Il presente testo è il nostro contributo di approfondimento sulle caratteristiche della Cannabis Sativa L. 1753, non vogliamo in alcun modo indicare forme terapeutiche alternative alla medicina convenzionalmente conosciuta, vogliamo iniziare con un processo d'istruzione di massa.
"How could a plant created by God be made illegal by humans? You mean they can tell God that it's not illegal?" Bob Marley
La cannabis o canapa ha convissuto in armonia con l'uomo da sempre; utile nella rotazione colturale nell'agricoltura biologica per le proprietà pesticidi e di ri-fertilizzazione dei terreni, utile nella produzione tessile, utile nella nautica, nell'idraulica, nella cartaria, nell'edilizia, utile, almeno fino all'inizio del secolo scorso nella medicina e, purtroppo, molto utile come sostituto della plastica e dei combustibili fossili; quest'ultime sono le peculiarità che l'hanno portata ad essere bandita in gran parte del mondo occidentale negli anni '30.
A differenza del XVIII° emendamento, che proibiva la produzione e il consumo di alcool nei saloons americani tra il 1919 ed il 1933, creato con motivi etici, morali e civili; solo motivi economici hanno creato la più duratura e, particolarmente insensata, proibizione dell'ultimo secolo; infatti, con grande impegno e dedizione dei più grandi magnati dell'industria americana, quali DuPont e Rockefeller, negli USA, nel 1937 fu emanata la Marjiuana Tax Act, che di fatto proibiva qualsiasi forma di produzione della Cannabis negli Stati Uniti.
Dagli USA la proibizione della cannabis è giunta sino in Europa con la Convenzione sugli Stupefacenti del 1961 firmata a New York. Forse pochi sanno che la Convenzione sugli Stupefacenti del 1961, ratificata in Italia nel 1974 ed entrata in vigore dal 1975, si riconosce "che l'uso medico degli stupefacenti è indispensabile al fine di alleviare il dolore e che le misure volute devono essere adottate al fine di assicurare che gli stupefacenti siamo disponibili a questo scopo".
Potremmo entrare in un girone infernale fatto di supposizioni e complottismi, ma non è questo il nostro scopo.
Ad oggi la regolamentazione Nazionale con la legge 242/2016, in Gazzetta Ufficiale a gennaio 2017, promuove la coltivazione ed il consumo finale di semilavorati di canapa, nonché la produzione di alimenti, cosmetici e materie prime; una nuova rinascita per la pianta che il medico Carl Linnaeus definì utile (sativa). Difatti tra le varietà gentilmente concesse sono inserite solamente alcune varietà di cannabis sativa, con valori di THC non superiori allo 0,2% ma con massiccia presenza di CBD 1-4%.
Ma andiamo per ordine.
Il CBD
La cannabis presenta nelle sue infiorescenze circa 85 cannabinoidi con percentuali variabili secondo le varietà.
Il THC (delta-9-tetraidrocannabinolo) e il CBD (cannabidiolo) sono due cannabinoidi più importanti e presenti nella cannabis con percentuali nettamente superiori a tutti gli altri.
Il THC è l'elemento psicoattivo, ovvero, il cannabinoide che ha tra le sue caratteristiche la capacità di legarsi a recettori CB1 presenti nel cervello con l'effetto (in)desiderato di ebbrezza o sballo; in questo momento storico ancora illegale, e, pertanto, ancora non contemplato negli approfondimenti.
Il CBD è l'elemento (concedetemi la parola) più stupefacente della pianta; benché non sia psicoattivo, il CBD presenta degli effetti positivi sull'uomo più di ogni altra sostanza conosciuta in natura.
L'interazione del CBD con l'uomo è molto più complesso di quanto lo sia il THC, in quanto si lega con diversi recettori generando un insieme sistematico di effetti rilassanti riconosciuti universalmente, tra cui:
- Sollievo dal dolore
- Riduzione dell'infiammazione
- Stimolatore dell'appetito
- Riduzione di nausea e vomito
- Riduzione delle contrazioni dell'intestino tenue
- Riduzione dell'ansia
- Tranquillizzante, per gestire psicosi
- Riduzione delle convulsioni
- Riduzione spasmi muscolari
- Aiuta il sonno
- Riduzione dello zucchero nel sangue
- Trattamento della psoriasi
- Riduzione di trombosi
- Rallenta la crescita batterica
- Potrebbe inibire la crescita delle cellule tumorali
- Promuove la crescita delle ossa.
Il CBD, pertanto, ha moltissime peculiarità positive di carattere, ovviamente, erboristico, a meno che non venga estratto ed assimilato in alte concentrazioni ed è molto importante specificare che gli effetti rilassanti sopra descritti siano di recente edificazione con pochi studi all'attivo, principalmente causato dalle politiche proibizionistiche dei governi occidentali che privano questo tipo di ricerca degli adeguati finanziamenti.
Prodotti dello store
Liquidi e Oli con base CBD
I nostri prodotti a base di CBD comprendono molti liquidi per si*****te elettroniche con diverse varietà di aromi, utilizzabili con hardwares standard che possono essere acquistati anche presso il nostro Store; abbiamo scelto esclusivamente i modelli con resistenza in ceramica, in quanto la densità della componente cannabinoica (CBD) rende le comuni resistenze a maggiori usure e deterioramenti.
