Dr. ssa Trani Amelia

Dr. ssa Trani Amelia PSICOLOGA
Psicologa Clinica e della Salute
Psicologa dell'Invecchiamento
Spec.da Psicoterapeuta Sist

21/09/2025

Come riconoscere i primi segnali, a chi rivolgersi se si sospetta la malattia, dove trovare i servizi sanitari dedicati e come accedervi: la mappa online dell'Osservatorio demenze dell'Iss. 14 modi per ridurre il rischio di demenza. Nuovi farmaci in arrivo

21/09/2025

Oggi su Avvenire é stato pubblicato un estratto del nostro libro "Esci da quella stanza" (). Buona lettura

19/09/2025

💔 La tragica notizia del 14enne che si è tolto la vita a causa del bullismo ci richiama con forza all’urgenza di agire.

Oggi i ragazzi crescono sospesi tra reale e virtuale, esposti a rischi come 𝐜𝐲𝐛𝐞𝐫𝐛𝐮𝐥𝐥𝐢𝐬𝐦𝐨, 𝐢𝐬𝐨𝐥𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨, 𝐝𝐢𝐩𝐞𝐧𝐝𝐞𝐧𝐳𝐞 𝐝𝐢𝐠𝐢𝐭𝐚𝐥𝐢.
𝐄̀ 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐨 𝐝𝐨𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐬𝐜𝐨𝐥𝐭𝐚𝐫𝐥𝐢, 𝐩𝐫𝐨𝐭𝐞𝐠𝐠𝐞𝐫𝐥𝐢 𝐞 𝐜𝐨𝐬𝐭𝐫𝐮𝐢𝐫𝐞 𝐢𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 𝐬𝐭𝐫𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐜𝐫𝐞𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐩𝐫𝐞𝐯𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞.

👉 Ne parleremo il 7 novembre al Tribunale per i minorenni di Roma durante il convegno:
“𝑴𝒊𝒏𝒐𝒓𝒊 𝒔𝒐𝒔𝒑𝒆𝒔𝒊 𝒕𝒓𝒂 𝒓𝒆𝒂𝒍𝒆 𝒆 𝒗𝒊𝒓𝒕𝒖𝒂𝒍𝒆. 𝑩𝒆𝒏𝒆𝒔𝒔𝒆𝒓𝒆, 𝒅𝒆𝒗𝒊𝒂𝒏𝒛𝒂 𝒆 𝒓𝒆𝒔𝒑𝒐𝒏𝒔𝒂𝒃𝒊𝒍𝒊𝒕𝒂̀ 𝒈𝒊𝒖𝒓𝒊𝒅𝒊𝒄𝒂 𝒏𝒆𝒍𝒍’𝒆𝒓𝒂 𝒅𝒊𝒈𝒊𝒕𝒂𝒍𝒆”.

Un dialogo tra psicologi, magistrati e operatori per dare risposte nuove e per non lasciare nessuno indietro.

SAVE THE DATE👇
📍 𝟕 𝐧𝐨𝐯𝐞𝐦𝐛𝐫𝐞 𝟐𝟎𝟐𝟓 – 𝐓𝐫𝐢𝐛𝐮𝐧𝐚𝐥𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐢 𝐦𝐢𝐧𝐨𝐫𝐞𝐧𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐑𝐨𝐦𝐚

18/09/2025

“Lo sportello psicologico non può essere un privilegio, ma un presidio stabile e accessibile per ogni scuola: i ragazzi ci stanno chiedendo aiuto, dobbiamo rispondere con responsabilità e continuità.” Con queste parole la Presidente del CNOP, Maria Antonietta Gulino, richiama l’attenzione sull’urgenza di rafforzare il presidio psicologico nel sistema scolastico italiano.

Le richieste di supporto psicologico da parte degli studenti sono in crescita, ma il numero di professionisti nelle scuole è ancora insufficiente. Nel 2025 solo 350 psicologi potranno essere finanziati, a fronte di oltre 8.000 istituti.

Nel frattempo, anche gli studenti si fanno portavoce di questa esigenza, con campagne come “Chiedimi come sto”, ma le proposte di legge sul tema restano ferme in Parlamento.

