Olio extravergine di oliva Gentile di Larino

Olio extravergine di oliva Gentile di Larino Produzione di Olio Gentile di Larino di qualità superiore con spremitura a freddo per conservare le proprietà benefiche delle olive.

Dopo i boccioli vi presento lo spettacolo dell'infiorescenza e poi i piccoli frutti....anche se il clima ha colpito anco...
09/06/2017

Dopo i boccioli vi presento lo spettacolo dell'infiorescenza e poi i piccoli frutti....anche se il clima ha colpito ancora.....
Buona giornata

Vi presento dei boccioli di "Gentile di Larino"...Boccioli nutraceutici per eccellenza...
17/05/2017

Vi presento dei boccioli di "Gentile di Larino"...
Boccioli nutraceutici per eccellenza...

06/05/2017

La gastronomia influisce sulla diplomazia e sui processi decisionali

Un buon pranzo può essere utilizzato come strumento di persuasione, sia in politica sia sul luogo di lavoro. Non è solo il cibo a condizionare i nostri pensieri. Anche l'ambiente può influire sulle nostre percezioni, migliorando la creatività e la produttività

Ormai i pranzi e le cene di lavoro sono considerate superflue.

Si mangia velocemente e la ritualità del pasto viene considerato un vezzo antico, un segno di arretratezza e qualche volta persino un segno di scarsa produttività.
In realtà dagli Stati Uniti stanno sempre più venendo ricerche che dimostrano come la ritualità del cibo, e la stessa natura degli alimenti che consumiamo, può influenzare notevolmente le decisioni che andremo ad assumere.
Ecco allora che proprio dagli States viene la nuova tendenza: attenzione alla tavola da pranzo. Hillary Clinton ha inaugurato, mentre era Segretario di Stato, un approccio completamente nuovo ai pranzi di lavoro. L'organizzazione del pranzo di lavoro è quindi strategica ed è stata definita dallo staff della Clinton “diplomazia intelligente”. Natalie Jones, un vice capo del protocollo del governo americano ha affermato: “il cibo è fondamentale perché si tengono negoziati difficili al tavolo da pranzo”.
Il cibo che mangiamo influenza la decisioni che prenderemo e anche migliorare, o peggiorare, la performance al lavoro, la produttività e la creatività. Colossi della Silicon Valley come Amazon, Google e Facebook prestano sempre più attenzione al menu e all'ambiente della sala ristoro delle loro mense aziendali.
Perchè il cibo, e l'ambiente dove lo assumiamo, influenzano il nostro comportamento?
Tutto deriva dal rilascio di glucosio e serotonina come risultato diretto di quello che consumiamo, come alimenti ricchi di zucchero e triptofano. Mangiare insieme ad altri può anche innescare il rilascio di endorfine. Anche l'atto stesso della masticazione può dare origine al rilascio della serotonina e quindi migliorare l'umore. E poi, c'è il linguaggio del corpo e la mimica che possono innescarsi quando mangiamo e beviamo con gli altri, che possono promuovere il comportamento pro-sociale.
Una volta riconosciuta l'importanza del cibo nel processo decisionale, non solo in ambito diplomatico, ma in qualsiasi situazione che coinvolge decisioni, negoziati e presumibilmente anche l'innovazione (in sostanza qualsiasi tipo di incontro d'affari), occorre considerare il pasto un importante momento della giornata lavorativa. si potrebbe anche pensare Lo spazio più appropriato in cui mangiare e bere mentre si tiene una riunione.
Tutto dall'altezza del soffitto, alla dimensione e forma dei tavoli può fare la differenza. Nelle mense delle aziende della Silicon Valley non è infrequente notare la presenza di grandi tavoli. Sono stati deliberatamente scelti per incoraggiare la riunione e la riunione fortuita dei dipendenti, così da stimolare la socializzazione, lo scambio di idee e il brain storming. Meglio, a questo scopo, la tavola rotonda. Fin dal momento della costruzione della sala da pranzo di Tholos nell'Agora nel 465 aC, è stato ben compreso il simbolismo politico del tavolo rotondo (che implica l'uguaglianza e l'amicizia). Pensiamo a Re Artù e ai suoi Cavalieri della Tavola Rotonda, per non citare la tradizione del tavolo banchetto tondo cinese. Le ultime ricerche dimostrano che le tavole rotonde tendono a favorire una decisione decisionale più collaborativa rispetto alle tavole quadrate o rettangolari.
Naturalmente è importante anche il cibo, come sapeva il futurista italiano Marinetti che voleva abolire la pasta a pranzo. Le paste, in particolare quelle più ricche di sugo, possono appesantire lo stomaco, quindi interferire con la capacità di ragionare in modo produttivo e di pensare criticamente. Non è però solo una questione di digestione, ma anche di gusti. I ricercatori che lavorano all'Università di Innsbruck in Austria hanno dimostrato che le persone che assaporano qualcosa di amaro (come succhi di pompelmo, birra, cioccolato fondente, caffè nero non zuccherato o, ancora peggio, verdure crucifere) tendono a mostrare una maggiore ostilità verso altri. Al contrario, la degustazione di qualcosa di dolce tende a far sentire la gente più disponibile e aperta.
Mai come in questi anni si sta quindi rivalutando il ruolo positiva della tavola e la sua socialità intrinseca in una società molto dinamica e innovativa come quella attuale.
di Graziano Alderighi
pubblicato il 05 maggio 2017 in Tracce > Gastronomia

