Dott. Emilio Maggio

Dott. Emilio Maggio Questa è una pagina di spunti, riflessioni, citazioni che voglio conservare e condividere.

Mi chiamo Emilio Maggio, e sono uno psicologo e specializzando psicoterapeuta. Credo nel potere trasformativo del raccontare e raccontarsi, in qualunque forma.

[Estratto incontro "Benessere e Lavoro", Maruggio, 08/07/2023]Capita spesso di immaginare personalità di successo che di...
15/07/2023

[Estratto incontro "Benessere e Lavoro", Maruggio, 08/07/2023]

Capita spesso di immaginare personalità di successo che dicono di essersi “fatte da sole”, che sono riuscite ad eccellere nel proprio campo perché hanno avuto l’inventiva, il coraggio, la fortuna di investire nel proprio progetto e di riuscirci con soddisfazione. Tuttavia, appare altrettanto vero che “farsi da soli” si può associare anche a quel desiderio di voler cancellare, per le più svariate motivazioni, un potenziale debito nei confronti di chi ci ha preceduto e guidato, come se per il fatto di sentirsi vincolati a questo legame di riconoscenza venisse meno il giusto valore che dobbiamo invece darci per aver raggiunto alcuni traguardi importanti, raggiunti “da sé”. Le due cose possono perciò coesistere.

Partiamo, dunque, da una considerazione a mio parere fondamentale: nessun essere vivente è un’isola. Perché dico questo?
Se andiamo a ritroso nel tempo c’è sicuramente una cosa dalla quale non possiamo esimerci dall’essere grati, in quanto prima grande opportunità da cui muoverci ed evolvere, in tutti i sensi.
Per il solo fatto di esistere ogni essere vivente nasce sempre dall’incontro di altri due che lo hanno preceduto e generato, ma non si tratta solo di questo, ovviamente.

Possiamo dire, infatti, che siamo il frutto della combinazione di diversi fattori, siano essi genetici, ambientali, sociali, relazionali, oltre che decisionali.
E ad ogni esistenza si può ricondurre l’appartenenza ad uno o più gruppi, a seconda della prospettiva che si adotta.

Ma cosa significa appartenere ad un gruppo?
Vuol dire tenere conto dell’insieme di regole e meccanismi specifici che sono fondamentali al mantenimento di quella data organizzazione naturale e/o sociale, come un gruppo lavorativo.
Queste regole possono essere universali: pensiamo ai bisogni fondamentali alla sopravvivenza (sonno, sete, fame, ecc.). Oppure specifiche di un tempo e luogo, di una cultura, della famiglia in cui siamo cresciuti, e infine quelle specifiche dell’individuo, che ha sia bisogni fondamentali, di appartenenza ad un gruppo, e sia bisogni specifici, relativi alle proprie qualità e aspirazioni uniche.

Considerare questo groviglio di elementi ci permette di capire quanto sia fondamentale imparare a gestire questi “spazi” in maniera funzionale.

È nella “zona di confine” che si stabilisce gran parte del nostro comportamento, dall’esito di tutti gli scontri/incontri della nostra vita: da un lato con la storia individuale di ognuno, conseguente all’identificazione con i modelli di riferimento (genitori, parenti, caregivers), dall’altro con le variabili ambientali, che hanno sollecitato l’utilizzo di modalità di adattamento più o meno contingenti.

Diventa allora di primaria importanza riuscire a creare uno stile relazionale che sia il più possibile efficace.

[...]

SPOILERDue cose sono certe: - la vita si rifiuta di essere sempre uguale;- il cambiamento è solitamente lento e graduale...
10/06/2022

SPOILER
Due cose sono certe:
- la vita si rifiuta di essere sempre uguale;
- il cambiamento è solitamente lento e graduale.

(..magari fossimo come vulcani e terremoti!)

Il nostro tempo a disposizione è tutto sommato breve, se lo confrontiamo con ere geologiche o astronomiche.
Eppure, in quel sussulto, siamo capaci di veri miracoli.

Affrontiamo mille difficoltà.. trasformandoci continuamente.
Creiamo legami.. nel bene e nel male.
Scopriamo il senso dell’essere qui.. più o meno consapevolmente.

Ci affacciamo, talvolta, ai “giganti” che ci stanno intorno con curiosità, ammirazione, sfida.

E allora pensiamo che..
Vorremmo essere maestosi come montagne.
Vorremmo essere veloci come vento.
Vorremmo essere forti come mare.

Dimenticandoci che osserviamo la punta dell’iceberg, il foto finish di un’evoluzione lunga e costante.

