Nutrizionista Dott.Tiziana Campanella

Nutrizionista Dott.Tiziana Campanella Valutazioni nutrizionali,elaborazione programmi dietetici personalizzati per persone sovrappeso,obes

DIETA CHEOTGENICA O MEDITERRANEA?DUE APPROCCI A CONFRONTOUno studio pilota italiano ha messo a confronto due diete molto...
15/06/2025

DIETA CHEOTGENICA O MEDITERRANEA?
DUE APPROCCI A CONFRONTO

Uno studio pilota italiano ha messo a confronto due diete molto diverse – la chetogenica e la mediterranea ipocalorica – per capire quale sia più efficace nel migliorare la salute di persone in sovrappeso o obese con pressione alta o ai limiti della norma. I risultati? Entrambe funzionano, e molto.

Essere in sovrappeso o obesi e avere la pressione alta è una combinazione piuttosto comune, ma anche rischiosa per il cuore. In questi casi, la dieta è spesso il primo passo consigliato dai medici. Ma qual è l’approccio migliore? Una dieta ricca di proteine e povera di carboidrati, come quella chetogenica, oppure la classica dieta mediterranea, magari con poco sale e tanto potassio?

Per rispondere a questa domanda, un gruppo di ricercatori ha condotto lo studio pilota “Cheto-Sale”, coinvolgendo 26 adulti non diabetici con indice di massa corporea (BMI) superiore a 27 e valori pressori compresi tra i limiti della normalità e l’ipertensione di primo grado.

LO STUDIO
I partecipanti sono stati divisi in due gruppi:

° Dieta chetogenica ipocalorica e iperproteica (KD): povera di carboidrati, ma ricca di proteine.
° Dieta mediterranea ipocalorica, povera di sodio e ricca di potassio (MD): basata su alimenti vegetali, pesce, olio d’oliva e ridotto contenuto di sale.
Entrambi i regimi sono stati seguiti per tre mesi, durante i quali i ricercatori hanno monitorato:

° pressione arteriosa (con misurazioni continue per 24 ore),
° composizione corporea (massa grassa e magra),
° valori metabolici (come colesterolo, trigliceridi e insulina).
I RISULTATI: CHI VINCE?

Entrambe le diete hanno prodotto risultati molto positivi. In media, i partecipanti hanno perso circa 7–11 kg e ridotto la circonferenza della vita. Anche la pressione arteriosa è migliorata significativamente: sia la pressione sistolica (massima) che quella diastolica (minima) si sono abbassate in entrambi i gruppi.

Inoltre:

la massa grassa è diminuita,
la massa muscolare è aumentata,
sono migliorati i livelli di colesterolo e insulina.

Un dato interessante è che i miglioramenti nella composizione corporea (meno grasso e più muscolo) erano direttamente collegati a una riduzione della pressione arteriosa. Tuttavia, non sono emerse differenze significative tra i due gruppi: né la dieta chetogenica né quella mediterranea è risultata nettamente superiore.

SIGNIFICATO CLINICO
Anche se lo studio è ancora di piccole dimensioni e servono conferme da ricerche più ampie, il messaggio è chiaro: la perdita di peso e la qualità della composizione corporea sono elementi fondamentali per migliorare la salute cardiovascolare, indipendentemente dal tipo di dieta.

Quindi, che si scelga un approccio mediterraneo o chetogenico, l’importante è che la dieta sia seguita con costanza, sia ben strutturata e adattata alle proprie esigenze, grazie al supporto di un professionista della nutrizione.

CONSUMO DI CIBI ULTRAPROCESSATI ASSOCIATO AD INVECCHIAMENTO BIOLOGICOLa scienza continua a svelare i complessi legami tr...
15/06/2025

CONSUMO DI CIBI ULTRAPROCESSATI ASSOCIATO AD INVECCHIAMENTO BIOLOGICO

La scienza continua a svelare i complessi legami tra alimentazione e salute a lungo termine. Un recente studio italiano ha posto l'attenzione su un aspetto spesso trascurato della qualità del cibo: il suo grado di lavorazione industriale. La ricerca, condotta dall’Irccs Neuromed di Pozzilli (Is), in collaborazione con l’Università Lum di Casamassima (Ba), ha evidenziato un’associazione significativa tra un consumo elevato di alimenti ultra-processati e un più rapido invecchiamento biologico. Il lavoro, pubblicato sull’American journal of clinical nutrition, offre nuove prospettive su come la lavorazione e la formulazione dei prodotti possano influenzare profondamente la salute.

