Psichevolmente - dott.ssa Loredana Salerno

Psichevolmente - dott.ssa Loredana Salerno Studio di psicologia,consulenza, valutazione psicodiagnostica, terapia EMDR

11/03/2023

𝗙𝗢𝗡𝗗𝗔𝗭𝗜𝗢𝗡𝗘 𝗙𝗜𝗢𝗖𝗖𝗛𝗘𝗧𝗧𝗢 𝗟𝗜𝗟𝗟𝗔

Il 15 marzo, giornata nazionale del Fiocchetto Lilla, dedicata alle malattie del comportamento alimentare verrà presentata, in diverse città d’Italia, la neo-nata Fondazione Fiocchetto Lilla.

Fondazione Fiocchetto Lilla ha sede principale a Grosseto, nasce dalle esperienze e dall’impegno di chi (persone che hanno affrontato la malattia, madri, padri, fratelli, sorelle, amici, compagni) negli anni ha lottato in prima persona e si è impegnato per far conoscere e riconoscere le malattie del comportamento alimentare. Esperienze che si sono concretizzate nelle associazioni:
“Così Come Sei”, fondata da Francesca Lazzari, che ha perso uno dei suoi quattro figli,
“Mi Nutro di Vita”, presieduta da Stefano Tavilla, che ha visto morire la figlia, Micaela Bozzolasco e Sebastiano Ruzza che hanno vissuto la malattia sulla propria pelle,
“Perle Onlus”, fondata da Mariella Falsini, che la malattia la conosce da vicino, Simona Corridori ideatrice codice lilla e Maria Carla Martinuzzi,
A seguito di numerose riflessioni queste tre associazioni pervengono oggi al traguardo della creazione, come soci fondatori, di una nuova realtà di respiro nazionale.

Prevenzione, ascolto, etica, credibilità, comunicazione, ricerca, formazione, tempestività, continuità assistenziale - in un’unica parola: CONCRETEZZA è quanto la Fondazione Fiocchetto Lilla intende mettere a disposizione delle persone affette da malattie del comportamento alimentare e delle loro famiglie.
Dopo anni spesi nei rispettivi ambiti territoriali per aiutare persone, dialogare con le istituzioni, locali e nazionali, fare prevenzione e informazione, sensibilizzare la cittadinanza, approfondire studi e stimolare competenze professionali, è giunto il momento che il lungo e spesso sofferto percorso svolto fino ad oggi intraprenda nuove strade, con mezzi adeguati alle nuove e crescenti sfide.

Anoressia, bulimia, binge eating, vigoressia, ortoressia. Le malattie del comportamento alimentare (note come DCA o, più recentemente, DNA - disturbi della nutrizione e dell’alimentazione) sono diventate nel tempo una vera e propria emergenza nazionale e sociale. Dopo la pandemia hanno raggiunto numeri che non possono più essere ignorati: un aumento che sfiora il 40%, una crescita dei ricoveri che tocca il 50%. Vittime soprattutto gli adolescenti ma anche gli adulti, spesso dimenticati e considerati troppo compromessi per ricevere cure adeguate. Una piaga sociale che colpisce in modo trasversale indipendentemente dal reddito, dal genere e dal livello culturale. Sono malattie psichiatriche complesse che coinvolgono la mente e il corpo. Pericolose perché subdole e mortali. Nella fascia adolescenziale rappresentano la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali. Ne soffrono 4 milioni di persone, sempre più bambini (tra i 9 e i 12 anni) sempre più maschi.

Non sono molte le malattie psichiatriche che vantano un primato di numeri così alto, nonostante questo le problematiche connesse ai DCA/DNA non sono ancora oggi percepite nella loro reale incidenza e portata distruttiva: gli approcci di cura sono per lo più profondamente inadeguati e, soprattutto, disomogenei nelle varie zone del territorio nazionale. Le malattie del comportamento alimentare costituiscono un’emergenza silenziosa nel nostro Paese, spesso coperta da vergogna, non riconoscimento, trascuratezza e sottovalutazione, non solo sociale e culturale, ma anche medica e sanitaria.

“La malattia mentale rappresenta l’emergenza sociale del XXI secolo”. Per questo le malattie del comportamento alimentare non possono più essere ignorate, per questo devono essere riconosciute e viste, per questo i percorsi di cura devono essere adeguati e sufficienti su tutto il territorio nazionale, per questo deve iniziare la ricerca, la formazione, la prevenzione. Questa patologia non deve continuare ad essere un fallimento per la società intera.