Alla fine tutto, intorno a noi, segue quel mantra che fa:
“un viaggio di mille miglia inizia con il primo passo”.
(Lao Tsu)

Tutto passa, tutto evolve.

Non ci resta, allora, che accogliere noi stessi per ciò che proviamo: un compagno di viaggio che parla a noi, di noi. Volgendo, contemporaneamente, lo sguardo in orizzontale e ringraziando chi ci accompagna, coloro che in un modo o nell’altro sostengono nel nostro percorso.

Se a fine giornata abbiamo compiuto anche un piccolo cambiamento nella direzione che sentiamo giusta allora festeggiamoci, perché questa scelta sarà come un mattone da cui ripartire domani.

Per costruire oggi una casa e domani, chissà, un ponte.

After life (o il diritto di non essere felici solo perché lo vogliono gli altri)Credo che non ci siano tempi standard pe...
12/03/2022

After life (o il diritto di non essere felici solo perché lo vogliono gli altri)

Credo che non ci siano tempi standard per tornare ad essere felici quando cose terribili ti accadono, e mai ci saranno. A volte succede all’improvviso, dopo che hai dato fondo a tutta la rabbia e l’amarezza che hai dentro.

Ripenso a quel dolore, quello che arriva dopo che ti scontri con l’ingiustizia della vita, con un’incognita che speri non ti appartenga. Diventi così una persona diversa, quella che non volevi essere, magari cinica, negativa, arrabbiata. O forse diventi ciò che sei veramente, quando tutti gli scudi vengono giù.

Tanto, chi se ne frega, arrivato a quel punto.

Le persone che ti sono accanto da più tempo si fanno necessariamente più vere. Alcuni si allontanano, non riescono a reggere. Quelli che per tutta una serie di motivi restano arrivano poi a chiedersi il perché, finendo per parlare di qualsiasi cosa tranne di quella che ti fa male. Ma le parole prima o poi finiscono e rimane solo il silenzio a far da collante, quando non sei tu a romperlo per vomitare ancora e ancora, anche se segretamente ne vorresti ancora altro di conforto.
Per distrarti, per dimenticare.
Finisci per cercarlo anche altrove il conforto.

In questo immenso vagare se sei fortunato e stanco alla fine smetti di illuderti e speri che il dolore che arriva, e che arriva poi (puntuale), sia meno peggio dell’ultima volta.
Vorresti che passasse tutto in una volta, come un treno.
Invece diventa solo un passeggero scomodo, un’ombra da scucire. Tanto il caos interno che vorresti talvolta solo essere lasciato in pace. Ti senti come il tuo peggior nemico, quando riesci a riemergere dalle acque in cui galleggi, perché ormai sei talmente abituato a quel dolore che ci sei affezionato.
Forse è solo allora che inizia il viaggio. Ma non è un viaggio di ritorno, non è un cerchio che si chiude.
Ogni cosa è andata avanti senza di te, non aveva bisogno del tuo permesso. E tu sei così esausto che è meglio ridurre, fare poche cose, quelle più semplici.

La luce del sole, però, non ti abbaglia più.
E quella lente che inscurisce la realtà ti fa scorgere dettagli che non avresti potuto altrimenti.
Come quell’angolo buio in fondo all’anima al quale ogni tanto puoi dare luce, per vedere quel nuovo pilastro pronto a sorreggerti.

Sorridi di quel dolore, perché ti ha reso ciò che sei. Ma soprattutto perché non sarà più annichilente.

La vera fortuna è essere visti per quello che si è.

Grazie Ricky Gervais

Mi era sempre piaciuto, la mattina presto, osservare in silenzio una tela dove non avevo ancora tracciato un segno. Avev...
27/10/2021

Mi era sempre piaciuto, la mattina presto, osservare in silenzio una tela dove non avevo ancora tracciato un segno. Avevo chiamato quel rito «zen della tela». Era ancora bianca, eppure non si poteva dire che fosse vuota. Su quella superficie candida si nascondevano le cose che sarebbero emerse in seguito. Osservandola con attenzione si intuivano le molteplici possibilità che prima o poi si sarebbero concretizzate. Adoravo quell'istante. L'istante in cui ciò che esiste e ciò che non esiste si confondono.

L'assassinio del commendatore, di Haruki Murakami.




Mi hanno insegnato che si può sbagliare, quando ognuno ha il suo tempo per crescere.Mi hanno insegnato che il contributo...
13/08/2021

Mi hanno insegnato che si può sbagliare, quando ognuno ha il suo tempo per crescere.
Mi hanno insegnato che il contributo di tutti è importante, quando è più bello essere accettati per quello che si è, senza cercare di assomigliare a nessun'altra persona.
Mi hanno insegnato che si possono anche avere momenti di sconforto, quando la vera forza è sapersi mostrare fragili e capaci di chiedere aiuto.
Mi hanno insegnato che nulla è banale, quando si ha la fortuna di avere qualcuno che sappia ascoltarci e sostenerci.

