Hospice Grumo Appula

Hospice Grumo Appula Prendi un raggio di sole, fallo volare là dove regna la notte. Mahatma Gandhi

18/09/2025

Oggi ci ha lasciato E., una donna che ha impresso forte il segno del suo passaggio in Hospice: la sua eccentricità, l'istrionismo, le sue "lune", i suoi rimbrotti, ma anche la forza e la dignità con cui ha "sopportato" la malattia, che le ha trasformato il corpo, imprigionandolo in una sorta di corazza, quanto mai punitiva per una donna dal carattere forte come lei. Ciò nonostante E. sapeva esprimere dolcezza, attenzione, riconoscenza ed elicitare curiosità per la singolarità delle sue "uscite", non ultima quella per cui aveva previsto la data della sua "uscita" di scena. Addio cara!!!

18/07/2025

Condividi su: Legge Fine Vita: pacchetto di emendamenti al testo unificato - Comunicato Stampa congiunto FCP - SICP FCP e SICP hanno firmato un comunicato congiunto per esprimere forte preoccupazione rispetto al testo unificato sulla legge in materia di su...

18/07/2025

🔍 Suicidio medicalmente assistito: SICP interviene nel dibattito pubblico

In un momento in cui il tema del fine vita torna al centro della scena politica e sociale, la Società Italiana di Cure Palliative avvia una riflessione profonda e responsabile sul disegno di legge relativo al suicidio medicalmente assistito.

📌SICP sottolinea un punto fermo: le Cure Palliative non sono un’alternativa terapeutica, ma una scelta di cura autentica, centrata sulla persona, sulla dignità e sulla qualità della vita.

✳️ Come affermato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 242/2019), ogni valutazione di richiesta di SMA deve passare attraverso una reale possibilità di accesso a Cure Palliative competenti e compassionevoli – non come obbligo, ma come diritto.

👉 Per questo, SICP non condivide l’idea di subordinare l’accesso al SMA all’accettazione delle Cure Palliative, che devono essere proposte con rigore e umanità, mai imposte.

🔄 Ribadiamo invece l’urgenza di potenziare la legge 38/2010 garantendo risorse adeguate, formazione specifica e un’equa distribuzione dei servizi di cure palliative su tutto il territorio nazionale sviluppati in tutti i 4 nodi della rete - ospedale, domiciliare, hospice e ambulatorio - per le cure palliative precoci e integrate.

In aggiunta SICP propone la costituzione di Comitati Etici locali, su base legislativa, in grado di valutare con prossimità e rispetto ogni storia individuale.

La Società Italiana di Cure Palliative è pronta ad agire con pensiero scientifico, etico e umano.

15/02/2025

Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto:
«I malati terminali che chiedono l’accesso alla procedura di fine vita rifiutano le cure palliative, facendo una scelta intima e personale.
La loro richiesta a un certo punto non ha più nulla a che fare col dolore insopportabile, ma con la dignità di quella condizione dell’ultima fase della loro vita».

A me pare che questa considerazione di Zaia sia più che apprezzabile.

Lavoro da 20 anni in Cure Palliative e pur riconoscendo l'importanza, la solidità, la concretezza dell'approccio palliativo nelle fasi terminali della vita, ritengo di non possedere in alcun modo strumenti sufficienti a garantire sempre, ed in ogni caso, quella dignità di vita e di morte, richiamata da Zaia.
Tutt'altro: sempre più riconosco i limiti, i miei personali, ma anche dell'approccio complessivo in cui credo e che pratico ogni giorno nel mio lavoro, nell'affrontare situazioni così complesse.
Mi asterrei, al contrario di quanto fanno tanti miei autorevoli colleghi, dal ritenermi "autosufficiente" e perfettamente in grado di gestire qualunque problematica insita nel processo di fine vita. Mi terrei lontano da ogni concezione fideistica delle cure palliative, che finirebbero così per snaturare la loro natura, le stesse finalità di un approccio che, pur "sistemico", non può e non deve prescindere mai dalla valorizzazione e dal rispetto della autonomia decisionale del "paziente".
Per quanto i nostri strumenti siano orientati a restituire all'ammalato tanta o quota parte della dignità smarrita nel corso della malattia, sono convinto che sarebbe meglio se il nostro sistema si ponesse in attento ascolto di determinate istanze e non si considerasse bastante a se stesso. Ed a questo proposito starei anche molto attento al rischio che, pur di evitare che questi temi diventino non solo oggetto di dibattito ma soprattutto materia da normare dal pdv legislativo, si venga strumentalizzati da "parrocchie" (uso il termine in senso non ristretto all'ambito confessionale) e consorterie di varia natura (leggi la cattiva politica imperante oggi), il cui fine è, manzonianamente, "sopire, troncare" e semmai ancora "troncare, sopire". Rifuggirei infine da quell'atteggiamento pietistico e moralistico per il quale in ogni caso e per ogni situazione debba intravedersi, o anche solo affannosamente ricercarsi, un "senso", men che mai compiuto, per una esperienza che è profondamente vitale, umana, concreta, e che in quanto tale non ha sempre e necessariamente bisogno, come scritto già alcuni giorni fa, di appigli metafisici.

