Patrizia Nicoletti Psicoterapia e Neurofeedback

Patrizia Nicoletti Psicoterapia e Neurofeedback Da oltre 25 anni mi occupo di benessere psico fisico ed emotivo: problemi relazionali, disagio, auto

Ci sono legami che si tengono in piedi per paura, non per scelta consapevole. Relazioni in cui si accetta troppo, si tac...
20/07/2025

Ci sono legami che si tengono in piedi per paura, non per scelta consapevole.

Relazioni in cui si accetta troppo, si tace troppo, si rinuncia troppo. Non perché non si sappia cosa si desidera davvero, ma perché si è convinti, in profondità , di non poterlo ottenere.

Così si cede. Si sopporta. Si sopravvive in un amore che fa male.

Lo schema di resa in amore è silenzioso, ma potente. Non si presenta con frasi clamorose, ma si insinua lentamente, giorno dopo giorno.

È dire “va bene così” anche quando il cuore urla che non va bene affatto. È restare in relazioni sbilanciate e fredde, in cui si riceve poco e si dà tutto. È smettere di chiedere non perché non si ha bisogno, ma perché non ci si crede abbastanza. È pensare che sia già tanto che qualcuno “ci voglia”, anche se non ci vede, non ci sente, non ci cura.

Chi vive questa dipendenza affettiva ha spesso interiorizzato un messaggio antico e distruttivo: “Non meriti un amore pieno.” Un pensiero che nasce presto, nelle prime esperienze emotive, quando il bisogno di amore ha incontrato il rifiuto, il giudizio o l’indifferenza. Da lì nasce l’idea che l’amore, quello vero, non sia destinato a noi. Che per essere voluti bene bisogna adattarsi, smussarsi, negarsi.

E ogni volta che ci si adatta troppo, si conferma quello schema. Si rinforza l’idea che per essere accettati si debba rinunciare a sé stessi. Che i propri desideri siano troppo, le emozioni un problema, i bisogni un fastidio. Così si diventa invisibili, anche ai propri occhi. Si costruisce una vita di coppia che sembra solida, ma che poggia su una continua auto-negazione.

Ma l’amore sano, quello che nutre e sostiene, non chiede sacrificio di identità. Non pretende silenzi o obbedienza. L’amore consapevole è uno spazio di libertà, dove poter essere pienamente sé stessi, con le proprie vulnerabilità e la propria forza. Invece, chi si arrende si trasforma in ciò che l’altro vuole. E spesso l’altro nemmeno se ne accorge.

Perché quando impariamo a non disturbare, diventiamo trasparenti.

La verità è che non si guarisce restando in una relazione tossica. Si guarisce iniziando a vedere le proprie ferite.

Anche solo riconoscendo che si sta soffrendo, che ciò che si vive non è amore, ma bisogno, dipendenza, paura dell’abbandono. Da lì, piano piano, si può risalire.

Cominciare a chiedersi: “Cosa voglio davvero?” E avere il coraggio di rischiare il rifiuto, pur di restare autentici.

Perché meglio un amore che finisce ma ci ha visto per come siamo, che una relazione che continua spegnendoci ogni giorno. Meglio la forza della solitudine che la certezza di un legame che ci ferisce.

Perché chi si arrende in amore, spesso si arrende anche alla vita. Ma chi osa non farlo, anche solo una volta, apre un varco. La possibilità di essere amato non per come si adatta, ma per chi è davvero.

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Patrizia Nicoletti
Ricevo a Legnano
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😰 Attacchi di panico: quando la paura prende il sopravventoC’è un momento in cui il cuore impazzisce, il respiro si fa c...
12/07/2025

😰 Attacchi di panico: quando la paura prende il sopravvento
C’è un momento in cui il cuore impazzisce, il respiro si fa corto e il corpo sembra tradire.
È un attacco di panico.
Chi l’ha vissuto sa che non è “solo ansia”: è la sensazione di perdere il controllo, di morire, di impazzire.
Spesso arriva all’improvviso, senza un motivo apparente.
Ma dentro, qualcosa preme da tempo.
Gli attacchi di panico sono il grido del corpo quando la mente non ce la fa più.
Sono segnali di un carico emotivo non elaborato, di esperienze che hanno lasciato un’impronta profonda.

🧠 Superare il panico è possibile. Anche senza farmaci.
Quando la paura condiziona le tue giornate, è il momento di chiedere aiuto.
La psicoterapia offre strumenti efficaci, e tra i più potenti c’è l’EMDR.

