“La Chirurgia occupa ormai da 28 anni tutta la mia vita, la mia mente e la mia mano, i miei sogni e le mie ambizioni, le mie gioie e le mie amarezze; e l’ho seguita con orgoglio e con la speranza, nelle varie tappe, delle sue sempre più luminose conquiste.
Circa 15 anni fa, ero da poco giunto all’Ospedale Militare di Bari, tenni ai miei Colleghi un’analoga conversazione; era il 1947, il risveglio dal sopore e dallo stupore della guerra rovinosa, accendeva le menti alla ricerca del nuovo e gli animi agli entusiasmi: l’esperienza, quanto mai dura e penosa ma proficua, del periodo appena terminato, aveva aperto nuovi orizzonti alla scienza ed alla tecnica. Ricordo che allora (ero tanto più giovane di anni e di esperienza professionale) le mie parole furono permeate dal più sincero travolgente entusiasmo (che è d’altronde caratteristica del mio temperamento e che potenzia il mio lavoro) e dalla visione di grandi successi in ogni campo della chirurgia.
(Tratto da “Recenti Progressi di Chirurgia”, Conferenza tenuta da Nicola Petrucciani ai soci del Lions Club di Lecce il 13 febbraio 1962).
In queste poche righe, espresse all’età di 51 anni, è racchiuso tutto l’entusiasmo per la vita e per la Chirurgia (che forse sono state per lui un’unica cosa) di Nicola Petrucciani, nato a Benevento il 29 ottobre 1910. Dopo aver conseguito la maturità scientifica presso il Liceo Scientifico “V. Cuomo” di Napoli, frequentò presso l’Università degli Studi di quella città la facoltà di Medicina e Chirurgia.
La sua passione per la Chirurgia si manifestò già durante il V e VI anno di corso, quando fu interno della Clinica Chirurgica diretta dal Prof. Pascale ed in quell’Istituto svolse una tesi sperimentale sulle “Mesenteriti retrattili”; il 24 luglio 1934 conseguì la laurea in Medicina e Chirurgia. L’abilitazione alla professione la conseguì nel gennaio 1935 presso l’Università di Catania.
Nello stesso anno 1935, l’ordine e il rigore mentali che sempre lo hanno accompagnato, lo portarono a partecipare al concorso per Ufficiale Medico in S.P.E. nell’Esercito ed ottenne la nomina diretta a Tenente Medico.
Allo scoppio delle ostilità, nel giugno 1940, fu chirurgo e Direttore dell’Ospedale da Campo Chirurgico 0501, unità sanitaria che sopportò il carico maggiore delle operazioni belliche nello Scacchiere Nord-Est del fronte dell’Africa Orientale (Kassala, Agordat, Cheren).
In quei luoghi non solo i soldati italiani ebbero a giovarsi dell’arte medica di Nicola Petrucciani, ma anche agli abitanti del luogo fu dato modo di conoscere le grandi doti di umanità e di professionalità di questo giovane ufficiale medico. E chi con lui ha diviso quelle battaglie racconta di come questo ufficiale fosse circondato da uno scudo umano di colore allorché gli indigeni lo proteggevano dal fuoco nemico (agli ufficiali era proibito ripararsi o nascondersi durante le battaglie, ma dovevano sempre incitare e guidare al cimento le truppe).
Rientrato in Patria dopo un periodo di prigionia di guerra, fu assegnato a capo del I Reparto Chirurgia (Chirurgia Asettica) dell’Ospedale “F. Trizio” di Lecce; dal 1947 al 1962 fu Capo Reparto Chirurgia dell’Ospedale Militare Principale “L. Bonomo” in Bari.
Qui, affiancandosi alla Clinica Chirurgica Universitaria con l’incarico di Assistente interno, associò all’attività chirurgica operativa quella scientifica, portando a termine numerosi temi di indagine di studio affidatigli dal Direttore dell’Istituto, prof. Rodolfo Redi.
