Energeticamente: tecniche di rilassamento - dott.ssa C.Claretti

Energeticamente: tecniche di rilassamento - dott.ssa C.Claretti Informazioni di contatto, mappa e indicazioni stradali, modulo di contatto, orari di apertura, servizi, valutazioni, foto, video e annunci di Energeticamente: tecniche di rilassamento - dott.ssa C.Claretti, Psicoterapeuta, Via A. PICCHI 2, Grottazzolina.

22/04/2025

Quante di voi saranno state abbagliate dall'apparente capacità del soggetto narcisista di bastare a se stesso, di farcela con le sue sole forze, dalla sua millantata indipendenza e determinazione; eppure l'apparenza spesso inganna e, come asseriva Andrew Jackson:
"nessuno è così vuoto come coloro che sono pieni di sè".
Tanto è stato scritto sull'anaffettività del soggetto narcisista, sulla sua mancanza di empatia, ma un aspetto spesso tralasciato è l'incapacità dello stesso di leggere prima di tutto le sue stesse emozioni, le sue esigenze.
Alla luce di ciò, la/il partner non costituisce solo una fonte di rifornimento narcisistico, atta ad idolatrarlo, ma col*i che è deputata/o al sopperimento del deficit di identificazione dei suoi desideri da assecondare, dei suoi scopi il cui perseguimento necessita della validazione di opportune scelte, che da solo non riuscirebbe ad operare e di emozioni inespresse sin da bambino e rimaste sopite in età adulta.
Senza una/un partner che soddisfi il suo sottaciuto bisogno di cura, il/la narcisista si sentirebbe frustrato/a, sarebbe attanagliato/a da una sensazione di vuoto per l'inespressa o disattesa aspettativa di cura, di cui non riesce a riconoscere la causa ed al quale non è dunque in grado di dare voce.
Ma da cosa deriva l'incapacità del/della narcisista d'amare tanto se stesso/a quanto gli altri?
Da dove discende il suo analfabetismo emotivo?
Ebbene, da un punto di vista psicologico la risposta è alquanto semplice.
Oggi cercherò di spiegarne il motivo.
Come già detto in precedenza, così come per un bambino cui non sono state insegnate le note musicali, uno spartito apparirà come un'incomprensibile accozzaglia di simboli, non essendogli mai stato insegnato come si potesse trarne una coinvolgente sinfonia, analogamente un fanciullo che non abbia mai fatto esperienza di emozioni e sentimenti da adulto non riuscirà mai a leggerti nell'anima, a riconoscere l'affetto che provi per lui e ad amarti autenticamente, perché rimasto affettivamente analfabeta.
Cosa impedirebbe al soggetto narcisista di sviluppare, nel corso della sua infanzia, tale capacità?
Durante la crescita, ciascuno di noi si crea un'idea di se stesso, sulla quale va fondando la propria identità e l'equilibrio che si raggiunge è tanto maggiore, quanto più il Sé reale corrisponde a quello Ideale.Tale immagine di sè si origina in primis dal rispecchiamento della madre che, individuando i bisogni di suo figlio e soddisfacendoli, consente di acquisire dimestichezza con il riconoscimento delle proprie esigenze. Uno stile di attaccamento insicuro evitante, in cui la figura di accudimento non è responsiva e che vede il/la proprio/a bambino/a non per quello che è, ma in base alla sua idea di figlio/a ideale, funzionale per un buon riconoscimento sociale, o confacente a ciò che per prima avrebbe voluto realizzare nella propria vita e non ha potuto, alla ricerca della compensazione di un senso personale di fallimento, fa sì che quel/quella bambino/a rifiutato/a per quello è, pur di essere amato/a, aderisca a quell’immagine che gli viene proiettata addosso, rinunciando per sempre alla propria libertà di essere se stesso/a.
Un bambino che non vede soddisfatte le sue necessità, pur di non avvertire la frustrazione che ne deriva, pur di non sentirsi nuovamente rifiutato, indegno d'amore, pur di non doversi vergognare per le proprie umane fragilità, si convince di non aver bisogno e di non dipendere da nessuno; essendo questo l'unico modo per non percepire nuovamente la sensazione di vulnerabilità avvertita stando alla mercè di una persona sorda ai suoi richiami, anzichè investire emotivamente sulle persone, non potendo farvi affidamento, investe sull'ambiente esterno alla relazione genitore/figlio, su oggetti inanimati. L'immagine che di se stesso andrà creando sarà autoreferenziale, di grandiosità, apparentemente ipertrofica, al fine di allontanare dalla propria persona la percezione di qualunque limite e vulnerabilità, di negare di aver bisogno dell’altro e del suo affetto, perché quel dolore originario non si riproponga. Non è stato riconosciuto nelle sue attitudini più naturali e spontanee, nelle sue fragilità e lecite vulnerabilità e dunque impara a farsi sordo alle sue umane necessità e ad evitare l'alterità per non incorrere nel vuoto da lei lasciato a causa della sua scarsa disponibilità e mancata responsività. Il bambino apprende che, per essere apprezzato e dunque sentirsi amabile, non deve tediare con richieste di soddisfacimento dei suoi bisogni, ma essere confacente alle aspettative dell'altro, rinnegando la percezione autentica di sè, prendendo le distanze dalle sue emozioni, sensazioni e sentimenti, nonché dai suoi bisogni.
Quel bambino cresce in una sorta di anestesia emozionale, incapace di sperimentarne e validarle e come fosse un foglio bianco, su cui ciascuna persona interagente con lui possa scrivere ciò che in lui vede, quel che da lui si aspetta, le caratteristiche che dovrebbe possedere un uomo per potersi innamorare di lui. Non avendo una personalità che si sia ben strutturata, a causa di questa mancata sperimentazione di sè attraverso le sue figure significative, al narcisista non risulterà difficile assumere il ruolo dell'uomo che maggiormente rispecchi il partner ideale di ciascuna donna con cui venga in contatto, in cambio di riconoscimenti, mutando camaleonticamente a seconda dei contesti e di coloro cui si approccia.