✨ Cos’è l’EMDR?
L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è una terapia riconosciuta a livello internazionale per il trattamento del trauma e dell’ansia.
Attraverso movimenti oculari o stimolazioni bilaterali, il terapeuta ti aiuta a rielaborare emozioni e ricordi bloccati nel sistema nervoso.
Il cervello, proprio come una ferita del corpo, può guarire.
Ma a volte ha bisogno di una spinta per farlo.
Con l’EMDR, molte persone ritrovano equilibrio, superano gli attacchi di panico e tornano a vivere con maggiore serenità.

💬 Se ti riconosci in queste parole, non ignorare il tuo disagio.
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MEGLIO NON PROVARCI.Ci sono persone che, anche quando hanno la possibilità di cambiare le cose, sembrano non coglierla. ...
06/06/2025

MEGLIO NON PROVARCI.

Ci sono persone che, anche quando hanno la possibilità di cambiare le cose, sembrano non coglierla.

Si arrendono.

Non perché siano deboli, non perché manchino di intelligenza o sensibilità, ma perché dentro di loro vive una convinzione più forte di qualsiasi stimolo esterno: quella di non poter mai davvero cambiare il copione che la vita ha scritto per loro.

Si comportano come chi, di fronte a una porta socchiusa, sceglie di non entrare.

Non per paura della porta, ma perché sono convinti che dall’altra parte non ci sia nulla per loro. O, peggio ancora, che ci sia solo l’ennesima conferma di non essere all’altezza, di non meritare, di non contare.

Questo è il cuore della resa: non una scelta consapevole, ma una risposta automatica e profonda a una che ha radici lontane.

È come se, dentro di sé, queste persone avessero assimilato un messaggio antico e doloroso: “Non serve lottare, tanto non cambierà nulla. Tanto fallirai. Tanto verrai rifiutato.”

Così si abituano ad abbassare la testa, ad accontentarsi, a non disturbare.

Si convincono che adeguarsi al dolore sia più sicuro che rischiare la .

Nel quotidiano, chi vive in questo modo tende a cedere il passo, a non opporsi, a evitare il conflitto anche quando sarebbe necessario.

Rinuncia ai propri bisogni pur di mantenere un’apparente armonia. Sta zitto quando vorrebbe parlare.

Dice “sì” quando dentro di sé vorrebbe urlare un “no”. E col tempo, questa abitudine si cronicizza, diventa un modo di stare al mondo. Un’abitudine talmente radicata da sembrare identità.

Il problema è che ogni volta che ci si arrende, lo schema interiore che genera quel comportamento si rinforza.

Ogni volta che si tace, ci si conferma che la propria voce non conta. Ogni volta che si cede, ci si convince che lottare sia inutile.

Così la persona non fa che ripetere, giorno dopo giorno, la stessa dinamica che l’ha fatta soffrire fin dall’inizio.

Si diventa complici inconsapevoli del proprio .

La sofferenza, però, non sparisce. Si trasforma. Può diventare , cronica, repressa.

Oppure un senso di vuoto che si fatica persino a nominare. Un’inquietudine di fondo che accompagna ogni gesto, ogni scelta, ogni relazione.

E tutto questo avviene mentre, all’esterno, magari, la vita scorre apparentemente tranquilla. Ma dentro, c’è un mondo che implora di essere ascoltato.

Arrendersi non è mai una vera soluzione. È un adattamento, un compromesso silenzioso tra ciò che si è desiderato e ciò che si è creduto di poter ottenere.

Ma ogni adattamento che nega la nostra verità più profonda, prima o poi, chiede il conto.

E ci obbliga a guardarci dentro.

Perché la vera guarigione non è nell’evitare il dolore, ma nel riconoscere le ferite che ci hanno insegnato a temere la speranza.

Ci vuole coraggio per rompere questo schema. Per dire, anche solo a se stessi: “Forse posso provare un’altra strada.”

Non è un atto clamoroso, non è una rivoluzione visibile. Spesso è un gesto minuscolo.

È restare invece di scappare. Parlare invece di tacere. Scegliere invece di subire.

Ma ogni piccolo gesto di disobbedienza allo schema è un seme piantato nel terreno della propria libertà.

E forse, con il tempo, quel terreno potrà diventare qualcosa di nuovo. Un luogo in cui non si è più condannati a ripetere il dolore, ma liberi di scrivere una storia diversa.