I nostri liquidi a base di CBD producono lo stesso piacere “high” di quelli a base di nicotina, senza alcun tipo di assuefazione verso il prodotto, ideale per chi ha intenzione di eliminare la propria dipendenza senza postumi comportamentali; inoltre, l’assimilazione della componente cannabinoica risulta, da recenti analisi, vicina al 99%, pertanto, il fornitore potrà riscontrare efficacemente gli effetti benefici del CBD.
Gli Oli in vendita nel nostro Store, sono a base di CBD a percentuali variabili che ne determinano la concentrazione presente.
Viene utilizzato l’olio di sesamo per dare al prodotto un piacevole sapore di nocciola e, pertanto, facilmente utilizzabile dai non svapatori, che comunque vorrebbero usufruire degli effetti rilassanti del CBD; non esiste alcuna controindicazione per nessun olio in vendita a meno di reazione allergiche ed è ormai universalmente dimostrata (almeno fuori dall’Italia) la sua utilità miorilassante ed antispasmodica; tutto il mondo, infatti, conosce la bellissima vicenda della piccola bimba americana Charlotte salvata dalla pianta (e dai suoi derivati) più utile ma, incredibilmente, più odiata della storia dell’uomo.
Infiorescenze di Cannabis Sativa L. 1753
Questo è l’argomento più piacevole che mi sia stato concesso di scrivere in forma del tutto legale, l’augurato DULCIS IN FUNDO”.
L’oscurità lasciata tra le righe di una legge, non è altro, finalmente, di una tenue luce in fondo al tunnel proibizionistico; ci pregiamo, infatti, di poter porre in vendita le infiorescenze di Cannabis Satira L. 1753.
Attualmente sono disponibili per il commercio italiano poche decine di varietà di canapa; la peculiarità che definisce questa limitata scelta, risiede nel cannabinoide euforico: il THC, che non può superare lo 0,6%.
Il rapporto THC/CBD è alquanto limitato in Natura, pertanto, con un così basso valore di THC si può raggiungere una percentuale di CBD che non supera il 4/6%, benchè, genetiche di ultima generazione possono raggiungere una ratio CBD:THC (intesi come complex CBD+0.87*CBDA e THC+0.87*THCA) maggiori di 20:1.
Abbiamo selezionato le varietà migliori di quelle attualmente a disposizione, per dare al fruitore il vero aroma della Cannabis; e riunisce nelle sue infiorescenze, sapori dolci e fruttati, ma anche legnosi e pungenti, con profumi e sentori autentici al 100%.
Abbiamo a disposizione diverse selezioni provenienti dalle migliori genetiche; sono varietà dioiche ovvero piante che possono essere Femmine o Maschi.
Le piante di sesso maschile producono le sacche di polline, che con la schiusa possono impollinare le piante di sesso femminile, che maturano in fusti ermafroditi ovvero piante con fiori e semi sulla stessa pianta, con il pessimo risultato di ridurre drasticamente l'aroma, che risulta amaro e privo di qualsiasi appeal, ed i valori dei cannabinoidi, che si attestano tutti vicino allo 0%; alla fine 0 sapore e 0 valore, un prodotto completamente per uso industriale.
La nostra passione per la ricerca, seppur tra confini segnati, ci ha portato a scegliere la separazione dei sessi e la scelta di sole infiorescenze femminili non impollinate.
I prodotti finali sono essiccati secondo le classiche tecniche conosciute ed analizzate, nonostante l'assenza di regolamentazioni in merito; siamo davanti ad un prodotto sicuro, per qualsiasi utilizzo consentito dalla legge, privo di metalli pesanti, con percentuali dei cannabinoidi nel pieno rispetto delle attuali leggi in vigore sul territorio italiano.
Ci pregiamo di poter disporre del miglior prodotto in commercio, rispettando la salute dei suoi fruitori, e di fornire tutte le informazioni necessarie a dimostrazione di estrema trasparenza ed impegno profuso.
La Cannabis ed i fitocomplessi.
La Cannabis sta vivendo anni di fermento ed è ormai riconosciuta come una pianta medicinale anche in un paese proibizionista, sin dal secondo dopo guerra (1954), come l’Italia. A riguardo è utile valutare la definizione che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) da per una pianta medicinale : “ogni vegetale che contenga, in uno o più dei suoi organi, sostanze che possono essere utilizzate a fini terapeutici o preventivi, o che sono precursori di sintesi chemio-farmaceutiche” – (1980).
Nel nostro caso, gli organi d’interesse sono i fiori, o meglio le infiorescenze, e per sostanze utili ai fini terapeutici intendiamo i cannabinoidi; ma andando per gradi, è importante partire da un’analisi di tipo botanico, prima di addentrarci nel campo delle principali sostanze attive.
