28/12/2016
Tablet, cellulari, plastici e modelli virtuali sono ormai largamente diffusi nei nostri giorni. Quasi imprescindibili nel quotidiano, ancor più nella formazione medica, dove gli studenti o i giovani chirurghi possono attingere a ricostruzioni iperrealistiche ai fini didattici e nello studio dei vari casi.
Ma allora la domanda sorge spontanea, come facevano pratica i giovani medici/ostetriche nell'antichità?
Se l'uso di cadaveri era largamente diffuso nelle civiltà extraeuropee e nel periodo pre-medievale, con la larga diffusione del cristianesimo e del culto religioso in generale, diveniva sempre più difficile reperire cadaveri su cui studiare l'anatomia. Ed è proprio qui che l'estro umano, come sempre nelle difficoltà, ha trovato un modo ingegnoso per sopperire a queste necessità.
La soluzione prende il nome di: ceroplastica.
Sempre più maestri cerai, da Firenze a Bologna, passando per Roma, Pavia e tutte le principali scuole mediche italiane, diffondevano i loro modelli anatomici in tutto il bel paese. Modelli sempre più accurati (e forse persino un po' inquietanti) da divenire largamente utilizzati.
Nell'ambito ostetrico in particolare, vennero realizzate le cosiddette "Veneri Anatomiche", corpi interi di donne in cui era possibile rimuovere i vari strati ed accedere agli organi sempre più profondi, dando così modo ai chirurghi e alle ostetriche di osservare una realtà tridimensionale altrimenti poco immaginabile solo attraverso i testi anatomici. Divennero non solo semplici strumenti didattici, bensì ciascun maestro artigiano iniziò ad arricchirli di dettagli sempre più numerosi, talvolta persino superflui, in modo da creare delle vere e proprie opere d'arte.
Opere ancora apprezzabili nei principali musei anatomici italiani, come a Roma e Bologna per esempio. Vi lascio proprio qualche foto scattata in tali musei.