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….e poi c’è chi usa il lettino a valigetta
27/07/2025

….e poi c’è chi usa il lettino a valigetta

breve dimostrazione del lettino per terapie manuthera 242 presso lo studio salute & benessere di mercatello sul metauro

20/07/2025

Negli ultimi giorni, un video virale di un professionista molto seguito sui social ha rilanciato un messaggio che merita di essere smentito con chiarezza.

“Gli esercizi non sono terapeutici. Servono solo a mantenere i risultati ottenuti con il lavoro manuale.”

Chi lo afferma si definisce professionista del corpo. Ma questo approccio, oltre a essere datato, è in netto contrasto con le evidenze scientifiche attuali.

Vediamo perché. E lo facciamo in punti.

1. La scienza è chiara: l’esercizio è terapeutico.

Tutte le principali linee guida internazionali (NICE, APTA, EULAR) riconoscono l’esercizio come strumento terapeutico primario in numerose condizioni: lombalgia, osteoartrosi, dolore cervicale, disfunzioni motorie, post-chirurgia ortopedica, riabilitazione neurologica.

Negare questo significa ignorare decenni di studi clinici, revisioni sistematiche, meta-analisi e buone pratiche sanitarie.

2. Il paziente non è passivo: è parte attiva della cura!

Un’altra frase preoccupante emersa nel video è: “Mi assumo io la responsabilità del risultato. Il paziente non ne ha.”

Per fortuna la riabilitazione moderna si basa su un concetto ben diverso: alleanza terapeutica, empowerment, partecipazione attiva del paziente.

La guarigione è un processo condiviso, non un’azione meccanica subita. Trattare il paziente come un oggetto da “sistemare” è inefficace, eticamente discutibile e psicologicamente dannoso.

3. “Lavorare sul corpo” non basta.

Il modello meccanicistico, centrato sulla figura dell’“aggiustatore”, è obsoleto. Non siamo carrozzerie da raddrizzare. La riabilitazione si basa su un modello biopsicosociale, che considera il movimento consapevole, la comunicazione, il contesto psicosociale, la progressione graduale e personalizzata.

Le tecniche passive possono avere un ruolo, ma sono limitate e transitorie se usate da sole.

4. “Gli esercizi diventano un alibi”? No, è l’esatto contrario!

Dire che l’esercizio è un alibi quando la terapia manuale non funziona è un capovolgimento pericoloso della realtà. Il vero alibi è non dare strumenti al paziente per continuare il lavoro in autonomia.

L’esercizio ben dosato, spiegato e contestualizzato all’individuo è una strategia terapeutica fondamentale per consolidare i miglioramenti, prevenire recidive, favorire l’indipendenza e ridurre la cronicizzazione.

5. Il rischio della retorica pseudoterapeutica..

Frasi come “Se non ti sistemo, ho sbagliato io” trasmettono una visione paternalistica e passivizzante. Non è questa la fisioterapia.
Noi fisioterapisti non “sistemiamo”: accompagniamo, guidiamo, educhiamo.

Questo tipo di retorica promuove la svalutazione dell’intervento attivo, l’elevazione del professionista a figura salvifica, la dipendenza dal trattamento e l’esclusione del paziente dal proprio percorso di salute.

E se a dirlo fosse stato un professionista sanitario?

Un messaggio del genere, se pronunciato da un sanitario abilitato, sarebbe oggetto di discussione deontologica.

Ma nel caso specifico, si tratta di una figura, il chiropratico, che non è attualmente abilitata come professione sanitaria in Italia, e che non risponde a un Ordine, a un codice etico o a un sistema di vigilanza.

Non è questione di guerra tra professioni. È questione di responsabilità verso le persone e verso il concetto stesso di salute.

Il punto è questo: non è un attacco personale, ma un richiamo collettivo alla responsabilità. Quando si parla di salute pubblica, non si possono diffondere convinzioni personali come se fossero verità cliniche.

Chi lavora nella riabilitazione lo sa bene: educare, responsabilizzare, condividere è l’unico modo per aiutare davvero le persone.

E se un video fa più rumore della scienza, è proprio lì che dobbiamo farci sentire.

Speriamo che anche per categorie come la chiropratica si arrivi presto a una regolamentazione seria, basata su criteri formativi, responsabilità e evidenze scientifiche, come già avvenuto per la fisioterapia.

