27/08/2025
FUORI DAL CERCHIO
Alcuni figli si sono sentiti tagliati fuori dalla coppia genitoriale: spesso i genitori erano presi dalle loro problematiche di coppia, conflittuali, triangolanti, ambivalenti, in una parola troppo intense per lasciar posto a qualsiasi altra persona.
Il corpo del bambino ha registrato un codice: “l’amore è un cerchio chiuso in cui non posso entrare”.
Bollata spesso come semplice gelosia, è molto di più: rappresenta la perdita di un posto.
È un campo affettivo in cui il “due” è impenetrabile e il “terzo” diventa spettatore, servitore, capro espiatorio o giullare per guadagnarsi qualche briciola di attenzione.
In questa configurazione il sistema nervoso impara a stare in vigile attesa: ascolta le porte, interpreta silenzi, controlla micro-segnali.
Il bambino si iper-adatta per non disturbare, o si rende “speciale” per essere visto.
Oppure si ritrae e diventa invisibile. La parentificazione è dietro l’angolo: si prende cura dell’umore di uno o di entrambi i genitori per sentirsi utile e quindi legittimato a esistere.
Raccoglie le confessioni ora dell’uno ora dell’altro, sente parlar male di uno poi dell’altro, ascolta i racconti di tradimenti, scappatelle… ma per lui non c’è mai spazio.
Si costruisce internamente una vergogna primaria: “se non mi includono, c’è qualcosa di sbagliato in me”.
Questa matrice crea profonde fratture identitarie.
L’autostima non poggia su una base sicura, ma si fonda sull’oscillazione continua tra prestazione e ritiro: o eccello per essere ammesso, o scompaio prima di essere rifiutato.
Il corpo memorizza costrizione e trattenimento: respiro corto, mascella serrata, addome contratto.
L’emozione dominante è un misto di invidia dolente e rabbia congelata: “vorrei entrare, ma so che non posso”.
In età adulta questo copione si trasforma in uno stile relazionale caratteristico e rigido.
Si cercano partner non disponibili, già impegnati o emotivamente chiusi, perché il sistema conosce quel clima e lo scambia per amore.
Oppure si rimane ai margini dei legami: amici intimi ma solo finché non diventano coppia; amori intensi finché non chiedono continuità.
Quando la relazione si avvicina troppo, scatta l’auto-esclusione: si litiga, si svaluta, si sparisce. Quando l’altro si sposta altrove, scatta l’iper-coinvolgimento: inseguo proprio ciò che mi respinge.
La triangolazione diventa la fantasia di base: essere il “terzo” è doloroso ma familiare.
Per difendersi, la psiche costruisce identità di controllo (decido io quando entro e quando esco), oppure identità salvifiche (mi merito posto se curo, aggiusto, salvo).
Anche il denaro e il lavoro possono rispecchiare la sceneggiatura: molto impegno per “guadagnarsi il tavolo”, difficoltà a ricevere senza fare, paura di occupare spazio.
A livello di attaccamento si osservano pattern ambivalenti/evitanti o disorganizzati: fame di contatto e contemporanea fuga, test continui dell’altro (“mi scegli anche se ti rendo difficile farlo?”), iper-vigilanza sugli indizi di esclusione.
Lealtà invisibili trattengono il presente: se guarisco il mio diritto a stare nel “due”, tradisco la mappa affettiva d’origine. La psiche allora replica il noto, anche quando fa male.
L’uscita dal copione passa dal restituire al corpo un posto e un ritmo.
Impara a dare nome alla ferita: “io sono stata/o il terzo” e osservala fino in fondo.
Riconosci che il codice “amore = due chiuso senza di me” non è la verità, ma è una memoria.
Lascia che la rabbia e l’invidia diventino la bussola, senza sentirti in colpa: ti ricordano il punto esatto in cui è mancato il nutrimento.
Allena la presenza nei momenti in cui ti verrebbe voglia di auto-escluderti: resta un minuto in più nel contatto, tollera l’imbarazzo, respira l’antico allarme senza obbedirgli.
Prova a scegliere legami in cui ci sia posto, anche quando il sistema non li riconosce subito come “casa”.
Quando il bambino escluso viene finalmente incluso dall’adulto che sei, il “due” smette di essere un portone chiuso e diventa una stanza con spazio anche per te.
E il corpo impara, lentamente, a non mettersi più fuori dalla porta.
E tu?
Ti sei mai sentito fuori dal cerchio dell’amore?
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Claudia Crispolti
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