21/10/2025
Credo che i disturbi alimentari, più di altri, portino un rischio altissimo di deriva di autocompiacenza da parte dei professionisti che ci lavorano. Bisogna stare molto attenti.
Attenti a non pensare di essere quelli che finalmente daranno "il nutrimento buono" al paziente, quelli che li salveranno, quelli che diventeranno il sostituto materno o paterno positivo.
Attenti a non autoproclamarsi i "giusti" terapeuti, promettendo il successo e garantendo che guariranno i propri assistiti.
Attenti a non farsi ammaliare dalla possibilità di essere "quello che riuscirà dove altri hanno fallito".
Attenti a non fare di storie e sofferenze la propria bandiera di riconoscimento, il proprio rinforzo narcisistico.
Attenti a non rischiare di cadere noi stessi nel disturbo: già, perché è facile parlare della problematicità del rapporto con lo specchio del paziente, più difficile è comprendere quanto noi stessi possiamo caderci dentro, quando ci troviamo a pubblicizzare, a rigonfiarci di ego tramite lo specchio dei social, facendo del nostro lavoro mangime di like, di approvazione. È sottile la linea tra la sensibilizzazione e l'informazione e l'autocelebrazione. E quando si parla di autocelebrazione nei disturbi alimentari dobbiamo essere cauti. Soprattutto se in questa manovra facciamo entrare anche i pazienti stessi o le loro famiglie.
Stiamo attenti a non cadere nella trappola del disturbo alimentare: affamati di riconoscimento, anche noi, rischiamo di mettere al centro di tutto il discorso del disturbo, ergendoci a esperti, sebbene celati da un velo di sensibilità e desiderio di "fare del Bene". E allora smettiamo di essere psicologi, nutrizionisti, e iniziamo a essere altro. Ci raccontiamo che ormai siamo nell'era dell'internet e che è indispensabile esserci, ma nel fare questo giustifichiamo tutto, varcando alcuni limiti sacrosanti. Con la giustificazione del "eliminare i tabù" vogliamo dire Tutto, avendo pure la f***e idea che si possa effettivamente dire Tutto. Diciamo che non importano certe cose, che è necessario andare oltre l'immagine, eppure cavalchiamo l'onda, intasando i social di immagini, di copertine, di slogan.
Attenti, lo dico a me, a noi, a tutti.