02/08/2025
CHE COSA HANNO IN COMUNE PFIZER, BLACKROCK, FACEBOOK E LE BANCHE?
La mitologia narra che Briareo, figlio di Urano e Gea, ha 50 teste e 100 mani; non a caso, è altrimenti noto come "centimani".
Il Sole 24ore si propone di guidare il lettore all’interno della selva oscura di quegli intrecci finanziari che caratterizzano il mondo del farmaco e, oggi, in particolare dei vaccini anti-covid.
Da: Il Sole 24ore 02 Febbraio 2021
Pfizer, entità inafferrabile da 214 miliardi di dollari, è la terza azienda farmaceutica al mondo. Per descriverla, nella recente letteratura giornalistica, si sono sprecati appellativi e similitudini d’ogni genere e specie: “(…) come un Titano” qualcuno scrive, rievocando le ancestrali forze cosmogoniche; altri la associa con Moloch, la temibile divinità cananea dell’Antico Testamento; non manca poi chi ricorre alla spaventosa figura del Leviatano, anch’essa veterotestamentaria; si è giunti pure a Humbaba, il terrificante guardiano della foresta nell’epopea di Gilgameš.
Insomma, s’è lasciata la fantasia a briglie sciolte e, come spesso accade, s’è ecceduto allontanandosi molto dai fatti.
Noi, però, già che ci siamo, vogliamo contribuire ad arricchire la lista e aggiungiamo l’immagine di Briareo: non già per partecipare al gioco di differimento, bensì per offrire un medium di pertinenza: Briareo, figlio di Urano e Gea, ha cinquanta teste e cento mani; non a caso, è altrimenti noto come “centimani”.
Ci proponiamo, infatti, di guidare il lettore all’interno della selva oscura di quegli intrecci finanziari che caratterizzano il mondo del farmaco e, oggi, in particolare dei vaccini anti-covid. Intendiamoci, a scanso di equivoci: d’una parte della selva! Questo è un articolo, non un dossier; e si comprende bene che, invece, occorrerebbe un congruo carteggio.
Per l’appunto, dicevamo di Briareo, metafora mitologica dalle cinquanta teste e dalle cento mani; la qual cosa non deve portarci di filato all’idea del complotto dei plutocrati occulti. Sarebbe ridicolo e qualunquistico, oltre che impertinente. Abbiamo il dovere, tuttavia, di osservare con rigore i dati e le circostanze in cui questi si sono formati.
Cominciamo col dire che, nell’azionariato della Pfizer compaiono alcuni insormontabili giganti degli investimenti come VANGUARD, BLACKROCK e WELLINGTON, che possiedono, rispettivamente, l’8,12%, il 7,46% e il 4,22% del colosso farmaceutico statunitense. Anche se non hanno bisogno di presentazioni, per dovere di cronaca diciamo chi sono, di cosa si occupano e che valore hanno sul mercato.
BlackRock è la più potente e ricca società d’investimenti al mondo, è una statunitense purosangue, gestisce un patrimonio di più di 8.000 miliardi di dollari ed è stata definita “banca mondiale ombra”, “roccia invisibile” et similia.
Vanguard Group è un’altra società d’investimenti statunitense, ha asset per oltre 5.000 miliardi e, in quanto a negoziazione di fondi, è seconda sola a BlackRock.
La più piccola del gruppo – “piccola”… si fa per dire – è la Wellington Management Company, altra società d’investimento statunitense, con una gestione di circa 1.500 miliardi di dollari. Quest’ultima, tra le altre cose, è strettamente ‘imparentata’ proprio con la Vanguard.
Fin qui, null’altro se non un quadro di finanza internazionale ordinario. Senza troppa fatica, però, si scopre che BlackRock e Vanguard sono pure i maggiori investitori istituzionali di Facebook: BlackRock col 6,59%, Vanguard col 7,71%; in pratica, si tratta dei primi due.
E la Wellington? Non sta di certo a guardare, giacché, a propria volta, è dentro la BlackRock col 3,36%.
