
02/10/2021
Il tuo Maestro è dentro di te, ma non sei tu.
Nell’idea che abbiamo del contesto tradizionale il maestro è una figura dispotica che gestisce una comunità in modo dittatoriale, compie scelte per molti.
Nella storia recente, dagli anni sessanta ad oggi, abbiamo sviluppato degli anticorpi che si mettono in moto nei confronti di ogni figura assimilabile alla definizione “maestro”, squalificandola, ridicolizzandola e in ultima analisi rendendo il “dispositivo maestro” spesso inservibile.
Vedendo il mondo in termini oggettuali un maestro è una persona che sa qualcosa che noi non sappiamo, da ciò trae il suo potere e insieme ad esso le sue responsabilità.
Ciò è pericoloso perché rischiamo di trasformarci in spettatori, poniamo una persona su un palco e noi ci limitiamo a guardare. Il percorso si ferma.
Vedendo il mondo in termini funzionali il maestro è qualcuno o qualcosa capace di insegnarci, di supportare il nostro percorso, di indicarci la strada in un modo che per noi è accessibile, che suona già per i nostri orecchi. Ciò è pericoloso perché rischiamo di metterci nella condizione di ascoltare solo ciò che sappiamo e possiamo già ascoltare. Il percorso si ferma.
In ogni caso il nostro maestro dipende da noi. Siamo noi che lo riconosciamo, nessuno può imporsi come maestro se da parte nostra non lo investiamo con il ruolo di guida.
Personalmente credo che il Maestro sia colui che dimostra attraverso parole e azioni la capacità dello stare nel non sapere, qualcuno che è capace di testimoniare non ciò che ha visto, ma l’atto stesso di vedere e di farlo con una passione contagiosa, con un fuoco che accende altri fuochi. Con ciò diventa impossibile definire il maestro in termini positivi, già dati. Con ciò non è più possibile definire il Maestro come buono o cattivo, il Maestro è Altro. È ciò che non era concepibile, qualcosa o qualcuno che quando lo incontri ti sbatte in faccia il fatto che non sei tu, anche se è dentro di te. Si possono conoscere tante persone lungimiranti nella nostra vita ed anche alcuni maestri possono esserlo, ma non è questo il punto, il Maestro è necessariamente Altermirante, non lungimirante.
Sempre insieme a te innesca processi che esulano dalle possibilità che hai da sol_, ti strappa da te e ti porta oltre in territori in cui non è detto che lo stesso “vedere” rimanga in piedi. Il mio Maestro dice spesso:
“il ceco porta i ciechi giù per il burrone”.
Lui non è lui solo perché sa cose che tu non sai, ciò può essere, ma non è quello che lo fa essere quello che è. Lui è lui perché condivide con te molto più di quanto sei dispost_ a pensare, eppure allo stesso tempo è completamente altro, e lo senti.
Il Maestro non si sceglie e lui non sceglie te. Non esce fuori dalla sicurezza per qualcosa che porta alla scelta, è la scelta di abbandonare ogni sicurezza.
Solo attraverso il riconoscimento del Maestro, alla mente del principiante, abbiamo la possibilità di incontrare qualcosa di autentico sempre nuovo e tutto insieme.
Scappiamo continuamente dall’idea del maestro eppure la pratica del Maestro è l’unica capace di metterci veramente in contatto con il mondo.
Nella mindfulness, e non solo, si privilegia la definizione “insegnante” proprio perché la mindfulness emerge proprio nel momento della reazione anticorpale.
Eppure “insegnante” fa riferimento ad un trasferimento di informazioni (in-segnare) che mal si sposa con la mindfulness nello specifico e con le pratiche contemplative in generale.
Personalmente preferisco “istruttore”, è una parola che identifica chi prepara (con un riferimento al costruire) a qualcosa che anche lui non può sapere.
Ma mantengo viva l’attenzione al Maestro perché non è possibile stare nel non sapere quando ci si pensa ingenuamente soli e indipendenti.