La ricerca si basa sui dati dello Studio Moli-sani, un'ampia indagine epidemiologica italiana che da 20 anni coinvolge 25 mila cittadini adulti residenti in Molise. Grazie a un questionario alimentare dettagliato, i ricercatori hanno potuto analizzare le abitudini dei partecipanti e quantificare il loro consumo di alimenti ultra-processati (Upf). Questa categoria comprende prodotti industriali che subiscono molteplici fasi di trasformazione e contengono ingredienti aggiunti come zuccheri, sale, additivi, coloranti e aromi. La lavorazione industriale può alterare sostanzialmente la struttura degli alimenti, riducendo il contenuto naturale di nutrienti, vitamine e fibre e generando potenzialmente nuove sostanze dannose.

Ma cosa si intende per "invecchiamento biologico"? A differenza dell'età anagrafica, l'età biologica è un indicatore complesso che riflette lo stato di salute reale dell’organismo, includendo la funzionalità degli organi e il livello di infiammazione sistemica. Per stimarla, i ricercatori hanno utilizzato una combinazione di oltre trenta biomarcatori ematici.

Così Simona Esposito, prima autrice dello studio, che, tra l’altro, per questa ricerca ha di recente ricevuto a Salerno il Premio “Gianni Barba” nel corso del Congresso nazionale Sinu (Società italiana di nutrizione umana): “L’analisi ha evidenziato che le persone che riportavano un maggiore consumo di alimenti ultra-processati presentavano, in media, un’età biologica superiore rispetto alla loro età cronologica, indicando una possibile accelerazione dell’invecchiamento dovuta proprio a un consumo più elevato di questi alimenti”.

Un aspetto ancora più rilevante emerso è che questo rapporto tra consumo di Upf e invecchiamento è risultato indipendente dalla qualità generale della dieta.

“Anche le persone che seguivano regimi alimentari considerati equilibrati dal punto di vista strettamente nutrizionale, per esempio, ricchi di frutta, verdura e fibre, ma che includevano una quota significativa di cibi ultra-processati, mostravano segni di invecchiamento biologico più rapido”, prosegue Esposito.

Gli alimenti ultra-processati sono diffusi e non si limitano a snack e bibite gassate, ma includono anche prodotti come pane confezionato, cereali per la colazione, zuppe pronte e yogurt aromatizzati. Oltre alla lavorazione, il packaging, spesso in plastica, può rilasciare contaminanti chimici potenzialmente dannosi.

Sebbene siano necessari ulteriori studi per confermare pienamente questi meccanismi, i dati disponibili sollecitano una riflessione sulle raccomandazioni alimentari. L'attenzione, finora focalizzata su calorie, grassi, zuccheri e sale, dovrebbe includere anche il grado di trasformazione industriale dei cibi. È fondamentale educare i consumatori a leggere le etichette e a privilegiare, ove possibile, prodotti freschi e minimamente lavorati, prendendo come riferimento la Dieta Mediterranea tradizionale, sottolinea Sinu in una nota.

Conclude Esposito: “Questi risultati rappresentano un ulteriore richiamo a considerare l’alimentazione non solo come fonte di energia e nutrienti, ma anche come un potente strumento capace di influenzare la longevità e la qualità della vecchiaia e della vita. In un contesto in cui l’invecchiamento della popolazione è una delle principali sfide sanitarie dei prossimi decenni, comprendere e limitare i fattori che accelerano il declino biologico rappresenta una priorità di salute pubblica”. (N.m.)

TUMORI GASTROINTESTINALI:CONFERMATO IL RUOLO PROTETTIVO DI DIETA RICCA DI FIBREUna dieta ricca di frutta, verdura, cerea...
16/12/2024

TUMORI GASTROINTESTINALI:
CONFERMATO IL RUOLO PROTETTIVO DI DIETA RICCA DI FIBRE

Una dieta ricca di frutta, verdura, cereali integrali, pesce, legumi e latticini è in grado di proteggere l’organismo dal rischio di sviluppare tumori gastrointestinali e di migliorare gli esiti di queste patologie. La conferma arriva da due studi condotti da ricercatori della Flinders University (Adelaide, Australia).