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Il rispetto di sé.C’era una volta una donna, Laura, che ogni mattina si alzava al suono della sveglia con un nodo allo s...
16/05/2025

Il rispetto di sé.

C’era una volta una donna, Laura, che ogni mattina si alzava al suono della sveglia con un nodo allo stomaco.

Non era la sveglia il problema, né il lavoro che l’attendeva. Era la sensazione, sottile ma costante, di vivere una vita costruita attorno alle aspettative degli altri.

Andava avanti col : compiacere, adattarsi, sorridere anche quando avrebbe voluto restare in silenzio. Ogni gesto sembrava scollegato dal cuore, come se ogni scelta appartenesse a chi non era lei.

Un giorno, però, qualcosa si incrinò. Un dettaglio banale: una frase detta da un’amica, pronunciata senza malizia, ma che la colpì come uno specchio andato in frantumi. “Tu fai sempre quello che ci si aspetta da te.” Laura tornò a casa con quella frase che le rimbombava in testa. Si sedette, guardò fuori dalla finestra e si domandò: Chi sono io, davvero?

È da lì che comincia il rispetto di sé.

Non da un atto eroico, non da una ribellione fragorosa, ma da una domanda sussurrata, quasi timida.

Rispettarsi non significa diventare invulnerabili o sempre vincenti, ma imparare ad ascoltarsi con verità, anche quando la verità fa paura. Significa riconoscere che la propria dignità non si misura con gli occhi altrui, ma con il battito della propria .

Il rispetto di sé è una scelta quotidiana.

È dire “no” quando tutto il corpo urla che non si vuole un certo incontro, una certa relazione, un certo lavoro.

È scegliere con cura chi avere accanto, non per paura della , ma per amore della propria solitudine, quella che ci rende interi e non frammenti.

È smettere di giustificare gli altri quando calpestano i nostri confini, è smettere di chiedere scusa per la propria esistenza.

Ci vuole coraggio per rispettarsi. Perché spesso ci hanno insegnato il contrario: che amare se stessi è egoismo, che scegliere per sé è un tradimento.

Ma non c’è nulla di più falso.

Il rispetto di sé è la base di ogni amore autentico, di ogni relazione che non ci consumi ma ci nutra. È sapere che il nostro valore non dipende da quanto siamo utili, amabili o perfetti, ma dal semplice fatto che siamo.

E più ci si rispetta, più cambia il mondo attorno a noi.

Le diventano specchi, non gabbie. Il tempo si riempie di senso, non di doveri. Le scelte diventano passi verso un sé più autentico, e non compromessi svuotati di verità.

Laura lo ha imparato a piccoli passi. Ha iniziato a dire di no, a restare in silenzio quando non aveva voglia di parlare, a scegliere ciò che la faceva stare bene, anche se era impopolare.
Ha perso alcune persone lungo la strada, ma ha ritrovato sé stessa.

Perché rispettarsi non è solo un atto d’amore verso di sé: è un atto sacro, un ritorno alla propria verità più profonda.

È il riconoscimento silenzioso ma potente che la propria vita merita di essere abitata con , libertà e .

E non c’è viaggio più profondo, né destino più autentico.

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Il silenzioso tradimento di sé.C’è un momento, nella vita di ognuno, in cui ci si guarda allo specchio e non ci si ricon...
09/05/2025

Il silenzioso tradimento di sé.

C’è un momento, nella vita di ognuno, in cui ci si guarda allo specchio e non ci si riconosce più. Non è l’età, non sono le rughe o il corpo che cambia.

È qualcosa di più sottile, di più inquietante: è la sensazione che da troppo tempo si stia vivendo una vita che non ci somiglia.

Una vita fatta di abitudini che ci stringono come vestiti di taglia sbagliata, di che ci risucchiano invece di nutrirci, di parole che diciamo senza crederci più.

Questo momento, che molti temono, è in realtà uno dei più preziosi. È lì che nasce la possibilità di ritornare a sé. Di ricominciare a sentirsi, come diceva Galimberti, in un mondo che ci spinge sempre più a funzionare, a performare, a stare al passo.

Ma l’anima – quella voce interiore che ci rende vivi – non funziona.

L’anima sente. E quando smettiamo di ascoltarla, smettiamo lentamente di appartenerci.