Nell’Ospedale Militare di Bari e nel Presidio ha tenuto diverse conferenze di aggiornamento clinico-scientifico per medici militari e civili.
Dal 1950 è insegnante di Chirurgia Generale e Specializzazione di Sala Operatoria nei Corsi regolari per Infermiere Volontarie della Croce Rossa Italiana.
Nel 1955, presso la Clinica Chirurgica di Bari, conseguì la Specializzazione in Chirurgia Generale con la votazione di 50/50 e nel 1957, anche col massimo dei voti e nel medesimo Istituto clinico, conseguì la Specializzazione in Urologia.
Nel 1956 frequentò l’Istituto di Chirurgia Plastica dell’Università di Padova, per un corso di chirurgia plastica e terapia delle ustioni.
Nell’anno accademico 1963-64 ha seguito, presso l’Università di Bari, il II anno del Corso di Perfezionamento in Oncologia.
Nel 1964 partecipò agli esami di abilitazione alla Libera Docenza in Anatomia Chirurgica e Corso di Operazioni. Presentò un congruo numero di pubblicazioni scientifiche (in allegato), ma soprattutto una vasta esperienza numerica documentata di attività chirurgica. Dal suo curriculum vitae si legge che “presso l’Ospedale Militare di Bari ha praticato 4.298 interventi di media ed alta chirurgia, più oltre 10.000 piccoli interventi quali riduzioni incruente di fratture e lussazioni, cistoscopie, biopsie, ecc. ecc.”. E di tutto ciò in questa sede si allega documentazione.
Agli inizi degli anni ’50 Nicola Petrucciani aveva già iniziato a effettuare interventi chirurgici a domicilio, quando ancora non esisteva la sua clinica. I suoi amici lo ricordano quando si recava in bicicletta a casa del paziente; e lì allestiva una sala operatoria di solito in cucina, circondando l’ambiente con lenzuola bianche pulite e usando il tavolo per stendervi sopra l’operando. I suoi collaboratori dell’epoca sono stati i dottori Lillino Del Coco, Mario Cascione e Sergio Costi, persone che per decenni lo hanno affiancato nel suo lungo viaggio nella Chirurgia. Tutti gli interventi chirurgici all’epoca erano eseguiti in anestesia locale e con solo una blanda sedazione con etere. E occorre aggiungere che l’anestetico locale era preparato galenicamente dallo stesso Nicola, che per oltre quarant’anni ha goduto della efficacia e della innocuità di questo preparato, tanto che anche lo scrivente ha avuto modo di farne uso al tavolo operatorio.
Si parla di tempi eroici, pionieristici, tempi in cui ben poco c’era della pomposità che circonda oggi parte della categoria medica, che probabilmente non sa quanto deve a persone della levatura di Nicola Petrucciani.
Sempre negli anni ’50 Nicola Petrucciani dava inizio a quella che sarebbe diventata la scommessa vincente della sua vita e che avrebbe poi depositato ai posteri il suo nome: avviava l’attività delle Clinica che avrebbe portato per sempre il suo nome. Pochi posti-letto divennero ben presto trenta, a volte insufficienti ad ospitare il sempre crescente numero di pazienti che a Nicola Petrucciani si rivolgevano. E siamo qui a discorrere di tempi in cui non esistevano ancora convenzioni con enti mutualistici e che si realizzarono solo nel 1972.
Senza mai trascurare la sua attività di chirurgo nella sua clinica, Nicola Petrucciani ha continuato indefessamente la sua carriera nella sanità dell’Esercito, fino a giungere al grado di generale Medico, ricoprendo incarichi di massimo prestigio come Direttore dell’Ospedale Militare di Udine, in seguito al Servizio Sanità presso il Ministero a Roma per giungere infine a dirigere l’Ospedale Militare di Bari fino al suo pensionamento per raggiunti limiti di età.