“Abbiamo identificato molti collegamenti diretti tra cattive scelte alimentari e tumori gastrointestinali – afferma l’autore senior di entrambi gli studi, Yohannes Melaku – In particolare, abbiamo scoperto come una dieta ricca di fibre come frutta e verdura, che limiti al contempo il consumo di zuccheri e alcol, possa ridurre il rischio di cancro intestinale e di altri tipi di cancro. Il consumo di questi cibi promuove la crescita di batteri intestinali sani che possono ridurre l’infiammazione”.

I risultati supportano le linee guida del World Cancer Research Fund (WCRF) e dell’American Institute for Cancer Research (AICR), che promuovono diete ricche di cereali integrali, verdure, frutta e legumi, limitando al contempo il consumo di carne rossa e lavorata, bevande zuccherate e cibi lavorati. Tuttavia, come evidenziano gli stessi autori, sono necessari ulteriori studi per stimare l’effettivo impatto che la dieta ha sui tumori.

Questo articolo è in inglese, ma é molto interessante per capire come regolare l'assunzione di acqua durante il giorno e...
31/08/2024

Questo articolo è in inglese, ma é molto interessante per capire come regolare l'assunzione di acqua durante il giorno e consigliare come berla, soprattutto per le persone che faticano a farlo. Buona lettura

Staying well hydrated throughout the day is crucial for maintaining a good mood, a healthy weight, focus and concentration, and more. Follow these expert tips to know when (and how) to drink water.

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12/04/2024

Questo è un articolo molto interessante sull'attività fisica quale la corsa e la camminata. Vi consiglio di leggerlo perché troverete molte risposte ai vostri dubbi

Walking can deliver a lot of health benefits. But when it comes to popular claims, like you need 10,000 steps per day or you shouldn’t walk every day, here’s the 411.

SPEZIE: AMICHE NEL CONTROLLO GLICEMICOLe spezie e le erbe aromatiche tipiche della dieta mediterranea hanno benefici sig...
11/04/2024

SPEZIE: AMICHE NEL CONTROLLO GLICEMICO

Le spezie e le erbe aromatiche tipiche della dieta mediterranea hanno benefici significativi nel migliorare lo stato glicemico nel diabete di tipo 2. Non tutte, però: il palmares comprende zenzero, cannella e cumino nero, curcuma e zafferano. Il dato emerge da una review e metanalisi, pubblicata su Nutrients.

Nell'analisi di 77 studi, 45, che hanno coinvolto 3.050 partecipanti, sono stati inclusi nella metanalisi e 32 nella revisione sistematica. I criteri di inclusione degli studi prevedevano pazienti adulti con diabete di tipo 2, con dati sulla glicemia a digiuno e/o emoglobina glicata e/o insulina e comprendevano qualsiasi integrazione con cumino nero, chiodi di garofano, prezzemolo, zafferano, timo, zenzero, pepe nero, rosmarino, curcumina, cannella, basilico e/o origano.

Il numero di studi su chiodi di garofano, prezzemolo, timo, pepe nero, rosmarino, basilico o origano e la loro associazione con i fattori glicemici nei soggetti con diabete di tipo 2 era insufficiente, quindi l'analisi si è concentrata principalmente sui restanti cinque ingredienti: cannella, curcumina, zenzero, cumino nero, zafferano e rosmarino.

Sono stati osservati miglioramenti nella glicemia a digiuno dei soggetti con diabete di tipo 2 con tutti e cinque gli ingredienti. Tuttavia, le diminuzioni più significative, tra 17 mg/dl e 27 mg/dl, si sono verificate dopo l'integrazione con cumino nero, seguito da cannella e zenzero. Solo lo zenzero e il cumino nero sono stati associati a un miglioramento significativo dell'emoglobina glicata e solo cannella e zenzero sono stati associati a una diminuzione significativa dei valori di insulina. Degli 11 studi che includevano la cannella nella metanalisi, sei hanno riportato differenze significative nella glicemia a digiuno, mentre quattro avevano differenze nell'emoglobina glicata dopo l'integrazione.