29/04/2017

Una dieta ricca di grassi monoinsaturi può allungare la vita
Una ricerca dell'Università di Stanford dimostra come i grassi monoinsaturi, di cui è ricco l'olio extra vergine di oliva, sarebbero responsabili di modificare una vita metabolica e complessi proteici epigenetici tanto da aumentare la sopravvivenza fino al 30%

Vivere fino a 100 anni e oltre grazie a una dieta ricca di acidi grassi monoinsaturi, è la promessa dell'Università di Stanford che ha scoperto come i grassi monoinsaturi possono influenzare una via metabolica e i relativi complessi proteici epigenetici, così influenzando l'espressione genica e rallentando l'invecchiamento.
Gli acidi grassi monoinsaturi, di cui è particolarmente ricco naturalmente l'olio extra vergine di oliva, proteggono anche il sistema cardiocircolatorio e migliorano, più in generale, la qualità della vita.
Sappiamo, al contrario, che i grassi saturi, quando mangiati in abbondanza, possono provocare problemi all'apparato cardiocircolatorio e causare malattie neurodegenerative.
Più discusso il contributo dei grassi polinsaturi, tipici degli oli di semi. Se la letteratura scientifica ne cita spesso la valenza nel controllo del colesterolo, altrettanto spesso ne viene sottolineata la “delicatezza”, ovvero la facilità con cui possono formare radicali liberi in fase di cottura e preparazione dei pasti.
Nel caso dell'Università di Stanford, che ha esaminato il diverso contributo di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, si è scoperto, semplicemente che mentre i monoinsaturi influenzano, indirettamente, la longevità , i polinsaturi non attivano gli stessi processi e non hanno lo stesso effetto.
Il segreto sta nel complesso Compass. Questo complesso proteico epigenetico influisce sul DNA. Semplificando, in presenza del complesso Compass, il DNA si “srotola”, consentendo l'espressione genica, altrimenti resta “arrotolato”. Più il DNA viene “srotolato” per azione del complesso Compass, tanto più diminuisce la speranza di vita.
I grassi monoinsaturi agirebbero, secondo i ricercatori di Stanford, sul complesso Compass, cosa che invece non farebbero i grassi polinsaturi.
Inattivare il complesso Compass grazie a una dieta ricca di acidi grassi monoinsaturi, aumenterebbe la speranza di vita del 30%.
di T N
pubblicato il 27 aprile 2017 in Tracce > Salute

29/04/2017

Le diete low fat possono essere pericolose per cervello e metabolismo
Pochi grassi significa più zuccheri che in eccesso fanno male al metabolismo e aumentano il rischio diabete. Una dieta low fat porta a mangiare di più proprio perché i cibi sono meno calorici

Uno studio americano smentirebbe i fautori di una dieta a base di cibi cosiddetti "light" o low fat.
Sono, ormai, almeno tre decenni, che tante aziende, anche tra le multinazionali dell'alimentare, hanno scelto di lanciare questo tipo di prodotti decantandone il loro basso contenuto calorico e talvolta accentuando un loro presunto ruolo nel controllo del peso, mentre una ricerca su animali pubblicata sulla rivista Physiology & Behavior, da Krzysztof Czaja dell'Università della Georgia, sosterrebbe che potrebbero addirittura far ingrassare oltre che favorire altri problemi quali infiammazione cerebrale e problemi metabolici.
I generi alimentari in questione, che sono diventati quasi una scelta obbligata per coloro che vogliono dimagrire, contengono in zuccheri tutto quello che non hanno in grassi, spiega Czaja, quindi, pur essendo effettivamente meno calorici di un analogo cibo con normale contenuto di grassi, in realtà non sortirebbero gli effetti sperati da chi li consuma.
Il ricercatore avrebbe verificato tali conseguenze sottoponendo topolini a una dieta con cibi "diet", poveri di grasso e quindi ricchi di zuccheri, e confrontandoli con topolini con una dieta bilanciata per contenuto di grassi e zuccheri. Nonostante questi ultimi mangiassero più grassi dei primi, i topolini alimentati con cibi "dietetici", low fat, accumulano, per metà delle calorie consumate, la stessa quantità di grasso corporeo dei topi che mangiano in modo equilibrato.
Le ragioni sarebbero abbastanza semplici da comprendere: in primo luogo, pochi grassi significa più zuccheri che in eccesso fanno male al metabolismo e aumentano il rischio diabete, ricorda Czaja; in secondo, mangiare low fat porta a mangiare di più proprio perché i cibi sono meno calorici e quindi ci si sazia meno; in ultimo l'eccesso di zuccheri si trasforma in grasso corporeo anche se si consumano meno calorie rispetto a una dieta bilanciata.
La dieta low fat è risultata anche legata a infiammazione a livello cerebrale.
di C. S.
pubblicato il 28 aprile 2017 in Tracce > Salute