Il rispetto di sé inizia proprio da questa : che non siamo oggetti da gestire, ruoli da interpretare, ma persone in cerca di senso.

È il senso, infatti, ciò che ci manca quando non ci rispettiamo. Perché possiamo anche avere successo, , .

Ma se dentro non sentiamo più nulla, se la nostra interiorità è diventata un deserto, allora siamo smarriti.

La storia di Marco – un uomo qualunque, ma anche ciascuno di noi – lo racconta bene. Per anni ha costruito tutto con disciplina: la carriera, la famiglia, la reputazione.
Ma ogni sera, quando spegneva la luce, si sentiva vuoto. Era come se la sua esistenza scorresse su binari tracciati da altri. Finché un giorno, mentre suo figlio gli chiedeva cosa volesse fare da grande, Marco rimase muto. Perché non sapeva più nemmeno cosa volesse fare adesso. Non si era mai fatto quella domanda.

Il rispetto di sé è anche questo: avere il coraggio di farsi domande scomode. Chi sono diventato? Dove ho perso me stesso per strada? Quando ho smesso di dire “no”? Quando ho barattato la mia autenticità con l’approvazione?
E poi: cosa voglio? Non cosa devo, non cosa ci si aspetta da me. Ma cosa voglio io, davvero?

Queste domande fanno paura. Perché ci pongono di fronte a una verità difficile: che siamo spesso complici del nostro smarrimento.

Che ci siamo traditi in silenzio, giorno dopo giorno, per non disturbare, per farci amare, per sentirci “giusti”.

Ma la giustizia verso sé stessi non coincide con l’obbedienza al mondo. Coincide, piuttosto, con la fedeltà al proprio sentire.

E rispettarsi significa proprio questo: rientrare in possesso della propria .

Riconoscerne il valore sacro, anche quando trema, anche quando sbaglia.

Galimberti ci ricorda che l’anima è inquieta, e che l’inquietudine non è un male, ma un invito. Un invito a non accontentarsi di sopravvivere. A non chiudere gli occhi davanti all’insofferenza, alla stanchezza morale, al desiderio inespresso.

L’inquietudine è il grido dell’anima che vuole tornare a casa.

E allora rispettarsi diventa il primo, imprescindibile atto d’amore. È dire a se stessi: Io sono qui. Io merito spazio. Io merito verità.

Anche se questo significa deludere qualcuno. Anche se questo significa cambiare strada, ricominciare, perdere certezze.

Perché nulla vale quanto l’appartenenza a sé stessi.

Solo chi si rispetta può amare davvero, vivere davvero, scegliere davvero.

Gli altri non vedranno sempre, non capiranno sempre. Ma tu sì. Tu saprai di non aver più tradito te stesso. E sarà già una rivoluzione.

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La sfida del cuore.Viviamo in un tempo in cui tutto sembra chiedere velocità, reattività, prestazione. Siamo spesso imme...
02/05/2025

La sfida del cuore.

Viviamo in un tempo in cui tutto sembra chiedere velocità, reattività, prestazione.

Siamo spesso immersi in un flusso continuo di impegni, aspettative, confronti. In questa corsa quotidiana, può diventare facile smarrire il contatto con ciò che davvero conta: chi siamo, cosa vogliamo, dove stiamo andando.

Eppure, proprio dentro a queste tensioni si nasconde una possibilità preziosa: quella di fermarci un momento e ascoltare il cuore.

È da lì che nasce una delle sfide più profonde e autentiche della vita: la sfida di comprendere chi siamo.

Sappiamo abbastanza bene, per esperienza diretta, che impariamo per prove ed errori.

Le prove sono quelle che ci offre la vita: non siamo andati a cercarle, ma ci sono capitate. Sono arrivate come un vento e se ne sono andate come una tempesta, lasciandoci cambiati.

Le prove fanno crescere, tanto che spesso cerchiamo delle sfide proprio per questa ragione: per crescere, per misurarci, per scoprire le nostre possibilità reali.

Così, tra le prove che ci capitano e le sfide che scegliamo volontariamente, il nostro cuore si allena in una palestra costante.

Sia che si tratti di sfide volute, sia che si tratti di eventi imprevisti, esse ci guidano attraverso tre passaggi fondamentali che ci ritroviamo a percorrere più e più volte, come un ciclo naturale della .

Il primo passaggio è riconoscere ciò che desideriamo fare, scoprire la nostra vocazione, la nostra passione, ciò che accende la nostra energia vitale.

