23/01/2021
A seguito dell’ultimo caso estremo riguardante i social media che vede come protagonista una bambina di 10 anni, vorrei dedicarvi un breve momento di riflessione su una tematica così vicina a tutti noi.
Ciò che è accaduto a questa bambina di Palermo non è il primo caso dell’effetto catastrofico e terribile che riguarda il mondo dei social. Siamo di fronte a un fenomeno complesso, in continua espansione e con sempre più potere.
Si stima che siano in particolar modo i teenagers a trascorrere un tempo significato sui social media, infatti circa il 92% degli adolescenti ne fa uso, nello specifico il range di età tra i 13 e i 17 anni (Lenhart et al., 2015). Si tratta di una fase di sviluppo molto delicata che vede interessare sia la formazione del cervello che dell’identità personale.
A livello cerebrale gli studi hanno dimostrato come i nuovi media sarebbero in grado di produrre profondi cambiamenti nel cervello dei giovani, riducendone l’attenzione, incoraggiando la gratificazione istantanea, rendendoli sempre più individualisti, azzerandone le relazioni umane reali, riducendo la loro empatia verso gli altri, facendoli regredire, in sostanza, a uno “stadio infantile” (Greenfield, 2009).
Circa l’impatto dell’utilizzo dei social nello sviluppo dell’identità, l’osservazione di modelli imitativi contribuisce a plasmare questi aspetti, il cosiddetto “gruppo dei pari” è di fatto uno dei principali “agenti di socializzazione” che modella e influenza i comportamenti dei giovani. Nella società attuale non parliamo più solo del gruppo dei compagni di scuola, del gruppo degli amici che si ritrova nei momenti ricreativi o il gruppo dello sport, ma si tratta di qualcosa di più ampio, in cui i modelli non sono solo coetanei, non sono solo persone “amiche”, di cui si conosce la storia, non sono solo conoscenti, ma sono anche estranei scelti attraverso un “segui” o un “like”. Sono modelli virtuali, con forte potere e influenza, che rappresentano un gruppo e, in quanto tale, emergono in esso le dinamiche psicosociali tipiche, come la tendenza al conformismo e la deresponsabilizzazione, soprattutto quando dietro di essa si nasconde l’anonimato. Il “gruppo” virtuale dei social può essere dunque un mondo minaccioso e pericoloso nelle mani di adolescenti.
La verità, tuttavia, è che viviamo in una società in cui i social sono e saranno parte della nostra quotidianità; non possiamo dunque pensare di poter evitare, o di vietare, il loro utilizzo, e mai come in questo periodo di isolamento forzato per COVID, che ha visto come protagonista la riduzione dei contatti sociali reali, i social sono uno dei mezzi più utilizzati dai giovani per cercare di mantenere il legame con l’altro e per sentirsi parte di un qualcosa.
La chiave sta dunque nell’EDUCARE i giovani adolescenti ad un utilizzo consapevole, sano, equilibrato di questi potenti mezzi di comunicazione e informazione che, se ben usati, possono essere un grandissimo punto di forza. Questo comporta inevitabilmente la comunicazione tra genitori-figli, che talvolta viene a mancare nella quotidianità. E’ un mondo a cui i teenager spesso si affacciano da soli, senza essere a conoscenza dei potenziali rischi insiti in esso, che vengono spesso da loro conosciuti durante l’utilizzo. Sarebbe auspicabile che gli adolescenti e soprattutto i giovani adolescenti iniziassero l’utilizzo dei social con un background che gli permetta di navigare in modo pressoché sicuro in un mare di squali (per estremizzare). Possono essere diversi gli interventi necessari per rendere questi individui consapevoli dei rischi dell’esposizione ai social media, ma un ruolo può essere sicuramente giocato dalle figure di riferimento, i genitori.
Un messaggio importante è quello di utilizzare la chiave della COMUNICAZIONE con i propri figli. Comunicare sia nel senso di informare e formare i ragazzi circa gli effetti negativi e deleteri di un uso inappropriato dei social media e i rischi associati, sia nel senso di ascoltare con atteggiamento non giudicante i bisogni dei ragazzi, parlare delle loro emozioni, i loro timori, preoccupazioni. Condividere con loro le “regole” rispetto l’utilizzo dei social, deciderle insieme, affinché non vengano percepite né come opposizioni né come mancanza di fiducia, e questo implica anche concordare insieme la possibilità da parte dei genitori di poter accedere agli account social dei figli per una questione di sicurezza.
Uno "strumento" social non è pericoloso di per sè, ma per come viene utilizzato, percepito, vissuto...per il significato che assume per ciascuno di noi.