24/09/2024

Qualche anno fa leggevo un testo nel quale si affermava che il compito degli "operatori" (termine che non mi piace, ma che semplifica ed in qualche modo rende bene l'idea) in Cure Palliative è quello di rimettere insieme i cocci che la malattia ha prodotto. È evidente che questo fine si persegue, e si raggiunge, tanto più facilmente quanto più vi sia una sorta di disposizione a riunire, come in un circolo, tutti gli attori di una commedia: nel caso specifico quella della malattia inesorabile, della sofferenza, del percorso più o meno lungo che una qualsiasi "patologia dall'andamento progressivo e prognosi infausta" contempla. Per fare questo però, e centrare l'obiettivo, non è a mio parere sufficiente possedere una generica disposizione o bontà d'animo, ma soprattutto competenze, conoscenze, saperi che vanno affinati e concretamente applicati ogni giorno, caso per caso, come in una sorta di training continuo che, per chi crede nel proprio lavoro, non avrà mai fine. È per questo che, se mi è consentito, trovo riduttivo e, al limite, fuorviante, definire "angeli" coloro i quali lavorano in cure palliative: gli "operatori" in cure palliative sono dei "professionisti" a tutti gli effetti, sono lavoratori, persone in carne ed ossa, capaci e competenti, dotate di un background tecnico - scientifico di tutto rispetto non disgiunto da grandi doti di umanità, empatia, resilienza: virtù, queste ultime, tutt'altro che metafisiche o appannaggio esclusivo di categorie celesti. Con questo non si intende sottovalutare, tutt'altro, la grande importanza della spiritualità e delle credenze religiose, le quali arricchiscono di valore e di senso compiuto un percorso che talvolta può essere anche molto lungo. A questo proposito ritengo doveroso stigmatizzare un'altro pregiudizio anch'esso riduttivo e (pardon) scorretto sulle Cure Palliative ed in particolare dell'Hospice: non di anticamera della morte si tratta, ma luogo di elezione quando la sofferenza diventa incoercibile e l'assistenza a domicilio non è più in grado di gestire situazioni cliniche, ma anche sociali (solitudine, vecchiaia, gravi problemi economici, ecc ), evolutive e condizionanti la qualità di vita residua: questo "tempo" non ha una durata definita e può essere anche molto lungo, di mesi e talvolta anche anni. Proprio per questo (e non solo...), personalmente non ho mai avuto la sensazione di lavorare in una anticamera della morte, pur consapevole peraltro che spesso è questa la percezione, sbagliata (di nuovo pardon), alla quale l'Hospice viene sinteticamente associato. Per quanto, infine, i "professionisti" che lavorano in Hospice debbano confrontarsi quotidianamente con il tema della morte, il loro primo pensiero "deve" sempre essere quello di conservare ed applicare quei principi racchiudibili nelle formule "saper fare" e "saper essere" che integrano quella generica, indistinta, equivoca disposizione a "fare del bene" che, da sola, rischia di produrre solo confusione in un contesto di così alta valenza umana ed etica.

