Daniela Boaretto - Fisioterapista

Daniela Boaretto - Fisioterapista Dr.ssa in Fisioterapia
- RIABILITAZIONE POSTURALE metodo Mézières
- DRENAGGIO LINFATICO MANUALE a

18/11/2025
18/11/2025
18/11/2025

Finalmente è martedì! Benvenuti a un nuovo episodio di “Neurolandia: il sistema nervoso come non lo avete mai visto!” 🤩

Oggi vi portiamo a conoscere un nervo.. che ama viaggiare. Un po’ cervello, un po’ cuore, un po’ intestino.

È il nervo vago, il decimo nervo cranico, e attraversa il corpo come una lunga autostrada che collega la mente al corpo.. e viceversa.

È il simbolo dell’equilibrio, della calma, della connessione profonda tra respiro, emozione e salute. E sì.. quando è in forma, ci fa vivere meglio. Quando è stressato, ce lo fa sentire ovunque.

Dove sta?

Il nervo vago (X nervo cranico) nasce nel bulbo (midollo allungato), all’interno del tronco encefalico.

Da lì, inizia il suo viaggio discendente: esce dal cranio attraverso il forame giugulare. Scende nel collo, all’interno della guaina carotidea, insieme a carotide e giugulare interna. Entra nel torace, dove invia rami al cuore e ai polmoni. Prosegue nel mediastino, attraversa il diaframma e raggiunge i visceri addominali (stomaco, intestino, fegato, pancreas).

Un vero viaggio viscerale, e il suo nome, vagus, significa proprio “errante”.

Che cosa fa?

Il nervo vago è misto, ma la sua funzione principale è parasimpatica, cioè quella che calma, rallenta e regola.

Funzioni principali

Rallenta il battito cardiaco e regola la pressione arteriosa. Favorisce la digestione stimolando la secrezione gastrica e la motilità intestinale. Regola la respirazione (controllo del ritmo respiratorio). Trasmette informazioni dai visceri al cervello (afferente viscerale). Partecipa alla deglutizione e fonazione (innervando faringe e laringe). Modula le emozioni, grazie ai suoi collegamenti con il sistema limbico.

In altre parole: il nervo vago è il cavo USB tra corpo e cervello.

Come si lamenta?

Quando il nervo vago è irritato, compresso o disfunzionale, può dare sintomi multisistemici, perché.. ovunque vada, regola qualcosa.

A livello cardiaco: tachicardia o bradicardia, palpitazioni, senso di svenimento. A livello respiratorio: sensazione di “respiro corto”, difficoltà a fare respiri profondi. A livello digestivo: nausea, gonfiore, digestione lenta, reflusso, stitichezza. A livello emotivo: ansia, agitazione, disturbi del sonno, iperattivazione da stress. A livello faringeo/laringeo: difficoltà nella deglutizione, voce rauca o affaticata.

In caso di irritazione cervicale o disfunzioni fasciali toraciche, anche il vago può risentirne.

Ruolo nella vita quotidiana

Il nervo vago è il protagonista del “sistema nervoso della calma”. Si attiva quando respiri profondamente, mediti o ti rilassi, ti senti al sicuro o in connessione con qualcuno, ridi o canti (sì, anche questo stimola il vago!) e quando ti sdrai dopo un pasto e senti “il corpo che digerisce”.

È anche l’asse della cosiddetta teoria polivagale, secondo la quale il vago regola il nostro stato di sicurezza, difesa o collasso.

Patologie e disfunzioni

Disautonomie vagali (tachicardia, ipotensione, sincopi vasovagali), dispepsie e reflusso vagale, alterazioni del tono vagale da stress cronico, disturbi della deglutizione o fonazione per coinvolgimento del ramo laringeo, disturbi viscerali funzionali (colon irritabile, gastrite da stress).

Curiosità neurologica

Il nervo vago è il principale attore della connessione mente-corpo. Non a caso, stimolarlo (anche con dispositivi medici) è oggi una terapia per l’epilessia, la depressione e l’emicrania cronica.

E sì: anche ridere, cantare, respirare profondamente o abbracciare sono forme di “stimolazione vagale naturale”. Quando dici “mi sento in pace”, spesso è il tuo nervo vago che ti ringrazia.

Approccio fisioterapico

Il fisioterapista può agire sul nervo vago in modo indiretto ma potente, tramite educazione respiratoria e posturale per favorire il tono vagale, tecniche di respirazione lenta e diaframmatica, terapie manuali sul collo, torace e diaframma.

Utili anche esercizi cranio-cervicali e mobilità fasciale, lavoro sullo psoas e sul diaframma, con cui il vago condivide una stretta connessione neurofasciale, rieducazione somato-emozionale, per integrare stress, postura e respiro.

Conclusione

Il nervo vago è il filosofo del corpo umano: ascolta tutto, collega tutto e sa riportare calma dove c’è caos. È il motivo per cui un respiro profondo può cambiare un’emozione.. e un’emozione può cambiare il battito.