Il soggetto narcisista, quindi, impara a vivere dissociato dal mondo esterno ed interno, come sospeso in una rassicurante terra di mezzo fatta solo delle sue convinzioni, da peculiari e soggettivi "valori" e della sua immagine di grandiosità, in quanto persona che non deve chiedere mai, che apparentemente non necessita di niente e di nessuno, ma covando segretamente un incolmabile vuoto interiore.
Una qualunque altra persona riuscirebbe a capire cosa gli manchi, di cosa avrebbe bisogno per non avvertire il disagio che prova e potrebbe farvi fronte per porre fine al suo malessere; un soggetto narcisista invece non è in grado di farlo, perché non ha mai imparato a riconoscere i suoi bisogni, a guardarsi dentro piuttosto che aderire alle aspettative altrui e si aspetta che la/il partner, conquistata fingendo di incarnare ciò che lei/lui vorrebbe, li intuisca senza la necessità che sia l*i a dire ciò che è il primo a non conoscere di sè.
Nel corso della sua crescita, il soggetto narcisista non avendo conosciuto una relazione affettiva con il genitore, non ha sviluppato la capacità di entrare in una relazione sentimentale profonda con gli altri, a conoscere realmente chi ha di fronte, a cercare di farsi amare per quel che è; per questo motivo, nel rapporto con un soggetto narcisista non c'è spazio per un coinvolgimento emotivo, risulta impossibile un contatto autentico, ma solo la manipolazione che ha vissuto come normale modalità di relazionarsi.
Così come lui è stato costantemente manipolato perché rispecchiasse le aspettative genitoriali al fine di sentirsi degno d'affetto, rinunciando alla costituzione di una propria autentica identità, allo stesso modo gli altri vengono da lui manipolati per scarnificarne la personalità e modellarla a suo piacimento; questo accade perchè, come probabilmente già esperito da lui durante l'infanzia, gli altri vengono percepiti come un’estensione del proprio Sè ed in quanto tali devono essere all’altezza delle sue aspettative, nel momento in cui se ne fregerà dinanzi agli altri membri della società di appartenenza. Esattamente come è stato per lui, "il (soggetto) narcisista non vede gli altri come persone reali, ma solo come oggetti da usare per affermare la sua supremazia, la sua superiorità" (A. Lowen), di cui non riconosce l'individualità, ma funzionali al rifornimento narcisistico, attraverso idealizzazione, ammirazione, enfatizzazione dei suoi pregi, riconoscimenti ed apprezzamenti per il suo magistrale rispecchiamento del/della partner ideale: guarda all’altro meramente come ad uno specchio riflettente il suo ego, a conferma della sua illusoria potenza ed invulnerabilità, operandone dunque un'oggettivazione. Degli altri detesta gli umani bisogni, gli stessi che rendevano lui per primo vulnerabile durante l'infanzia e di cui dunque doversi vergognare. Il mancato riconoscimento dell'umanità altrui e con essa dei suoi sentimenti e necessità - che lui per primo ha provato sulla propria pelle -, rende la/il partner non un qualcuno da amare, ma un qualcosa da sfruttare finché gli riesce e soppiantare senza alcuna remora, qualora non sia più funzionale ai suoi scopi. Il mancato coinvolgimento affettivo è dunque assenza di "alfabetizzazione emotiva" e tentativo di evitamento delle minacce alla sua difensiva convinzione di non aver bisogno di nessuno, costituitasi sin dai suoi primi anni di vita.
Umilia come lui per primo si è sentito svilito per la sua dipendenza da chi lo accudisse e per i suoi umani bisogni, da cui si discosta attraverso un'immagine ideale di superiorità rispetto alla misera massa. Finché si manterrà distaccato ed eviterà coinvolgimenti, sarà immune dalle vecchie sofferenze e dalla vergogna; finché riceverà riscontri positivi da coloro con i quali interagirà, non si riacuirà quella rabbia infantile che ha sempre covato per un mancato riconoscimento delle sue conquiste, dei suoi pregi, dei suoi bisogni, dei sentimenti che provava in risposta alle disattenzioni genitoriali, per l'infanzia disfunzionale che ha avuto. Questa rabbia interiorizzata sfocia da adulto in ipersensibilità alle critiche, permalosità, impossibilità di confronto, mancata accettazione di punti di vista differenti dai propri, aggressività verbale e/o fisica e svalutazione del prossimo per rifiuto di un incondizionato e cieco riconoscimento del suo valore. Tale esperienza di essere amato al limite dell'adorazione incrementa vertiginosamente la sua autostima, in maniera inversamente proporzionale al decremento della stessa per quel che attiene la/il partner. Di contro, l'inaccortezza di non ammirarlo, o di abbandonarlo, suscita rancore, disprezzo e la necessità di vendicarsi di chi abbia osato non fare di lui il centro nevralgico della sua intera esistenza.
L'infanzia del soggetto narcisista, pregna di collera, frustrazione e carenza affettiva, gli avrebbe pertanto impedito di sperimentare un autentico e disinteressato amore; in altre parole, la persona narcisista non ha mai imparato ad amare, a causa dell'ambiente familiare emotivamente invalidante in cui è cresciuta, che ha penalizzato la manifestazione ed il riconoscimento dei sentimenti, contribuendo alla negazione ed alla mancata codifica degli stessi. Il soggetto narcisista, "nell’identificarsi con un’immagine grandiosa [...], può ignorare la penosità della propria realtà interiore”(A.Lowen), destinando alla sofferenza saggiata e rifuggita chiunque abbia la sventura di incontrarlo e di innamorarsi del suo Falso Sè.