Infine, lo zenzero è stato l'unico componente associato a una diminuzione significativa in ciascuno dei tre risultati esaminati relativi a glicemia a digiuno, emoglobina glicata e insulina.

COSI' I CIBI ULTRAPROCESSATI DANNEGGIANO LA SALUTEUna nuova analisi pubblicata su Bmj ribadisce come gli alimenti ultrap...
11/04/2024

COSI' I CIBI ULTRAPROCESSATI DANNEGGIANO LA SALUTE

Una nuova analisi pubblicata su Bmj ribadisce come gli alimenti ultraprocessati possano causare decine di gravi problemi di salute tra le persone che li assumono troppo spesso. Per questa ricerca, sono stati esaminati i dati raccolti da 14 articoli di revisione pubblicati negli ultimi tre anni che hanno coinvolto quasi 10 milioni di partecipanti. Nessuno è stato finanziato da aziende alimentari che producono alimenti ultraprocessati. Nel complesso, sono state trovate associazioni dirette tra l’esposizione ad alimenti ultraprocessati e 32 (71%) parametri di salute che comprendono mortalità, cancro ed esiti di salute mentale, respiratoria, cardiovascolare, gastrointestinale e metabolica.

Sulla base dei criteri pre-specificati di classificazione delle prove, prove convincenti (classe I) hanno supportato un’associazione diretta tra una maggiore esposizione ad alimenti ultra-processati e rischi più elevati di mortalità incidente correlata a malattie cardiovascolari (+50%) e diabete di tipo 2 (tasso di rischio dose-risposta +12%), nonché rischi più elevati di esiti di ansia prevalente (tasso di rischio +48%) e di esiti combinati di disturbi mentali comuni (+53%). Altamente suggestive (classe II) sono invece le prove che indicano che una maggiore esposizione ad alimenti ultra-processati è direttamente associata a rischi più elevati di mortalità incidente per tutte le cause (rapporto di rischio 1.21), mortalità correlata a malattie cardiache (rapporto di rischio 1.66), diabete di tipo 2 (odd ratio 1,40) ed esiti depressivi (hazard ratio 1.22), insieme a rischi più elevati di esiti avversi prevalenti legati al sonno (odd ratio 1.41), respiro sibilante (rapporto di rischio 1.40) e obesità (odds ratio 1.55). Il rischio è risultato aumentare con l’incremento dei consumi.

Alimenti molto diffusi

Gli alimenti ultraprocessati includono snack confezionati, bevande zuccherate, noodles istantanei, cereali dolci e pasti pronti. I prodotti vengono sottoposti a molteplici processi industriali per renderli gustosi e stabili e contengono additivi come emulsionanti, coloranti e aromi chimici. La questione è quanto mai attuale, visto che in alcuni paesi ad alto reddito gli alimenti ultraprocessati rappresentano fino al 58% dell’apporto energetico totale giornaliero e stanno proliferando nei paesi a basso e medio reddito.

Il gruppo di ricerca ha notato che questi effetti negativi sulla salute non sono completamente spiegati dalla mancanza di valore nutrizionale e dall'elevato apporto calorico dei prodotti. Le alterazioni del cibo apportate durante la produzione possono influenzare la digestione, l’assorbimento dei nutrienti e il senso di sazietà. Prove emergenti negli esseri umani hanno anche collegato alcuni additivi utilizzati negli alimenti, quali dolcificanti non zuccherini, emulsionanti, coloranti e nitrati o nitriti, a peggiori risultati per la salute. La lavorazione industriale intensiva degli alimenti potrebbe anche produrre sostanze nocive che contribuiscono all’infiammazione cronica e persino i materiali di imballaggio possono contenere contaminanti.

In conclusione quindi, una maggiore esposizione agli alimenti ultraprocessati è stata associata a un rischio più elevato di esiti avversi per la salute, in particolare cardiometabolici, disturbi mentali comuni e mortalità. Questi risultati forniscono, secondo gli autori, una motivazione per sviluppare e valutare l’efficacia dell’utilizzo di misure di salute pubblica per indirizzare e ridurre l’esposizione alimentare agli alimenti ultra-processati a favore della salute umana.

