
28/03/2025
Se ha ragione Caparezza e il linguaggio è luce nella notte, allora è facile capire quanto questa nuova circolare sia un’ombra sull’inclusione.
Il Ministero dell’Istruzione ha deciso che i problemi della scuola italiana stanno nel tentativo di usare il linguaggio come strumento di accoglienza e riconoscimento. Ma forse dimentica che metà delle materie scolastiche non hanno un’applicazione diretta nella vita quotidiana, eppure servono ad allenare il pensiero critico. Allo stesso modo, dimentica che le parole modellano la realtà: abbiamo iniziato a dare un nome alle cose proprio per facilitare le interazioni umane e per poterci esprimere.
Perché allora il linguaggio dovrebbe diventare un ostacolo all’autenticità delle nuove generazioni? Perché non permettere a tuttə di trovare il proprio spazio nel mondo, scegliendo come raccontarsi? Per la gioventù trans o non binaria il percorso di affermazione è già complesso e spesso ostacolato. Negare la possibilità di usare un linguaggio che rispecchi la propria identità significa cancellare e rendere invisibile un’intera parte della società, già esposta a discriminazioni e difficoltà.
Chi si batte per un linguaggio più inclusivo sa che il riconoscimento di tutte le identità passa anche attraverso le parole.
A chi sostiene che questi simboli non facciano parte della grammatica e creino confusione chiedo: ”Ma è davvero un problema di chiarezza linguistica o una questione politica e sociale?