rafforzando la responsabilità aziendale".

Dall'inizio degli anni 2000, spiegano gli esperti, i cellulari hanno rimodellato le connessioni tra i giovani, il loro modo di apprendere e la formazione della loro identità. Attualmente, il quadro internazionale sul divieto di utilizzo dei telefoni cellulari nelle scuole è contrastante: diversi Paesi hanno vietato o limitato l'uso degli smartphone nelle istituzioni, ma l'età media associata all'acquisto del primo telefono è sempre più bassa.

Questa indagine ha mostrato una correlazione costante tra l'uso di smartphone e una peggiore salute mentale. In particolare, riportano gli esperti, l'accesso precoce ai social media spiega circa il 40% di questa associazione. Il 13% era riconducibile alle cattive relazioni familiari, il 10% al cyberbullismo e il 12% ai disturbi del sonno. I ricercatori riconoscono che la pandemia di Covid-19 potrebbe aver influenzato i modelli, ma la coerenza di queste tendenze in tutte le regioni del mondo suggerisce un impatto più ampio sullo sviluppo dell'accesso precoce agli smartphone.

"Questi risultati - commenta Thiagarajan - dimostrano che possedere uno smartphone durante l'infanzia, una prima porta d'accesso agli ambienti digitali basati sull'intelligenza artificiale, sta riducendo profondamente la salute mentale e il benessere in eta' adulta. C'è da precisare che smartphone e social media non sono l'unico attacco alla salute mentale che i giovani adulti devono affrontare. Sono necessari ulteriori approfondimenti - conclude - per svelare i meccanismi causali e confermare i nostri dati. Nel frattempo, però, non dobbiamo perdere la finestra di un'azione preventiva tempestiva. Dobbiamo salvaguardare la salute mentale dei giovani".

31/07/2025

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Neglect: l'altro volto dell'Ictus che non si vede

Neurologia Redazione DottNet | 31/07/2025 12:23
Il neglect è un disturbo neuropsicologico che può insorgere in seguito a un ictus, in particolare quando viene colpito l’emisfero destro del cervello, coinvolgendo le aree parietali, temporali o frontali

A.L.I.Ce. Italia Odv (Associazione per la Lotta all'Ictus Cerebrale) accende i riflettori su una delle conseguenze meno conosciute ma fortemente invalidanti dell’ictus cerebrale: il neglect o sindrome da eminegligenza spaziale. 

Il neglect è un disturbo neuropsicologico che può insorgere in seguito a un ictus, in particolare quando viene colpito l’emisfero destro del cervello, coinvolgendo le aree parietali, temporali o frontali. Le persone affette da questo disturbo ignorano letteralmente una parte del proprio corpo o dello spazio circostante, come se non esistesse. Non si tratta di un problema visivo, ma di una vera e propria disconnessione percettiva e attentiva. 

"Nonostante colpisca oltre il 50% dei pazienti con ictus a carico dell’emisfero destro, il neglect è ancora sottodiagnosticato e sotto-trattato; si tratta però di una problematica che può compromettere gravemente l’autonomia, la qualità della vita e il percorso riabilitativo. La persona che ne è affetta non riesce a percepire, rispondere o orientarsi verso stimoli provenienti dal lato opposto alla lesione cerebrale (più frequentemente il lato sinistro). Non si tratta di un problema visivo in senso stretto: l’occhio può essere perfettamente funzionante, ma il cervello ignora una parte dello spazio, ovvero è del tutto incapace di portare le informazioni provenienti da questo lato ad un livello sufficiente di coscienza, perché queste possano essere elaborate con consapevolezza" spiega il Dottor Mauro Mancuso, Direttore Area Dipartimentale Medicina Fisica e Riabilitativa -Azienda USL Toscana Sud Est e Direttore Centro ricerche della CRT-Clinica di Riabilitazione Toscana. 

Quali sono i segni tipici del neglect post-ictus?