Appartenente alle angiosperme dicotiledoni, all’ordine delle Urticales ed alla famiglia delle Cannabaceae, la Cannabis è dioica (con organi femminili e maschili presenti su piante diverse), esistono, altresì, anche varietà monoiche utilizzate nell’industria per la produzione di fibra, olio e semi, ma con scarso contenuto di alcuni cannabinoidi come il THC. Gli esperti del settore ed i botanici, ritengono, oggigiorno, che si tratti di una specie unica. La Botanica sistematica è una scienza a volte complessa ed in questo caso è meglio chiarire le idee. La classificazione della Cannabis sativa è stata attribuita da Linneo nel 1753, quella della Cannabis indica è dovuta a Lamarck nel 1783, ma oggi sarebbe da considerarsi erronea. Studi di genomica condotti al fine di differenziare queste due sub-specie, hanno portato in evidenza il concetto di clima e microclima ai fini della produzione di resina, ricca di metaboliti attivi: solo nei climi caldi crescono piante che producono abbondante resina. I semi di queste piante, coltivati nei climi freddi, o in condizioni che non garantiscano temperatura ed umidità idonee, danno piante che, in poco tempo, perdono la capacità di produrre resina. Proseguendo con gli epiloghi storici, nel 1924, il botanico sovietico D.E Janichewsky classificò la Cannabis in tre diverse specie: sativa, alta fino a tre metri e dalla forma piramidale; indica, più bassa e con un maggior numero di rami e foglie; ruderalis, alta al massimo mezzo metro e priva di ramificazioni .Tuttavia, nel 1976 due studiosi canadesi, i cui nomi erano Small e Cronquist, hanno confermato la tesi di Linneo proponendo una suddivisione che prevede una sola specie di Cannabis sativa con due sottospecie (subs.) indica, tipica dei paesi settentrionali, utilizzata per ottenere fibra ed olio; sativa, tipica dei paesi caldi e ricca in resina e THC . Quest’ultima classificazione risulta essere quella seguita oggi. La pianta, originaria dell’Asia centrale ed occidentale, ha fusti eretti di 1-4 metri, più o meno ramificati ed ispidi. Presenta foglie per lo più palmato-composte con 5-7-9 segmenti ineguali, lanceolati, ellittici e dentati.
In futuro sarà interessante valutare l’indice stomatico ai fini di una classificazione più approfondita tra le varie sub-specie. Questo è un valore percentuale , ottenuto dal calcolo , attraverso microscopio, del numero di stomi presenti su una quantità di cellule epidermiche, in superficie fogliare data. Sono inoltre presenti anche peli ghiandolari. Queste ghiandole sono poche sulle foglie e molto numerose sulle brattee delle infiorescenze femminili. I fiori maschili sono riuniti in racemi ascellari, con 5 sepali e 5 stami; quelli femminili in spighe glomerulate e disposti a coppie all’ascella di una brattea. Il frutto è una noce di 2,2-4 mm di lunghezza, liscia e grigiastra. La resina, secreta dalla ghiandole pilifere, dette tricomi.
La Cannabis è usata come medicamento fin dall’antichità, ne è una testimonianza la sua presenza in reperti associati alla cura degli ammalati , in tombe funerarie, è rappresentata in alcuni dipinti ed addirittura è stata rinvenuta in alcuni graffiti preistorici. Chiaramente le piante officinali, fanno parte di una cultura millenaria, fatta di credenze popolari e tradizioni tramandate di generazione in generazione che nella medicina moderna hanno spesso trovato conferme e validazioni. Gli studi più importanti sono datati 1964 e portano la firma illustre dell’ Dott. Raphael Mechoulam, il padre del THC, a cui si deve la scoperta del Sistema Endocannabinoide e l’isolamento dei principali cannabinoidi contenuti nella Cannabis.
Nella Cannabis non esiste un solo principio attivo, bensì un fitocomplesso (concetto ampio e centrale negli studi terapeutici) le cui attività biologiche, dovute alla sinergia dei componenti, non sono riconducibili ad un costituente singolo. Sono stati evidenziati più di 400 composti differenti: un olio essenziale, flavonoidi, zuccheri, acidi grassi, composti fenolici, composti azotati. I terpeni (circa 140) ed i flavonoidi, per esempio, possono aumentare il flusso sanguigno cerebrale, stimolare l’attività corticale, debellare i patogeni respiratori e, da ultimo, agire da antinfiammatori (Mc Partland J. M., Russo E. B. 2001). La Cannabis contiene un elevato numero di terpeni presenti in molte altre piante, come ad esempio: eugenolo, limonene, mircene, umulene, ocimene, terpinolene, pinene, cariofillene ed elemene. Per quanto concerne i flavonoidi citiamo i più importanti: apigenina, luteolina, quercetina, kampferolo, cannaflavina A e B (queste ultime due sono specie specifici). I più interessanti per attività ed interesse medicinale rimangono comunque i cannabinoidi, presenti sulle foglie apicali e sulle brattee delle infiorescenze femminili dove sono situate le ghiandole contenenti la resina. Chimicamente, i cannabinoidi sono tutti terpenoidi, cioè molecole apolari caratterizzate da bassissima solubilità in acqua. La loro azione è basata sull’interazione con dei recettori situati in varie regioni dell’organismo, dai neuroni, all’endotelio vasale, al sistema immunitario. Sono stati individuati circa 70 tipi di cannabinoidi naturali differenti, detti fitocannabinoidi, tutti originati a partire dal cannabigerolo (CBG). Va’ precisato che i cannabinoidi vengono sintetizzati dal metabolismo secondario della pianta come acidi inattivi e sono prodotti dalla pianta per lei. Si può dire quindi che la pianta li sintetizzi in forma inattiva. E’ grazie alla decarbossilazione termica (es. la combustione) che, per esempio, si giunge ad ottenere ∆-9-THC in forma attiva da ∆-9-THCA inattivo (delta-9–tetraidrocannabinolo acido). Per questa ragione i componenti attivi della Cannabis sono tre volte più potenti se la droga è inalata (o riscaldata) piuttosto che ingerita. (Hazekamp A. Dr. 2008-2009). Questo fenomeno è semplicemente un processo di decarbossilazione, di cruciale importanza per i preparati ad uso medico nel settore farmaceutico.