N.B.: non solo le madri sanno essere crudeli, anche avere come modello un padre con siffatti comportamenti disfunzionali non è il massimo, perché possono essere introiettati inconsciamente atteggiamenti e valori di un'altra persona e, se questa persona valori autentici non dimostra di possederne ed agisce violenze di ogni tipo, sussiste la possibilità che, in assenza di validi modelli di riferimento correttivi, sani, si perpui tale problematica. Anche perché, come spiegai in un altro post, l'apprendimento avviene pure attraverso l'imitazione delle gesta genitoriali, oltre che del gruppo dei pari.
Purtroppo non tutti sono fatti per la genitorialità.
Comunque è sempre più di un fattore a concorrere all'insorgenza di un disturbo psichico.
Secondo lo psicologo costruttivista A. Kelly, ogni fenomeno acquisisce un significato in relazione al modo in cui viene interpretato e dunque anche il disturbo psicologico non è tanto legato a ciò che accade, quando all'interpretazione che ne fa l'individuo in questione, al modo in cui viene vissuto ed aggiungo fronteggiato, in quanto tanto dipende anche dalla sua resilienza.
Secondo un approccio cognitivista, alla base del disturbo narcisistico di personalità vi sarebbe anche una plausibile alterazione della funzionalità dell'amigdala, da cui deriverebbe l'assenza di empatia e di emozioni autentiche.
Come già ho più volte spiegato, l'avere avuto un'infanzia difficile non comporta in automatico l'insorgenza di un disturbo di personalità. Tanto dipende dalla resilienza di ciascuno, ovvero dalla capacità di fare fronte alla situazione, dunque dalle risorse personali e dalla rete sociale di cui si dispone, della eventuale presenza di modelli correttivi sani alternativi a quelli disfunzionali, che si tratti di un insegnante, di un istruttore, di uno/una zio/a, di un/una nonno/a ...