Questo è il momento in cui ci sentiamo vivi, in cui riconosciamo un talento e decidiamo di coltivarlo e farlo crescere. È la sfida del sé.

Il secondo passaggio nasce invece dall’incontro con i nostri limiti. È la sfida del confine, della soglia. Quando ci accorgiamo di non saper fare qualcosa, dobbiamo scegliere: provarci ancora o fermarci? In questo bivio si sviluppa la nostra , la capacità di discernere quando insistere e quando accettare.
E quindi si basa su quello che non sappiamo o non vogliamo fare. È la sfida del no.

Il terzo passaggio, forse il più silenzioso ma più potente, è la sfida del ritorno: chi siamo davvero. E’ la sfida del tornare a casa.

È il momento in cui ci fermiamo e riportiamo al nostro centro tutto ciò che ci accade. Non fuori, ma dentro. È il sapore delle nostre giornate, il senso che diamo agli eventi, la coerenza con cui viviamo. È la sfida del sì a sé stessi.

Ogni giorno, uscendo di casa, affrontiamo la sfida del fare e del non fare. Ogni sera, quando torniamo, possiamo scegliere se portare con noi solo il peso delle cose, oppure ritrovare la nostra presenza.

Se sappiamo chi siamo, allora non ci portiamo addosso la dell’ufficio, il nervosismo delle corse, i che ci affaticano. Portiamo semplicemente noi stessi. E quello è il momento in cui siamo davvero a casa, in quel luogo.

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Riconoscersi nell’esperienza.Spesso giudichiamo le nostre reazioni in modo automatico: giuste o sbagliate, forti o debol...
24/04/2025

Riconoscersi nell’esperienza.

Spesso giudichiamo le nostre reazioni in modo automatico: giuste o sbagliate, forti o deboli. Così come ci capita di etichettare le persone intorno a noi: chi ci sostiene è buono, chi ci ostacola è cattivo.

Ma la realtà è molto più sfumata di quanto la nostra mente, affamata di categorie, riesca ad accettare. Eppure, è proprio nella complessità dell’esperienza che possiamo trovare nuove possibilità di comprensione.

Quando ci abituiamo a dividere tutto in accettabile e inaccettabile, perdiamo il contatto con il cuore vivo dell’esperienza. La reazione emotiva diventa qualcosa da correggere invece che da conoscere.

Tuttavia, possiamo imboccare un’altra via: quella dell’ascolto. Familiarizzare con ciò che proviamo, piuttosto che combatterlo.

Possiamo chiederci:
• “Cosa sta succedendo nel mio corpo adesso?”
• “Che emozione sto provando davvero?”
• “Quali pensieri mi accompagnano in questo momento?”
• “Le mie aspettative stanno influenzando la mia reazione?”

Questo tipo di domande non cercano risposte immediate o giuste. Servono a portare luce, non a definire. Osservare senza voler cambiare subito ciò che c'è, ma lasciandolo esistere, può trasformare profondamente la relazione che abbiamo con noi stessi.

La fiducia cresce quando smettiamo di comba***re ogni emozione come se fosse un nemico da ba***re. Impariamo che ogni reazione può essere un’informazione preziosa. Anche la delusione, se accolta, può insegnare. Anche la rabbia, se ascoltata, può guidare.

Molti di noi hanno imparato a forzarsi, a spingere per “funzionare meglio”. Ma con le emozioni, il cambiamento più profondo nasce spesso da un atteggiamento opposto: presenza, curiosità, accettazione.

Come suggeriscono Zindel Segal e Mark Williams:
“Per le emozioni, a volte la via migliore per cambiarle non è cercare a tutti i costi di modificarle, bensì prenderne consapevolezza così da vederle più chiaramente.”
Familiarizzare con se stessi è un atto di coraggio e di amore. È dire: “Ti vedo, così come sei”. E spesso è proprio in quel momento che iniziamo a cambiare.

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Ciò che nutre e ti plasma.Quando sentiamo la parola dieta, pensiamo subito al cibo: calorie da contare, verdure da aggiu...
11/04/2025

Ciò che nutre e ti plasma.

Quando sentiamo la parola dieta, pensiamo subito al cibo: calorie da contare, verdure da aggiungere, dolci da evitare. Ma la verità è che la nostra dieta non riguarda solo ciò che mettiamo nel piatto. È molto, molto di più.