Precursore del THC è il CBD (cannabidiolo). Il CBD, privo di effetto psicotropo e con bassa attività per i recettori CB1 e CB2, è un miorilassante, sedativo, ansiolitico, antinfiammatorio, antiepilettico ed antiasmatico (Angelucci A., Averni A. 2002). Il CBD agisce sull’intensità e sulla durata dell’effetto del THC. Inoltre, migliora l’attività antinfiammatoria ed analgesica del THC (Longo R. 2004). Il rapporto CBD/THC è dunque molto importante poiché determina l’azione psicoattiva della pianta di Cannabis con la quale si ha a che fare ed in genere può alterare notevolmente gli effetti della droga. Varietà differenti di Cannabis possono avere differenti concentrazioni di singoli cannabinoidi. Le moderne tecniche di coltivazione consentono di selezionare varietà con concentrazioni standard di principi attivi , come quelle medicinali prodotte dalla Bedrocan BV in Olanda o nello stabilimento militare chimico-farmaceutico di Firenze in Italia.
Ad ogni modo è complicato parlare dei singoli componenti della Cannabis come singole entità, sia perchè gli studi a riguardo sono carenti, sia perché già esiste qualche elemento scientifico a favore del fitocomplesso. Purtroppo, in molti stati è difficile portare avanti ricerche scientifiche di settore per analizzare queste lacune che la cannabis ad oggi ci lascia. Possiamo però sperare di ottenere qualcosa di positivo dall’ultima proposta di legge che, passata in parlamento nel mese di Ottobre, seppur privata di punti e considerazioni importanti (l’autocoltivazione per i malati ad esempio), è ora al vaglio del senato. In essa c’è un articolo che prevede fondi per la ricerca universitaria e clinica , in modo da poter arginare il gap sulla nebulosa di conoscenze che ancora ci attanagliano intorno all’argomento Cannabis.
Ricordiamoci però che, al di là del lato scientifico e tecnico, questa è una pianta naturale e così va compresa e trattata.
Il CBD: Una risorsa naturale per l’uomo.
Attualmente, tra i metaboliti della Cannabis, il Cannabidiolo (CBD) è senz’altro tra i più interessanti e studiati, emergendo come un potente rimedio naturale . Questo cannabinoide non psicoattivo, si forma a partire dal suo precursore CBDA, l’acido cannabidiolico, attraverso un processo di decarbossilazione (reazione termica in cui si libera una molecola di CO2, anidride carbonica). Alcune ricerche hanno evidenziato anche la possibilità che il CBD converta in vivo in THC, ricordando che entrambe le molecole sono composte da 21 atomi di carbonio. Nell’uomo non si sono manifestati effetti negativi riguardo ad un abuso o dipendenza potenziale, infatti, a differenza del THC, è possibile utilizzare dosaggi molto alti già ad inizio terapia. Inoltre, ad oggi, non sono stati registrati effetti avversi rilevanti per i consumatori.
Il CBD fu isolato per la prima volta in assoluto da un ente di ricercatori del Dipartimento di Chimica dell'Università dell'Illinois (USA). Questo accadeva nel gennaio del 1940 in cui veniva resa nota la struttura della molecola, dichiarata tossica. Nonostante il successo degli scienziati dell'Illinois, nessun altro esperto si interessò realmente alla molecola fino a più di 20 anni dopo,quando nel 1963, un chimico dell'Università Ebraica di Gerusalemme, Raphael Mechoulam, determinò la sua struttura esatta ed i metabolismi annessi (biosintesi e degradazione). Meno di un anno dopo, il suo gruppo di ricercatori ottenne altri risultati interessanti: venne isolato il THC per la prima volta e riuscirono a sintetizzare entrambi i composti cannabinoidi. I lavori di questo esperto e dei suoi colleghi aprirono un nuovo campo di ricerca sull'attività farmaceutica dei componenti della Cannabis.