I segni variano in intensità, ma tra i segnali più comuni troviamo:

Mangiare solo metà del cibo nel piatto
Vestirsi o radersi solo da un lato del corpo
Scontrarsi con oggetti o pareti sul lato colpito
Non rispondere a stimoli o voci provenienti da un lato
Ignorare completamente la parte sinistra del proprio corpo 
Quando si verifica?

Il neglect si manifesta quando il danno cerebrale interessa le aree coinvolte nell’orientamento spaziale e nell’attenzione selettiva. Il neglect spaziale è un disturbo che può comparire dopo una lesione cerebrale come appunto un ictus, soprattutto quando l’evento colpisce alcune aree cerebrali dell’emisfero destro del cervello: questo disturbo può manifestarsi sin dai primi giorni dopo l’ictus, spesso già nella fase acuta, e in alcuni casi può persistere nel tempo. Secondo l’interpretazione di Heilman, mentre l’emisfero sinistro controlla quasi esclusivamente lo spazio di destra, l’emisfero destro ha un ruolo predominante nell’attenzione spaziale sia destra che sinistra; per questo motivo le lesioni a destra producono neglect più grave e duraturo rispetto a quello procurato da lesioni cerebrali a sinistra. 

Non esiste una "cura" unica per il neglect, ma la riabilitazione neuropsicologica è fondamentale e può includere:

Uso di prismi ottici per spostare il punto di fissazione del campo visivo
Training visuo-spaziale per stimolare l’attenzione sul lato colpito secondo la metodica di Pizzamiglio e coll.
Terapie con stimoli multimodali (suoni e luci)
Strategie comportamentali e tecniche compensative 
"Il neglect è un nemico silenzioso: non provoca dolore e spesso non è evidente a chi non ha competenze specifiche – dichiara Andrea Vianello, Presidente di A.L.I.Ce. Italia Odv. Le persone che ne sono colpite possono trascurare cibo sul lato sinistro del piatto, non riconoscere oggetti o persone alla loro sinistra o non vestirsi completamente da un lato. Spesso, questi comportamenti vengono scambiati per disattenzione o confusione. Con la nostra Associazione, che ha partecipato alla stesura delle Linee Guida per la Valutazione e Riabilitazione dell’Afasia e del Neglect recentemente pubblicate sul sito SNLG dell’Istituto Superiore di Sanità, vogliamo sottolineare l’importanza di una diagnosi precoce e di percorsi riabilitativi mirati, che includano le tecniche riabilitative come messo in evidenza dalle Linee Guida stesse. Non possiamo permetterci di trascurare le conseguenze cognitive e comportamentali, come il neglect, che spesso rendono difficile il ritorno a una vita indipendente". 

A.L.I.Ce. Italia Odv ricorda che l’ictus non è soltanto una questione motoria: il recupero delle funzioni cognitive, dell’attenzione e della percezione è fondamentale per una vera autonomia. Ignorare questo deficit rallenta o impedisce il recupero motorio e funzionale mentre un riconoscimento precoce consente di impostare un piano riabilitativo specifico, coinvolgere in modo efficace fisioterapisti, terapisti occupazionali e logopedisti e, infine, monitorare i progressi e adattare gli interventi, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita delle persone colpite da ictus e dei loro familiari nell’ottica di un completo recupero della partecipazione sociale.

27/05/2025

Da cervello affamato a fame emotiva, ecco gli identikit dell'obesità

Endocrinologia Redazione DottNet | 19/05/2025 14:22
Sono i quattro volti dell'obesità che corrispondono ad altrettanti fenotipi, ossia al risultato dell'interazione tra il patrimonio genetico e l'ambiente

Cervello affamato, intestino affamato, fame emotiva e combustione lenta: sono i quattro volti dell'obesità che corrispondono ad altrettanti fenotipi, ossia al risultato dell'interazione tra il patrimonio genetico e l'ambiente. Conoscerli apre la strada a terapie su misura, calibrate in modo personalizzato. E' quanto emerge dal congresso Panorama Diabete di Riccione. "La novità è di aver catalogato l'obesità in quattro fenotipi", osserva dal congresso l'endocrinologo Francesco Giorgino (nella foto), e questo "rappresenta un cambiamento di paradigma nel trattamento dell'obesità, permettendo di abbandonare l'approccio 'taglia unica' a favore di strategie terapeutiche personalizzate basate sulle caratteristiche specifiche di ciascun paziente".