20/04/2024

13 aprile 2024: una data che per noi è significativa in quanto esattamente 18 anni fa, il 13 aprile 2006, l'Hospice di Grumo Appula veniva aperto al pubblico. Ebbene sì: siamo maggiorenni! Costretto ad una temporanea inabilità, non potevo esimermi dal dedicare un pensiero a quella che, tra inevitabili alti e bassi è stata, e continua ad essere, una bella storia. Una storia fatta di dedizione, attaccamento, sensibilità, senso di appartenenza, attenzione ai bisogni di ammalati e loro familiari e, perché no, di sacrificio, anche sul piano personale. Tante cose sono cambiate rispetto a 18 anni fa, tante storie si sono concatenate nel corso di questi lunghi anni, tanti compagni di viaggio (consentitemi di citare Teresa Ugenti, Valeria Zotti, Antonia Vitucci, Domenica Focarazzo, Ida Gjiergij, Vito Fasiello, Francesca Romito, Giovanni Peragine, gli infermieri ed OSS succedutisi sin dall'inaugurazione, ecc.) hanno legittimamente, per motivi diversi, scelto di proseguire il loro percorso professionale su altre strade: rimane però la traccia di esperienze, vissuti, contributi che ognuno di noi ha lasciato in ogni momento di questo viaggio che abbiamo percorso insieme. Nel frattempo la vita è andata avanti: abbiamo accumulato competenze e saperi, condiviso gioie e soddisfazioni: mentre le nostre famiglie crescevano con noi, abbiamo percorso insieme le tappe di un cammino che non sempre è stato lineare, ha prodotto anche sofferenze, timori e, perché no, qualche volta anche rabbia. Nel frattempo, in questi 18 anni, il mondo è cambiato, anche quello della Sanità: stiamo vivendo un momento di rifondazione e profonda riorganizzazione dei servizi, in particolare di quelli territoriali, sotto l'egida della governance aziendale e regionale. I processi tendono, sia pure a fatica, alla semplificazione, allo snellimento di procedure amministrative talora incompatibili con i tempi e i bisogni che caratterizzano il setting palliativo, sia domiciliare che residenziale: ciò richiede tanta pazienza o, come si dice oggi, resilienza, quella che negli anni, credo di poter dire, ogni componente dell' equipe dell'Hospice di Grumo Appula, indipendentemente dal proprio profilo professionale, ha dimostrato di possedere in quantità industriali. Sempre oggi scorrono i ricordi di tanti episodi, di tanti ammalati, dei loro familiari, un succedersi di narrazioni, le piccole e grandi storie che ci hanno visto protagonisti, che ci hanno coinvolto anche emotivamente, senza però mai inficiare il nostro primo obiettivo: perseguire qualità e assicurare la indispensabile professionalità nell'intervento assistenziale e terapeutico: il prendersi cura, per l'appunto. Nelle "storie" dei nostri assistito abbiamo investito risorse fisiche e psichiche, nell'impegno continuo, quotidiano, ad alleviare sofferenze e patimenti dei nostri ospiti. Certo, non tutto è andato come speravamo e desideravamo: quante volte abbiamo dovuto condividere, tra di noi, il senso di impotenza o la frustrazione per il fatto di non essere percepiti come volevamo, anche da parte del contesto ambientale e sociale nel quale operiamo. Tuttavia sento di poter dire, e credo che questo mio pensiero sia condiviso, che alla resa dei conti abbiamo la coscienza a posto: il nostro senso del dovere, di infermieri ed OSS in primis, è stato un elemento qualificante, forte, che ci ha permesso di tenere la barra dritta, anche quando intorno a noi sembrava approssimarsi qualche tempesta: senza retorica, questo aspetto è motivo di orgoglio per tutti noi!!! Attualmente, quanto meno sul piano meramente numerico in relazione alla dotazione di posti letto, fatto salvo il problema della componente medica al momento carente per situazioni contingenti, l'equipe è a posto: non è un dato da considerarsi scontato, visti i tempi. Ma non basta: è tanto più importante avvalersi di una piena dotazione organica quanto più si condivide un progetto, un sistema di lavoro, una mission. Sia pure temporaneamente "lontano", mi permetto di esortare e sollecitare con forza questo processo di integrazione: un lavoro continuo, che non procede a salti, ma richiede pazienza e impegno quotidiani e che produce effetti positivi innanzi tutto sull'attività lavorativa, ed in subordine sul nostro benessere esistenziale, personale, familiare, un fattore cruciale per professionisti che operano in un settore così delicato. Per chiudere, riprendo una suggestione iniziale: la storia dell'Hospice di Grumo Appula è, al netto di tutto, una bella storia: è stata, e continua ad essere, un'esperienza di vita, prima che di lavoro. Nessun componente della nostra equipe potrebbe percepirsi pienamente come essere cogente bypassando o, peggio, scotomizzando questa esperienza, in nome della quale sento di auspicare per l'Hospice di Grumo Appula, il proseguimento di un'impresa, perseguendo l'obiettivo di coniugare al meglio mission e finalità della struttura, benessere organizzativo e l'indispensabile serenità professionale e personale: se queste condizioni saranno soddisfatte, il futuro dell'Hospice sarà assicurato sia in termini di continuità temporale che per qualità dell'offerta. Grazie a tutti coloro che ci supportano e ci seguono con interesse e attenzione.