La tua dieta è ciò che guardi quando scorri il telefono prima di dormire. È ciò che ascolti mentre viaggi in macchina, ciò che leggi nei momenti di pausa, le conversazioni che hai, le persone che lasci entrare nella tua vita. È ciò che nutre la tua mente, il tuo cuore e la tua anima.

Tutto ciò che consumi ti plasma.

Tutto ciò che scegli di accogliere si sedimenta dentro di te, invisibile ma potentissimo, e giorno dopo giorno costruisce ciò che diventi.

Se riempi le tue giornate di immagini di perfezione irraggiungibile, di notizie che parlano solo di paura, di voci che seminano dubbio e insicurezza, il tuo mondo interiore si ammalerà senza che tu te ne accorga.

Se ti circondi di persone che non credono nei tuoi sogni, che minimizzano il tuo valore o che portano costantemente pesantezza, qualcosa in te inizierà a spegnersi.

Pian piano dimenticherai quanto eri leggero, quanto eri libero.

Ma se scegli con cura ciò che lasci entrare – una canzone che ti accende il cuore, un libro che espande la tua mente, una chiacchierata che ti fa sentire visto e amato – allora fiorirai. Ti sentirai più leggero, più forte, più vero.

La qualità della tua vita dipende dalla qualità di tutto ciò che permetti di raggiungerti.

Non solo del cibo che mangi, ma dei pensieri che coltivi, delle emozioni che accogli, delle energie che frequenti.

Proteggi il tuo spazio interiore come proteggeresti il tuo corpo da un veleno.
Non è egoismo: è amore per te stesso.

Scegli contenuti che ti elevano, relazioni che ti nutrono, esperienze che ti insegnano a brillare. Abbi il coraggio di allontanarti da ciò che ti appesantisce, anche se questo significa rimanere un po' più soli, ma molto più vivi.

Sei fatto di ciò che permetti di entrare in te.

E allora scegli bene.

Scegli con amore.

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Prima di rincorrere qualcuno.A volte, rincorriamo qualcuno con la speranza che quel gesto basti a colmare il vuoto che s...
04/04/2025

Prima di rincorrere qualcuno.

A volte, rincorriamo qualcuno con la speranza che quel gesto basti a colmare il vuoto che sentiamo dentro. Ci aggrappiamo a un amore che non ci vuole, che ci sfugge, come se in quel rifiuto potesse nascondersi il senso della nostra esistenza.

Lo facciamo per nostalgia, per abitudine, per paura, o perché, in fondo, crediamo di non meritare altro. Ma la verità è che nessuno dovrebbe elemosinare amore, né sperare che basti il proprio per due.

Capita a molti di innamorarsi senza essere ricambiati. Non è raro. Ma quando questa situazione diventa un copione che si ripete, bisogna fermarsi e chiedersi il perché.
Perché proprio sempre quella persona che non ti vede, che non ti sceglie, che non ti dà spazio?

La risposta spesso si annida dentro di noi, nascosta tra le pieghe di una bassa autostima, nel bisogno disperato di sentirci completi grazie a qualcun altro, nell’illusione che il cambiamento dell’altro sia la chiave per la nostra felicità.

Sovente, quando rincorriamo qualcuno che non ci vuole, stiamo rincorrendo un’idea. Idealizziamo quella persona, le attribuiamo qualità che forse non ha mai avuto, e ci raccontiamo una storia bellissima nella nostra testa.

Una storia che, però, vive solo lì. Siamo ciechi ai segnali di disinteresse, sordi alle risposte evasive, eppure continuiamo, perché abbiamo deciso che quella persona è “quella giusta”.

Ma non esiste la persona giusta se non c’è reciprocità. E l’amore, quello vero, nasce sempre in due.

In questo correre dietro a chi non ci vuole, perdiamo di vista noi stessi. Ci adattiamo, cambiamo gusti, parole, atteggiamenti. Ci modelliamo come creta, sperando che basti per diventare amabili.

Ma l’amore non è uno sforzo, non è un esame da superare, non è un premio da conquistare. È presenza, riconoscimento, naturalezza. E se manca tutto questo, forse non è amore, ma solo una lotta contro il nostro senso di inadeguatezza.

Ci sono momenti in cui ci convinciamo che l’altro potrà salvarci. Che quella persona porterà luce nelle nostre giornate, che metterà ordine nel caos.

