
06/02/2025
«La parola sostituisce la cosa, ne tiene il posto e ne garantisce una presenza linguistica anche laddove venisse a mancare la presenza reale. Radicalizzando ancora, si potrebbe dire che la sostituzione della cosa con la parola liquida la res: non abbiamo più l’elefante ma, al posto di tutti i movimenti vitali che in esso si condensano, c’è ora un termine linguistico, astratto e statico. Riflettendo ulteriormente, si può arrivare a pensare che non sostituiamo la cosa con la parola, ma è proprio la parola che rende pensabile (in questi termini) la cosa: l’elefante non esisteva – in quanto tale – prima che lo chiamassimo così. Proviamo a immaginare: avevamo grigio, verde, bianco, estensione, rumori, una molteplicità di impressioni non organizzate ma che, appunto, si ordinano a partire dal termine “elefante”. Non è dunque la parola a sostituire la cosa ma la cosa a essere concepita – in quanto cosa – a partire dalla parola che ne ritaglia la forma, sullo sfondo della massa confusa dei dati percettivi.
L’idea che il linguaggio organizzi una massa di pensieri altrimenti amorfi è uno dei capisaldi della linguistica di Ferdinand de Saussure. In tale prospettiva, la contrapposizione tra una percezione “innocente” e naturale.
Notiamo di sfuggita che, con un approccio pienamente corrispondente alla linguistica inaugurata da Ferdinand de Saussure, la parola per Lacan non ha alcun significato di per sé, ma solamente se considerata all’interno di una «totalità simbolica»: il simbolo non è mai solitario, è sempre posto all’interno di un sistema, o come dice Lacan "in un mondo di simboli". Distaccandoci per un momento dal testo, notiamo che è solamente dal momento che noi stessi viviamo in questo mondo popolato di simboli che l’elefante ci appare in quanto tale: non un insieme confuso di impressioni ma una sorta di parola rivestita di pelle, zanne, proboscide. Il mondo degli umani è come infestato, posseduto dal linguaggio, e anche quella che saremmo inclini a considerare un’esperienza immediata (cosa c’è di più sorprendente e imprevedibile di un grosso animale?) è in realtà un’immagine linguisticizzata.
In un certo senso, rispetto all’idea comune secondo cui il linguaggio è immagine della realtà, è quasi più verosimile il contrario: i contorni della realtà sono tracciati su base linguistica, a partire dalle parole che popolano il nostro mondo».
L’elefante e il poeta. Lacan lettore di Angelus Silesius.
Stefano Oliva, p.121.