Nell'Anticamera del Cervello

Nell'Anticamera del Cervello Psicologa, specializzanda in Psicoterapia. Mi occupo in particolare di:
�Valutazione e riabilitazi

Complici i tanti momenti a tavola previsti nel periodo delle festività, nelle scorse settimane allo sportello caregiver ...
08/01/2024

Complici i tanti momenti a tavola previsti nel periodo delle festività, nelle scorse settimane allo sportello caregiver mi sono arrivate tantissime domande sul come organizzarsi e facilitare una persona malata di Alzheimer durante il pasto.
Mi è parso un argomento di grande rilevanza: ciò che si mangia e come si vive il momento del pasto, infatti, possono influire notevolmente sul benessere fisico, ma anche psichico ed emotivo delle persone. Vi condivido quindi alcune indicazioni generali, sperando che vi possano essere utili 👇

Partiamo da un assunto di base: per mantenere le abilità residue ed evitare che la persona con demenza si senta trattata come un bambino (gli anziani e i malati NON sono bambini, non mi stancherò mai di dirlo!!), la cosa migliore è incoraggiarla a fare da sola tutto quello di cui è capace (con i suoi modi e i suoi tempi). Nel caso specifico del pasto, modificando la preparazione del cibo e l’organizzazione della zona pranzo, si può lasciare alla persona la possibilità di mantenere più a lungo la propria indipendenza. Vi faccio un esempio: se la persona non riesce più ad usare il coltello, non è necessario imboccarla. Potete invece preparare cibi più morbidi, così che possa romperli facilmente con la forchetta oppure con le mani. E se il cibo che servite va necessariamente tagliato, meglio farlo prima che arrivi in tavola.

Come abbiamo visto in un post precedente poi, consumare i pasti insieme, oltre ad essere un momento di socializzazione importante, può essere utile in caso di confusione (“Per mangiare la minestra è meglio utilizzare la forchetta o il cucchiaio?”) perché la persona avrà un modello concreto a cui riferirsi (“Tutti usano il cucchiaio, allora uso il cucchiaio anche io!”).

Altri piccoli, ma importanti accorgimenti che si possono utilizzare per fare in modo che il momento del pasto sia un momento piacevole per tutta la famiglia, li trovate scorrendo il post! 👉
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La qualità delle nostre vite passa anche dal significato che assumono i piccoli gesti quotidiani. Questa è una delle lez...
07/12/2023

La qualità delle nostre vite passa anche dal significato che assumono i piccoli gesti quotidiani. Questa è una delle lezioni più importanti che ho imparato lavorando a stretto contatto con le persone anziane. E anche ieri, durante un colloquio, mi è capitato di ripensarci.
La figlia di G.,donna di 80 anni con diagnosi di Alzheimer, mi ha infatti confidato che da un po’ di tempo la mamma fa fatica a mangiare: a tavola appare confusa, non ricorda come si utilizzano le posate e spesso si sporca. Quando succede la signora G.si agita e tutta la famiglia finisce col sentirsi impotente e in imbarazzo. Così, per ridurre lo stress, la figlia di G.sta pensando di iniziare a far mangiare la mamma da sola, prima che il resto della famiglia sieda a tavola.

Mentre mi confrontavo con la figlia di G.,mi è tornato in mente uno studio inglese, condotto nei raparti di cura per la demenza, che ha mostrato che se il personale prende parte ai pasti, i residenti hanno più appetito, sono più tranquilli mentre si alimentano e richiedono un minor grado di assistenza.

Perché succede?
Probabilmente perché mangiare insieme aumenta la sensazione di uguaglianza e favorisce la socializzazione. Inoltre in questo modo i residenti hanno modelli di riferimento che possono supportarli nel gestire le proprie capacità a tavola.

Quindi, senza dimenticare mai che ogni persona è unica e necessita di strategie uniche, stando ai risultati di questo studio, per la signora G. mangiare da sola non solo non sarebbe una soluzione, ma anzi, rischierebbe persino di ridurre ulteriormente il suo grado di autonomia.
Che fare dunque? L’ideale sarebbe quello di continuare a consumare il pasto tutti insieme, ma rendendo il contesto il meno confusivo possibile, così da permettere a G. di mettere in campo tutte le sue abilità residue, senza ostacoli.

Nei prossimi giorni vi condividerò alcune che possono essere di aiuto per godersi il momento del pasto anche in presenza di difficoltà cognitive.
Prima però chiedo a voi… Vi vengono in mente alcune azioni che potrebbero facilitare la signora G. la sua famiglia? Raccontatemele se vi va!


Tratto dal libro (nero): “Cose inopportune da dire a chi soffre di dolore cronico”.•Io: “Dottore in queste settimane le ...
12/09/2023

Tratto dal libro (nero): “Cose inopportune da dire a chi soffre di dolore cronico”.

Io: “Dottore in queste settimane le cose non vanno bene. Oggi avevo così tanto dolore che tra un paziente e l’altro mi sono dovuta stendere più volte sul pavimento”.
Dottore: “Lei è una persona emotiva, vero? Lo sento anche adesso, mentre me lo racconta… E’ agitata”.
Io: “Lo sono Dottore. Mi sono dovuta coricare più volte sul pavimento oggi. Non riuscivo a muovermi”.
Dottore: “Signorina, lei è una psicoterapeuta, dovrebbe cercare di essere meno emotiva. Su. Forse è anche per questo suo essere così emotiva che si è ammalata”.

Mio caro Dottore, ora lei passa a visitare il prossimo paziente, mentre io rimango dall’altro capo della cornetta, dolorante, con le sue parole conficcate come lame nella carne. Fa male, lo sa? E no, non fa male perché sono emotiva. Fa male perché siamo nel 2023, eppure ancora esistono certi stereotipi sul dolore. Stereotipi che influiscono pesantemente sulla mia (sulla nostra) possibilità di ricevere diagnosi e trattamenti adeguati. Stereotipi che al peso del dolore cronico, aggiungono quello di sentirsi non creduto sul piano medico e abbandonata sul piano umano.

🩸


A te che per me avevi accettato anche questo 😂 ••
19/02/2023

A te che per me avevi accettato anche questo 😂



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