24/05/2024
‘L’interruzione volontaria di gravidanza è un momento psicologicamente difficile per le donne’.
Ergo: è necessario potenziare i consultori e investire sulla prevenzione.
Ma siamo proprio sicuri che gli psicologi vadano bene a qualsiasi condizione, basta che occupino più posti?
Che ci vogliano più psicologi e psicologhe nei contesti sanitari, sociali ed educativi mi pare un concetto basato, che sta acquisendo gradualmente più forza proprio perché sempre più riconosciuto come diritto da parte dei cittadini, che negli ultimi anni sono stati i primi a sollecitare l’opinione pubblica e i decisori politici a muoversi in questa direzione.
Come categoria professionale, però, non dobbiamo usare questo rinnovato consenso e questa maggiore consapevolezza civile come uno strumento, un cacciavite con il quale ambire a rivendicare posti da occupare, a qualsiasi costo, anche quando sono innanzitutto i presupposti della possibilità di esercitare un diritto a essere carenti.
Più psicologi e psicologhe nella scuola, nei consultori, nei presidi sanitari non servono a niente se innanzitutto mancano le condizioni pratiche, sanitarie, sociali per esercitarlo un diritto.
Vogliamo davvero avere più posti in un sistema che rende quasi impossibile trovare un medico non obiettore in un raggio chilometrico ragionevole, vogliamo davvero che nella stanza affianco a quella dove facciamo i colloqui una donna sia costretta ad ascoltare il battito del feto, magari la stessa donna che per ve**re al consultorio si è imbattuta in una campagna pubblicitaria che le dice che la prima causa di femminicidio è l’aborto?
Cosi diventiamo anche noi complici di Gilead, di tutti quei sistemi di potere che non riconoscono i diritti come un valore e una crescita collettiva, ma li utilizza come privilegi o peggio come strumenti di ‘ortopedizzazione’ e oppressione.
Quello che come psicologi e psicologhe dovremmo dire oggi a seguito della norma che finirà per sdoganare a livello nazionale l’ingresso delle associazioni pro-vita nei consultori (e se ci distraiamo un altro po’ pure nei centri antiviolenza) è che tutto ciò che ostacola, legislativamente o moralmente, l’autodeterminazione e l’esercizio di un diritto è deleterio per la salute e la felicità delle persone e della collettività.
L’aumento del numero di psicologi e psicologhe in questo e in tutti gli altri contesti non può prescindere da questo, perché la possibilità di poter esercitare il proprio diritto alla salute, all’autodeterminazione è quello che dà autentico senso al nostro lavoro, tanto per le singole persone che aiutiamo, quanto per il valore intrinseco che questo genera per tutta la collettività su cui il nostro agire va ad interve**re.
La vita per la vita stessa.
Solo allora saremo tutti, certamente, .