In tutti questi anni non ha mai trascurato l’aggiornamento e il voler acquisire continuamente le nuove conoscenze che il progredire della scienza imponeva. I suoi viaggi in Italia e all’estero presso i migliori centri di chirurgia sono stati innumerevoli. Già nel 1958 si recava a Detroit, alla Waine University, dove apprendeva le nuove tecniche di chirurgia cardiaca a cuore fermo. E sempre nel 1958 nel New Yorker Hospital di New York apprendeva la tecnica di by-pass aorto-bifemorale con protesi in dacron. E tutto ciò a confermare come tutta la chirurgia esercitasse su di lui grande attrazione e non solo la quotidianità della sua attività operatoria.
In quegli anni Nicola Petrucciani assistette e godette dei vantaggi della evoluzione dell’antibiotico-terapia, degli sviluppi della radiologia e dell’attività laboratoristica, e di parte di queste innovazioni ha progressivamente dotato la sua clinica.
Pur svolgendo i suoi incarichi di ufficiale medico lontano dalla sua città di adozione (Lecce), con un’intensa attività di pendolare rientrava da Udine il martedì e il venerdì di ogni settimana per operare dalle 15 alle 24 e oltre e ripartire poi il mattino successivo col primo aereo disponibile. Il medesimo stile di vita continuò durante l’incarico romano. Quando Nicola Petrucciani fu trasferito a Bari, intensificò la propria attività di sala operatoria nella sua clinica operando anche otto-dieci ore di fila nei pomeriggi di lunedì, mercoledì e venerdì.
Durante la sua assenza a vegliare sulla salute dei pazienti erano in primis Sergio Costi, ginecologo e chirurgo generale, in pratica il braccio destro di Nicola Petrucciani, Mario Cascione, con buona esperienza chirurgica e vasta conoscenza internistica, per molti anni anche Lillino Del Coco.
La gestione amministrativa era nelle mani della sig.na Mancarella, che per tanti anni ha rappresentato la parte cartacea della struttura.
In corsia invece per molti anni l’attività infermieristica fu svolta in maniera egregia da alcune persone (Maria, Massima, Tetta, Rudy, Oronzo) che, pur non valendosi di titoli come “infermiere professionale” o “infermiere di sala operatoria”, sotto la guida e gli insegnamenti personali di Nicola Petrucciani hanno saputo gestire il decorso pre e post-operatorio di migliaia e migliaia di pazienti, e senza l’ausilio di tanta tecnologia e tanto materiale oggi disponibili. Queste persone hanno per decenni lavorato a fianco di Nicola Petrucciani senza gli orari degli attuali contratti, senza un mansionario da rispettare, trascurando spesso gli affetti personali per esigenze assistenziali. Se si pensa alle migliaia di interventi chirurgici eseguiti da Nicola Petrucciani, alla intensissima attività ostetrico-ginecologica di Sergio Costi, è facile immaginare come frenetico a volte fosse il lavoro in clinica, senza badare che fosse giorno o notte, feriale o festivo.
Una menzione a parte merita la sig.ra Maria, per circa sessanta anni discreta presenza accanto a Nicola. Anche in questo frangente occorre ricordare che dietro a un grande uomo vi è sempre una grande donna. La sig.ra Maria ha sempre sostenuto l’ attività del marito, godendo con lui delle gioie, soffrendo e confortandolo nei momenti duri, incitandolo quando le avversità sembravano insormontabili. Ha seguito per decenni il buon andamento della clinica, nei suoi arredi, nella gestione della cucina, che era curata in ogni dettaglio. Ancora oggi mi si racconta di come il personale addetto alla cucina dovesse indossare, e non perché obbligatori per legge dello stato, sempre grembiule bianco nitido, cuffia anch’essa bianca e, al momento di dispensare il cibo in corsia, guanti bianchi.
