13/05/2022
Ho iniziato con i pazienti con gravi disturbi psichiatrici.
Avevo 22 anni, rinunciai a un comodo tirocinio fatto di tre seminari a cui sarebbe bastata la sola firma di presenza, per passare i mesi di luglio e agosto in una clinica psichiatrica.
Quando varcai la porta d'ingresso chiedendo dell'ufficio dove avrei potuto trovare la mia tutor, mi fu subito indicata una porta chiusa e con pezzo di plexiglas leggermente opacizzato cui assolutamente non dovevo avvicinarmi.
Era “il reparto femminile”, qualcosa che doveva contenere qualcosa di così truce che in due mesi non ci metterò mai piede.
Mi era invece permesso di stare all'aperto o nella sala ricreativa, dove in genere potevano sostare i pazienti più tranquilli e dove volentieri si facevano incuriosire dalle nuove presenze.
Di tutti ricordo la gentilezza con cui salutavano e una certa timidezza nell'approcciarsi... non avevo il camice e forse qualcuno (più che legittimamente...) si sarà chiesto se fossi lì come paziente... Quando capirono che ero lì per imparare, furono molto d'aiuto.
C'era una donna che mi mostrò cosa significava essere in fase maniacale, un altro mi fece vedere quanto potesse essere difficile distinguere realtà e sogni, un altro mi mostrò la paura di morire. Mentre prendevamo un caffè in un momento di pausa, disse una frase che mi restò fissa in mente – Hai mai fatto caso che tanti di loro hanno iniziato a stare male dopo la prima grande delusione d'amore? -
Non so a cosa si riferisse di preciso o cosa l'avesse colpita effettivamente, sta di fatto che quello che a me restò in testa fu che in effetti c'era stato un momento prima e fuori dalla clinica anche per loro, in cui avevano avuto desideri simili ai miei. Di avere un amico sincero, qualcuno che li amasse per quelli che erano, di farsi la propria strada.
Eravamo tutti nella stessa clinica e mi chiesi cosa aveva fatto la differenza fra me e loro, per cui io non avevo perso la mia libertà.
L'ultimo giorno di tirocinio un coetaneo ricoverato da poco e che faceva sempre un sacco di casino, mentre ero in sala a salutare tutti, si zittì di colpo e mi disse “Vedi di non farti trovare qua dentro”.
Mi sono sempre chiesta se fosse la sua invidia nel vedere in me qualcosa che non poteva avere (la libertà) o se avesse intravisto qualcosa di sinistro nel mio sguardo.
Il 13 maggio di 44 anni fa veniva promulgata la Legge Basaglia, che avrebbe messo fine alla logica dei manicomi.
Una legge il cui spirito è incarnato dai tanti operatori della salute mentale che in condizioni spesso risicate fanno continuamente lo sforzo di tenere la persona al centro, oltre l'etichetta di una diagnosi.
Legge che è ancora lontana da trovare piena espressione, perché ancora troppo poco facciamo per la salute mentale, non solo per prevenire il disagio, ma anche per dare una vita dignitosa e serena a chi comunque da quel disagio non può sfuggire mai totalmente.