I MENU' "VEGGY" DEI FAST FOOD NON SONO PIU' SALUTARI DEI "TRADIZIONALI" ALLA CARNEQuando si va nei fast food non ci sono...
14/01/2024

I MENU' "VEGGY" DEI FAST FOOD NON SONO PIU' SALUTARI DEI "TRADIZIONALI" ALLA CARNE

Quando si va nei fast food non ci sono scelte più salutari delle altre. Che sia veggy o “tradizionale” il menù sono calorici in modo simile. A stabilirlo è uno studio, pubblicato sulla rivista Nutrition, che ha analizzato un totale di 1.868 pasti tra cui panini, insalate, noodles e pizza provenienti da 50 catene di fast food, tra cui Wagamamas, Pret, Pizza Express, Leon e Burger King, in cinque paesi differenti. I ricercatori hanno raccolto dati sul contenuto calorico, sulla presenza di allergeni e sulle quantità di nutrienti, fibre e sale presenti in ogni pasto. Dai risultati è emerso che i pasti a base vegetale contenevano meno proteine ​​e sodio e livelli più elevati di carboidrati e zuccheri, rispetto a quelli a base di carne.

I MENU' VEGETALI NON SONO MENO CALORICI

Nel complesso, i pasti a base vegetale non sono risultati collegati a un apporto calorico più basso. “I nostri risultati hanno rivelato che i pasti dei fast-food a base vegetale hanno più probabilità di contenere un quantitativo maggiore di carboidrati e zuccheri rispetto agli equivalenti a base di carne”, dice Mikołaj Kamiński, dell’Università di Scienze Mediche di Poznań in Polonia e autore principale dello studio. “Con sorpresa, il nostro studio ha dimostrato che i pasti a base vegetale non sono associati a una minore quantità di calorie, cosa di cui i consumatori potrebbero non rendersi conto. Questo – aggiunge – sottolinea l’importanza di fare scelte alimentari consapevoli, soprattutto quando si tratta di consumare cibo da fast food, a maggior ragione se si soffre di un disturbo metabolico come il diabete di tipo 2”.

I RISULTATI SMASCHERANO L'ILLUSIONE CHE LE ALTERNATIVE A BASE VEGETALI SIANO MIGLIORI

“Lo studio mette in luce l’illusione che i pasti a base vegetale siano più ricchi di carboidrati e zuccheri rispetto agli equivalenti a base di carne”, commenta ancora Kamiński. “I risultati smascherano l’illusione che le alternative a base vegetale dei piatti popolari dei fast food siano automaticamente una scelta più sana”, aggiunge. Gli esiti della ricerca hanno anche mostrato che i pasti contenenti carne avevano maggiori probabilità di contenere allergeni come latticini, uova, pesce, crostacei e senape, mentre i pasti a base vegetale contenevano più facilmente allergeni come sesamo, semi e noci.

DALLA TAVOLA ALLE PASSEGGIATE; LA FORMULA GIUSTA PER SMALTIRE GLI ECCESSI DELLE FESTIVITA'Durante le festività, i pasti ...
31/12/2023

DALLA TAVOLA ALLE PASSEGGIATE; LA FORMULA GIUSTA PER SMALTIRE GLI ECCESSI DELLE FESTIVITA'

Durante le festività, i pasti più abbondanti e il consumo di cibi più ricchi di zuccheri e grassi come il panettone, il pandoro, lo zampone etc., possono farti ingerire molte calorie in più del necessario. Mediamente nel periodo festivo possiamo consumare circa 7/8000 calorie in eccesso, che possono trasformarsi in grasso di deposito (trigliceridi). Per smaltire i grassi accumulati dovrai muoverti molto di più di quanto pensi e nel modo adeguato a bruciare i grassi. Camminare è un'ottima attività brucia grassi, ma per smaltire le calorie extra delle feste devi camminare nel modo giusto.

QUANTE CALORIE SI CONSUMANO CAMMINANDO

Camminare è una ottima forma di esercizio che può aiutare a ridurre i grassi di deposito, perdere peso e a migliorare la salute cardiovascolare. Tuttavia, la quantità di calorie (kcal) totali consumate camminando, ovvero il costo energetico della locomozione più le kcal del metabolismo basale , dipende da diversi fattori, come il peso , la velocità , la durata della camminata, il tipo di terreno su cui cammini e la sua inclinazione. Camminando in pianura abbastanza spediti si consumano mediamente 0,5 kcal per kg di peso per ogni km percorso da sommare al metabolismo basale , es.:

Una persona di 80 kg che cammina per 2 km a circa 4 km ora consuma circa 120 kcal totali cioè 80 kcal per la locomozione e circa 40 kcal per il metabolismo basale. Non ci sono differenze sostanziali tra uomini e donne.
L’energia necessaria per camminare in salita raddoppia con una pendenza del 6%, mentre si dimezza in una discesa del 10%. Attenzione però alle discese, aumentare la velocità significa mettere a dura prova le articolazioni, soprattutto le ginocchia.

