
22/09/2025
La libertà di pensare è forse una delle ultime cose che ci resta, di cui possiamo essere padroni, l'unica arma che si dovrebbe imbracciare.
Ho pensato molto in queste ore, dense di immagini crude, cortei, assaggi di rivoluzione... e mi sono riempita di tristezza, rabbia e pensieri altrettanto crudi, ma veri.
Ho pensato che Hi**er ha sterminato il popolo ebraico e ora, da anni, il popolo di Israele sta riversando tutto il dolore subito e tutto l'odio sul popolo palestinese. Cosa cambia? Niente, sempre di genocidio si tratta. È come quando un bullo se la prende con un altro bambino o ragazzo, magari dopo aver passato la sera precedente a prendere botte a casa.
Ho pensato che se muore una donna, un anziano e soprattutto un bambino, l'umanità ha fallito. Sicuramente, ma perchè non fallisce comunque se a morire è un uomo di mezza età?
Ho pensato molto all'ipocrisia insita nei post di oggi 22 settembre 2025, in cui dietro allo sciopero, sacrosanto, si leggono frasi del tipo "questa è la vera Italia, un'Italia diversa da chi ci governa". E chi l'ha votato (o non votato) il governo attuale?
Ho pensato che ora c'è Gaza. E l'Ucraina? La Siria? Il Sudan? E tutti gli altri? Ci sono oltre 100 conflitti armati attualmente nel mondo, e viene da pensare che le cose non cambieranno molto da qui ai prossimi anni. Ah ma quelli che non prendono like sui social o non sono più in tendenza non contano, giusto.
Ho pensato che come terapeuti abbiamo ancora a che fare con esiti del trauma transgenerazionale dell'olocausto. Ciò che sta accadendo in questo tempo lascerà ferite probabilmente indelebili, di generazione, in generazione, in generazione, in generazione.
Poi ho pensato che il mio mestiere è basato, fondamentalmente, sul sostenere e coltivare la speranza. Mi sono sentita molto ipocrita, perchè anche per me, giovane terapeuta con tutta la vita davanti, a volte è molto difficile mantenere la speranza, immaginare un futuro che può arricchirsi di creatività e generatività.
Alcuni adolescenti, o anche alcuni bambini, vengono da me e mi confidano: "che senso ha, che tanto c'è la guerra?"; "che senso ha, che tanto il pianeta sta morendo?". Bertold Brecht, a quelli che verranno, lasciava un "davvero, vivo in tempi bui!"... e come si fa a non concordare?
Nella vita e nel lavoro ho scelto di pensare, cercare di capire, cercare di andare negli abissi più profondi per vedere che c'è, dov'è che si può provare ad illuminare un po' per vedere se magari c'è una chiave per la libertà, anche se fa paura.
Mi occupo del dolore delle persone, siano bambini, ragazzi o adulti, e spesso della loro impotenza, a volte del lutto della vita e della speranza. Mi sento anche io addolorata, impotente e a volte senza speranza: di fronte a qualunque morte per mano di qualunque guerra; di fronte alle guerre in diretta streaming; di fronte all'ipocrisia di chi può fare qualcosa ma si gira dall'altra parte; di fronte a tutti i molteplici tentativi per annientare la capacità di pensiero (da chatGPT, ai balletti su TikTok, alle guerre che esistono solo se vanno virali sui social).
Ma credo che la possibilità di riconoscere che sono questi i veri vissuti che si provano in questa epoca di paradossi, sia l'unica chiave per la libertà. Riconoscere di vivere in un tempo terribile in cui è difficile mantenere o a volte trovare la speranza... E a quel punto in******si, di brutto.
Perchè, a imbracciare come si deve l'arma del pensiero, forse si scopre che non siamo noi a non avere la speranza; è qualcun altro che sta provando a portarcela via.
Se non si è capaci di definire un bambino allora "qui non ci sono bambini".
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Disegno tratto da "Qui non ci sono bambini. Un'infanzia ad Auschwitz", di Thomas Geve, ragazzino di 13 anni sopravvissuto ai campi di concentramento che disegnò Auschwitz sul retro dei formulari delle SS.