27/12/2024

Ci saranno dei giorni in cui non vedrai alcun motivo per andare avanti. Va bene.
Ci saranno dei giorni in cui persino il pensiero
di alzarti dal letto ti farà ve**re voglia di piangere.
Va bene anche questo.
Ci saranno dei giorni in cui non ti ricorderai
nemmeno come si fa a piangere,
o a sorridere, o a vivere, in cui la stanchezza
ti peserà sulle palpebre e sulle ossa fino a schiacciarti.
Ne avrai ogni ragione.
Ma ricordati sempre
che ciò che senti non dura per sempre.
Che è tutto temporaneo. Che qualcuno, prima di te,
ha provato quello che provi tu adesso, ed è sopravvissuto. (...)
Va bene cadere. Va bene.
Quando arriveranno quei giorni,
ricorda le cose per cui vale la pena andare avanti,
qualsiasi piccola cosa – il prossimo film in uscita,
un amico che ti invita a uscire,
il libro che non hai ancora letto.
Ricorda che tutto prima o poi finisce,
che il sipario prima o poi deve
sempre calare su tutto.
Lascialo calare sulle amicizie finite,
sugli amori passati, sulla tristezza che ti stringe la gola,
sulle cattiverie che ti hanno detto,
sui tuoi sbagli, sui rimpianti, sulle parole
che non avresti dovuto pronunciare, su tutte quelle piccole cose che ti pesano sulle spalle come macigni.
Lascialo cadere su tutto, tranne che su di te.
Mai su di te.
Perché non lo meriti.
Perché meriti di più di un sipario chiuso,
di un copione finito in tragedia.
Perché meriti di stare bene, e ti prometto,
ti prometto che succederà e sarai felice
di non aver deciso di lasciarti andare.
Ti prometto che un giorno ti sveglierai e andrà tutto bene.
Fino ad allora, tieni duro.
Alzati dal letto quando sembra impossibile.
Esci quando vorresti rinchiuderti dentro.
Apprezza le cose belle
quando vorresti solo piangere.
È una bella vita, in fin dei conti, te lo giuro.
È una bella vita.
E tu la meriti.

Con affetto per chiunque la legga. ❤️

22/12/2024

Se ti dice che sei troppo pesante
Perché vuoi “ sempre “parlare E chiarire
significa :
Che in realtà la comunicazione lo/la spaventa proporzionalmente a quanto lo/la spaventa la Verità che può far emergere.
Oppure
Che in realtà non ha interesse a sapere cosa provi e cosa percepisci quando lui/lei si comporta “così” .
Per lui/lei non è importante la tua percezione.
Probabilmente l’unica percezione che conta è la sua e quindi
significa che la Relazione tra voi non c’è .