Fondazione Fiocchetto Lilla da oggi si propone di operare concretamente, a partire dai seguenti obiettivi:

-certificare un progetto di prevenzione per le scuole primarie di tutto il territorio nazionale, coinvolgendo famiglie e insegnanti, con criteri di riproducibilità e obiettivi comprensibili, misurabili, osservabili (follow up a distanza sui ragazzi);
- offrire appoggio alle famiglie e ai malati con gruppi di ascolto e mutuo aiuto;
-dare un sostegno concreto e un aiuto a chi soffre di malattie del comportamento alimentare attraverso la ricerca, al fine di individuare i percorsi di cura più adeguati ed efficaci;
- coltivare un confronto attivo con le istituzioni pubbliche e gli enti privati al fine di velocizzare la creazione di una rete di servizi territoriali su tutto il territorio nazionale. Evitando così dolorose migrazioni e purtroppo morti premature;
-tutelare il diritto del malato e delle famiglie con una struttura adeguata anche attraverso un supporto legale;
-creare un organo di controllo che, attraverso i media e i social, segnali chi strumentalizza a scopo personale o di lucro queste malattie e chi ne soffre;
- collaborare con le Università allo scopo di incrementare lo studio di queste patologie;
- entrare in contatto con le case farmaceutiche per stimolare la ricerca di farmaci sempre più adatti e specifici;

Fondazione Fiocchetto Lilla agire nella concretezza.

La Fondazione verrà presentata:
Grosseto - Sala Pegaso, Palazzo della Provincia, p.zza Dante - dalle 10 alle 13.
Genova - Casa Luzzati, Palazzo Ducale Cortile Maggiore Piazza Matteotti 9 – dalle ore 17.30
Milano - Casa della Psicologia, piazza Castello 2 – dalle ore 18.30
Torino - Collegio San Giuseppe, Via San Francesco da Paola 23 - dalle ore 17

Per info contattare la segreteria organizzativa: fondazionefiocchettolilla@gmail.com

18/10/2022


Ottobre è il mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno e in corrispondenza di questo appuntamento, vi proponiamo un articolo sul tema del supporto psicologico di cui hanno bisogno le donne che devono affrontare la malattia oncologica e di come sia fondamentale rendere effettivamente concreta la presenza dello psicologo, prevista dal Piano oncologico nazionale.
Durante questo difficile percorso circa il 20% delle persone inizia a soffrire di disturbi dell'umore come la depressione o di disturbi di ansia, mentre l'80% delle donne soffre di stress negativo e questo ovviamente influisce in tutte le sfere della vita. C’è inoltre la preoccupazione che il cancro ritorni e di dover quindi ricominciare le cure.
In questo approfondimento viene inoltre spiegata l’importanza di psicoterapia, counseling e terapia di gruppo ai fini della buona efficacia delle terapie.

Per leggere l’articolo completo ▶️ https://donna.fanpage.it/cancro-al-seno-limportanza-del-supporto-psicologico-per-le-donne-che-affrontano-questa-malattia/

25/08/2022

Articolo scritto dalla Dr.ssa Loredana Salerno Cosa significa essere donna? Una domanda che prepotentemente evoca stereotipi, culturali, sociologici, biologici, appartenenti ad ogni epoca. Ogni risposta nella storia dell’umanità ha veicolato un messaggio incline a velare una figura di donna forte...

22/03/2022

affidea_italia • Original Audio

27/01/2022

La definizione di "Benessere psicologico" dell'Organizzazione mondiale della Sanità ci aiuta a interrogarci sul nostro stato di effettivo benessere.

➡ Ci sono momenti in cui non riusciamo a usare le nostre risorse per rispondere alle esigenze della vita quotidiana, probabilmente sentiamo di non averne ed è facile, in queste circostanze, sentirsi affaticati, arrabbiati, depressi.

➡ Rivolgendoci a un/a Psicologo/a troviamo l'aiuto necessario per riattivare le nostre capacità e ritrovare il perduto, o mai raggiunto, equilibrio.

🟢 Con la campagna di comunicazione Stare bene, fare meglio di ENPAP, saranno le Psicologhe e gli Psicologi stessi a raccontarci in che modo possono aiutare a superare le difficoltà e promuovere il Benessere psicologico.

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La psicologia individuale di Alfred Adler