Nel frattempo, però, non possiamo permettere che certi messaggi diventino virali senza contraddittorio.

Informare è prendersi cura.

Questo post è scritto da fisioterapisti iscritti all’Ordine, che lavorano ogni giorno per restituire ai pazienti strumenti concreti, autonomia e fiducia nel proprio corpo.

13/07/2025

IL DIAFRAMMA – IL GRANDE INCOMPRESO DEL CORPO (E IL SUO RAPPORTO CON LO PSOAS)

Bentornati nel nostro viaggio anatomico, con una domanda che ribalta la prospettiva: e se ti dicessi che il tuo modo di respirare ha molto più a che fare con la postura e con la percezione di dolore lombare di quanto spesso si pensi? 🧐

Cosa stai guardando?

Questa illustrazione rappresenta una vera e propria “centralina di comando” del tuo corpo: il diaframma toraco-lombare. Ma non è da solo. Osserva attentamente: insieme a lui vediamo attori noti come il grande e piccolo psoas e l’iliaco, oltre al retto dell’addome e al quadrato dei lombi (non presenti nell’immagine).

Il diaframma è un muscolo a forma di cupola che separa cavità toracica e addominale. Qui lo vedi da un’inquadratura inferiore (caudocraniale), e puoi distinguere i tre principali iati anatomici: foro della vena cava inferiore, foro esofageo, foro aortico.

In basso, quelle due robuste colonne muscolari che si proiettano verso l’alto sono i pilastri del diaframma, o crura, che mostrano rapporti di continuità fasciale con le strutture lombari profonde, incluso lo psoas. Non è poesia: è anatomia funzionale. Comunque poetica! 😅

Perché è così interessante?

Perché qui non stiamo parlando solo di fisiologia respiratoria. Stiamo parlando di modulazione della pressione intra-addominale, stabilità e supporto del rachide lombare, funzione viscerale, coordinazione neuromuscolare tra respiro e controllo motorio del core.

In alcune condizioni cliniche (lombalgie non specifiche, modelli posturali adattivi, alterazioni del pattern respiratorio), un reclutamento non ottimale del diaframma può associarsi a una maggiore attività compensatoria dello psoas.

È importante precisare: questa è una correlazione biomeccanico-funzionale, non una regola universale né un automatismo diagnostico.

Il risultato? Potresti ritrovarti con la percezione di rigidità lombare, un respiro “alto” prevalentemente toracico e, talvolta, disturbi funzionali come senso di oppressione o alterata motilità viscerale.

Il test (semiserio, ma utile per la consapevolezza)

Vuoi un piccolo esperimento di percezione corporea? (Questo è un semplice esercizio di percezione, non un test diagnostico validato scientificamente.)

Sdraiati supino. Appoggia una mano sull’addome e una sul petto. Respira lentamente.

Si solleva prima il petto? Potresti avere una prevalenza toracica del respiro.

Si solleva prima l’addome? Stai reclutando più efficacemente il diaframma.

Piega le anche e le ginocchia a 90°, appoggiando i piedi su una sedia.

Durante l’espirazione, immagina di percepire lo psoas che si “ammorbidisce” e si allunga passivamente. Non è immediato, ma questo esercizio può favorire una maggiore consapevolezza del rapporto tra respiro e regione lombare.

NB: Questo non sostituisce la valutazione di un professionista sanitario qualificato.

Curiosità wow

Il pilastro destro del diaframma si inserisce anteriormente fino al corpo vertebrale di L3 (in alcuni soggetti anche L4), e talvolta le fibre connettive possono fondersi con quelle del grande psoas e con i legamenti longitudinali anteriori.

Ecco spiegato perché respirazione e postura hanno connessioni anatomiche dirette, oltre che coordinate neurofisiologiche.

Conclusione e invito alla community

Fisioterapisti e operatori sanitari: quanto spesso integrate il ragionamento respiratorio nella valutazione dei pazienti con lombalgia o disfunzioni del core?

Pazienti e curiosi: vi siete mai chiesti se la vostra lombalgia potrebbe avere anche una componente legata al pattern respiratorio?