Se quando ti viene detto che sei pesante , ti chiedi se davvero sei così, rimuginando su cosa potresti fare di meglio per avere la sua approvazione e non rischiare di perderla/o,

Fatti una domanda più costruttiva:
QUANTE VOLTE stai rischiando di “essere pesante”perché questa relazione, in realtà,
troppo spesso non ti fa stare bene?

Quante volte stai rischiando di “perdere te “ e sacrificarti ogni giorno di più per non perdere lei/lui?

Una possibilità è liberare la pesantezza con una chiusura : forse ciò che pesa non sei tu
ma l’invisibilità che quella relazione ti sta facendo provare.
Semplicemente è una relazione che funziona solo se tu perdi pezzi di te.
Si chiama tossica.
E non c’è una colpa.
Cercarla e’ inutile.
C’è incompatibilità.
Torna Visibile e leggero/a , spolvera la Corona,
ritrova il tuo sorriso
e rompi la ciotola dell’elemosina a terra.
Quella briciolina ogni tot di tempo non è sano nutrimento.
Alle volte si chiama disinteresse.
Alle volte è differenza di Capienza emotiva.
Altre volte è sempre un tema di capienza emotiva ma la briciolina assume anche la valenza della stessa crocchetta
Che molti danno ad un animale
dopo che ha obbedito ai comandi.
Troppo forte?
Forse si,
ma solo perché non meriti di seppellirti vivo/a .
Nessuno lo merita .
E Per nessuno.

RitrovaTi.
Fai spazio a chi ama parlare con te.
Fai spazio a chi ama parlare di Voi.
E chi ha spazio nel cuore per farlo con Amore, voglia di Sentirti,
e mettersi nei tuoi Panni
invitando te nei suoi.
A chi ha la stessa CAPIENZA.
Così che nessuno dei due resterà con la sete.
Né di parole, né di silenzi.

Allora ci si presta gli occhi,
E giorno dopo giorno
Lo Sguardo diventa Uno
che abbraccia due Cuori
nello stesso istante,
A prescindere di chi è che guarda
E di chi è guardato/a.
Di chi parla e di chi ascolta.
Ci si Ama.
Ci si guarda
Ma soprattutto
Ci si Vede.

Il resto si chiama sacrificio,
E incompatibilità .
L’Amore non fa perdere pezzi di se.
Arde solo i veli.
E fa Vedere,
A chi ha il Cuore
Per guardare.

♥️💫
Sara Surti

11/12/2024

ATTENZIONE ALLA TROPPA ACCOGLIENZA!

Se siamo su un certo tipo di percorso interiore e se ci occupiamo di relazione d’aiuto l'atteggiamento che subito cerchiamo di praticare, la prima cosa che cerchiamo di fare è quella di accogliere l'altro.

Se penso all'atteggiamento che deve avere qualcuno che sta dentro alla dimensione della relazione d'aiuto può essere solo questo. Cioè c'è un'accoglienza dell'altro così come è, c'è un'accettazione dell'altro così com'è.

Troppo spesso però ci fermiamo quì anche quando l’altro ‘ci ferisce’ o ci manca di rispetto.
Cioè quando molto spesso l’altro mette in modo dei meccanismi da cui emerge che l’altro non ha alcuna consapevolezza sugli altri e sul mondo intorno.In cui prende in considerazione solo se stesso e le sue esigenze.

Quando l’altro non sa minimamente che cosa vuol dire ‘entrare in relazione’, cioè che hai messo i piedi dentro alla casa di qualcun altro.
Non si rende neanche conto che potrebbe aver provocato un dolore. Cioè quando l’altro riesce a vedere e a pensare solo a sé!

Ecco perchè a volte tu dopo l’accoglienza senti a un certo punto rabbia, e inizi a chiederti: perché devo avere sempre a che fare con persone che fanno così?

