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15/07/2023
[Estratto incontro "Benessere e Lavoro", Maruggio, 08/07/2023]
Capita spesso di immaginare personalità di successo che dicono di essersi “fatte da sole”, che sono riuscite ad eccellere nel proprio campo perché hanno avuto l’inventiva, il coraggio, la fortuna di investire nel proprio progetto e di riuscirci con soddisfazione. Tuttavia, appare altrettanto vero che “farsi da soli” si può associare anche a quel desiderio di voler cancellare, per le più svariate motivazioni, un potenziale debito nei confronti di chi ci ha preceduto e guidato, come se per il fatto di sentirsi vincolati a questo legame di riconoscenza venisse meno il giusto valore che dobbiamo invece darci per aver raggiunto alcuni traguardi importanti, raggiunti “da sé”. Le due cose possono perciò coesistere.
Partiamo, dunque, da una considerazione a mio parere fondamentale: nessun essere vivente è un’isola. Perché dico questo?
Se andiamo a ritroso nel tempo c’è sicuramente una cosa dalla quale non possiamo esimerci dall’essere grati, in quanto prima grande opportunità da cui muoverci ed evolvere, in tutti i sensi.
Per il solo fatto di esistere ogni essere vivente nasce sempre dall’incontro di altri due che lo hanno preceduto e generato, ma non si tratta solo di questo, ovviamente.
Possiamo dire, infatti, che siamo il frutto della combinazione di diversi fattori, siano essi genetici, ambientali, sociali, relazionali, oltre che decisionali.
E ad ogni esistenza si può ricondurre l’appartenenza ad uno o più gruppi, a seconda della prospettiva che si adotta.
Ma cosa significa appartenere ad un gruppo?
Vuol dire tenere conto dell’insieme di regole e meccanismi specifici che sono fondamentali al mantenimento di quella data organizzazione naturale e/o sociale, come un gruppo lavorativo.
Queste regole possono essere universali: pensiamo ai bisogni fondamentali alla sopravvivenza (sonno, sete, fame, ecc.). Oppure specifiche di un tempo e luogo, di una cultura, della famiglia in cui siamo cresciuti, e infine quelle specifiche dell’individuo, che ha sia bisogni fondamentali, di appartenenza ad un gruppo, e sia bisogni specifici, relativi alle proprie qualità e aspirazioni uniche.
Considerare questo groviglio di elementi ci permette di capire quanto sia fondamentale imparare a gestire questi “spazi” in maniera funzionale.
È nella “zona di confine” che si stabilisce gran parte del nostro comportamento, dall’esito di tutti gli scontri/incontri della nostra vita: da un lato con la storia individuale di ognuno, conseguente all’identificazione con i modelli di riferimento (genitori, parenti, caregivers), dall’altro con le variabili ambientali, che hanno sollecitato l’utilizzo di modalità di adattamento più o meno contingenti.
Diventa allora di primaria importanza riuscire a creare uno stile relazionale che sia il più possibile efficace.
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