Gli anni scorrevano e l’attività della clinica continuava. A Nicola giungevano pazienti anche da fuori i confini del Salento. Nel materano il nome di Nicola Petrucciani e della sua clinica erano ben conosciuti e di ciò vi è abbondante traccia nei passati registri operatori. Per fare solo un indicativo esempio, nell’era precedente la cimetidina e la ranitidina decine o centinaia di stomaci della Basilicata sono stati resecati nella clinica Petrucciani.
Si veniva quindi a profilare all’orizzonte la possibilità (o la necessità) di ingrandire la clinica; e fu così che nel ’68 fu inaugurata la nuova ala. Era per l’epoca una struttura lussuosa, con telefono, televisore, poltrona o divano in ogni camera, e tanta parte della popolazione salentina ha avuto modo di usufruirne. Gli anni trascorrono, la Clinica Petrucciani continua ad essere una realtà ben radicata nel leccese. Nicola Petrucciani continua ad operare, ma non può più continuare a fare tutto da solo; ed ecco allora la necessità di avvalersi della collaborazione di altre figure professionali, per il laboratorio di analisi, per la radiologia, per l’anestesia, per la cardiologia, per la gastroenterologia. Altri chirurghi eserciteranno in clinica come consulenti esterni. E gli anni continuano a passare. L’idea del crescere sempre, del migliorare e dello stare al passo con il progredire della medicina, portano l’ormai anziano prof. Nicola, ma ancora indomito guerriero della chirurgia, a inseguire il sogno di una nuova Casa di Cura “Prof. Petrucciani”, con tanti posti letto, con tutta la tecnologia che può contenere per la ricerca della salute. E’ osteggiato dalle lungaggini burocratiche, ma sorretto dalla passione per la medicina continua ad esercitare e ad inseguire il suo sogno. Festeggia così il suo ottantaseiesimo compleanno alla sua maniera, in clinica e dopo aver operato, con nel cuore una gioia in più: la burocrazia ha ceduto, tutti i documenti sono pronti, l’autorizzazione a erigere la nuova clinica c’è.
Purtroppo non vedrà neanche la posa della prima pietra perché una tragica fatalità lo fermerà per sempre sull’autostrada mentre era di ritorno dalla visita che aveva reso, come ogni anno per la Commemorazione dei defunti, ai genitori sepolti in Campania.
Il dolore e la commozione per la tragedia coinvolse e sconvolse tanta parte della cittadinanza. Ma il sogno di Nicola non terminò con la sua vita. La moglie, che per sei decenni gli era stata vicina, portò avanti il progetto del marito finché, a distanza di poco più di un anno, lo raggiunse nella pace eterna.
E’ stato quindi l’impegno morale, oltre che materiale, assunto dall’unica figlia, Sig.ra Milena, a permettere il compimento dell’opera, finché nel giugno 1999 è stata finalmente inaugurata la nuova sede della Casa di Cura “Prof. Petrucciani”.
Ho da ringraziare alcune persone al termine di questo mio scritto: la sig.ra Milena Petrucciani, figlia del prof. Nicola, che dal padre ha ereditato forza del carattere e rettitudine dell’animo e che mi ha permesso questo scritto; il prof. Mario Spedicato, perché frequentando il suo Corso ho preso spunto per ricordare Nicola Petrucciani; mia moglie Laura, che mi ha sorretto anche in questa per me inusuale avventura; Maria Romano e Oronzo Bruno, memorie storiche che mi hanno più volte tanto raccontato del Professore (così tutti chiamavano Nicola Petrucciani); il mio amico Fabio Lettere, compagno di tanti percorsi, a volte travagliati, ma sempre a lieto fine. Ma forse una persona più di ogni altra devo ringraziare: il prof. Nicola Petrucciani, che ho conosciuto e affiancato per quattordici mesi soli, che mi prese al Suo fianco fidandosi di me immediatamente al primo incontro, che mi ha permesso di esprimermi e realizzarmi nella Sua Clinica e nella Sua chirurgia, che pur in poco tempo ha saputo darmi tanto. A Lui il mio sincero “Grazie, Professore”.
- Dott. Michele Civilla -