
30/04/2024
“Alcuni decenni fa mi occupai di una paziente con un cancro al seno che, durante tutta l’adolescenza, era rimasta incatenata a una lunga e amara lotta con il padre, che la ostacolava continuamente. Desiderando ardentemente una qualche forma di riconciliazione, un nuovo inizio per il loro rapporto, aveva aspettato con ansia il momento in cui suo padre l’avrebbe accompagnata all’università in macchina - un’occasione in cui sarebbe stata sola con lui per parecchie ore. Ma il viaggio tanto agognato risultò un disastro: suo padre si comportò come sempre, borbottando continuamente su un brutto ruscello disseminato di immondizia a lato della strada. Lei, invece, non vedeva immondizia di sorta in quel corso d’acqua bello, agreste, incontaminato. Non riuscì a trovare un modo per ribattere e alla fine, sprofondati nel silenzio, passarono il resto del viaggio senza scambiarsi nemmeno uno sguardo. In seguito lei fece lo stesso viaggio da sola e fu stupita di accorgersi che c’erano due corsi d’acqua, uno su ciascun lato della strada. disse con tristezza, . Ma nel momento in cui aveva imparato a guardare dalla finestra di suo padre era troppo tardi - l’uomo era ormai morto e sepolto. Questa storia mi è rimasta dentro, è in molte occasioni o ricordato a me stesso: “guarda dal finestrino dell’altro. Cerca di vedere il mondo come lo vede il tuo paziente“. La donna che mi raccontò la storia morì poco tempo dopo per il cancro al seno, e mi dispiace di non averle potuto dire quanto la sua storia sia stata utile negli anni a me e a molti miei pazienti”.