QUANTO CONTA LA VELOCITA' DEL CAMMINO

Il costo energetico del cammino è in realtà influenzato dalla velocità solo in piccola parte, ovviamente, più aumenta la velocità della camminata, maggiori saranno le calorie spese nello stesso periodo di tempo dato che si percorreranno più km.

Passare da una camminata in piano a 3 km/ora ad una camminata veloce a 6 km/ora raddoppia le calorie consumate in un’ora di cammino. Ma questo non ti porterà a consumare i grassi accumulati con le mangiate delle feste. Infatti, più aumenta l’intensità , più l’organismo utilizza gli zuccheri , rappresentati principalmente dal glicogeno muscolare, e per contro diminuisce l’utilizzo dei grassi che si riduce fino a quasi lo zero a circa il 90 per cento della tua frequenza cardiaca massima.

In particolare, se vuoi perdere qualche chilo ciò che devi ridurre è la massa grassa, e per farlo devi camminare con un ritmo moderato (cioè con la respirazione appena accelerata) durante il quale il 70/80% dell’energia necessaria sarà rappresentata dagli acidi grassi.

Attenzione però, i grassi richiedono un po’ di tempo per essere utilizzati, dovrai quindi camminare per diversi minuti prima di iniziare a utilizzare a pieno regime i grassi come fonte di energia e la tua camminata dovrebbe proseguire per almeno 30 o 60 minuti per ottenere buoni risultati.

Tieni quindi presente che per smaltire i grassi accumulati durante le feste è probabile che, in media per una persona di peso regolare, serva un allenamento di 4/5 ore a settimana per 4/5 settimane. Per capire qual è l’intensità giusta del cammino senza misurare o fare calcoli difficili da seguire è possibile eseguire da soli il talk test.

DIETA E PASSEGGIATE: UN BINOMIO VINCENTE PER RITROVARE LA FORMA

Le camminate possono aiutare a smaltire le calorie in eccesso solo se dopo le feste si adotta un' alimentazione equilibrata e si rispetta il proprio bilancio energetico.

Ricordati di includere quotidianamente frutta e verdura, cereali integrali, latte e latticini. Includi fonti di proteine magre come pesce, carne bianca, legumi, derivati del latte come la ricotta e formaggi, tra cui il Grana Padano DOP.

OLTRE LA CAMMINATA, ADOTTA UNA VITA DINAMICA

Per rimettersi in forma dopo le feste, oltre a camminare è importante mantenere uno stile di vita attivo; La sedentarietà è nemica della salute. Puoi avere uno stile di vita più dinamico modificando alcune abitudini, ad esempio:

* Non usare l’ascensore;
* Durante il lavoro, ogni 20 minuti, alzati dalla sedia e cammina un po';
* Prendi i percorsi a piedi più lunghi, anche se di poche decine di metri;
* Parcheggia la macchina il più lontano possibile da casa oppure quando prendi l'autobus, scendi alcune fermate prima di arrivare;
* Cerca di fare più frequentemente piccoli lavori casalinghi come lavare i piatti, mettere a posto l’armadio o lucidare le scarpe restando in piedi.

IL RUOLO DEI POMODORI NELLA PREVENZIONE E NEL CONTROLLO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA NELL'AMBITO DI UNA DIETA DI TIPO MEDIT...
10/12/2023

IL RUOLO DEI POMODORI NELLA PREVENZIONE E NEL CONTROLLO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA NELL'AMBITO DI UNA DIETA DI TIPO MEDITERRANEO

I pomodori sono ortaggi particolarmente presenti nella dieta mediterranea, sia come tali che come ingredienti per la preparazione di molte ricette della tradizione; si caratterizzano per l’elevato contenuto in minerali, vitamine liposolubili e soprattutto licopene, un carotenoide con proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.