14/11/2023

COMUNICATO STAMPA Caso Indi Gregory: Lettera aperta al Governo sull’Importanza delle Cure Palliative Pediatriche Roma, 13 novembre 2023 – In seguito alla triste e delicata vicenda della piccola Indi…

12/11/2023

Siccome le semplificazioni sono all'ordine del giorno, vorrei sottolineare un aspetto importante, per me fondamentale.
Una lettura superficiale e sommaria di questa vicenda, porterebbe il pubblico ad immaginare, a pensare, che si vada in Hospice per morire, o per "staccare le macchine".
Non è così! E qualsiasi operatore che lavori in Cure Palliative ha il dovere di contrastare una lettura così parziale e riduttiva del nostro lavoro.
Il ricorso alle cure palliative è una possibilità terapeutica molto più aperta, ampia, legata a bisogni assistenziali che possono presentarsi in ogni momento della malattia e non solo od esclusivamente nelle fasi impropriamente definite "terminali".
La semplificazione in cui si rischia di ricadere, anche a motivo di questi casi che assurgono ad evidenza pubblica su TV e giornali per la loro enorme risonanza mediatica, non può essere strumentalmente ricondotta all'equazione: cure palliative = cure di fine vita!
Non è così! Ove mai lo fosse, non si spiegherebbe lo sviluppo di un sistema che contempla, a mero titolo di esempio, programmi di "cure palliative simultanee" o "cure palliative precoci" in una vastissima gamma di patologie. Non si spiegherebbe il perché le Cure Palliative rientrino a pieno titolo e dignità nei processi di "pianificazione anticipata e condivisa dei percorsi di cura" (così come prescritto dalla legge 219). Non si spiegherebbe il perché l'accesso ai setting palliativi residenziali con finalità di "sollievo" all'impegno dei caregiver familiari, sia contemplato nei PDTA (formalizzati o meno) di varie patologie degenerative a lungo, quando non lunghissimo decorso. Non spiegherebbe la possibilità che, sempre i setting palliativi residenziali, possano essere compresi quale tappa intermedia nei percorsi di "transito" tra setting ospedaliero e domicilio.
Come si evince quindi uno spettro di azione ben più ampio, tutt'altro che semplicisticamente riconducibile alla mera gestione del fine vita.
Ritengo che tanto più in queste situazioni in cui l'opinione pubblica viene coinvolta, da media e politica in primis, in casi estremi, si debba tenere alta l'attenzione affinché il nostro Sistema non venga percepito in maniera distorta, quando non francamente aneddotica.

11/10/2023
01/04/2023

Ieri sera ho partecipato a Cassano Murge ad un incontro sul tema dell'assistenza agli anziani.
È stata l'occasione per presentare alcuni dati dai quali si desume che ben il 75% dei ricoveri registrati in Hospice dal giorno della apertura al pubblico, avvenuta quasi 17 anni fa (per la precisione il 13 aprile 2006) hanno riguardato persone di età uguale o superiore ai 65 anni.
Questo è un tema molto importante, dal momento che la sempre maggiore incidenza di malattie neurodegenerative, demenze in primis, comporta problemi clinico - assistenziali complessi che le famiglie, a loro volta sempre più ridotte all'osso nella composizione numerica, non riescono o non possono gestire a domicilio. Ciò accade tanto più nelle fasi di più intensa ed avanzata progressione di malattia, quelle che vengono impropriamente, ma sinteticamente, definite "terminali". In tale evenienza, sarebbe opportuno poter contare su una rete di strutture (Rssa, RSA, Hospice) le quali, dopo attenta valutazione di risorse e bisogni, possano rispondere alle articolate problematiche caso per caso, definendo il setting assistenziale più appropriato per quei determinati bisogni in quel dato momento. Se è vero che le demenze stanno progredendo numericamente con una velocità di raddoppiamento impressionante, sarebbe opportuno che si adottassero strategie conseguenti, atte ad assicurare un ottimale profilo assistenziale in ogni fase di malattia. In tal senso il DM 77, licenziato dal precedente governo nel giugno 2022, stabiliva un rapporto posti letto Hospice/popolazione pari a 8 - 10 ogni 100000 abitanti. Applicando questi dati alla situazione in Provincia di Bari, si rileva una discrepanza significativa tra dotazione attuale di posti letto in Hospice (in tutto 66) e dotazione potenziale in base ai parametri del citato DM, e cioè un numero compreso tra i 120 e i 150. Vi è pertanto ancora molta strada da fare, per costruire un modello assistenziale virtuoso, che consenta una risposta omogeneamente distribuita su tutto il territorio.