La metafora delle cinquanta teste e delle cento mani comincia a farsi efficace.
Vanguard e Wellington, inoltre, sono presenti nell’azionariato della Pfizer anche attraverso i fondi comuni: Vanguard-Wellington Fund 0,96%, Vanguard Specialized-Health Care Fund 1,31%, Vanguard 500 Index Fund 2,05%, Vanguard Total Stock Market Index Fund 2,80%.
Se, da una parte, non possiamo – né intendiamo – giungere a conclusioni strampalate circa le forme di controllo della salute globale, dall’altra, non possiamo di certo fare a meno d’interrogarci sul valore che assumono alcuni dati, in specie quelli di un social network ormai noto per aver venduto a Spotify, Netflix, Amazon e Microsoft gli accessi degli utenti. Alla luce dell’accertato legame finanziario tra il settore farmaceutico, quello finanziario e quello dei social network, sorgono per lo meno dei dubbi in materia di vigilanza. Chi può controllarne l’operato? Qual è – se mai esiste – il criterio con cui definire questo operato? Forse, è impossibile ricavarne una definizione vera e propria.
Aggiungiamo, adesso, che tra i grandi azionisti di Pfizer troviamo anche le grandi banche: Bank of America, Deutsche Bank, Morgan Stanley, JP Morgan et al.
Se passiamo ad AstraZeneca, il leitmotiv non cambia. BlackRock ne possiede il 7,7%, Wellington il 5,9% e Vanguard il 3,5%, unitamente al solito comparto bancario. E non si può di certo tacere che BlackRock, Vanguard e Wellington hanno solide e cospicue partecipazioni azionarie nella maggior parte delle multinazionali che producono armi, tra le quali possiamo citare Lockheed Martin Corporation, Raytheon RTN, Bae Systems, Northrop Grumman Corporation & Orbital ATK e General Dinamics.
Nell’ultima escursione di questa mini-verifica, è doveroso ricordare che l’inarrivabile BlackRock è la maggiore azionista di UniCredit col 5,2% e possiede il 5,7% di MPS, il 5% di Intesa e il 4,8% di Telecom Italia. Ma non mancano poi le partecipazioni in Atlantia, Azimut, Prysmian, Ubi et cetera.
Il ‘caso volle che’, all’epoca degli stress test EBA del 2016 e del 2018, proprio BlackRock e Vanguard fossero le società incaricate della consulenza in materia di vigilanza, cioè le società che avevano – e hanno tuttora – partecipazioni nelle banche da controllare. E non finisce qui. Se consideriamo che Wellington è titolare del 6,1% delle azioni di CERVED Group, la società italiana che valuta il merito creditizio e la classe di rischio delle nostre imprese, mentre Vanguard ha un’esposizione a Piazza Affari per più di 9 miliardi, allora s’impone come preminente il dovere di trovare una ‘definizione’ per l’operato delle lobby, delle loro estensioni e delle loro combinazioni.
La ‘definizione’, cui s’è fatto cenno in precedenza, non è affatto il capriccio di chi trovi diletto nell’uso del metodo scientifico; non è il diversivo filosofico d’una politica inerme o il tentativo di riscatto d’una comunità religiosa. È, invece, soprattutto, il presupposto di un ‘riconoscimento’ logico della questione, l’indispensabile premessa epistemologica all’individuazione delle differenze tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.
Non aspiriamo di certo a possedere chissà quale panacea, ma la creazione di un quadro legislativo adeguato deve passare dal riconoscimento, come già detto, concreto e lineare di un fenomeno. Ignorarne alcuni o anche uno di essi vuol dire farsi carico d’una gravissima colpa storica, lasciare che accada tutto e il contrario di tutto. La superficialità con cui, molto di frequente, i governi fingono di non vedere e non sapere è allarmante, tant’è che, a un certo punto, la gente si scandalizza per frasi del genere: “Il titolo della Pfizer ha guadagnato parecchi punti dopo l’annuncio dell’efficacia del vaccino”; frasi usate all’interno di articoli pieni di allusioni e insinuazioni e i cui autori credono di aver fatto chissà quale scoperta, laddove non hanno fatto altro che attestare che il pozzo è umido.