Nuove evidenze relative ai benefici dei pomodori emergono proprio da uno studio sulla dieta mediterranea, il PREDIMED, un trial controllato e randomizzato incentrato sull’effetto di un intervento dietetico, basato su questo modello alimentare, in soggetti di età compresa tra 55 e 80 anni con rischio cardiovascolare elevato. Innanzitutto, la ripartizione della popolazione allo studio in base all’assunzione giornaliera di questi vegetali ha permesso di rilevare tra i consumatori regolari una maggiore adesione alla dieta mediterranea e una più spiccata presenza di frutta e verdura nell’alimentazione quotidiana. L’analisi dei risultati raccolti nei tre anni di osservazione mostra poi una correlazione lineare inversa, e quindi favorevole, tra i livelli di consumo di pomodori e i valori della pressione sistolica e diastolica nelle persone con ipertensione di primo grado (ovvero con valori pressori compresi tra 140/90 e 160/100) ma non nei soggetti con ipertensione di grado superiore.

Infine, valutando separatamente i dati relativi alle sole persone prive di diagnosi di ipertensione all’inizio dello studio, gli autori hanno rilevato una riduzione del 36% del rischio di sviluppare ipertensione tra coloro che consumavano in media 110 g di pomodori al giorno, equivalenti più meno a un grosso frutto.

Nonostante il carattere osservazionale dello studio (che non consente di definire rapporti di tipo causale tra alimentazione e salute), queste osservazioni nel complesso suggeriscono che il consumo di pomodori nell’ambito di una dieta mediterranea possa avere un ruolo favorevole nella prevenzione e nella gestione dell’ipertensione. Probabilmente, secondo gli autori, questi effetti protettivi possono essere spiegati dall’azione antiossidante, antitumorale e antinfiammatoria attribuiti ad alcuni composti presenti in questi alimenti, come il licopene, altri flavonoidi e l’acido ascorbico, oltre che al contenuto di potassio (che ha un effetto riconosciuto nel mantenimento dei valori pressori).

ZENZERO: SEGNALI DI AZIONE ANTINFIAMMATORIA IN CASO DI PATOLOGIE AUTOIMMUNIGli integratori a base di zenzero potrebbero ...
11/11/2023

ZENZERO: SEGNALI DI AZIONE ANTINFIAMMATORIA IN CASO DI PATOLOGIE AUTOIMMUNI

Gli integratori a base di zenzero potrebbero svolgere un ruolo benefico nel controllo dell’infiammazione in chi è colpito da malattie autoimmuni. A segnalarlo, una ricerca pubblicata su Jci Insight che ha indagato come l'integrazione di zenzero possa influenzare la famiglia dei granulociti neutrofili.

In particolare, sotto la lente sono finiti i cosiddetti Neutrophil extracellular traps (Net), filamenti di materiale nucleare derivato dai neutrofili ed estruso nell’ambiente extracellulare in risposta ad appropriati stimoli che favoriscono i processi infiammatori e la coagulazione, fornendo un contributo nel corso di molte malattie autoimmuni, tra cui il lupus e l’artrite reumatoide.

Lo studio ha scoperto che il consumo di zenzero da parte di individui sani rende i loro neutrofili più resistenti alla formazione di Net. Si è visto, infatti, che l’assunzione giornaliera di un integratore di zenzero per sette giorni (20 mg/die di gingeroli, i costituenti attivi dello zenzero) da parte di volontari sani ha aumentato le quantità di cAmp all’interno dei neutrofili che, a sua volta, ha portato a inibizione della formazione di Net in risposta a vari stimoli rilevanti per fenomeni autoimmunitari.

Già in precedenza, lo stesso gruppo di ricerca aveva ottenuto risultati simili su modelli animali di lupus e Sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi.

“Ci sono molte malattie in cui i neutrofili sono anormalmente iperattivi”, ha sottolinea Kristen Demoruelle, professore associato di medicina presso la School of Medicine dell'Università del Colorado e tra gli Autori dello studio. “La nostra ricerca, per la prima volta, fornisce prove del meccanismo biologico alla base delle apparenti proprietà antinfiammatorie dello zenzero nell’uomo. Abbiamo scoperto, infatti, che lo zenzero può aiutare a frenare la formazione di Net, un’azione utile a trattare l’infiammazione e i sintomi in caso di malattie autoimmuni. Non ci sono molti integratori o farmaci da prescrizione noti per combattere i neutrofili iperattivi. Riteniamo quindi che lo zenzero possa avere una reale capacità di integrare i programmi di trattamento già in corso".