Condividete nei commenti le vostre esperienze o i vostri dubbi: respiriamo (bene) insieme! 😜

“Le informazioni presentate hanno finalità divulgativa e non sostituiscono una valutazione personalizzata da parte di professionisti sanitari qualificati. La presenza di lombalgia può derivare da numerosi fattori, per cui ogni caso necessita di un approccio individualizzato.”

02/07/2025

PARTE 3 - Esercizio terapeutico: la differenza tra muoversi e curare.

Cerchiamo di chiarire una cosa: cosa distingue davvero l’attività motoria dal trattamento sanitario.

Perché è proprio lì, in quel confine, che nasce il senso profondo del nostro lavoro.

E allora ricordiamo una cosa semplice, ma essenziale. Il fisioterapista non si occupa solo di terapia manuale o di elettromedicali, come qualcuno vuol far credere.

L’esercizio terapeutico è da decenni al centro della fisioterapia moderna. Non si tratta di una moda recente o di un’aggiunta estemporanea, ma di un pilastro clinico basato su evidenze scientifiche consolidate.

Parlare di esercizio terapeutico oggi significa parlare di fisioterapia. Non di ginnastica, non di movimento generico, ma di un intervento clinico fondato su anamnesi, valutazione funzionale e personalizzazione. È questo che distingue l’atto sanitario da una semplice attività motoria.

L’esercizio terapeutico è raccomandato nelle linee guida internazionali per patologie muscoloscheletriche, neurologiche, cardiovascolari, respiratorie e molto altro.

Eppure, proprio queste evidenze vengono spesso strumentalizzate: si citano studi nati in contesti clinici, con pazienti fragili o con dolore, per giustificare interventi che nulla hanno a che vedere con la presa in carico sanitaria.

Si prende un esercizio nato per un contesto clinico, lo si decontestualizza, e lo si propone come attività generica. Ma così si cancella il suo presupposto più importante: la responsabilità clinica.

Il fisioterapista, in questi percorsi, non si limita a “far eseguire” esercizi, né può essere paragonato a un “semplice istruttore” (cit.).

È un professionista sanitario che valuta, riconosce segnali clinici, individua controindicazioni e adatta il piano terapeutico in base all’evoluzione della condizione.

Il suo lavoro non si esaurisce nella proposta motoria, ma si fonda su una responsabilità clinica precisa, che unisce competenze tecniche, capacità di osservazione e presa in carico della persona nella sua complessità.

Ridurre tutto a “muoversi fa bene” significa ignorare il confine tra prevenzione e cura, tra benessere e riabilitazione. E quel confine, quando c’è di mezzo la salute, fa tutta la differenza.

Quando c’è di mezzo la salute, non basta sapere cosa far fare. Serve sapere a chi, come e quando farlo. Serve saper valutare, riconoscere ciò che non torna, e prendersi carico della persona, non solo del suo movimento. È qui che si distingue chi puó accompagnare da chi cura e accompagna.

Il fisioterapista cura e accompagna, perché è formato e abilitato a farlo. Il chinesiologo, ad oggi, no. E non perché valga meno, ma perché ha un altro ruolo. Ribadiamo, non perché non sia utile, ma perché la sua formazione e il suo inquadramento hanno un obiettivo diverso.

E dire le cose come stanno non è arroganza.
È rispetto per le persone. È responsabilità verso tutti voi che cercate risposte nel mare magnum della disinformazione.

In conclusione, se la partita è davvero culturale, come scrive il post originale, allora giocatela bene.

Senza slogan. Senza ridurre il fisioterapista a “una triennale che non sa nulla di esercizio”. Senza screditare il medico, dipingendolo come un incompetente che prescrive terapie inutili. Senza creare eroi solitari, quando la cura delle persone si fa insieme.

Perché se c’è un futuro in cui il movimento diventa medicina, quel futuro non nasce da uno scontro. Nasce da una visione condivisa, dove ognuno fa la propria parte, nel proprio ambito, con piena dignità e con piena coscienza dei propri limiti.

E la fisioterapia, in quel futuro, non solo c’è.
Ci sarà sempre: per le persone assistite, per la salute, per il rispetto della verità.

Perché il futuro del movimento come medicina non si costruisce contro. Si costruisce insieme.
E in quel futuro, la fisioterapia non solo c’è.

Ma guida oggi e guiderà domani.

Chi lavora nella salute ha una missione comune: informare con chiarezza, rispettare i confini, camminare insieme.

