23/11/2025
🔴Trauma e impulsi: quando l’inconscio prende la parola🔴
Nel lavoro clinico è evidente come, nelle storie segnate dal trauma, gli impulsi non siano semplici “perdite di controllo”, ma movimenti psichici che emergono da strati profondi dell’inconscio.
Sono forme primarie di protezione, nate quando il Sé non aveva ancora strumenti simbolici per contenere ciò che accadeva.
L’impulso, in questa prospettiva, è un linguaggio arcaico: una risposta immediata che la psiche ha costruito per sopravvivere all’eccesso, al caos, all’intrusione.
Jung scriveva che “ciò che non diventa cosciente ritorna come destino”:
gli impulsi traumatici sono proprio questo ritorno — un tentativo della psiche di riproporre ciò che è rimasto inascoltato, perché possa finalmente essere visto.
Quando il trauma abita il corpo, la coscienza fatica a creare uno spazio di mediazione: la funzione riflessiva si restringe, l’amigdala prende il sopravvento, e l’Io si trova spinto da forze interne che non riconosce come proprie.
L’azione impulsiva diventa quindi una scarica dell’Ombra non integrata: tutto ciò che non ha trovato parola, simbolo, contenimento.
Ma la trasformazione è possibile.
Accade nel momento in cui l’individuo può:
osservare le micro-attivazioni come messaggi psichici,
riconoscere che dietro l’impulso c’è un’antica ferita che chiede forma,
sostare nel sentire senza crollare,
creare un ponte tra corpo, emozione e simbolo,
lasciare che l’Ombra si riveli senza esserne travolti.
La regolazione degli impulsi nasce allora non dal controllo, ma dalla crescita della coscienza, dalla capacità dell’Io di dialogare con ciò che prima appariva solo come minaccia interna.
È un movimento di individuazione:
integrare frammenti rimasti fuori dalla storia, trasformare l’azione automatica in presenza, riconoscere che ciò che irrompe non è il nemico, ma una parte di sé che non ha ancora trovato casa.
“Gli impulsi non sono errori. Sono l’Ombra che bussa per essere riconosciuta. La cura non li cancella: li illumina, fino a trasformarli.”