Riceviamo ogni giorno richieste di ammalati cronici in fase terminale provenienti dai setting più disparati: Medicine in...
07/03/2023

Riceviamo ogni giorno richieste di ammalati cronici in fase terminale provenienti dai setting più disparati: Medicine in primis, ma non solo. In genere si tratta di pazienti anziani, con plurime comorbodita', quasi sempre hanno fatto più di tre ricoveri ospedalieri nell'ultimo anno, una porta girevole infernale che non risponde a quasi nessuno dei loro bisogni, ma assorbe risorse enormi concentrate per lo più in esami inutili, costosi, ridondanti. Il punto è che molti colleghi ospedalieri non hanno le competenze per astenersi dal praticare terapie e diagnostica irragionevoli: alcuni arrivano a sostenere il "dovere" di eseguire l'ennesima endoscopia, di praticare peg e tracheo a pazienti semi boccheggianti, perché i "protocolli" quello prevedono nei reparti per acuti. È evidente che a queste condizioni il sistema salta. Abbiamo, dal nostro punto di vista, chiara evidenza del fatto che molti reparti ospedalieri sono assimilabili a degenze per malati terminali, pur non avendone competenza. Una situazione assurda, che succhia preziose risorse: la differenza di costo tra un giorno di degenza in Hospice e uno in una medicina interna ospedaliera è enormemente sbilanciata verso la seconda, con uno spreco di denaro immane. La colpa ovviamente non è dei colleghi, che anzi si trovano a gestire situazioni al limite del collasso, ma di un sistema che è tuttora ancora poco orientato alla gestione delle cronicità e di un equivoco, quello cioè della sanità territoriale, di cui tanti parlano, ma che non rappresenta al momento una alternativa credibile: la difficile congiuntura socioeconomica, le famiglie ridotte ormai ai minimi termini, l'assenza, reale o potenziale, di caregiver, sono tutti fattori che minano alla base uno dei capisaldi su cui si fonda la sanità territoriale. Gli Hospice, al netto di una ancora insufficiente dotazione di posti letto potrebbero rappresentare, in parte, una soluzione del problema, previa attenta selezione e adeguata informazione del malato e dei familiari e pianificazione condivisa del percorso di cura nella cronicità (così come del resto previsto dalla legge 219). Ma non è facile: molte volte quei poveri anziani piagati da multiple patologie, rappresentano anche una fonte di reddito per famiglie ridotte all'osso: difficile rassegnarsi, da parte di familiari spesso riottosi, polemici, talora arrabbiati, all'idea di un approccio più morbido, più dolce, meno aggressivo, nelle fasi più avanzate o terminali di malattia. Che fare allora? Intanto istituire subito e diffondere in ogni ambito ospedaliero la cosiddetta consulenza palliativa, che funga da supporto per i colleghi e da guida per ammalati e familiari nel delineare percorsi virtuosi di dignità e assistenza alla persona nel momento in cui fosse anche solo ipotizzabile un imminente passaggio dalle cure intensive finalizzate alla guarigione, alle cure finalizzate a dare competenza e dignità nelle fasi avanzate di malattia. In secondo luogo disseminare in ogni ambito, sociale, politico, lavorativo, amministrativo, tra la popolazione, ecc. il verbo delle cure palliative, che non sono cure dell'abbandono o della gestione del mero fine vita o dell'evento "morte", ma cure focalizzate alla dignità della persona, al soddisfacimento dei bisogni, al controllo e gestione della sofferenza, al perseguimento della migliore qualità di vita, in contesti di appropriatezza tecnica e relazionale per l'ammalato, la sua famiglia e la rete amicale. La speranza è che su questi temi su apra quanto prima un dibattito, un confronto, non limitato ai cosiddetti "addetti ai lavori", ma aperto al contributo della popolazione, della società civile, della cittadinanza, attiva e non.

Indirizzo

Via Della Repubblica
Grumo Appula
70025

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