Proprio in una recente intervista, Raphael Mechoulam racconta :” Con il CBD io ho un problema di fondo: avevamo fatto molti studi preclinici sul cannabidiolo 35 anni fa. Dopo facemmo uno studio clinico su pazienti affetti da epilessia e per i quali nessun farmaco funzionava, dando loro CBD e dimostrando che fosse molto efficace in questa patologia. Non interessò a nessuno. Quindi per più di 30 anni c’è stato questo studio scientifico al quale nessuno sembrava essere interessato mentre intorno migliaia di ragazzi e bambini erano affetti da forme di epilessia farmaco-resistente. Oggi, più di 30 anni dopo, alcune persone sono tornate a guardare con interesse a quella ricerca e io sono frustrato per il fatto che per tutto questo tempo avevamo mostrato come il CBD fosse efficace contro l’epilessia nei pazienti, ma non importava a nessuno.”
Il CBD interagisce con il nostro sistema endocannabinoide attraverso due recettori, chiamati recettori CB (cannabinoidreceptors). Il recettore di tipo CB1 è localizzato principalmente a livello del sistema nervoso centrale , ma è possibile trovarlo espresso anche nei tessuti periferici. Il recettore di tipo CB2 è invece espresso su cellule del sistema immunitario, del tratto gastrointestinale e secondariamente, con basse densità, nel sistema nervoso centrale. Da segnalare che alcuni studi ritengono che il recettore CB1 non sia un sito di legame diretto per il Cannabidiolo, bensì esso potrebbe regolarlo (attivato/disattivato) in maniera indiretta.
Proprio in questi giorni (6 – 10 novembre), a Ginevra, si è riunita la WHO(World Health Organization), l’organizzazione mondiale della sanità, per decidere il destino del CBD. L'Italia si colloca in un quadro particolare, non essendoci di fatto una regolamentazione statale, si è in un vero e proprio buco normativo. In altri stati la situazione è più complessa. Nei prossimi sei mesi però ne sapremo sicuramente qualcosa in più.
Sono molti i benefici di questo principio attivo: alcuni sono certi, altri probabili. Proviamo a chiarire un po’ le idee:
Epilessia : è considerato un efficace rimedio contro l’epilessia multi resistente ai farmaci di sintesi. Ampiamente usato nelle epilessie infantili, può rappresentare un’eccezione interessante tra i fitoterapici che, spesso, a causa della loro complessità , non sono una scelta d’elezione per le terapie infantili. Sono già parecchi gli studi e i case report che dimostrano la sua validità. Inoltre sarà presto in commercio un farmaco (Epidiolex®) che attualmente è in fase III dei trials clinici.
Cancro: ci sono evidenze sperimentali, non cliniche(in vitro), che dimostrerebbero un azione antiproliferativa ed apoptotica delle cellule tumorali. Il CBD in parole povere riduce la capacità delle cellule neoplastiche di produrre energia, portandole ad una morte programmata. Senza lasciarci influenzare e rimanendo obbiettivi, per ora , non è questa la cura del cancro.
Dolore: Ha una buona azione sul dolore neuropatico ed infiammatorio. Gli studi a riguardo ci segnalano un intervento diretto sulla trasmissione neuronale nei percorsi del dolore.
Malattie autoimmuni: grazie alla sua azione antifiammatoria è un rimedio terapeutico molto ambizioso nella cura di patologie autoimmuni. Di fatto sembra trovare collocazione per il trattamento di artriti reumatoidi e di psoriasi.
Nausea: storicamente la cannabis ha avuto impiego come antinausea ed antivomito. Nel 2012, in uno studio sui topi pubblicato nel British Journal of Pharmacology, si è messo in evidenza un effetto dose dipendente. Infatti a basse dosi sembra essere confermata la sua azione sull’emesi (vomito) e sulla nausea, mentre ad alte dosi potrebbe stimolarle. Tutto ciò trova conferma nella scoperta dell’iperemesi da cannabis. Infatti i recettori per i cannabinoidi, stimolati in maniera cronica, potrebbero portare ad un fenomeno di emesi transitoria.
Ansia: si ritiene che riesca ad alleviare disturbi lievi legati a stati ansiosi, favorisce il sonno ed il suo mantenimento , evitando risvegli notturni con difficoltà a riaddormentarsi.
Potere antiossidante: l’azione antiossidante del CBD è superiore a quella dell’Acido Ascorbico(Vitamina C), per cui trova impiego anche per contrastare i radicali liberi e per la protezione da malattie neurodegenerative.
Chiaramente il CBD trova sinergia d’utilizzo in combinazione con il THC e l’interazione delle due molecole, lo rende utile per la cura anche di altre patologie.
Il CBD viene commercializzato in varie forme, tra le più comuni vi è l’olio, ma stanno trovando ampio spazio nel settore commerciale anche estratti liofilizzati allo stato cristallino, con CBD puro circa al 99%. Chiaramente, attenendoci agli studi attuali, si hanno notevoli evidenze a favore del CBD collocato all’interno dell’intero fitocomplesso, da preferire alla molecola isolata.
Concludendo, sarà utile, per il consumatore o il lettore informato e curioso, sapere che vi è differenza tra gli HempOil (estratti da Canapa industriale C.E.) e i Cannabis Oil (Estratti da Cannabis Medica), soprattutto per il contenuto di cannabinoidi ed olii essenziali.
Il THC: lo Spirito della Cannabis.