05/04/2017

Olio extra vergine di oliva e bergamotto utili per la terapia del dolore
La protezione antiossidante fornita dai polifenoli di frutta e verdura potrebbe svolgere un ruolo di supporto. Un’attenzione particolare è stata rivolta ai polifenoli contenuti nel bergamotto e nell’olio di oliva che potrebbero contrastare il fenomeno della tolleranza ai farmaci oppiacei

Non solo farmaci. Contro il dolore, anche l’alimentazione può dare il suo contributo. Anche nell’ambito di terapia del dolore l’attenzione rivolta alla dieta sta assumendo un peso crescente e dalla ricerca scientifica arrivano risultati interessanti a supporto del suo ruolo. Tra gli alimenti “utili” al controllo del dolore ci sarebbero alcuni tipi di frutta e verdura, il tè verde, i cereali integrali, ma anche il caffè e il vino. Ne parliamo con il dottor Fabio Intelligente, anestesista coordinatore del Servizio di Terapia Antalgica per il Dolore Cronico dell’unità di Anestesia e day hospital chirurgico dell’ospedale Humanitas.
Cosa accomuna questi generi alimentari? I polifenoli, composti organici presenti naturalmente in questi alimenti e che svolgono azione antiossidante. Si trovano nei frutti rossi, nell’uva, nei pomodori, nelle melanzane e nei peperoni, ad esempio, e il loro ruolo potenziale è stato messo in luce da diversi studi scientifici.
Un’attenzione particolare è stata rivolta ai polifenoli contenuti nel bergamotto e nell’olio di oliva che sarebbero in grado di contrastare il fenomeno della tolleranza ai farmaci oppiacei. Fenomeno che costringe molti pazienti a incrementare periodicamente il dosaggio del farmaco per poter mantenere l’efficacia analgesica, andando spesso incontro ad aumento anche degli effetti collaterali.
"I polifenoli contenuti in questi prodotti si comportano come “spazzini” dei radicali liberi. In alcuni modelli animali i polifenoli estratti dall’olio di oliva e dal bergamotto si sono dimostrati in grado di ridurre i radicali liberi e, parallelamente, ridurre il dolore e ripristinare l’efficacia degli analgesici oppiacei. Queste molecole risulterebbero utili per mantenere l’efficacia dei farmaci oppiacei assunti; ma, potrebbero anche costituire un interessante “prototipo” per sviluppare nuovi farmaci analgesici non oppiacei". ha dichiarato Intelligente.
Inoltre, per le sue proprietà antinfiammatorie la curcuma può considerarsi una spezia benefica per il controllo del dolore. Tutto merito della curcumina, potenzialmente utile per il trattamento dell’artrosi secondo uno studio pubblicato su Drug design, development and therapy. I pazienti colpiti da questa malattia reumatica avrebbero fatto registrare un miglioramento nella funzione fisica, nella qualità di vita e nella riduzione del dolore grazie a questa spezia. Inoltre, anche in questo caso, avrebbero diminuito l’apporto di farmaci analgesici.

di C. S.
pubblicato il 27 marzo 2017 in Tracce > Salute

25/03/2017

Bisogna dare un futuro all'oliveto Italia
La quantità non può essere l'unico obiettivo da raggiungere ad ogni costo. Da popolo con scarsa autostima dobbiamo anche capire che l'olio Siciliano, Pugliese o Toscano, solo per fare alcuni esempi, lo possiamo fare solo noi, e nel mondo sono nomi che suonano bene, sono copiati perchè fanno vendere