Mi hanno insegnato che i sogni prima o poi si avverano, quando riconosciamo il limite del nostro agire e riusciamo ad apprendere dall'impotenza.

05/07/2021

Se dei personaggi ci viene mostrato solo il lato migliore, restiamo sconfortati, perché riteniamo impossibile imitarli in alcunché.
I grandi scrittori descrivono anche le azioni più basse degli uomini, non solo quelle virtuose. E questo sortisce un effetto benefico, perché risparmia all'umanità la disperazione.

Ma chi è veramente la persona che descrive queste luci ed ombre?

Liberamente ispirato a La versione di Barney, di Mordecai Richler.

QUANDO SIAMO COSTRETTI A RIMANERE FERMI“Le cose non accadono per caso..”Quante volte ho sentito dire questa frase? E qua...
01/05/2021

QUANDO SIAMO COSTRETTI A RIMANERE FERMI

“Le cose non accadono per caso..”

Quante volte ho sentito dire questa frase? E quante volte l’ho detta io?

Eppure, nella sua semplicità, queste sei parole messe in fila tradiscono tanti contenuti, apparentemente celati dietro.
Pensieri, emozioni, riflessioni..

Certo, a volte può sembrare un modo per riempire un silenzio dopo aver compreso come cambiano le cose. Eppure un senso esiste sempre dietre quelle parole non dette.

Perché il silenzio parla. Così come ogni cosa necessita del suo opposto per essere compresa appieno.

Allora, allo stesso modo, fermarmi mi regala un’opportunità: quella di riflettere su come mi stavo muovendo e su quanto sono direttamente coinvolto in ciò che faccio e che mi circonda.

E non parlo solo di pandemia. Parliamo di innamoramento, di vacanze, di fare la fila ad uno sportello.

Tutti momenti di interruzione dalla routine, in fondo.

Non tutte le volte, però, si apre questa finestra, quella che permette di rifiatare, o meglio, di destarsi dal torpore della quotidianità. Un torpore necessario alla sopravvivenza, sia chiaro. Ma quando accade, decidendo di investire sul confronto e significazione del passato (prossimo e remoto) di questa vita, è un risveglio che porta alla scoperta (o meglio: riscoperta) della storia in cui già si era, della quale tuttavia non ci si rendeva conto veramente.

Non un’illuminazione divina e definitiva, ma un frammento, che pone le basi per un nuovo agire più consapevole, perché frutto di quel “passare attraverso” che lo sforzo di elaborazione produce. La raccolta di una semina continua ed automatica, in cui io sono contemporaneamente terreno fertile e coltivatore.

E questo nuovo agire, per effetto domino, produce un cambio di prospettiva nel modo di raccontare, e raccontarsi, la propria storia che consente, a sua volta, di dare sempre maggiore spessore alla complessità di una vita di cui possiamo soltanto anelare una ricostruzione parziale di vissuti, gli stessi che, inesorabilmente, ci sfuggono nella loro vivida completezza e concretezza.

Alla fine la più grande conquista è, forse, nel prendersi la responsabilità del montaggio finale di questo film esistenziale (perché, presto o tardi, viene a galla uno dei più grandi segreti di Pulcinella: il “non decido tutto io”).

L’esperienza, dice Jedlowski, è forse rappresentativa di un principio che consente a ciascuno (attraverso il prendersi o viversi diversamente il tempo che si ha per se stessi) di uscire da quella posizione di schiavitù inconsapevole, tramite la possibilità di ridefinirsi e ridefinire la realtà e gli scopi che muovono il proprio agire attraverso nuovi significati, stagliati come un orizzonte che spinge a muoversi senza mai essere raggiunto.

Quindi, chiudendo il cerchio: quando siamo costretti a rimanere fermi la cosa migliore da fare è dedicare del tempo per noi?

Non è obbligatorio, ma vale la pensa pensarci, ogni tanto.

Buon primo maggio a tutti.

13/03/2021

Uno psicologo, nella migliore delle ipotesi, è un attento conoscitore dell'essere umano e dell'essere-nel-mondo, nelle sue virtù così come delle ombre che inevitabilmente si proiettano alle spalle.

Non salva nessuno che non vuole essere salvato e non capisce nessuno che non gli permette di essere capito: non è un incursore della psiche (soprattutto quando la cultura che si ha di questo professionista è praticamente quella dell'ipnotizzatore da intrattenimento).