Tra gli ottanta Cannabinoidi diversi presenti nella pianta di Cannabis, trova un posto d’onore il THC, (Tetraidrocannabinolo, delta-9-Tetraidrocannabinolo, delta-9-THC) sicuramente considerato dalla collettività come il capostipite dei Cannabinoidi. Oltre ad essere al centro dell’interesse ludico, in quanto fitocannabinoide con effetto psicotropo rilevato, è stato anche uno dei principi attivi più studiati nel settore scientifico e medico. In un momento storico in cui trovano spazio anche infiorescenze “light” o THC “free”, è quasi anacronistico pensare che storicamente la Cannabis è sempre stata un po’ in ostaggio del THC stesso, in un dualismo, in cui la legge l’ha sempre fatta da padrona. Il contenuto di THC nella Cannabis è nell'ordine di 0,5-1% nelle foglie grandi, 1-3% nelle foglie piccole, variabile nei fiori dal 10 al 27%, 5-10% nelle brattee, 10-60% nell'hash, oltre il 60% fino a 99% nel FECO (Full Extract Cannabis Oil) o Rick Simpson Oil. Quantità superiori di THC, fino al 30%, si possono ottenere, nei fiori, da specie selezionate appositamente con ibridazioni specifiche. Il contenuto di THC di hashish e ma*****na tende a diminuire con il tempo, un processo accelerato dal calore e dalla luce. Le foglie e la resina di canapa conservate in condizioni normali perdono rapidamente la loro attività e possono diventare completamente inattive dopo 2 anni.(dato Wiki.)Tra gli ottanta Cannabinoidi diversi presenti nella pianta di Cannabis, trova un posto d’onore il THC, (Tetraidrocannabinolo, delta-9-Tetraidrocannabinolo, delta-9-THC) sicuramente considerato dalla collettività come il capostipite dei Cannabinoidi. Oltre ad essere al centro dell’interesse ludico, in quanto fitocannabinoide con effetto psicotropo rilevato, è stato anche uno dei principi attivi più studiati nel settore scientifico e medico. In un momento storico in cui trovano spazio anche infiorescenze “light” o THC “free”, è quasi anacronistico pensare che storicamente la Cannabis è sempre stata un po’ in ostaggio del THC stesso, in un dualismo, in cui la legge l’ha sempre fatta da padrona. Il contenuto di THC nella Cannabis è nell'ordine di 0,5-1% nelle foglie grandi, 1-3% nelle foglie piccole, variabile nei fiori dal 10 al 27%, 5-10% nelle brattee, 10-60% nell'hash, oltre il 60% fino a 99% nel FECO (Full Extract Cannabis Oil) o Rick Simpson Oil. Quantità superiori di THC, fino al 30%, si possono ottenere, nei fiori, da specie selezionate appositamente con ibridazioni specifiche. Il contenuto di THC di hashish e ma*****na tende a diminuire con il tempo, un processo accelerato dal calore e dalla luce. Le foglie e la resina di canapa conservate in condizioni normali perdono rapidamente la loro attività e possono diventare completamente inattive dopo 2 anni.(dato Wiki.)
Va ricordato che il THC è un metabolita secondario prodotto dalla pianta e questa ne contiene livelli bassi durante il suo ciclo vitale. Essa contiene invece THCA, o acido tetraidrocannabinolico, un cannabinoide non psicoattivo, precursore del THC. Con la fase di essiccazione, nella pianta, il THCA si trasforma lentamente in THC. Il calore velocizza il processo attraverso il processo di decarbossilazione (perdita di una molecola di CO2 , anidride carbonica) Il THCA sembra essere imputato nell’effetto Entourage, ma l’interesse della scienza ancora non ha posato il suo sguardo su questa molecola. Le ricerche scientifiche attuali ci segnalano che potrebbe possedere un potenziale terapeutico. Sarebbe infatti in grado di contribuire al trattamento di diversi tipi di patologie. Per quanto riguarda la degradazione del THC, esso, attraverso un processo di invecchiamento o trattamento termico, si trasforma in CBN. L’assunzione del THC comporta l’interazione con il nostro sistema endocannabinoide, attraverso i recettori per i cannabinoidi di tipo C1 e C2 che sono ampiamente distribuiti nei tessuti umani. Quando il THC interagisce con i recettori dei cannabinoidi nel nostro organismo, provoca effetti diversi, sia a breve che a lungo termine ed è utile valutare anche il grado d’azione poiché persone diverse rispondono in maniera diversa a quanto principio attivo. In alcuni soggetti sembra dare un effetto di tipo principalmente sedativo, in altri soggetti può provocare ansia o paranoia. A livello scientifico ancora non è chiaro questo meccanismo.
Invece è chiaro che il THC stimola rilascio della dopamina a livello del sistema nervoso centrale (SNC) e ciò può provocare nella persona sensazioni di euforia, rilassamento, percezione spazio-temporale alterata; alterazioni uditive, olfattive e visive, ansia, disorientamento, stanchezza, e stimolazione dell'appetito. Inoltre anche per quanto concerne la percezione del dolore, è stato chiarito come questo principio attivo possa interagire con il nostro organismo.
I dati di tossicità ci indicano che la dose letale per una persona dal peso medio di settanta kg, si attesta oltre i 200 grammi consumati in un lasso temporale breve. Una possibilità paradossale che ci dimostra come con l’assunzione sia inimmaginabile raggiungere una tale mole di consumo.