Il cervello affamato è il primo fenotipo individuato, nel quale un individuo necessita di maggiori calorie prima di raggiungere la sensazione di sazietà. Il secondo fenotipo è l'intestino affamato, caratterizzato da una durata anormale della pienezza e da uno svuotamento gastrico accelerato, che porta a mangiare più frequentemente perché la sensazione di sazietà dopo ogni pasto cessa precocemente. Il terzo è la fame emotiva, che si manifesta come desiderio di mangiare per far fronte a emozioni positive o negative, soprattutto in chi è ansioso o depresso, ha una peggiore immagine corporea e scarsa autostima.
Il quarto , la combustione lenta, è caratterizzato da un metabolismo rallentato, con massa muscolare inferiore e minore predisposizione all'attività fisica. Per la presidente della Società italiana di diabetologia (Sid) Raffaella Buzzetti, è quindi necessario "personalizzare gli interventi in base al fenotipo predominante. Questo significa che il trattamento può essere adattato alle caratteristiche biologiche specifiche del paziente, aumentando significativamente le probabilità di successo e riducendo il rischio di ricadute". Per esempio, per il cervello affamato risultano più efficaci interventi farmacologici mirati ai recettori della sazietà e strategie nutrizionali che privilegiano alimenti sazianti a bassa densità calorica; per l'intestino affamato sono indicati pasti più frequenti ma di volume ridotto e ricchi di fibre, che rallentano lo svuotamento gastrico; per la fame emotiva il trattamento deve integrare il supporto psicologico con tecniche di 'mindful eating', mentre per la combustione lenta l'apporto proteico va combinato con un programma di attività fisica mirato all'incremento della massa muscolare.

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29/04/2025

Usare le tecnologie digitali abbassa i rischi di declino cognitivo

Neurologia Redazione DottNet | 24/04/2025 20:45
Studio, declino in meno del 58% tra gli anziani che hanno usato computer ed email

La prima generazione ad aver usato regolarmente Internet, email, smartphone avrebbe senza saperlo protetto e rafforzato le proprie capacita' mentali: i rischi di declino cognitivo o di demenza vera e propria sono risultati inferiori del 58%, rispetto alla media, tra chi negli ultimi vent'anni - ossia dall' avvento dei computer all'arrivo degli smartphone e dei social media e di altri strumenti 'online' misti - si e' dedicato all'utilizzo delle nuove tecnologie digitali. Esercitando così il cervello ad attivita' di 'risoluzione problemi', ideazione, comprensione del 'pensiero' intelligente dei pc e così via.

Lo rivela una nuova mega-analisi che ha rivisto 136 studi in materia, relativi a 411.430 persone, ora in eta' matura o anziana. E' stato un gruppo di scienziati delle università del Texas e dalla Baylor a lanciare il progetto, che mirava a verificare gli effetti neurologici a lunga scadenza del nuovo modo di vivere 'online'.
Pubblicato sulla rivista "Nature Human Behavior', il rapporto precisa inoltre che "non è emerso alcun dato ' inverso', che ha invece associato l' uso di queste tecnologie ad una riduzione della capacità mentali, o alla demenza". "Una coerenza simile nei dati emersi è un risultato raro nella scienza - ha osservato uno degli autori della ricerca, Michael Scullin, professore di psicologia e neuro-scienze alla Baylor University - anche considerando il fatto che nel' esame dei risultati sono stati tenuti presenti i vari fattori relativi a differenze educative, socio-economiche, di salute delle persone coinvolte".

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28/04/2025

Uno studio pubblicato su Neurology ha analizzato le differenze di genere negli esiti clinici della sindrome di Tourette (TS) e dei disturbi da tic motori o vocali persistenti (PMVT). Utilizzando i dati del Tourette Association of America International Consortium for Genetics (TAAICG), i ricercatori....

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