Facciamolo. Anche qui, dove la confusione viaggia veloce.

01/07/2025

“Hai una gamba più corta dell’altra”
Quante volte te lo sei sentito dire?
Ma.. sei sicuro che sia vero?

Ecco un piccolo segreto da clinico: molto spesso non hai una gamba più corta, hai un bacino inclinato.

Guardiamo insieme questa immagine.

Il bacino è inclinato da un lato: pelvic tilt.

Uno dei muscoli abduttori (tipo il medio gluteo o il tensore della fascia lata) è contratto e quindi tira l’anca verso l’alto.

Il corpo, per compensare, sembra accorciare la gamba, ma non lo è davvero!

È un’illusione ottica biomeccanica.
Un falso positivo. Una “finta gamba corta”.

Differenza reale o apparente?

Reale: un arto è davvero più corto quando ci sono differenze strutturali (fratture, malformazioni)

Apparente: il bacino ruota, inclina o compensa, con squilibri muscolari, retrazioni, atteggiamenti.

Ecco dove entriamo in gioco noi.

Il trattamento non è il plantare, ma il ripristino della simmetria muscolare. Allungare dove serve, stabilizzare dove manca, riaddestrare il corpo al movimento corretto.

Per le persone assistite: prima di mettere un rialzo sotto il tallone, fatevi valutare da chi può distinguere tra un’asimmetria reale e una funzionale.

Per i futuri colleghi fisioterapisti: non fermatevi alla differenza di altezza visiva. Guardate l’intero sistema: bacino, cingolo pelvico, catene muscolari.

E ricordatevi: il corpo mente per proteggersi, ma la postura non mente mai.

Hai mai pensato di avere una gamba più corta?
Hai mai visto cambiare l’inclinazione del bacino dopo un solo trattamento manuale o posturale?

Raccontacelo nei commenti!

E tagga un collega che ama smascherare i falsi miti del corpo umano.

Per i curiosi, un articolo con alcuni esercizi di rinforzo per il medio gluteo!

https://educarefisio.com/2016/07/01/esercizi-medio-gluteo/

20/05/2025

✅ RETAINER, BOCCA, MAL DI TESTA...

Se il vostro dentista alla fine di un percorso ortodontico vi mette questo filo chiamato tecnicamente retainer, chiedetegli una spiegazione.
Se la spiegazione sarà del tipo “per evitare che i denti si spostino di nuovo” allora sappiate che il vostro dentista ha FALLITO la terapia.
Perché? Perché se i denti alla fine di un percorso ortodontico si spostano di nuovo, vuol dire che sono stati messi in una posizione non funzionale per il corpo.
Una posizione che non tiene conto del cranio, della colonna vertebrale (in particolare le prime vertebre cervicali), della respirazione del paziente e della modalità di deglutire che a volte può essere viziata.
Vuol dire che il dentista non ha lavorato sulle CAUSE dei denti storti ma ha lavorato solo ed esclusivamente per raddrizzare i denti senza tenere conto né di come funziona quel paziente, né della sua morfologia.
Pertanto capite bene che se si obbligano i denti a stare fermi mediante un filo di acciaio incollato su di essi, le ripercussioni sulle articolazioni (in primis cervicali) e di conseguenza su tutto il sistema cranio/cervico/mandibolare, non tarderanno ad arrivare, e potranno manifestarsi con tensioni, dolori, rigidità e spesso anche mal di testa.
La bocca è importante come tutto il resto del corpo.
E il corpo è mobile così come sono mobili anche le ossa più rigide, denti inclusi.
Qualcosa che blocca le strutture comporterà sempre un deficit in termini di equilibrio e di flessibilità di tutta la biomeccanica posturale.

👤 Fabrizio Fresta - Posturologo

📍 Bologna, via Murri 201

✅77 buoni motivi per disintossicarsi dallo zucchero
11/02/2025

✅77 buoni motivi per disintossicarsi dallo zucchero

Nonostante si parli sempre più dei danni dello zucchero (come sappiamo il nostro cibo può essere anche la più lenta forma di veleno!), c'è ancora qualcuno che non ci crede o preferisce non sapere. Sapete perché? Perché lo zucchero crea...

09/02/2025

Indirizzo

Via Roma 31
Mercatello Sul Metauro
61040

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