Quindi, la prossima volta che ti senti agitato, fai un respiro profondo e pensa al vago: probabilmente è già lì, che lavora per te. 🫶

Ci vediamo martedì prossimo su Neurolandia.. perché quando i nervi parlano, noi impariamo ad ascoltarli. 🤗

Nota bene

Anche se a Neurolandia i nervi parlano.. la diagnosi medica la fa il medico. Quindi, se i sintomi ti fanno compagnia da troppo tempo, ascolta i segnali e confrontati con un neurologo o uno specialista medico. Noi siamo qui per spiegarti come funzionano le cose, ma la cura parte sempre da una valutazione sanitaria. E spesso, il fisioterapista è proprio il primo professionista sanitario a intercettare quei segnali e indirizzare nel modo giusto. 👏

18/11/2025
17/11/2025
16/11/2025

Hai mai avuto un brivido lungo la schiena quando qualcuno ti tocca all’improvviso?
O quella scarica che senti dentro quando qualcosa ti emoziona, anche senza parlare?
Ecco: quello non è “solo” un sentimento.
È il tuo sistema nervoso che accende le luci.

Dentro di te, miliardi di piccole scintille come questa si passano il testimone. Un impulso parte da una cellula, corre lungo l’assone, salta tra i nodi di Ranvier e arriva fino al muscolo.. E nel momento esatto in cui arriva, tu ti muovi, senti, reagisci.

Non c’è magia.
C’è biologia poetica.

Per chi non è del mestiere: ogni movimento che fai, dal ba***re le ciglia al correre, nasce da un messaggio elettrico che viaggia a una velocità fino a 120 metri al secondo. Ogni nodo, ogni cellula, ogni guaina è un pezzo di quel dialogo perfetto tra cervello e corpo.

Quando uno di questi passaggi si interrompe (stress, dolore, compressioni), la comunicazione rallenta.. e il corpo “perde il segnale”.

Per i colleghi clinici: conduzione saltatoria lungo le fibre mieliniche, integrazione neuronale afferente–efferente e plasticità sinaptica motoria. Alterazioni nella mielinizzazione, nella soglia di eccitabilità o nella sincronizzazione sinaptica generano dissinergie motorie e disordini percettivi.

Immagina la riabilitazione come una neuroplasticità guidata, che restituisce al sistema la capacità di comunicare.

E quindi?

Il corpo non dimentica. Ma a volte.. si scollega. Il nostro lavoro è solo questo: rimettere in contatto ciò che la vita ha disconnesso.

Ogni gesto è un pensiero diventato corrente.

Prova questo!

Chiudi gli occhi, muovi lentamente un dito della mano e pensa al percorso che quel segnale ha fatto per arrivarci. Ti rendi conto di quanta intelligenza c’è dietro ogni piccolo movimento?

Il corpo non si muove per caso.
È solo il cervello che, ogni giorno, ti scrive un messaggio in codice elettrico.

Post divulgativo a scopo educativo.
Non sostituisce la valutazione fisioterapica personalizzata.

15/11/2025
15/11/2025

Ed eccoci nuovamente alle porte del fine settimana, per un nuovo episodio di "Patologie Spiritose: tra curiosità e leggerezza!"

Oggi parliamo di quel “dolore buono” che arriva puntuale dopo un allenamento tosto: i famosi DOMS, alias Delayed Onset Muscle Soreness.

Sì, proprio quel dolore che ti fa scendere le scale come se avessi scalato l’Everest o sederti come se la sedia fosse un’arma medievale.

Cos’è e dov’è?

I DOMS sono dolori muscolari a insorgenza ritardata, che compaiono da 12 a 72 ore dopo l’esercizio fisico intenso o insolito. Sono localizzati nei muscoli che hai “massacrato” in palestra, durante la corsa o persino portando le buste della spesa come se fossero kettlebell.

Non sono un segno di lesione grave, ma il modo in cui il corpo ti dice: “Bravo! Hai fatto qualcosa di nuovo.. ma non farlo troppo spesso, ok?” 😆

Curiosità divertente

Il termine “DOMS” venne introdotto negli anni ’80, ma gli antichi greci già conoscevano il fenomeno! Pare che i soldati di Sparta, dopo gli allenamenti più duri, si lamentassero per “dolori che scendono come fiamme dal cielo”.

Insomma, il dolore post-allenamento ha radici.. mitologiche!

Come si sviluppa?

Contrariamente a quanto si pensava un tempo, i DOMS non sono causati dall’acido lattico. Oggi sappiamo che derivano da microscopiche lesioni delle fibre muscolari (soprattutto durante le contrazioni eccentriche) e da una successiva risposta infiammatoria che attiva i recettori del dolore.

Il risultato? Indolenzimento, rigidità e, per alcuni, la sensazione che il corpo sia diventato un’armatura arrugginita.

Nella vita quotidiana

Hai mai provato a scendere le scale dopo una sessione di squat?
Ridere il giorno dopo gli addominali?
Sollevare le braccia dopo le trazioni e pensare “ora vivo qui”?

Benvenuto nel club dei DOMS, dove ogni movimento è una sfida e ogni sorriso un piccolo sacrificio muscolare.

Parole complicate, spiegate semplici

Eccentrica: fase del movimento in cui il muscolo si allunga mentre si contrae (es. scendere lentamente durante uno squat).