Pensiamo forse che i mercati non premino un’azienda farmaceutica che ha appena scoperto un vaccino anti-pandemia?
Purtroppo, non è facile, in un periodo di grande tensione politico-economica e sanitaria, mostrare buona capacità di discernimento, sebbene, nello stesso tempo, non si possano trascurare – ci si conceda l’espressione! – i requisiti di ‘onorabilità’.
Una decina d’anni fa, la Pfizer fu condannata per aver messo in circolazione in modo illegale dei farmaci; ne uscì quasi indenne pagando una multa di 2,3 miliardi di dollari.
👉 https://bit.ly/3Hq0WHi
2,3 miliardi di dollari, per una società che ha un fatturato annuo di oltre 50 miliardi e un utile netto di più di 16 miliardi, non rappresentano una multa; si tratta – né più né meno – d’un’imposta sui ricavi.
Qualcosa del genere è accaduto, per esempio, alle grandi banche che per anni hanno alterato i tassi d’interesse: hanno subito delle ‘multe’, che, naturalmente, a fronte dei profitti, rientrano sempre nel campo dell’imposizione fiscale ‘indiretta’.
L’espressione si presta alla metafora: è evidente; ma non c’è spazio per l’ironia di contorno. Di qui, non si può fare a meno di richiamare ancora una volta l’attenzione sul problema della ‘definizione’. La relazione di causa ed effetto tra il dolo e la sanzione può essere ridotta unicamente a una stima economica, che peraltro non è mai direttamente proporzionale al danno causato? In una società evoluta può accettarsi una tale distanza tra il giudizio che si emette sull’uomo comune, quello che non ha alcun potere contrattuale, e quello che si emette sulle sovrastrutture economiche del pianeta, non altrimenti che se esistesse una legge extra ordinem? Forse, sarebbe il momento opportuno di tentare la via della risposta.
Nel 2000, il Washington Post, nel condurre un’inchiesta sulla Pfizer, portò all’attenzione del grande pubblico proprio il controverso caso d’una grave epidemia in cui l’azienda farmaceutica aveva interpretato un ruolo – a dir poco – spettrale e inquietante. In particolare, i fatti risalgono al 1996, allorché alcuni bambini della città nigeriana di Kano, colpiti da meningiti da meningococco, furono sottoposti a una sperimentazione senza alcun tipo di autorizzazione. In quell’occasione, la sperimentazione passò dalla somministrazione della trovafloxacina, un farmaco sperimentale, per l’appunto, e che, secondo le accuse causò, in alcuni casi, la morte dei malati e, in altri, danni irreparabili.
👉 https://youtu.be/eNh6T8TL0i0
L’ennesima grossolana – e conclusiva – riflessione che sentiamo l’obbligo di fare non rinvia al senso dello scandalo, giacché, molto probabilmente, la frode non nasce con l’uomo, ma prima dell’uomo. Lo stesso può dirsi per le trame finanziarie. Essa afferisce, invece, alla già rilevata e netta separazione tra lo statuto morale del cittadino e quello dei potentati economici. Il problema – si badi bene! – esiste ed è serio: se è vero e inconfutabile che certi imperi non si possono condannare e far crollare perché il loro crollo genererebbe una tale quantità di sciagure economiche che la società civile si riprenderebbe a fatica – Lehman Brothers docet – è altrettanto vero che un cittadino comune, per errori molto meno determinanti, rischia la disfatta social-giudiziaria.
Eppure, oggi, il Covid si è abbattuto ‘principalmente’ sui cittadini comuni.