“Al massimo” facilita l'osservare situazioni da punti di vista non ancora considerati, offrendo al contempo sostegno affinché un individuo trovi all'interno del Sé risorse che gli consentano di affiorare da un pantano esistenziale più o meno profondo.

O ancora, ma non di minore importanza, è prezioso per il solo fatto di esserci nella vita di chi si rivolge a lui.

Non come un amico (anche se alcuni amici sono come oasi nel deserto.. e per fortuna!), ma sempre perché consapevole di quello che può accadere/significare ad un dato momento di vita.

Che tradotto- attenzione- non vuol dire che sia al di sopra del genere umano intero, ma vive come tutti la necessità di trovare un equilibrio tra bianco e nero, tra dentro e fuori. È una persona che si interroga continuamente su se stessa, in primis, così come su ciò che è la sua scenografia esistenziale.

Non si esime, quindi, dal confrontarsi, a sua volta, con un altro esploratore di verità e rimossi, che rimescola ancora una volta le carte in tavola. E meno male: perché quando smettiamo di mescolare le carte abbiamo smesso di giocare, e quindi di vivere veramente.

Alle volte siamo chiamati ad assolvere un ruolo, che ci piaccia o meno. Siamo come piazzati lì dalla gigantesca mano inv...
12/02/2021

Alle volte siamo chiamati ad assolvere un ruolo, che ci piaccia o meno.
Siamo come piazzati lì dalla gigantesca mano invisibile dello scrittore che credevamo di essere noi stessi, e nessun altro, perché facciamo muovere l'universo degli eventi o diamo nuovo significato ad essi.
Certo, non va sempre in questo modo.
Così come a volte siamo registi di ciò che ci accade, a volte ne siamo solo comparse.
Ma non siamo solo noi relegati ad un'esistenza di ambivalenza a un tempo estenuante e gratificante. Tutto ciò che ci accade è un lavoro a quattro mani, tra noi e la Vita, mediatrice di ogni singolo opus magnum che è l'esistenza di tutti, condivisibile o meno secondo ciò che può insegnarci ma in ogni caso mai immeritevole di rispetto.
E come ogni nuova lettura/visione/ascolto abbisogna di tempo, volontà ed energie da investire ogni nuova comprensione/rilettura di noi e degli altri ha un quando ed un dove ben preciso che se guardiamo indietro con consapevolezza riconosciamo e potremmo, infine, concederci di tenerlo a mente per il futuro.

Avere quel minimo di consapevolezza in più nella vita significa, per me, contemplare che ognuno di noi sta combattendo d...
04/11/2020

Avere quel minimo di consapevolezza in più nella vita significa, per me, contemplare che ognuno di noi sta combattendo dentro di sé una propria battaglia personale. Che sia per trovare una propria autonomia, o per superarsi in un traguardo precedentemente stabilito, o semplicemente per noia: trovare il proprio posto in mezzo agli altri. E grazie agli altri.
Benvenuti a Marwen, di Robert Zemeckis (2018)

Riflessioni sul tempo dell'agireThe Martian, di Ridley Scott (2015)
20/09/2020

Riflessioni sul tempo dell'agire
The Martian, di Ridley Scott (2015)

28/08/2020

Creare questa pagina ha diversi significati.

Vuol dire innanzitutto sperimentarsi in qualcosa di inusuale, come affacciarsi concretamente nel mondo del lavoro dopo un percorso accademico che ha tracciato un sentiero, un solco, da riempire attraverso l'esperienza.
Oppure, chi lo sa, concedersi prospettive oggi inimmaginabili.

Per me, ad esempio, è una sfida, ma non solo perché ognuno ha un rapporto diverso dagli altri nell'utilizzo dei social.
Andando più in profondità significa saper chiedere aiuto in una qualcosa che non si conosce bene e non si sa fare.
E non è una cosa scontata.

Riconoscere il proprio limite è una consapevolezza che si raggiunge con umiltà e coraggio e spesso non bastano gli esami per addestrarsi a questo. Anzi, attraverso gli esami si può imparare a fronteggiare gli ostacoli come un allievo segue il maestro nell'arte dell'apprendimento. Però bisogna affidarsi al maestro, altrimenti non c'è cambiamento, non c'è crescita.
A volte sono io il maestro, a volte sono l'allievo.

Impariamo ad affidarci alla nostra saggezza e con essa scorrere fluidamente nel fiume della vita.

Ringrazio Anna Quercia per il prezioso sostegno che mi permette di essere qui.

28/08/2020
25/08/2020
25/08/2020

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Lecce

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