E allora investiamo, ci buttiamo, speriamo. Ma è una trappola: nessuno può riempire i nostri vuoti. Nessuno può prendersi la responsabilità di renderci felici. È nostro, e solo nostro, il compito di costruirci una vita piena, autentica, serena.

E quando il rifiuto arriva, non lo accettiamo. Lo prendiamo sul personale, come una sconfitta, come un difetto nostro. E ci promettiamo che cambieremo.

Che diventeremo migliori. Più belli, più silenziosi, più docili. Più “amabili”. Ma la verità è che non c’è niente di sbagliato in noi. Non dobbiamo modificare la nostra essenza per essere amati.

Dobbiamo, invece, imparare ad amarci abbastanza da non tollerare più chi non ci rispetta.

Non ci sono pozioni magiche né bacchette che cancellano il dolore. Superare un amore non corrisposto è un processo lento. La mente si abitua alla mancanza come si abitua alla presenza.

E ci vuole tempo, ci vuole gentilezza, ci vuole pazienza. Ma la buona notizia è che si può guarire. Si può imparare a lasciar andare. Si può smettere di rincorrere.

Forse stai leggendo queste parole perché sei stanco. Perché ne hai abbastanza di sentirti invisibile, di adattarti, di sperare. Forse dentro di te sai già che meriti di più. E hai ragione.

Meriti qualcuno che ti veda, che ti scelga, che ti voglia. Qualcuno che non ti chieda di ridurti, ma che celebri ogni tua sfumatura. Qualcuno che non ti faccia sentire un errore, ma una fortuna.

Ricorda: non sei la seconda scelta di nessuno. Non sei un ripiego. Non sei da correggere, da modellare, da migliorare. Sei già abbastanza, così come sei. E se qualcuno non riesce a capirlo, non è tuo compito convincerlo. È tuo compito proteggerti.

Inizia da qui. Chiediti cosa vuoi davvero. E soprattutto: come stai usando il tuo tempo? Lo stai investendo in qualcosa che ti fa crescere, che ti rende felice, che ti nutre? O lo stai sprecando dietro a qualcuno che non ti dà nulla in cambio?

È ora di riscoprire i tuoi sogni, di ricordarti chi sei, di tornare a essere protagonista della tua storia.

Il tuo passato non definisce chi sei. Non sei destinato a vivere sempre gli stessi amori sbagliati. Puoi cambiare, puoi scegliere, puoi rinascere. Non accontentarti più. Non è vero che l’amore è cieco: l’amore vero vede benissimo. E sceglie, ogni giorno, di restare.

Perciò, smetti di rincorrere. Scegli te.

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Riscrivi la tua storia con la Schema Therapy.Ti sei mai chiesto perché, nonostante i tuoi buoni propositi, finisci sempr...
28/03/2025

Riscrivi la tua storia con la Schema Therapy.

Ti sei mai chiesto perché, nonostante i tuoi buoni propositi, finisci sempre per ripetere gli stessi errori? Perché ti ritrovi in relazioni che sembrano seguire uno schema già visto, perché hai difficoltà a dire di no, perché senti che c'è sempre qualcosa che manca per sentirti veramente bene?

La risposta potrebbe risiedere nei tuoi schemi profondi, modelli di pensiero e comportamento che si sono formati nella tua infanzia e che, nel tempo, hanno plasmato il tuo modo di reagire alla vita.

La Schema Therapy ci aiuta a comprendere questi meccanismi e a lavorare su di essi per liberarci dalle catene invisibili del passato.

Secondo questa teoria, ognuno di noi nasce con bisogni emotivi fondamentali: il bisogno di sicurezza, di amore, di accettazione, di autonomia, di espressione delle proprie emozioni e di spontaneità.

Quando questi bisogni vengono soddisfatti in modo sano, sviluppiamo un senso di fiducia in noi stessi e negli altri. Ma cosa succede quando questi bisogni non vengono riconosciuti o, peggio ancora, vengono frustrati o distorti?

Succede che, da bambini, troviamo il modo di adattarci. Se non ci sentiamo amati o accettati, potremmo sviluppare la convinzione profonda di non valere abbastanza. Se siamo stati costantemente criticati, potremmo interiorizzare un senso di inadeguatezza che ci porta a essere ipercritici con noi stessi.

Se siamo cresciuti in un ambiente in cui le nostre emozioni non venivano validate, potremmo aver imparato a reprimerle, diventando adulti distaccati o incapaci di gestire la vulnerabilità.

