11/04/2020
A voi, futuri genitori, regalo questa lettera che è una carezza.
Andrà tutto bene 🌈✨
Non era così che lo immaginavi.
Questo dipinto sulla pancia, per esempio. Se avessimo potuto, avremmo fatto ve**re quell’amico che lo fa di mestiere, quello che impiegò due ore per un bel fiocco celeste, con le sfumature e le proporzioni giuste, abbiamo ancora la foto appesa in salone. Era bellissimo quel fiocco, se lo sarebbe meritato anche lei. E anche tu.
Stavolta però devi accontentarti di questo impiastro colorato, di un cuore, che è l’unica roba che mi riesce decentemente. Il cuore, che chissà da quando, per convenzionalità, si sia deciso di semplificarlo disegnandolo così.
Non sarebbe dovuta essere questa l’attesa, il tempo che manca da adesso a quando sarà. Poche settimane ormai e non è un decreto a deciderlo, è la natura, incorruttibile, improrogabile.
Non erano le passeggiate sul corridoio che pensavi di fare, né quelle intorno al palazzo con un carrello della spesa vuoto e una giustificazione spiegazzata in tasca.
Non era niente di ciò che sta succedendo. Niente. Lo so.
Pensavi a foto professionali con lo sfondo bianco e il viso truccato, alle domeniche al parco in tre quasi quattro, alle uscite con le amiche a elemosinare un goccio di birra sentendoti tremendamente in colpa.
L’attesa da condividere, l’attesa da riempire, l’attesa da ricordare, anche se in fondo sì che la ricorderemo, a suo modo.
Hai paura, lo so. Puoi anche dirmelo, non c’è bisogno di dare la colpa agli ormoni per le lacrime. Gli ormoni, capro espiatori di ogni sensazione negativa delle donne, stavolta non mi fregano mica.
Hai paura di quel giorno lì, delle condizioni che troverai in clinica, della possibilità che io non possa starti vicino ad accarezzarti i capelli, compito minimo ma indispensabile.
E sei arrabbiata, sì, sei arrabbiata. Urla, urla pure, che in questo silenzio viene meglio. Non ti meriti un parto del genere, la mascherina ti appannerà gli occhiali e poi l’indomani senza parenti, senza amici. Te lo porto io, un palloncino a elio rosa, promesso. Un ciuccio gigante da parte di tutti, e una confezione di sushi da parte mia. Lo so, non è colpa di nessuno, è un’emergenza planetaria ma checcazzo. Ci sta, dillo. Checcazzo!
Non era così che lo immaginavi. Le tue notti insonni sono diventate infinite, quei respiri profondi vorrebbero inglobare tutta l’aria che c’è. Pulita, senza smog, per fortuna.
Non era in questo mondo che si meritava di nascere nostra figlia, lo so benissimo, ma poi ci siamo noi, che non saremo il mondo intero ma siamo l’unica realtà sicura che adesso possiamo abitare.
Quest’attesa qui, allora, talmente surreale da sembrare finta, gliela racconteremo lo stesso.
Le mostreremo le foto delle pizze bruciate, delle crostate dal reticolato storto, i giornali coi titoloni, gli screenshot delle videochiamate con i nonni, il taglio di capelli di suo fratello fatti con le forbici da cucina.
Le racconteremo che non è stato facile, che mentre intorno si parlava di morte, noi pensavamo alla vita.
Ma è stato bello poi, vederla nascere.
Perché quando si carica così tanto un’attesa, lo sparo che ne esce è un’esplosione ancora più forte.
Perciò sappi che mi dispiace. Mi conosci, sono sempre stato un eterno orfano delle occasioni p***e.
Non era così che lo immaginavamo.
Lo so.