11/04/2024
Gli psicoterapeuti che lavorano con le famiglie sanno che uno dei momenti in cui la coppia rischia di più la separazione è la nascita del primo figlio. E’ questo un passaggio maturativo ma faticoso. Prima si era in due e si poteva vivere l’uno per l’altro, appagando reciprocamente anche i bisogni rimasti irrisolti nei rapporti con i genitori. La nascita del bambino, anche quando è fortemente desiderata, altera questo equilibrio. L’accudimento del figlio richiede un grande sforzo fisico e psicologico. Non si tratta solo di resistere alle notti in bianco, alle sedute con il biberon o con i pannolini ma di rinunciare, all’inizio quasi totalmente, poi in misura minore ma per lungo tempo, ai bisogni del bambino che è in ciascuno di noi. Le necessità del bambino reale condizionano le possibilità della coppia di stare insieme come prima: uscire, viaggiare, persino fare l’amore. Bisogna tollerare non solo un certo grado di frustrazione delle proprie necessità ma anche il sentimento di esclusione (mentre due sono insieme, il terzo rimane fuori). Questo è vero anche per il bambino che, gradualmente, dovrà imparare a stare solo quando i genitori vivono il loro spazio. Naturalmente, la solitudine e l’esclusione sono relative:
ciascuno dei partner sa bene che l’altro lo tiene in mente anche se non è
fisicamente con lui; anzi, che si sta dedicando al bambino come a una parte
importante del progetto comune di fare famiglia. Di solito, infatti, questo
processo si sviluppa in modo armonico, con qualche momento fisiologico di crisi. Alcune volte, le cose sono più complicate: nella famiglia si sviluppano sentimenti di gelosia, invidia e i relativi conflitti. Essere in tre, uniti ma distinti, risulta impercorribile. L’intimità con il partner diventato genitore può rievocare antichi sentimenti diesclusione vissuti nella propria famiglia di origine. Si verificano tentativi disfunzionali di risolvere i problemi: uno dei partner si attacca morbosamente al bambino, chiedendogli di soddisfare anche i bisogni affettivi che dovrebbero essere soddisfatti dal compagno/a. Oppure, il figlio si piazza nel letto dei genitori, andando ad occupare, concretamente e simbolicamente, lo spazio della coppia. Questa occupazione è facilitata dalla delega involontaria dei genitori al figlio del compito di stabilizzare le loro emozioni confuse. Altre volte, uno dei partner inizia una relazione extraconiugale, “sfogando” i suoi bisogni in un’area clandestina. Ho l’impressione che oggi la difficoltà di fare i figli abbia origine non solo nelle difficoltà economiche delle famiglie e in un senso di incertezza relativo al futuro ma anche nel timore di affrontare compiti evolutivi complessi, che il sostegno della comunità e, talvolta, di un esperto renderebbe meno problematici. (Art di E.Masina SPI)