Questi schemi, che all'inizio servivano a proteggerci, diventano con il tempo delle gabbie. Senza rendercene conto, continuiamo ad applicare le stesse strategie difensive che abbiamo imparato da piccoli, anche quando non sono più utili o, peggio ancora, ci fanno soffrire.

Così, ad esempio, chi ha paura dell’abbandono potrebbe sviluppare una dipendenza emotiva nelle relazioni, cercando disperatamente conferme e accettando situazioni tossiche pur di non restare solo. Oppure potrebbe, al contrario, chiudersi in una corazza di autosufficienza per evitare di essere ferito.

Chi ha interiorizzato il senso di inadeguatezza potrebbe diventare un perfezionista estremo, sempre alla ricerca di approvazione, oppure potrebbe auto-sabotarsi per confermare la propria convinzione di non essere abbastanza.

La buona notizia è che possiamo cambiare. Gli schemi disfunzionali non sono una condanna a vita, ma qualcosa su cui possiamo lavorare.

E qui entra in gioco la Schema Therapy. Questo approccio terapeutico, sviluppato da Jeffrey Young, combina elementi della terapia cognitivo-comportamentale con tecniche esperienziali ed emotive, aiutandoci a riconoscere i nostri schemi, comprenderne l'origine e modificarli in modo profondo.

Ma come avviene questo processo di cambiamento?

Il primo passo è la consapevolezza. Spesso non ci rendiamo nemmeno conto di essere prigionieri di determinati schemi: pensiamo semplicemente che "siamo fatti così" o che "le cose vanno sempre nello stesso modo".

Attraverso la terapia, impariamo a individuare i nostri schemi e a riconoscere come influenzano i nostri pensieri, le nostre emozioni e le nostre azioni.

Una volta identificati, il passo successivo è comprendere da dove vengono. Questo significa esplorare la nostra infanzia e le esperienze che hanno contribuito a sviluppare questi modelli.

Non si tratta di cercare colpe o di rimanere intrappolati nel passato, ma di dare un senso alle nostre reazioni attuali.

Spesso, questo passaggio porta con sé una profonda emozione: può essere doloroso rendersi conto di quanto alcuni nostri bisogni siano stati ignorati o non soddisfatti, ma è anche il primo vero passo verso la guarigione.

Dopo la comprensione, arriva la trasformazione. Qui entrano in gioco diverse tecniche terapeutiche: il dialogo con la parte bambina di noi che ha sofferto, l'uso di esperienze immaginative per riscrivere la nostra storia interiore, l'apprendimento di nuovi modi di rispondere alle emozioni e alle situazioni difficili.

La terapia ci aiuta a sviluppare una "modalità adulta sana", una parte di noi in grado di prendersi cura di sé in modo più equilibrato e funzionale.

Ad esempio, se il tuo schema predominante è la paura dell’abbandono, potrai imparare a costruire relazioni più sane, basate sulla fiducia e non sulla dipendenza.

Se tendi a essere ipercritico con te stesso, potrai sviluppare maggiore autocompassione e imparare a trattarti con gentilezza. Se hai sempre represso le tue emozioni, potrai riscoprirle e imparare a esprimerle in modo sano.

Il percorso non è immediato e richiede impegno, ma i cambiamenti possono essere profondi e duraturi. Con il tempo, si diventa più consapevoli delle proprie reazioni, si imparano nuove strategie e si sviluppa una maggiore serenità interiore.

Non si tratta di diventare perfetti, ma di imparare a vivere in modo più autentico, libero da schemi che ci hanno limitato per troppo tempo.

Molte persone che intraprendono un percorso di Schema Therapy riportano un senso di liberazione: finalmente capiscono perché si sono comportate in un certo modo per anni e, soprattutto, scoprono che il cambiamento è possibile.

Si rendono conto che non devono più essere vittime delle proprie paure o delle proprie insicurezze e che possono costruire una vita più soddisfacente e in linea con chi sono davvero.

Alla fine, il vero obiettivo della terapia non è semplicemente eliminare il dolore o i sintomi, ma permetterci di vivere una vita più piena, più consapevole e più serena.

È un viaggio verso noi stessi, verso la nostra autenticità e verso un modo di stare nel mondo che ci faccia sentire veramente bene. E questo, in fondo, è uno dei regali più preziosi che possiamo farci.

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