Microlesione: piccola rottura delle fibre muscolari che stimola la riparazione e la crescita.

Infiammazione locale: risposta del corpo che causa gonfiore, calore e indolenzimento.

Accenni di fisioterapia

La fisioterapia e la prevenzione sono ottimi alleati dei muscoli “scontenti”. Defaticamento attivo: camminata leggera o cyclette dopo l’allenamento. Stretching dolce e mobilità articolare per favorire il recupero. Massaggi decontratturanti o connettivali per stimolare la circolazione. Crioterapia o impacchi freddi nelle prime ore, seguiti da calore per il rilassamento. E soprattutto: riposo attivo, perché il movimento controllato accelera la guarigione.

Curiosità scientifica

Gli studi mostrano che i DOMS non solo non sono dannosi, ma rappresentano un segnale di adattamento: il muscolo, dopo ogni episodio, diventa più forte e più resistente al danno successivo. È il principio dell’effetto ripetizione: più ti alleni in modo progressivo, meno i DOMS torneranno a farti visita!

Conclusione

I DOMS sono come un messaggio del corpo che dice: “Hai osato, e ora sto lavorando per diventare più forte.” Un po’ fastidiosi, certo, ma anche il segno che ti stai adattando.

Quindi.. onorali, ma non sfidarli troppo! 😅
A sabato prossimo per il prossimo episodio! 🤗

14/11/2025
13/11/2025
13/11/2025
13/11/2025

🎉 È di nuovo giovedì! Benvenuti ad un nuovo episodio di “Muscolandia: esplorando la mappa dei muscoli!” 🎉

Oggi scendiamo a livello della gamba per incontrare un muscolo fondamentale per il passo, la postura e l’equilibrio del piede: il tibiale posteriore.

Dettagli anatomici

Il tibiale posteriore è un muscolo profondo della gamba, situato nella loggia posteriore profonda, tra il flessore lungo delle dita e il flessore lungo dell’alluce.

Origina dalla faccia posteriore della tibia, della fibula e della membrana interossea, inserendosi sulla tuberosità dell’osso scafoide e in parte su cuneiformi, cuboide e basi dei metatarsi 2–4

Innervazione: nervo tibiale (L4–L5)

Funzioni principali

Inversione del piede, sostegno dell’arco plantare mediale, leggera flessione plantare
e stabilizzazione del retropiede durante l’appoggio.

Tipi di dolore

Il tibiale posteriore è spesso coinvolto in disfunzioni dell’arco plantare e in condizioni di iperpronazione.

Tendinopatia del tibiale posteriore (dolore lungo il decorso tendineo, soprattutto dietro il malleolo mediale), collasso dell’arco plantare (piede piatto acquisito dell’adulto), instabilità del piede e della caviglia, tensioni posturali da iperattivazione compensatoria (soprattutto in caso di piede cavo o instabilità dell’avampiede) e dolore riferito alla regione mediale della caviglia o del piede.

Funzione quotidiana

Il tibiale posteriore lavora ogni volta che cammini o stai in piedi, anche se non te ne accorgi: stabilizza l’arco plantare in stazione eretta, protegge il piede dal collasso durante la fase di carico, aiuta a spingere via il suolo nella fase propulsiva del passo e lavora come correttore invisibile in tutti i gesti con appoggio monopodalico.

🧘 Esercizio di allungamento (Stretching in eversione passiva)

1. Siediti o sdraiati, con la gamba rilassata.
2. Afferra il piede e spingilo verso l’esterno (eversione) e in dorsiflessione.
3. Mantieni lo stiramento per 30 secondi, senza forzare.
4. Ripeti 2-3 volte per lato.

Aiuta a ridurre tensioni e migliorare la mobilità del piede e della caviglia.

🏋️ Esercizio di rinforzo (Inversione contro resistenza elastica)

1. Siediti con il piede sospeso o appoggiato su un asciugamano.
2. Fissa una banda elastica a un oggetto stabile, e all’altra estremità il tuo piede.
3. Parti da una leggera eversione, poi ruota lentamente il piede verso l’interno (inversione), contro la resistenza.
4. Esegui 10-15 ripetizioni per 2-3 serie.

Rinforza il tibiale posteriore in modo selettivo, utile nella prevenzione del piede piatto.

🔬 Curiosità scientifica

Il tendine del tibiale posteriore è uno dei più soggetti a degenerazione negli adulti sedentari o sovrappeso. Quando perde funzione, l’arco plantare collassa lentamente, portando a deformità del piede e dolori persistenti.

Una valutazione ecografica o RMN precoce può evidenziare segni iniziali di sofferenza tendinea anche in soggetti asintomatici!

Conclusione

Il tibiale posteriore è un muscolo discreto, ma strategico. Senza di lui, l’arco cede, la postura vacilla e il cammino si trasforma in compensazione.

Allenarlo e proteggerlo significa salvaguardare la nostra base di appoggio e prevenire una lunga serie di problemi a catena.

Ci vediamo giovedì prossimo per un nuovo episodio di Muscolandia.. dove anche il passo più semplice nasconde un grande lavoro muscolare! 🤗

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