Come passo successivo, i ricercatori sperano di utilizzare questi risultati per sbloccare finanziamenti volti alla messa a punto di studi clinici in pazienti con malattie autoimmuni.

GLI ALIMENTI ULTRAPROCESSATI CREANO DIPENDENZA COME IL FUMOGli alimenti ultra-processati possono creare dipendenza come ...
04/11/2023

GLI ALIMENTI ULTRAPROCESSATI CREANO DIPENDENZA COME IL FUMO

Gli alimenti ultra-processati possono creare dipendenza come il fumo o l’alcol. Questo quanto suggerito da una ricerca da poco pubblicata sul British medical journal.

Gli Autori, nelle loro conclusioni, sottolineano come gli esseri umani consumino compulsivamente cibi ricchi di carboidrati raffinati e grassi, che trovano altamente gratificanti e attraenti al pari di sostanze che creano dipendenza come, per esempio, la nicotina.

La ricerca ha preso in esame due revisioni sistematiche che includevano 281 studi provenienti da 36 paesi. Da questi dati, secondo gli standard della Yale food addiction scale, si stima che la dipendenza da alimenti ultra-processati si verifichi nel 14% degli adulti e nel 12% dei bambini. Per fare un confronto, gli autori sottolineano che i livelli di dipendenza da altre sostanze legali negli adulti sono del 14% per l'alcol e del 18% per il tabacco. Il livello del 12% per i bambini è, invece, “senza precedenti”.

La Yale Food Addiction Scale valuta 11 criteri sintomatici per il disturbo da uso di sostanze, tra cui la capacità di controllo sull’assunzione, il desiderio, l’astinenza e l’uso continuato nonostante gli esiti negativi.

La prevalenza della dipendenza da cibo raggiunge il 32% nelle persone con obesità che si sottopongono a chirurgia bariatrica e oltre il 50% in quelle con disturbo da alimentazione incontrollata.

Pur sottolineando che non tutti gli alimenti possono creare dipendenza, gli autori dello studio hanno identificato i più a rischio, a partire da quelli con alti livelli di carboidrati raffinati o grassi aggiunti, come dolci e snack salati, sui quali convergono i maggiori indizi legati a comportamenti di dipendenza, come assunzione eccessiva, perdita di controllo sul consumo, voglie intense e uso continuato nonostante le conseguenze negative.

“Carboidrati raffinati e grassi determinano livelli di dopamina extracellulare nello striato cerebrale simili a quelli osservati con sostanze che creano dipendenza come la nicotina e l’alcol”, hanno riferito i ricercatori.

Gli autori dello studio sottolineano come gli alimenti ultra-processati rappresentino la principale fonte di carboidrati raffinati e grassi aggiunti nella moderna offerta alimentare. La combinazione che ne sortisce sembra avere un effetto sui sistemi di ricompensa del cervello. Anche la velocità con cui gli alimenti ultra-processati forniscono carboidrati e grassi all’intestino può essere alla base del potenziale rischio di dipendenza, come accade per altre sostanze che arrivano più rapidamente al cervello. Ecco perché una sigaretta, che trasporta rapidamente nicotina al cervello, crea più dipendenza di un cerotto alla nicotina a rilascio lento.

Secondo lo studio, anche gli additivi possono contribuire alla dipendenza da alimenti ultra trasformati, molti dei quali contengono additivi aromatizzanti che aumentano il gusto dolce e salato.

“Esistono ormai dati consistenti sulla rilevanza clinica della dipendenza da cibo” commentano, in conclusione, gli Autori. “Rimane da chiarire in maniera definita quali siano i tipi di alimenti che creano dipendenza. Classificarli secondo questo criterio, potrebbe cambiare l’atteggiamento sul fronte normativo e delle etichettature”.

Indirizzo

Genova, Via Avio
Genova
16149

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 20:00
Mercoledì 09:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 20:00
Venerdì 09:00 - 20:00

Telefono

16100

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