21/05/2025
Ieri sera ero a cena fuori.
Nel tavolo accanto, una giovane coppia con amici e un bambino di circa un anno.
Dopo aver mangiato, il piccolo ha iniziato ad agitarsi.
Non piangeva: cercava semplicemente qualcosa. Stimoli, attenzioni, forse solo uno sguardo in più.
Il padre ha preso il telefono, ha aperto un cartone animato e glielo ha messo davanti.
Poi ha ripreso a chiacchierare.
Il bambino è rimasto fermo, immobile, catturato dalla luce di quello schermo per più di un'ora.
Poi sono andati via.
È una scena che vediamo spesso.
Così spesso da non vederla più.
Non sto parlando di genitori distratti o disinteressati. Sto parlando di una normalità che rischia di diventare pericolosa.
Perché non è solo un cartone animato.
È un'abitudine che si insinua piano.
Un modo comodo per calmare, zittire, occupare il tempo.
Ma che cosa succede nella testa di un bambino di un anno che guarda uno schermo per un'ora, forse più, senza interruzioni?
Che cosa gli stiamo insegnando?
Uno su due, in Italia, ha già usato un dispositivo digitale prima dei due anni.
Uno su cinque, addirittura prima di compierne uno. Non parlano ancora, ma sanno scorrere lo schermo con il dito.
E il dito, a quell'età, dovrebbe toccare il mondo.
Non un vetro.
Lo schermo non è solo intrattenimento.
È una finestra che può diventare una gabbia.
Più lo usano, meno tollerano la noia, la frustrazione, l'attesa.
Meno cercano negli occhi degli altri quello che serve per crescere: il contatto, il conflitto, la relazione.
E allora non chiediamoci solo quanto tempo passano davanti a uno schermo.
Chiediamoci cosa perdono, ogni volta che lo fanno.
Morena Monaldi
💙❣️