“Investire nel benessere psicologico scolastico significa rafforzare l’intero sistema educativo - sottolinea la Presidente Gulino - È una scelta di responsabilità verso le nuove generazioni”.

Leggi l’articolo completo 👉🏻 https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/09/12/psicologo-scolastico-cresce-la-richiesta-ma-i-fondi-restano-pochi-finanziati-circa-300-professionisti-per-oltre-8mila-istituti/8114495/

04/09/2025

Ragazzi e schermi: non è una questione di ore, ma di dipendenza

In tutto il mondo si parla sempre più spesso del rapporto tra adolescenti, social network, videogiochi e salute mentale. Ma una ricerca appena pubblicata su JAMA chiarisce un punto fondamentale: il problema non è quante ore i ragazzi passano davanti agli schermi, ma come li usano.

Lo studio

I ricercatori hanno seguito oltre 4.200 preadolescenti americani, di circa 10 anni, per quattro anni. Hanno analizzato tre ambiti: social media, smartphone e videogiochi.
Ne è uscita una fotografia preoccupante:
• Quasi 1 su 2 mostrava un uso additivo dello smartphone.
• Più del 40% aveva un profilo di uso problematico dei videogiochi.
• Circa 1 su 3 sviluppava una traiettoria crescente di utilizzo compulsivo dei social media.

Perché è importante

Non stiamo parlando di ragazzi che “stanno troppo davanti al telefono”, ma di veri e propri comportamenti compulsivi, con difficoltà a staccare, disagio se manca la connessione e pensiero fisso sullo schermo.

Chi si trovava in questi gruppi “ad alto rischio” aveva fino a 2–3 volte più probabilità di sperimentare ideazione suicidaria o comportamenti autolesivi rispetto ai coetanei con uso più equilibrato. In più, emergevano più sintomi di ansia, depressione, irritabilità e impulsività.

Non tutte le piattaforme sono uguali
• Social e smartphone: molti ragazzi iniziavano con un uso moderato ma, col tempo, entravano in traiettorie crescenti, con rischio progressivo.
• Videogiochi: il quadro era più stabile. Alcuni mostravano un uso elevato fin dall’inizio, altri basso e costante. Una distinzione utile per individuare precocemente chi è più vulnerabile.

Non conta il cronometro, ma il modo

Il dato forse più sorprendente è che il tempo totale di schermo non e’ predittore di problemi. Non importa se passi due o quattro ore online: quello che conta è la qualità dell’uso. Se diventa compulsivo, se sostituisce il sonno, le relazioni, lo sport, allora cresce il rischio per la salute mentale.

Limiti e prospettive

Lo studio è osservazionale: non prova che gli schermi “causino” direttamente ansia o suicidio. È possibile che ragazzi già fragili cerchino rifugio nei dispositivi. Ma la forza del campione, la durata del follow-up e la coerenza dei dati rendono i risultati solidi.

Restano fattori non misurati — come bullismo, traumi infantili, stress, qualità del sonno — che potrebbero interagire con l’uso digitale. Nonostante questo, il messaggio è chiaro: il rischio non è il tempo in sé, ma l’uso patologico.

Cosa fare in concreto
• Genitori ed educatori: osservare come i ragazzi vivono la tecnologia. Se non riescono a staccare, se esplodono quando manca il telefono, se il rendimento scolastico cala, sono segnali da non sottovalutare.
• Medici e pediatri: includere domande sull’uso digitale nelle valutazioni di routine, al pari del sonno o dell’alimentazione.
• Scuole e istituzioni: avviare programmi di educazione al digitale che insegnino a distinguere l’uso sano da quello additivo.



Il messaggio chiave

La tecnologia non è un nemico da demonizzare. Può essere uno strumento di crescita, di apprendimento, di relazione. Ma quando diventa additiva e prende il controllo, può trasformarsi in un fattore di rischio serio per la salute mentale degli adolescenti.