Altri tipi di effetti indesiderati sono ancora da chiarire e non hanno ad oggi solide basi scientifiche dimostrative.
Per quanto riguarda gli effetti a lungo termine è stato registrato un effetto di nausea ed ipermesi da cannabinoidi. Nel 2004, uno studio condotto in Australia ha descritto per la prima volta questa sindrome, ulteriormente chiarita nei suoi criteri diagnostici clinici come Cannabis HyperemesisSyndrome (CHS) nel 2009. Va ricordato , però , che non è un effetto indesidato comune, bensì abbastanza raro. Per quello che riguarda gli effetti a lungo termine sul cervello è stato evidenziato che persone che fanno un uso cronico di Cannabinoidi presentano un volume cerebrale più esiguo della corteccia orbito-frontale (OFC), una zona del cervello comunemente associata alla dipendenza in generale, ma mostrano anche un aumento della connettività. Utilizzare quotidianamente Cannabis avvia un processo ,molto complicato ed ancora non del tutto chiarito,che permette ai neuroni di adattarsi e compensare il volume ridotto della materia grigia. Sono necessari ulteriori approfondimenti scientifici per valutare se queste modifiche regrediscono con l’interruzione del consumo regolare, se vi sono effetti simili nei consumatori occasionali rispetto ai consumatori cronici e se questi effetti sono un risultato diretto o causati da un fattore predisponente.
Essendo un principio attivo psicotropo, il THC, risponde a delle restrizioni legislative: Il DM 23/01/2013 (GU n. 33 del 08/02/2013) modifica il DPR 309 9/10/1990 ed inserisce nella Tabella II, sezione B, i medicinali di origine vegetale a base di Cannabis (sostanze e preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture).Il decreto è entrato in vigore dal 23 febbraio 2013 ed autorizza l’utilizzo terapeutico, non solo del delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) entrato in tabella II B DGR 98 del 28/04/2007, ma anche i medicinali di origine vegetale a base di Cannabis.
I possibili campi d’impiego per cui esiste una ricerca clinica sono :
- Spasticità secondaria a sclerosi multipla
- Dolore cronico di origine neuropatico
- Dolore nel paziente oncologico
- Dolore post operatorio
- Nausea e vomito da Chemioterapia
- Anoressia da AIDS
- Sindrome di Gilles de la Tourette
- Malattia di Alzheimer
- Glaucoma
- Epilessia
- Disfunzioni vescicali
- Terapia citotossica antitumorale
- Artrite reumatoide
- Fibromialgia
Per alcuni di questi campi applicativi esiste una letteratura più o meno significativa.
L’Effetto Entourage: la vera forza del fitocomplesso.
Attualmente, Nel settore Cannabis, per Effetto Entourage intendiamo la sinergia, naturale, con cui lavorano i cannabinoidi, gli oli essenziali, i terpeni, i flavonidi e chissà quale altri composti a noi ancora non chiari favorendo un effetto terapeutico, dimostrabile, superiore all’azione dei singoli componenti isolati al di fuori del fitocoplesso. Chiaramente alcuni composti o molecole non hanno un effetto terapeutico prese singolarmente, altre invece (THC – CBD – Alcuni terpeni) hanno un’azione anche se usati isolati. Le ricerche scientifiche hanno già dimostrato come l’azione del fitocomplesso, se paragonata a simili concentrazioni di singoli principi attici, è superiore e più completa, oltre a presentare minori effetti collaterali. Questo discorso è più vasto e riguarda la fitoterapia in generale e non solo la Cannabis anche se proprio grazie ad essa è tornato in auge nel campo della ricerca e dell’interesse medico .
Come detto, l’effetto entourage non è legato solo alla Cannabis, ma a tutti i fitocomplessi delle piante officinali. Questo determina varie azioni su più livelli:
-Farmacodinamica : ovvero agisce su specifici apparati (detti recettori) da cui scaturisce una risposta biologica (esempio: premo un interruttore, in risposta all’azione della mia mani si accende la luce, si alza una serranda, si spegne la tv. )
-Farmacocinetica : andamento che influenza la biodisponibilità, cioè la quantità effettivamente bio-disponibile all’interno del nostro corpo che non sarà mai coincidente con la quantità iniziale assunta, ma sempre inferiore, per motivi più o meno complessi che non analizzeremo in questa sede perché troppo tecnici e specifici.
-Modula la tossicità .
I primi dati, a riguardo, risalgono al 1970, mentre, i primi a descrivere questo fenomeno furono due scienziati israeliani, Shimon Be-Shbbat e Meshullam Raffaello, che con “effetto entourage” descrissero il processo con cui i cannabinoidi presenti nella Cannabis lavorano insieme e tendono a influenzare il corpo in maniera similare a quello che avviene nel suo sistema endocannabinoide.
