
02/07/2025
È ciò che spieghiamo ai ragazzi, ai genitori e agli insegnanti in anni di lavoro con il DSA
No, non è un problema di attenzione.
No, non è pigrizia.
No, non è semplice confusione tra la “c” e la “q”.
La disortografia è un disturbo che coinvolge in modo specifico i processi di trascrizione: in particolare, la trasformazione del suono (fonema) nel segno grafico (grafema), la transcodifica ortografica, e l’accesso al lessico ortografico. Non riguarda la calligrafia o la presentazione, bensì la correttezza linguistica delle parole scritte.
Nelle Linee Guida ISS (2022), la disortografia è definita come una compromissione stabile dell’elaborazione ortografica, con esordio in età evolutiva e resistenza agli interventi didattici mirati. Il bambino disortografico sa cosa vuole scrivere, ma commette errori sistematici dovuti a un’alterazione dei meccanismi di codifica linguistica.
Come dimostrato da Zoccolotti et al. (2009), esistono almeno tre principali categorie di errore:
Errori fonologici: scambio di grafemi simili per suono (“fato” per “vato”).
Errori non fonologici: regole ortografiche violabili (“quore” per “cuore”, “sciena” per “schiena”).
Errori lessicali: accesso errato alla forma corretta delle parole irregolari (“aquisto” per “acquisto”).
Vio & Lo Presti (2022) ricordano che, a differenza della dislessia, la disortografia non influisce sulla rapidità, ma sulla correttezza ortografica. Questo significa che anche un bambino che scrive “tanto e veloce” può essere disortografico, se commette errori ricorrenti e strutturali.
Pensare che “basti leggere di più” o che “col tempo passerà” vuol dire ignorare l’origine neuroevolutiva del disturbo.
Non si corregge con le punizioni. Non si supera con la buona volontà.
Serve una valutazione clinica, l’uso di strumenti compensativi e strategie mirate, oltre a un Piano Didattico Personalizzato redatto in base a criteri tecnici, non percezioni soggettive.
Perché chi è disortografico non ha bisogno di rimproveri.
Ha bisogno di strumenti. E di chi sa riconoscere la differenza tra errore e disturbo.