La sfida è tutta qui: non spegnere gli schermi, ma imparare a viverli in modo sano e consapevole.



https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2835481?guestAccessKey=1e247dd1-cadf-430c-baad-bc5c5543ad29&utm_source=for_the_media&utm_medium=referral&utm_campaign=ftm_links&utm

12/08/2025
12/08/2025

🧠 Alzheimer giovanile: quando la demenza colpisce prima dei 65 anni

Quando pensiamo all’Alzheimer, immaginiamo persone molto anziane. Ma esiste una forma più rara e poco conosciuta che può colpire già a 40 o 50 anni: è l’Alzheimer giovanile, o a esordio precoce.

👀 I primi segnali?
Dimenticanze frequenti, difficoltà a concentrarsi, confusione, cambiamenti nell’umore o nella personalità. Spesso però questi sintomi vengono sottovalutati o attribuiti allo stress.

🎗 Questa forma di demenza ha un impatto fortissimo sulla vita familiare, sociale e lavorativa delle persone colpite. Per questo è fondamentale parlarne, conoscerla, non giudicare, ma ascoltare e supportare.

📢 Perché la diagnosi precoce, in ogni età, può davvero fare la differenza.

12/08/2025

🧠 5 cose da evitare quando parli con una persona con Alzheimer
Comunicare con una persona che vive con la demenza può essere difficile, ma anche pieno di umanità, se impariamo ad avvicinarci con rispetto e consapevolezza.
Ecco 5 errori comuni da evitare… e cosa fare al loro posto. 👇

🌪️ 1. Non dire “Te lo ricordi?”
Spesso la risposta è “no” e può generare frustrazione o disagio.
➡️ Meglio raccontare direttamente il ricordo, condividendo emozioni positive.

⛔ 2. Evita di correggere continuamente
Correggere o contraddire può far sentire la persona confusa o umiliata.
➡️ Accogli il suo punto di vista. Se non è pericoloso, lascia correre.

🔁 3. Non insistere su cosa è “vero” o “falso”
Vivere in una realtà diversa può essere rassicurante per chi ha l’Alzheimer.
➡️ Entra nel suo mondo, segui la sua narrazione con delicatezza.

💥 4. Non alzare la voce
L'Alzheimer non è sordità. Parlare più forte non aiuta, anzi, può spaventare.

➡️ Parla con voce calma, tono affettuoso e frasi semplici.

⏳ 5. Non avere fretta
Le risposte possono arrivare con lentezza. Pressare mette ansia.
➡️ Dai tempo, aspetta con pazienza. La relazione è più importante della risposta.

💛 Ricorda: la persona è molto più della sua malattia. Ogni parola può diventare un ponte per comunicare cuore a cuore.

06/08/2025

Una mia paziente, 15 anni, entra in seduta e mi dice:
“Il mio ragazzo mi ha fatto Banksying.”
Io resto un attimo in silenzio.
“Cosa?”
E lei mi spiega, con una lucidità che spaventa:

“Non mi ha lasciata. È sparito. Ha tolto la foto insieme, non risponde più. Ma ha lasciato una frase nelle storie. Una di quelle citazioni strane. E un cuoricino nero. E niente. Basta.”
Banksying.

Sì, perché ora non si fa più ghosting.
Ora si sparisce con stile.
Si lascia un segno, un messaggio in codice, qualcosa di ambiguo.
Ma non si parla.
Non si guarda in faccia.
Non si dice: “Sto finendo.”

Banksying è il nuovo modo “elegante” di evitare la fatica emotiva.
Un addio che sembra arte, ma è solo evitamento.
Un gesto che ti fa sembrare profondo, mentre in realtà stai solo scappando.

Da psicoterapeuta ti dico questo:
chi fa Banksying non sta comunicando.
Sta cancellando.
Sta togliendo la propria presenza lasciando in cambio un rebus.
E chi lo subisce rimane lì: a cercare il significato di un silenzio che non ha avuto il coraggio di diventare parola.

E no, non è romanticismo.
È confusione.
È immaturità.
È la pornografia dell’ambiguità emotiva.

La maturità è dire: “È finita.”
La vigliaccheria è lasciare che l’altro lo intuisca.

Indirizzo

Grottaglie

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 20:00
Martedì 09:00 - 20:00
Mercoledì 09:00 - 20:00
Giovedì 09:00 - 20:00
Venerdì 09:00 - 20:00
Sabato 09:00 - 12:30

Telefono

+393510165515

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