Ho accettato volentieri l'invito di AIRO alle cantine Antinori per la presentazione del Magnifico 2017, ho dismesso per qualche ora gli abiti di campo e non avendo mandato campioni mi sono goduto una serata intensa con l'occasione di rivedere tanti amici del mondo dell'olio, una serata lunga e piena di interventi interessanti, alcuni emozionanti, altri con ottimi spunti di riflessione.
Condivido quanto detto da Marco Scanu Direttore Generale di Dievole alla presentazione del Magnifico 2017: abbiamo bisogno di volumi consistenti di produzione non solo di mini produzioni da concorso che non hanno seguito sul mercato: quello che viene premiato è giusto che sia un quantitativo commercialmente interessante altrimenti sarebbe l'ennesima occasione per cantarcele tra addetti ai lavori.
Fatta questa premessa mi sembra dovuto fare qualche approfondimento perchè il quantitativo non può essere un obiettivo che va perseguito ad ogni costo, bensì deve essere il frutto del nostro lavoro in campagna. E' fondamentale che il nostro lavoro (di ogni olivicoltore della pen*sola) sia rivolto alla valorizzazione delle proprie varietà locali e alla tutela del paesaggio, come diceva l'amico Nico Sartori.
Qualcosa però non mi torna e sorge spontanea una domanda: se sono le grandi aziende talvolta con oltre 30.000 piante a piegarsi al pensiero che il consumatore vuole quel tipo di olio perchè un po' più ru****no con una varietà non coltivabile nel Chianti Classico, mi spiegate chi può tra le piccole aziende far passare un messaggio concreto, sincero, autentico?
Purtroppo già dall'esperienza del vino sappiamo che inseguire le varietà “più ruffiane al gusto”, le mode, le tendenze è autodistruttivo a livello di produzione, è massificazione, rappresenta la più subdola forma di erosione della biodiversità; che non perderà l'occasione di ricordarci, all'avvento della moda successiva, che abbiamo perso un'occasione di dire la nostra oltre ad aver investito ingenti capitali in qualcosa che non funziona più …
Ma ho trovato anche una risposta … nella convinzione che la strada della produzione di Evoo nazionale e regionale debba passare dalla valorizzazione delle varietà locali; grande merito va a piccole realtà come quella del collega Giacomo Grassi che su questo hanno investito coraggiosamente. Lo sforzo naturalmente non è solo tecnico ma anche commerciale e comunicativo per far capire e conoscere prodotti autentici a molti consumatori, ristoratori, distributori. Abbiamo esempi come quello del dottor Titone (premiato con il Magnifico alla carriera) che ci possono portare avanti, con idee nuove, con stimoli nuovi, ma con la consapevolezza di coltivare una pianta millenaria.
La tutela della biodiversità; il recupero degli oliveti abbandonati; le corrette diciture in etichetta; la ricerca sulla fisiologia della pianta per perseguire il suo stato di salute complessivo da cui parte una costanza di produzione e di qualità; una burocrazia che tuteli il consumatore, e i produttori ma che ci permetta di lavorare. In questi ultimi anni abbiamo sentito molte voci di ciò che sarebbe utile al mondo dell'olivo, tante idee valide ma alla fine ciò che più manca al nostro settore è una regia, è un coordinamento che non faccia sperperare le risorse in mille rivoli e, che ancor più, non faccia cambiare rotta ad ogni colpo di vento anche leggero. Un coordinamento che sia in grado di dare una cronologia degli interventi con una logica di successione nel contesto produttivo, ad esempio partire dall'aumento di produzione e dal reimpianto degli oliveti quando non si riesce a vendere esporrebbe l'imprenditore ad un probabile suicidio finanziario.
Da popolo con scarsa autostima dobbiamo anche capire che l'olio Siciliano, Pugliese o Toscano, solo per fare alcuni esempi, lo possiamo fare solo noi, e nel mondo sono nomi che suonano bene, sono copiati perchè fanno vendere. In questo i consorzi di tutela possono e devono avere un impegno maggiore andando oltre le diatribe tra più grossi e più piccoli: perchè incrementare la qualità è tecnicamente possibile oltre che indispensabile. Se riuscissimo a migliorare la qualità del nostro Evoo certificato di un 15/20% (obiettivo raggiungibile spesso con costi bassi o nulli) saremmo riusciti a fare un gran bene a tutto il mondo produttivo, permettendo al nostro prodotto di avere un vero carattere distintivo.
Sono convinto che l'olio extravergine Italiano possa vincere se lavoriamo uniti, ognuno nel suo campo … di olivi, … della ricerca, … dei consorzi di tutela, … della comunicazione, … della commercializzazione, ma con un obiettivo che sia collettivo: lo sviluppo del nostro mondo meraviglioso che è l'oliveto Italia.
di Angelo Bo
pubblicato il 24 marzo 2017 in Strettamente Tecnico > L'arca olearia

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