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C’è una chiave segreta per trasformare magicamente tutto in ‘Green’, come adesso l’Europa esige attraverso il Recovery Plan. Una parola magica per attuare quella ormai mitica ‘sostenibilità’ invocata da Mario Draghi fino al neo verde Matteo Salvini e al sempreverde Beppe Grillo.
Si chiama BLACKROCK, ossia il più grande gestore al mondo di asset, il colosso del capitalismo a livello globale, the Number One. Pochi lo sanno, ma il gigante statunitense che ha sede legale nel più potente staterello della Terra (il super paradiso fiscale chiamato Delaware), è il super consulente al quale la Commissione Europea presieduta da Ursula Von der Leyen ha affidato – con estrema disinvoltura – tutto il maxi piano di ‘sostenibilità finanziaria’.
Un compito gigantesco e storico, perché si tratta di una svolta epocale.
BLACKROCK è il più grande gestore di fondi d’investimento a livello mondiale; anche per conto di fondi pensionistici privati, a cominciare da quello giapponese. E’ primo (o al massimo secondo) azionista in 13 delle prime 15 banche europee. Ed è anche socio strategico nei tre colossi di Big Tech, ossia Apple, Microsoft e Google.
Un’altra cifra per dare un’idea: BlackRock gestisce un patrimonio che sfiora gli 8 mila miliardi di dollari, un terzo dei quali in Europa. Come dire: una grossa fetta dell’apparato industriale (ma anche bancario) europeo è nelle mani della star a stelle e strisce.
Ma c’è un altro elemento che fa rabbrividire.
BlackRock ha in portafoglio alcune partecipazioni bollenti, perché fanno capo ai big del settore petrolifero, uno dei più inquinanti, come sanno tutti: ha il 4,8 per cento delle azioni Chevron, il 4,5 per cento di Exon Mobil e il 5 per cento della brasiliana Petrobras.
Non c’è, in tutto questo bailamme, un colossale conflitto d’interessi con l’incarico strategico conferito alla società dalla Commissaria Von der Leyen?
Come dire: ti affido le chiavi di casa, fai tu quello che vuoi di noi.
E carta bianca, of course, sul Recovery Fund e su tutti gli altri strumenti finanziari da utilizzare con i sudditi, ossia i cittadini europei.
Sorge spontanea una domandina: potrà dire qualcosa il premier Mario Draghi? Almeno una parolina?
Macche! L’Unione Europea ha affidato la consulenza sulla svolta green a BlackRock, fondo americano che come dicevo ha un patrimonio di circa 8 mila miliardi. È lo stesso fondo americano incaricato della consulenza sugli stress test delle banche da parte della BCE quando presidente era guarda caso Mario Draghi. 🤷♀️
https://www.radioradio.it/2021/02/svolta-green-draghi-conflitto-di-interessi-blackrock-malvezzi/
http://www.lavocedellevoci.it/2021/02/10/blackrock-la-chiave-green-per-mario-draghi-e-lunione-europea/
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https://www.facebook.com/photo/?fbid=1089725278646202&set=a.981668769451854
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FONTI: Il Sole 24ore 02 Febbraio 2021
Che cosa hanno in comune Pfizer, BlackRock, Facebook e le banche?
di Francesco Mercadante
Si ringrazia Michaela Odderoli, web analyst, per il contributo di ricerca
https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2021/02/02/pfizer-blackrock-facebook-banche/?fbclid=IwAR06nK1XMK3zAIwMeJJcnj9A2F8V1ULglIokDl6md5sGACTfASAzCv6LbdY
Affaritaliani Mercoledì, 2 settembre 2009 - 20:49:00
Pfizer/ Patteggia 2,3 miliardi in Usa per marketing scorretto
Il colosso farmaceutico Pfizer si e' dichiarato colpevole di pratiche commerciali scorrette sul mercato statunitense e ha accettato di pagare una multa da 2,3 miliardi di dollari
https://bit.ly/3u8UqRJ
Rai 3
Pfizer: Cavie umane - Stefano Liberti (2008)
https://youtu.be/eNh6T8TL0i0