I miei primi approcci alla Psicologia come disciplina avvengono, giovanissima, attraverso la lettura degli scritti freudiani. Lo stile come i contenuti mi avevano affascinato e mi appassionavano riuscendo a soddisfare anche la voglia di “rompere” con un ambiente borghese che mi voleva impegnata in niente altro che non fosse di stretta pertinenza femminile. E se questo poteva sembrare a qualcuna un orizzonte restrittivo non era certo un problema rilevante nell’ambiente sociale in cui vivevo. Per anni, quelli della mia adolescenza, ho letto e riflettuto e a volte anche fatto vanto, davanti ad un ristretto pubblico amico, della mia presunta conoscenza delle teorie freudiane e del mio entusiasmo per esse. Eppure, nonostante le letture di testi originali o manuali teorici sul lavoro di Freud e sugli sviluppi e controversie della Società di psicoanalisi, non avevo mai realmente approfondito i vari punti vista. O almeno non abbastanza da sviluppare un pensiero critico, certo complice la mia formazione acerba e la mia giovane età. Poi durante la specializzazione in psicoterapia, con un’età e una formazione specifica alle spalle molto diversa, inizio la lettura e analisi del pensiero di Alfred Adler. E scopro un approccio assolutamente diverso dallo stile teorico freudiano, pur fatto salvo il rigore metodico che li aveva accomunati inizialmente nella difesa di una scienza ancora molto discussa. Due personalità molto diverse, quasi opposte direi: una carismatica, dominatrice, egocentrica con il narcisismo tipico di alcune personalità geniali ma anche inclini al dispotismo. L’altra, maturata nella sofferenza anche fisica, aperta al sociale e allo studio delle inferiorità, promotrice della natura relazionale dell’uomo. Entrambi medici esercitano la professione appassionandosi gradualmente e irrevocabilmente all’influenza, cause e sintomi, dei disturbi mentali. Ma mentre Freud inizia a teorizzare un simbolismo psichico come chiave di interpretazione per raggiungere la diagnosi clinica, utilizzando metafore del lavoro del terapeuta come di un archeologo dell’inconscio, Adler rigetta ogni complessità teorica che reputa superflua e opta per un pensiero lineare e finalistico. Si perché per quanto ci si possa dilungare nella descrizione delle differenze di pensiero tra i due, sicuramente una sintesi che le racchiude tutte sta proprio nell’identificare il carattere causale della psicoanalisi freudiana e quello finalistico del pensiero adleriano. Ciò significa che mentre Freud continua a cercare o per usare lo stesso termine freudiano, a “scavare” nel passato alla ricerca di traumi o abusi per spiegare il presente, Adler analizza i ricordi e finanche il presente con lo sguardo fisso sul futuro. Un incredibile esempio di integrazione del vissuto di ciascuno dando il peso adeguato alle varie fasi di vita senza lasciarsi intrappolare nel passato e senza rinunciare all’energia rigenerante della progettualità. Al centro dell’interesse di Adler c’è l’uomo nella sua interezza e non la sua malattia, il suo futuro e non il suo passato. Il modello terapeutico bio-psico-sociale che propone è estremamente attuale e alla sua nascita non fu condiviso anche a causa dei pregiudizi del contesto d’epoca. La relazione di cura con l’allusione alla condivisione empatica, il non riconoscimento di distanze che creano gerarchie e diversità, era considerata poco professionale e pericolosa in ambito medico, complice anche quello spirito socialista neanche troppo mascherato. Al contrario la psicoanalisi di Freud riproduce un’impostazione asettica della relazione con il paziente che si riflette nel setting terapeutico. La netta differenziazione dei ruoli pone una distanza ben rappresentata anche dalla nota posizione sdraiata sul lettino d’analisi, a causa della quale il paziente ha il terapeuta seduto alle sue spalle in atto di annotare e pressocchè in silenzio durante tutta la seduta. Adler invece preferisce fin dall’inizio della sua professione, una manifesta apertura empatica e di condivisione esplicitata in un setting in cui è incluso anche il contatto visivo: si rende presente nella relazione in totale assenza di giudizio e attraverso la mentalizzazione della criticità del paziente. Per questo a volte un terapeuta Adleriano potrebbe sembrare f***e nell’assumere gli stessi approcci comunicativi del paziente in cura. Tuttavia egli, utilizzando le stesse modalità anche paradossali, può avere un rapido e diretto accesso alla sfera degli eventi inconsci e irrazionali, altrimenti irraggiungibili o suscettibili di fraintendimento. Attraverso l’immedesimazione con la sua idiosincratica modalità di interpretare la realtà, il terapeuta «cammina con le scarpe del paziente». Certo più che mai la terapia è in questo senso dangerous method. Ma Adler è il primo geniale eretico della psicoanalisi, il teorico della psicologia individuale. Studia, da fine osservatore, le azioni dell’uomo per capirne la personalità, ricondurla allo stile di vita prescelto e quindi all’obiettivo che ciascuno di noi si prefigge, consapevolmente o no. Forse la scelta di condividere la teoria adleriana nasce proprio da questa consapevolezza: la comprensione del disagio psichico è reso possibile attraverso la lettura finalistica del vissuto, ma soprattutto dall’analisi delle scelte e azioni messe in atto perché esse indicano il vero obiettivo che ci siamo prefissati e consentono di muoverci più rapidamente e funzionalmente alla nostra meta. Una psicoanalisi che spiazza per la sua complessa semplicità, una terapia che è davvero tagliata come “un abito su misura per il paziente”. Incredibilmente vera e in assenza di dogmi. Per questo tacciata di banalità, semplicistica, insomma sottostimata da chi crede ancora che per spiegare la complessità dell’uomo si debba ricorrere a sofisticati algoritmi. Con buona pace di chi affermava che “tutto dovrebbe essere reso non semplicistico, ma il più semplice possibile “(A.Einstein )