14/09/2024
14 settembre 2024
Omelia XXIV dom. Anno B
Il testo evangelico di Marco (8,29: “Tu sei il Cristo”), non meno che quello di Luca (9,20, che specifica: “Il Cristo di Dio”), riprende in maniera succinta l’episodio più dettagliatamente riportato da Matteo (16,13-19). Nel primo degli Evangeli si legge infatti che, alla domanda di Gesù: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?», i discepoli risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Gesù allora replicò: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,13-19).
Stupisce pensare a un analfabeta pescatore di Galilea che si è visto erigere si può ben dire il più grande e noto tempio della Terra, destinato ad abbraccia l’umanità intera, come simbolicamente ci richiama il colonnato vaticano e la sepoltura in quel luogo del Principe degli Apostoli!
La consegna a Pietro da parte di Gesù si è rivelata pietra miliare nel corso della storia umana, che in non pochi Paesi della Terra da questo evento scandisce il succedersi degli anni. Infatti, da quando simile consegna venne compiuta dal Salvatore nel luglio del 29 della nostra era, quindi duemila anni fa!, il ruolo di Pietro e della Comunità che a lui fa capo, la Chiesa appunto (“ecclesìa” indica comunità, assemblea) ha conosciuto e continua a conoscere un’incessante e ubiquitaria dilatazione, che è riscontrabile in quella che significativamente viene detta Chiesa cattolica ossia universale. E la controprova della perenne attualità dell’iniziativa del Salvatore, che ha legato a un’istituzione il suo disegno, è costituita da quei testimoni d’eccezione, i santi, che della Chiesa sono per così dire la punta di diamante e che hanno testimoniato e testimoniano il Vangelo in ogni parte del mondo, fino all’effusione del sangue. E Gesù sa suscitare in tempi e luoghi del Pianeta i rappresentanti qualificati del suo disegno di salvezza universale! Pensiamo alle più recenti Canonizzazioni!
Non vi è infatti istituzione umana a fronte della Chiesa (in tutte le sue ramificazioni) che possa reggere al confronto, per cui dobbiamo chiederci le ragioni di un evento che non ha equivalenti di sorta. Gesù, da parte sua, ha manifestato vere doti “politiche”, ossia doti che assicurano il buon governo della città, nel nostro caso diremo con sant’Agostino, della Città di Dio. Era indispensabile ancorare la comunità da lui fondata a una istituzione e al succedersi dei suoi membri nello scorrere del tempo: di qui il collegio apostolico e la consegna testamentaria: «Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli… e insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato… Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20).
A garanzia di questa continuità la “ecclesìa” (fedeli e pastori) si avvale di tre grandi mezzi: la Parola, il Battesimo e l’Eucaristia. Sono aspetti che contraddistinguono l’abituale esperienza di fede che si ripropone soprattutto attraverso l’appuntamento domenicale della Messa.
Sappiamo che è raccomandata l’iniziale aspersione dell’acqua benedetta, per poi accogliere la Parola che ci dà ragione del rito che stiamo compiendo e della sua attualizza nello scorrere del tempo. Rito che ripropone con incessante attualità la suprema consegna di Gesù, l’Eucaristia: “Prendete, mangiate: questo è il mio Corpo!”.
Gesù ci incorpora a sé, membra del Corpo di cui egli è il Capo! “Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me”, ci ricorda san Paolo, come a dire che siamo “incorporati” in lui, “consanguinei di Gesù”, diventati “figli nel Figlio” come ci ricorda il Concilio (Vaticano II, Gaudium et spes, I,/1390). Dobbiamo coniugare in noi l’affermazione di Paolo: “Non sono più io che vivo, amo, penso, opera, godo, soffro…, ma è Gesù… in me!
Padre Antonio