Prima di tutto proprio per imparare come averci a che fare!
Per poter osservare e fare attenzione a quando idealizzi gli altri e gli fai ‘passare’ tutto, cioè quando ti fai prendere come se fossi un pesce, all’amo.

L'idealizzazione infatti ti fa perdere di vista completamente che ci sono anche altri aspetti delle persone che non puoi ignorare.

Quando l’altro si occupa solo di se, non si rende conto che si rivolge ad altri, che sta facendo una serie di cose in cui è in relazione con altri e che nel suo stare in relazione con altri mette i piedi dentro la loro vita, che se è all’interno di una relazione di qualsiasi tipo lascia delle orme, non è un fantasma dentro la vita degli altri.
Non puoi vedere solo te, altrimenti sei chiaramente un tipico ‘narciso’.

E poi i più ‘spiritualisti’ riescono magari a farla passare pure come consapevolezza di sé, ma in realtà è un’ottava molto bassa della consapevolezza di sè.

Sii attento a queste situazioni, sia nella tua vita personale che professionale, in cui siamo eccessivamente disponibili, accoglienti e aperti almeno finchè non ci pestano eccessivamente i piedi e allora ci decidiamo a dire di no e chiarire i nostri confini.

Qualche volta - senza rabbia, ma con il giusto modo di dire - è fondamentale mostrare all'altro che certi atteggiamenti diventano faticosissimi da reggere. E se lo sono per un terapeuta, figuriamoci dentro la vita di tutti i giorni.

Ripeto: attenzione nel rimanere fregati dal fatto che noi pensiamo sempre alla dimensione di accoglienza!L’accoglienza non vuol dire che io devo accettare tutto.
Sì, ti accolgo come persona, non ti giudico.
Ma ho bisogno anche di dirti, proprio in relazione al fatto che creiamo, siamo in una relazione, che alcune cose hanno degli effetti.
Poi capiterà sicuramente che qualcuno non vorrà sentirsi dire alcune cose.
Pazienza se non le vuole sentire vuol dire che o non è il tempo o non ha le risorse per ‘lavorarle’.
Ma intanto tu allenati a dirle e a prendere in considerazione cosa senti in te, e cosa è ‘tollerabile’ e cosa no per te in una relazione.

Accettare l’altro non vuol dire subirlo!
Impara ad alzare un po' l'asticella di quello che è tollerabile o meno per te senza avere paura di perdere l’altro.

Con Amore,
Dafna

Opera di Laura Makabresku

28/11/2024

"Lloyd, ma il pavimento è tutto bagnato!"
"Credo sia fortunatamente giunta la goccia che ha
fatto traboccare il vaso, sir"
"Perché fortunatamente, Lloyd?"
"Se un vaso è stato colmato da ciò che ci fa soffrire, è un bene il fatto che si vuoti"
"Prima o poi però si tornerà a riempire..."
"Ma questa volta magari con qualcosa che valga la
pena conservare, sir"
"Molto saggio, Lloyd"
"Grazie mille, sir"

Vita con Lloyd
🌟
Illustrazione di: Manka Kasha

08/10/2024

"Spesso si pensa che la soluzione al dolore sia altrove, ma è nel dolore la soluzione del dolore, sentendolo, abitandolo, assaporandolo, a poco a poco diventa parte di noi, non più un estraneo, ma un ospite scomodo, irruente, tempestoso e infine un amante e dopo la fine, un pezzo di noi".

Chandra Livia Candiani, da "Il silenzio è cosa viva"

Illustrazione di Silvia Pattaro

11/07/2024

“Rimanete aperti.
Lasciate spazio per
i piccoli miracoli.
E datevi tempo”

Beth Kempton
🌈
Illustrazione di: Manka Kasha

🩷🩷🩷🩷
11/07/2024

🩷🩷🩷🩷

Indirizzo

Via A. PICCHI 2
Grottazzolina
63844

Telefono

+393355295430

Sito Web

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Energeticamente: tecniche di rilassamento - dott.ssa C.Claretti pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Condividi

Digitare