Da quel momento si aprì un dibattito nel mondo della scienza tra coloro che sostenevano che estratti provenienti da piante intere agiscono meglio come agenti terapeutici rispetto ai singoli cannabinoidi. In ordine cronologico seguono le ricerche datate 2010 eseguite da Ethan B. Russo, il quale ha evidenziato come alcuni terpeni agiscano direttamente sui recettori endocannabinoidi di tipo CB1 e CB2 e ne modulino la permeabilità cellulare (meccanismo alla base della trasmissione di un impulso nervoso generata da una forza motrice dovuta alla differenza di concentrazione ai due lati di una parete cellulare, più precisamente interno/esterno della cellula). Quest’ultima proprietà è utile per modulare l’assimilazione di altri principi attivi: riportando un esempio importante e spesso citato, il Limonene (un terpene dal gusto e sapore agrumato presente nella Cannabis e in altri vegetali e frutti) potrebbe in alcuni casi ridurre le dosi d’assunzione del THC in quanto promuoverebbe un moderato aumento della biodisponibilità dei cannabinoidi. Sembra che i terpeni abbiano anche un effetto sul tono dell’umore, influenzando indirettamente la produzione endogena di Serotonina e Dopamina.
Questi dati ci indicano come e perché gli estratti con fitocomplesso siano più efficaci rispetto ai cannabinoidi sintetici (I cannabinoidi sintetici sono molecole analoghe ai cannabinoidi naturali sintetizzate allo scopo di imitare gli effetti della cannabis). La Cannabis non è THC. I pazienti non amano il Marinol (Farmaco registrato a base di THC), ma questo perché sicuramente risponde quali/quantitativamente in maniera diverso rispetto al Fitocomplesso.
Un altro dato che si riporta è l’azioni opposte da cannabinoidi diversi: un esempio classico è la caratteristica del CBD di bilanciare alcuni effetti collaterali dovuti al THC. Tra i pazienti che si curano con la Cannabis è stato frequentemente riportato come il THC possa portare a stati ansiosi e malessere, vertigini o fobie che possono essere bilanciati e modulati dall’effetto rilassante e miorilassante del CBD.
Quando somministrati da soli gli antagonisti dei recettori cannabinoidi (un antagonista dei recettori cannabinoidi è il Rimonabant un farmaco antiobesità anoressizzante, ritirato dal mercato. Si tratta di un agonista inverso per il recettore CB1 dei cannabinoidi. Il suo effetto principale è la riduzione dell'appetito) possono agire come agonisti inversi (come nella riduzione dell’appetito). Ciò significa che non solo bloccano gli effetti degli endocannabinoidi ma producono effetti opposti a quelli prodotti dagli agonisti, per esempio causano un aumento della sensibilità al dolore o alla nausea, suggerendo che il sistema cannabinoide è tonicamente attivo. Questa attività tonica può essere dovuta ad un rilascio costante di endocannabinoidi da parte di una porzione del recettore che si trova in uno stato costantemente attivo. La attività tonica del sistema cannabinoide è stata dimostrata in parecchie condizioni. E’ stato dimostrato un aumento dei livelli di endocannabinoidi in uno dei circuiti cerebrali del dolore (sostanza grigia periacqueduttale) in seguito a stimoli dolorosi. Un controllo tonico della spasticità da parte del sistema endocannabinoide è stato osservato nella encefalomielite autoimmune sperimentale cronicrelapsing (CREAE) del topo, un modello sperimentale di sclerosi multipla. Un aumento dei recettori cannabinoidi in seguito a danno dei nervi e stato dimostrato in un modello animale di dolore neuropatico ed in un modello murino (topo) di infiammazione intestinale. Ciò può aumentare la potenza degli agonisti cannabinoidi utilizzati nel trattamento di queste condizioni. Una attività tonica è stata dimostrata anche per quanto riguarda il controllo dell’appetito ed in rapporto alla attività dei circuiti cerebrali del vomito.(FranjoGrotenhermen nova-Institut, Goldenbergstraße 2, D-50354 Hürth, Germany).
In conclusione , pur avendo dati già significativi a favore dell’Effetto Entourage, non sono molti gli studi che nello specifico analizzano le potenzialità di questo argomento. In generale bisognerebbe dedicare particolare attenzione a questa tematica che abbraccia più componenti diversi dal punto di vista chimico, come i Cannabinoidi, i Flavonoidi, i Terpeni, gli Oli essenziali, i Tannini, i chetoni, gli esteri, i lattoni, gli alcoli, gli acidi grassi, gli steroidi etc. pur sapendo che c’è ancora molto da indagare e molto da scoprire anche su i singoli costituenti del Fitocoplesso presente nella Cannabis.
Qui un elenco di tutte le componenti identificate e potenzialmente imputate nell’effetto entourage:
•Cannabinoidi
• Composti azotati (27)
• Amminoacidi (18)
• Proteine (3),
• Glicoproteine (6),
• Enzimi (2),
• Zuccheri e relative componenti (34)
• Idrocarburi (50),
• Alcool semplici (7),
• Aldeidi (13),
• Chetoni (13),
• Acidi semplici (21),
• Acidi grassi (22),
• Esteri semplici (12),
• Lattoni (1),
• Steroidi (11),
• Terpeni (120),
• Fenoli non cannabinoidi (25),
• Flavonoidi (21),
• Vitamine (1),
• Pigmenti (2),
• altri elementi (9).